ESPINEL, Vicente
Scrittore spagnolo, nato a Ronda (Málaga) il 28 dicembre 1550, morto a Madrid nel 1624. Terminati gli studî all'università di Salamanca (1574), vagabondò durante quattro anni per la Spagna, sospinto da spirito d'avventura e sempre in lotta con la miseria, sebbene fosse talvolta sorretto da benevoli amici, tra cui Gálvez de Montalvo, traduttore dell'Ariosto e del Tasso, gli Argensolas, il Góngora, e fosse anche favorito da potenti signori, quali il duca di Lerma, di Alcalá e il conte di Lemos, di cui fu scudiero a Valladolid. Nel 1578 passò in Italia non senza peripezie, poiché fu fatto prigioniero da alcuni pirati algerini e successivamente liberato da una nave genovese presso l'isola di Maiorca. Sbarcato a Genova, visse per poco ad Alessandria e a Milano, e sotto Alessandro Farnese militò nelle Fiandre, di dove tornò in Italia al servizio del duca di Parma Ottavio Farnese. Rimase in Italia per circa tre anni, in contatto con letterati e artisti, italiani e spagnoli; e in Italia compose e preparò il meglio della sua produzione poetica, tutta italianizzante, che poi raccolse e pubblicò nel 1591. Lasciata la milizia, tornò in Spagna: a Madrid, a Málaga, a Ronda. Fosse buon proposito di mutar vita, o fosse necessità di mettersi al riparo della Chiesa, si adoperò per essere elevato al sacerdozio. Scrisse allora una celebrata Canción a su patria e un'Epístola al suo amico Pacheco, vescovo di Málaga, nella quale confessava, pentito, i suoi trascorsi giovanili. Ricevuti gli ordini sacri, conseguiva il titolo di bachiller en artes a Granata (1589) e quello di maestro en artes ad Alcalá (1599). Stabilitosi a Madrid, continuò la sua vita nell'agiatezza e negli onori.
Poeta in latino e in volgare, traduttore dell'Arte poetica di Orazio, l'E. si rese subito noto con le Rimas (1591), che Lope de Vega esaltava, specialmente per l'innovazione metrica dell'espinela, come dal suo nome si chiamò la strofa di dieci versi ottosillabici (abbaaccddc).
Ma soprattutto il romanzo picaresco, Relaciones de la vida y aventuras del escudero Marcos de Obregón (Madrid 1618), gli diede fama. L'opera è divisa in tre parti (relaciones), e ogni parte in soste (descansos): Marcos de Obregón, vecchio bracciere e accompagnatore di dame al passeggio (rodrigón), racconta le sue avventure, proponendosi di ammaestrare dilettando; avventure che si assomigliano molto a quelle corse dall'autore: ed è infatti innegabile che dalle proprie vicende e dall'esperienza personale l'E. trasse non poco del contenuto della sua piacevole narrazione. Scritto in una forma semplice e facile, in una prosa senza artifici, il romanzo è giudicato superiore al Guzmán de Alfarache dell'Alemán, che spesso stanca con le sue lunghe dissertazioni morali. Tradotto subito in francese da Vital d'Audiguier, ebbe grande diffusione e costituì una delle principali fonti del Gil Blas de Santillane del Lesage.
Ed. e trad.: E. Mele e A. Bonilla, Dos cancioneros españoles, Madrid 1904; E. Mele, Poesías de V.E., in Bullet. hisp., 1911. Alcune liriche dell'E. furono tradotte da G. B. Conti nella sua Scelta di poesie castigliane, Madrid 1782-1789; Marcos de Obreron, ed. J. Péréz de Guzmán, in Bibl. Arte y Letras, Barcellona 1881, e in seguito nella Bibl. Aut. Esp., XVIII (1910); ed. S. Gili y Gaya, in Clásicos castell., Madrid 1922-23.
Bibl.: G. Calabritto, I romanzi picareschi di M. Alemán e V. E., Malta 1929, con una ricca bibliografia.