DEL GIUDICE, Vincenzo
Nacque a Trani (Bari) il 17 ag. 1884 da Domenico, che vi si era trasferito dalla natia Andria per esercitarvi l'avvocatura in quella che era allora la sede della corte d'appello, e da Maria Giuseppina Pansini. Compiuti gli studi secondari nella città natale, venne indirizzato agli studi giuridici dal padre che egli definirà, dedicando alla sua memoria la prima edizione a stampa delle Istituzioni di diritto canonico (Milano 1936), "primo maestro di diritto". Iscrittosi alla facoltà romana di giurisprudenza, vi si laureò il 12 luglio 1907, probabilmente con Vincenzo Simoncelli. Trasferitosi a Napoli, si dedicò alla professione forense nello studio legale di D. De Roberto, professore di diritto romano in quella università. Conseguita nel 1913 la libera docenza "per titoli" in diritto ecclesiastico presso l'università di Pisa, nel 1919 ottenne di trasferirla presso l'università di Roma. Nel frattempo, grazie ai rapporti che si erano stabiliti con Nicola Coviello - titolare della cattedra di diritto civile a Catania, ma anche incaricato per molti anni dell'insegnamento del diritto ecclesiastico, del quale il D. pubblicherà postumi i due volumi del Manuale di diritto ecclesiastico (Roma 1915-16; 2 ediz., ibid. 1922-23) -, aveva ottenuto, alla morte di questo, nel 1913, l'incarico di diritto ecclesiastico a Catania che conservò fino al 1917-18.
Dopo un breve passaggio a Macerata (1918-19), il D. insegnò diritto ecclesiastico nelle facoltà giuridiche di Perugia (1919-22), dove entrerà in ruolo, come professore "non stabile", il 16 ott. 1919, di Catania (1° genn. 1923-16 ott. 1923) e Pisa (1923-24), dove succederà in questo insegnamento a Santi Romano.
Nel periodo perugino il D. si era avvicinato alla vita politica, aderendo al Partito popolare italiano (PPI), nel cui primo congresso nazionale (Bologna, giugno 1919) venne eletto membro del Consiglio nazionale. Nel dibattito era intervenuto, a fianco di S. Reggio d'Aci e sulla linea di A. Gemelli e Olgiati, per auspicare un impegno del partito per una politica ecclesiastica diretta a risolvere la questione romana, nell'ottica confessionale dell'Opera dei congressi. Qualche mese dopo era tra i firmatari della lettera aperta indirizzata a L. Sturzo dalla corrente di destra del PPI capeggiata da G.B. Paganuzzi e F. Sassoli de' Bianchi. La lettera - che ebbe l'immediato appoggio della Civiltà cattolica (LXX [1919], 3, pp. 445 s.) - rivendicava "la necessaria libertà della Santa Sede e del Romano Pontefice con l'auspicata soluzione della questione romana" (La Squilla di Modena, 18 ag. 1919). Il 30 agosto fu tra i partecipanti a una riunione dell'ala destra del partito a Roma, presso padre E. Rosa, nella quale venne preparata una lettera di risposta all'ordine del giorno della direzione del PPI del 21 agosto, che richiamava energicamente il gruppo di destra alla disciplina di partito e all'osservanza delle direttive del congresso.
Al congresso di Napoli (aprile 1920) il D. intervenne a nome della destra, sulla relazione Sturzo, imputandolo di non avere "bastevolmente" dichiarato l'azione del PPI "conforme alle eterne dottrine del cattolicesimo" e di aver trascurato i problemi di politica ecclesiastica che interessavano la grande maggioranza degli Italiani, e proponendo un ordine del giorno che impegnava il partito "a compiere la trasformazione degli istituti giuridici dello Stato da quel che oggi sono in istituti giuridici e in uno Stato che siano pervasi dallo spirito cattolico". Sturzo non accolse quest'ordine del giorno e il D. lo ritirò. Egli - che, insieme con Reggio e Sassoli, votò contro la relazione Martini sui provvedimenti sociali agrari - venne rieletto nel Consiglio nazionale del PPI, in rappresentanza della destra che aveva raccolto 50.000 voti contro i 130.000 della lista ufficiale.
