vichinghi
Gruppi di guerrieri e pirati scandinavi, protagonisti di una notevole espansione marittima nei secc. 8°-11°, denominati nelle cronache latine contemporanee normanni, termine che ha però un significato in parte differente, in quanto indica sia genericamente le popolazioni del Nord scandinavo, sia gli abitanti del ducato di Normandia. Non c’è accordo sull’origine della parola v.: può derivare da vêk «baia» (i v. sarebbero i pirati che frequentano le baie), oppure da vig «battaglia», o ancora da vikja «muoversi, allontanarsi». Le fonti nordiche usano il termine v. per coloro che si diressero verso sud e ovest; quelli che si diressero verso i Paesi slavi e Bisanzio furono invece chiamati variaghi. La grande espansione vichinga iniziò nel sec. 8° in direzione dell’arcipelago scozzese, dell’Inghilterra, dell’Irlanda e della Francia. Le cause di tale movimento non sono definibili con sicurezza. Alle sue origini ci fu un indubbio dinamismo demografico, e importanti furono pure le caratteristiche stesse della società scandinava, che vedeva nelle imprese guerresche e nel bottino accumulato un preciso indicatore di successo. Meno importante fu l’affermazione di un’autorità monarchica nei Paesi scandinavi, che secondo alcuni autori avrebbe costretto i capi sconfitti a prendere il mare per cercare fortuna fuori della patria. Ciò è vero in parte per la sola Norvegia e per di più abbastanza tardi (inizio 10° sec.). Di grande peso nel favorire l’espansione vichinga furono invece i notevoli miglioramenti tecnici nell’arte della navigazione. I drakkar (o drakar), le navi da guerra vichinghe, a fondo piatto e di poco pescaggio, possedevano grande manovrabilità ed erano adatte a navigare in acque basse e a risalire i fiumi, penetrando così nel cuore dei Paesi che attaccavano. Grazie ai ritrovamenti archeologici (come le navi delle tombe reali di Gotskad e di Oseberg, vicino a Oslo) conosciamo bene questi battelli, costruiti in genere in legno di quercia, ricavati da un unico tronco, con poppa e prua rialzate e una grande vela quadrata. La prua era decorata con motivi zoomorfi, spesso a forma di testa di drago (da cui il nome). Le navi più grandi potevano portare numerosi guerrieri e arrivare a 30 m ca. di lunghezza, con decine di coppie di remi. I mercantili (knorr) erano più pesanti e di forma più arrotondata. Anche la navigazione astronomica, infine, aveva fatto notevoli progressi. La prima fase dell’espansione vichinga andò dall’800 al 930 ca., e investì tutte le coste dell’Europa (dal Mare del Nord all’Atlantico, al Mediterraneo), il Nordafrica, Bisanzio, i Paesi slavi, la Persia e il Turkestan. Le spedizioni, guidate dai «re del mare», venivano effettuate da un numero di persone che andava da poche centinaia a due-tremila. I norvegesi, che preferivano muoversi a piccoli gruppi, si diressero verso le Fær Øer, l’Islanda (860 ca.), le Shetland, le Orcadi, la Scozia del Nord, l’Isola di Man, l’Irlanda (dove crearono un regno con centro a Dublino, città da loro stessi fondata) con intenti di colonizzazione oltre che di saccheggio; carattere esclusivamente piratesco ebbero invece le imprese sulle coste francesi, in Spagna, in Marocco e in Italia (sulle coste toscane). I danesi, che al contrario si muovevano in vere e proprie armate, si diressero solo verso l’Inghilterra e l’impero carolingio (che con la conquista della Sassonia li minacciava da vicino). Fondarono, tra l’866 e l’890, il regno di York nell’Inghilterra orientale (poi noto come Danelaw, e comprendente l’East Anglia, l’Essex e buona parte della Mercia e della Northumbria) e più tardi il ducato di Normandia (911), ma il re del Wessex Alfredo il Grande riuscì a batterli a Edington, bloccandoli nella parte orientale dell’Inghilterra. La conseguenza più clamorosa dell’attività piratesca dei v. fu però quella di avere affrettato la dissoluzione delle strutture politiche e sociali dell’impero carolingio, tanto che l’ultimo imperatore, Carlo III