Cuòco, Vincenzo. - Storico e uomo politico (Civita Campomarano 1770 - Napoli 1823). Fondatore del Giornale italiano (1804), a Napoli ricoprì importanti cariche sia durante il regno di G. Murat sia dopo il ritorno dei Borbone. Influenzato da G.B. Vico, nel suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801) criticò l'astrattezza dei patrioti napoletani che si erano ispirati all'esperienza rivoluzionaria francese non prendendo in considerazione la realtà napoletana e le concrete aspirazioni del popolo.
Recatosi a Napoli nel 1787, si dedicò agli studi letterari, filosofici, economici. Pur non aderendo in pieno alle idealità che promossero la rivoluzione del 1799, tuttavia, per aver svolto una certa attività durante il periodo repubblicano, fu condannato (24 apr. 1800) all'esilio e alla confisca dei beni. Esule a Marsiglia e a Parigi, si stabilì poi a Milano, dove fondò (1804) il Giornale italiano, in cui agitò i problemi concernenti la formazione di una coscienza nazionale. Nel 1806 si stabilì a Napoli, dove ebbe alte cariche, che gli furono conservate anche sotto i Borboni. Sostanzialmente antilluminista, il C. si pone, col suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801; 2a ediz. 1806), sul piano della polemica antirivoluzionaria che negli anni immediatamente precedenti avevano perseguito E. Burke in Inghilterra e J. de Maistre in Francia; il richiamo e la difesa della tradizione di fronte al giacobinismo dei rivoluzionari si traduce in una critica totale e nel rifiuto del razionalismo illuministico, tacciato di astrattezza. A principi e leggi validi per tutti i tempi e tutti i luoghi, il C. contrappone l'esigenza di far leva - per evitare che la desiderata rivoluzione non sia "passiva", come risultò la napoletana del 1799, perché astrattamente modellata sulla francese - su quei motivi della tradizione morale e politica di cui si nutre la vita del paese. Tradizionalismo dunque quello del C., che si vena di esigenze d'individualismo nazionale (particolarmente forti nel suo Platone in Italia, 1804-06, ispirato al vichiano De antiquissima Italorum sapientia e al vichianesimo napoletano del primo Ottocento), e denuncia, nella sua considerazione positiva del passato e nell'affermazione implicita della continuità della storia, presentimenti storici. Nel Rapporto al re G. Murat per l'organizzazione della Pubblica Istruzione, presentato nel 1809 dal C. alla relativa commissione, e più volte ritoccato dall'autore, egli proponeva un maggiore impulso all'istruzione popolare e un orientamento più liberale nella scuola.