Al congresso di Venezia (ottobre 1921) - nel quale il Paganuzzi deplorerà ancora l'aconfessionalità del partito - Sturzo farà includere il D. nella lista unica per il Consiglio nazionale e a quello di Torino (aprile 1923) nella lista di maggioranza. Quindi, quando la destra popolare assumerà la fisionomia dei clerico-fascismo, il D. non sarà più tra i suoi esponenti. Né fu tra i promotori dell'Unione nazionale di C. O. Cornaggia o del Centro nazionale. Sarà, invece, accanto ad altri giuristi, tra i firmatari, il 1° maggio 1925, del manifesto Croce in risposta a quello degli intellettuali fascisti (Il Mondo, 10 maggio 1925). Una firma che gli costerà nel 1933 l'esclusione dalle commissioni per i concorsi universitari in quanto non iscrivibile, per l'adesione al manifesto Croce, al Partito nazionale fascista (Gemelli al D., 18 luglio 1933, Archivio d. università cattolica d. S. Cuore, cart. 41, fasc. 54, sf. 510).
Trasferito con il suo consenso alla nuova facoltà giuridica di Firenze con l'anno accademico 1924-25, il D. fu promosso ordinario ("stabile") di diritto ecclesiastico il 1° dic. 1924. Una facoltà, quella fiorentina nei primi anni di vita, caratterizzata da uno stretto "nesso tra cultura giuridica universitaria; cultura generale, società circostante" (Grossi, p. 91), dove egli incontrò colleghi quali F. Cammeo, P. Calamandrei, E. Finzi, E. Betti e il giovanissimo assistente G. La Pira. Dal 1° gen. 1927 venne chiamato all'università cattolica del S. Cuore a Milano, primo titolare della cattedra di diritto canonico nella facoltà di giurisprudenza; una nomina della quale, nella prolusione al corso, dichiarerà di sentire tutta la responsabilità. Alla Cattolica - dove probabilmente lo avevano condotto i rapporti con padre A. Gemelli, stabiliti anni prima in seno al Partito popolare - il D. rimase fino al 1941; dal 1° nov. 1936 era passato alla cattedra di diritto ecclesiastico, conservando l'incarico del diritto canonico fino alla chiamata a tale insegnamento del suo allievo Orio Giacchi (1° nov. 1939) al quale verrà affidata, dal 1939, anche la direzione dell'istituto di cui il D. rifiuterà la "condirezione" (il D. a Gemelli, 16 nov. 1939, Archivio dell'università cattolica d. S. Cuore, Personale, fasc. Del Giudice Vincenzo).
Non sono chiari i motivi che lo indussero a lasciare la Cattolica, al di là del pretesto del "clima" (il D. a Gemelli, 20 sett. 1941, ibid., fasc. cit.): dalla corrispondenza tra il rettore e il preside della facoltà giuridica, Zanzucchi, sembrano potersi desumere motivi di contrasto con l'istituzione. È comunque significativo che il D. non compaia tra gli autori dei due volumi di studi storici e giuridici pubblicati dall'università Cattolica per solennizzare il decennale dei Patti lateranensi (Chiesa e Stato, Milano 1939), celebrando il "grande e fausto evento" ed "una delle più mirabili e coraggiose opere del grande evento della Conciliazione" (A. Gemelli, Introduzione, IX). In proposito Gemelli, esternando a Zanzucchi la sua meraviglia per il rifiuto del D., fa un non chiaro riferimento ai "comodi" del D. da non "confondersi con la libertà, perché contro la sua libertà nulla mai fu fatto" (Gemelli a Zanzucchi, 2 ott. 1941, Archivio dell'univ. cattolica d. S. Cuore, Personale, fase. cit.). È certo, peraltro, che già nel 1932 il D., con diversi pretesti, aveva resistito alle pressioni del Gemelli perché scrivesse - su espressa richiesta della S. Sede - "una monografia dottrinale giuridica sulla legge del 24 giugno 1929, circa i culti ammessi" per replicare, da parte cattolica, al volume del Piacentini, sottoponendo preventivamente le bozze alla S. Sede: "un desiderio, ma che in fondo è un ordine" del Vaticano al quale il D. avrebbe dovuto dar "corso al più presto possibile" (Gemelli al D., 5 dic. 1932 e 23 genn. 1933; il D. a Gemelli, 14 dic. 1932 e 25 genn. 1933, Ibid., cart. 40, fasc. 52, sf. 496, 497, 499). Ed è certo che il D., lasciando l'ateneo, non andò a salutare p. Gemelli.
Dopo un breve passaggio alla università di Napoli (29 ott. 1941-28 ott. 1943), dove succedeva a D. Schiappoli, nell'ottobre del 1943, venne chiamato alla cattedra di diritto canonico nella facoltà di giurisprudenza di Roma.