il Grosso, fu deposto nell’887 per non essere stato in grado di fronteggiare il pericolo vichingo. L’impotenza dei Carolingi era dovuta al fatto che l’esercito franco, spesso vincitore in campo aperto, era però lento e macchinoso da mobilitare, e non riusciva quasi mai a incontrare i nemici, veloci e imprevedibili nelle loro incursioni. L’unica difesa efficace era su base locale, e di conseguenza nell’Europa occidentale sorsero numerosissimi castelli, anche in risposta agli attacchi di ngari e saraceni. L’altra strada percorribile era quella del patteggiamento, anche se il sistema di pagare un tributo ai pirati vichinghi era pericoloso, perché, come il danegeld richiesto dai danesi in Inghilterra, tendeva a diventare stabile. In una fase successiva, quando i Paesi invasi furono stremati, i v. chiesero terre dove insediarsi, trasformando i loro campi trincerati stagionali in permanenti e diventando coloni: così fecero, per es., nel Danelaw e in Normandia e l’aspetto commerciale delle loro imprese fu un semplice sottoprodotto dell’attività di predatori (rimisero fra l’altro in circolazione, come frutto delle loro rapine, tesori immobilizzati nelle chiese e nei monasteri). A differenza dei v., i variaghi (svedesi) divennero ben presto mercenari e mercanti (il termine baràngoi, con cui sono noti nelle fonti bizantine, significherebbe appunto «agenti di commercio»). Risalendo nel corso del 9° sec. i grandi fiumi russi, raggiunsero il Mar d’Azov e il Mar Caspio; attaccarono due volte (nell’860 e nel 941) Bisanzio, ma senza successo, e così pure la Persia. Si impiegarono come mercenari a Bisanzio (dove formarono la guardia personale dell’imperatore) fino al 1050 ca.; costruirono basi permanenti lungo i fiumi della pianura russa per commerciare schiavi, pellicce, miele con l’impero bizantino. Le fonti slave li designano con il nome di rus′: è probabile che i loro insediamenti siano all’origine della nascita dei primi Stati russi, i regni o canati di Novgorod e Kiev, che nel 10° sec. si fusero nel regno (divenuto cristiano per influsso bizantino) di Kiev. Rjurik, un variago svedese, stabilitosi a Kiev intorno alla fine del 9° sec., fu il capostipite della principale dinastia russa medievale. Tra il 930 e il 980 ci furono cinquant’anni di pausa nell’attività dei v.; in Inghilterra Etelstano, re del Wessex, riuscì a sottomettere i danesi di York unificando l’isola sotto la sua autorità. In questo periodo si avviò anche la cristianizzazione dei vichinghi. L’abbandono dell’antica religione nordica – una religione guerriera basata sugli dei delle due famiglie degli Asi e dei Vani – fu lento e in un primo momento limitato alla Danimarca, mentre in Norvegia e Islanda ciò avvenne solo intorno al Mille, con il re Olaf I Tryggvesson, e ancora dopo in Svezia. Quando, poco prima del Mille, iniziarono di nuovo spedizioni vichinghe, esse non raggiunsero più l’importanza dei periodi precedenti. Si segnalano alcune ardite imprese marinaresche da parte dei norvegesi, quali la colonizzazione della Groenlandia (985) e la scoperta, intorno al 1000, delle coste americane, dove fu fondata per breve tempo una colonia nel Vinland, localizzato dagli studiosi sulla costa nord dell’isola di Terranova; poco fortunati furono invece gli attacchi contro Francia, Spagna e Irlanda, e nel 1014 la battaglia di Clontarf segnò la fine della presenza vichinga in Irlanda. I danesi invece attuarono imprese numericamente forti e coordinate: Aroldo II Blåtand e Svend I Tjugeskaeg iniziarono la conquista dell’Inghilterra; il figlio di Svend, Canuto II il Grande, si impadronì dell’intera isola, costruendo un impero marittimo che includeva anche la Danimarca, la Norvegia e le isole a Nord della Scozia. La dominazione danese sull’Inghilterra, però, si dissolse pochi anni dopo la morte di Canuto: intorno al 1015 l’età vichinga poteva dirsi davvero conclusa, a ovest come a est, dove i variaghi erano stati ormai inglobati dalla maggioranza slava.