TIBURTINA, VIA
. Prendeva il nome dalla città di Tibur (Tivoli), alla quale conduceva da Roma con un percorso di circa 26 chilometri; usciva dalla porta Viminale delle mura serviane e dalla porta Tiburtina di quelle di Aureliano. Non sappiamo quando fu eostruita, ma come la via Prenestina, la Gabina e altre vicinali, fu certo una delle più antiche del Lazio per il collegamento con Roma delle città finitime e in particolare modo delle città latine e sabine. Nell'anno 307 a. C. il censore M. Valerio Massimo la prolungò fino nel territorio dei Marsi e dei Peligni, onde da Tivoli a Corfinio prese il nome di Valeria.
Dalla porta fino alla tenuta di Martellone il percorso moderno segue presso a poco quello antico, salvo alcune rettifiche di tracciato. Dopo Martellone la via antica piegava a sinistra, accostandosi alle sorgenti delle Acque Albule e poi passava sulla destra per facilitare lo sfruttamento delle cave di travertino, dette del Barco. Presso ponte Lucano sull'Aniene ambedue le vie si ricongiungono e la via moderna passa l'Aniene su un ponte costruito nel 1936; ma circa un miglio più oltre l'antica iniziava rapidamente la salita del colle sul quale sorge la città di Tivoli, passando per la "carrata" di Paterno e di Torricella. L'ingresso in Tivoli si presentava maestoso, fra le arcate sostruttive del tempio di Ercole e per la porta detta Romana, di cui rimane ancora una spalla in pietra dell'età imperiale; infine sboccava nel Foro tiburtino, dove è l'odierna cattedrale. A. Nibby pensa che la via dell'età repubblicana, invece di attraversare l'Aniene al ponte Lucano lo attraversasse più a est, al ponte dell'Acquoria, egualmente antico, ma T. Ashby ritiene che quest'ultimo ponte servisse piuttosto al transito di una via vicinale diretta a Montecelio.
Il monumento più interessante di tutta la via è il sepolcro dei Plautii, subito dopo il ponte Lucano, di forma rotonda, contornato da un recinto in cui sono incastrate alcune iscrizioni funebri dei personaggi della nobile famiglia dei primi tempi dell'impero, che a sue spese restaurò la via e costruì il ponte e il sepolcro. Un altro restauro fu eseguito, secondo una iscrizione rinvenuta presso il miglio XVI, dagli imperatori Costanzo e Costante. Fra le costruzioni medievali la più notevole è Castell'Arcione (sec. XII).
Bibl.: A. Nibby, Analisi dei dintorni di Roma, III, Roma 1849, p. 637 segg.; Th. Ashby, Papers of the British School at Rome, III, Londra 1906, p. 84 segg.; id., La Via Tiburtina, in Atti della Soc. Tiburtina di Storia e d'Arte, voll. II-VIII (1922-28); E. Martinori, Le vie maestre d'Italia - Via Tiburtina, Roma 1932.