Dopo la seconda guerra mondiale il D. fu tra gli animatori dell'Unione giuristi cattolici italiani e, scrivendo nel volume promosso da questa per il trentennale della Conciliazione, polemizzò con gli intellettuali che, nei convegni del 1957 e '59 degli "Amici del Mondo", si erano battuti per l'abrogazione del concordato lateranense e per l'instaurazione in Italia di un sistema di separazione fra Stato e Chiesa (A trent'anni dalla Conciliazione, in Patti Lateranensi, Roma 1959, pp. 8-37).
Nel dibattito, dottrinale e politico, sui contrasti tra Patti lateranensi e costituzione della Repubblica, il D. fu tra i più autorevoli e decisi sostenitori della tesi dell'integrale conservazione "dell'anteriore ordinamento", in quanto la costituzione, con il comma 2 dell'art. 7, aveva voluto, a suo avviso, "far salvi e confermare tali Patti nella loro unità e totalità, cioè nel loro complesso organico, ond'essi si sono inseriti e costituiscono nell'ordinamento giuridico italiano un sistema particolare, un "ius singulare"rispetto alla materia cui si riferiscono, e quindi come una zona, per così dire, riservata, posta al di fuori delle influenze d'ogni altra norma, costituzionale o non" (Manuale di diritto ecclesiastico, Milano 1959, p. 132).
Collocato fuori ruolo dal 1° nov. 1954, a riposo dal 1° nov. 1959, nominato emerito di diritto canonico nel 1960, il D. morì a Roma il 1° ag. 1970. Nel 1949 aveva sposato a Roma Giuseppina Deleidi.
Non abbondante, la produzione del D. - che inizia con il volume Rivendicazione e svincolo, riversione e devoluzione dei beni ecclesiastici (Roma 1912) e si conclude con la dodicesima edizione delle Nozioni di diritto canonico (Milano 1970), aggiornata alle disposizioni del Vaticano II - è essenzialmente rivolta allo studio di problemi di diritto positivo ecclesiastico e canonico, con l'eccezione di un volume dedicato alla storia della questione romana (Roma 1947); ed è costantemente caratterizzata dalla ricchezza dei riferimenti, dalla ricerca della completezza, dalla chiarezza dell'esposizione. Di particolare rilievo i contributi su La separazione tra Stato e Chiesa come concetto giuridico (ibid. 1913), sulla definizione del diritto ecclesiastico (Il diritto ecclesiastico in senso moderno: definizione e sistema, ibid. 1915) e sulla questione del metodo nello studio del diritto canonico (1936-1940); da ricordare gli scritti su Privilegio, dispensa ed epicheia nel diritto canonico (in Scritti per F. Innamorati, Perugia 1932, pp. 231 ss.) e Canonizatio (in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, IV, Padova 1939, pp. 221-230) - nel quale "è risolto l'arduo problema del riconoscimento delle norme degli Stati e della comunità internazionale nell'interno dell'ordinamento della Chiesa" (Giacchi, p. 224) -, nonché i molti studi dedicati al diritto matrimoniale e canonico e "concordatario". Ma "il meglio della sua opera si ritrova" (Giacchi, p. 225) nella manualistica: il Corso e poi il Manuale di diritto ecclesiastico - preceduti da Le nuove basi del diritto ecclesiastico italiano (Milano 1929) - ebbero tra il 1933 e il 1972, sempre a Milano, oltre dodici tra ristampe e nuove edizioni: le Istituzioni di diritto canonico, poi Nozioni di diritto canonico, raggiunsero tra il 1936 e il '70 (sempre a Milano) le dodici edizioni, costantemente rivedute, integrate e aggiornate, con completi riferimenti alle fonti, alla bibliografia, alla giurisprudenza. Prezioso il Codice delle leggi ecclesiastiche (ibid. 1952), con Appendice di aggiornamento (ibid. 1956) da lui curato.
Tra gli ecclesiasticisti di ispirazione cattolica il D. fu certamente "lo studioso che con maggiore coerenza ed abilità compì il tentativo di dare un'impronta più spiccatamente cattolica ai manuali di diritto ecclesiastico" (Ferrari, pp. 139 s.), ponendo "tutto il suo impegno nell'elaborare linee interpretative e chiavi di lettura alternative a quelle dei maestri liberali che lo avevano preceduto", pur mantenendo, nei suoi manuali, la medesima sistematica (ibid., p. 143). Lo studio del diritto ecclesiastico diventa, dopo i Patti lateranensi, "dovere civico e di cattolici" in quanto dagli accordi Stato e Chiesa attendevano "quelle più alte valorizzazioni del sentimento nazionale e cattolico, che debbono portare alla vera grandezza della Patria e agevolare alla Chiesa stessa la sua missione divina" (Corso, 1933, I, p. 198). Nel nuovo sistema "il prius è il concetto confessionale e cattolico assunto col nuovo ordinamento dello Stato, il posterius è la garenzia della libertà religiosa" (ibid., p. 315). Anche nelle quattro edizioni del Manuale successive al 1948 le disposizioni costituzionali sulla libertà religiosa non ricevono "alcuna considerazione autonoma" (Ferrari, p. 173), mentre viene costantemente ribadita la tesi che "la Costituzione non ha apportato innovazione alcuna al contenuto dell'anteriore ordinamento relativamente alla materia ecclesiastica" (Manuale, 1949, p. 97). Più articolate le opinioni del D. in materia matrimoniale - alla fine degli anni Trenta "la caratteristica saliente della disciplina" concordataria è fissata nel "principio della libertà matrimoniale" (Ferrari, p. 229) e nel rispetto "della volontà dei contraenti a non dare effetti civili a un matrimonio celebrato secondo il diritto canonico" (Corso, 1939, p. 390) - che, per le "doti di equilibrio, precisione e completezza" diventano, con gli anni Quaranta, "naturale punto di riferimento per tutti gli ecclesiasticisti che volessero affrontare, in un testo destinato agli studenti universitari, la problematica matrimoniale" (Ferrari, p. 231). Nell'ambito della tradizione manualistica di diritto canonico, diffusa soprattutto nei seminari e nelle università pontificie, le Nozioni del D., precedute da corsi di dispense e da due edizioni litografate (1932 e 1933), apparse a Milano nel 1936, si caratterizzano sia per la sistematica nuova sia per la rielaborazione della materia in funzione dell'insegnamento nelle università statali. La base della concezione del D. e la chiave della sua sistematica sono i "due concetti potestas iurisdictionis e Ecclesia fidelium che costituiscono il fondamento dell'efficacia normativa e dell'ambito di applicazione delle norme canoniche" (Lombardia, p. 29).
Nelle successive edizioni, pur aggiornate e rivedute, l'impostazione ideologica rimane rigorosamente confessionale: fino all'ultimo il D. riaffermerà che l'adesione spirituale alla verità cattolica è condizione essenziale per lo studio "profondo" del diritto canonico: lo studioso deve avere "la capacità di far vivere in sé, per far rivivere negli altri, il sensus Christi, il sensus Ecclesiae" (Nozioni, 1970, p. 28). E netta appare la sua tendenza a separare la storia dal diritto e ad esaurire la conoscenza del diritto in quella della norma, mettendo in guardia contro "la suggestione del pregiudizio storico... che funzionò talvolta come elemento aberrante del senso giuridico, valendo a far scambiare, nello studio delle leggi, il cronologicamente remoto col concettualmente fondamentale" (Nozioni, 1962, p. 22).
Fonti e Bibl.: La bibliogr. del D. fino al 1953 è in Scritti in onore di V. D., I, Milano 1953, pp. XIII-XVI; i lavori successivi fino al 1963 sono indicati da P. Lombardia, Contributi di V. D. allo studio sistematico del diritto canonico, in Il Diritto ecclesiastico, LXXIV (1963), pp. 3 s. n. Notizie biogr. sul D. in Arch. dell'Università degli studi di Roma, fasc. personale; Milano, Archivio d. univ. cattolica d. S. Cuore, Corrispondenza Gemelli e fasc. personale; Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, 1920, K 1 - K 2, pacco n. 80. Non complete notizie biografiche si ricavano da F. Malgeri, in Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, III, 1, A-L, Casale Monferrato 1984, pp. 292 s.; O. Giacchi, Ricordo di V. D., in Ephemerides iuris canonici, XXVII (1971), pp. 223-228 (con bibliogr. dei suoi principali scritti); P. Gismondi - M. Petroncelli, V. D., in Il Diritto ecclesiastico, LXXXII (1971), pp. 535-547; R. Baccari, Profilo commemorativo di V. D., in Monitor ecclesiasticus, s. 8, XCVI (1971), pp. 221-226. Sulla sua attività politica sono da vedere: Atti dei Congressi del Partito popolare italiano, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, passim; G. De Rossi, Il Partito popolare italiano dalle origini al congresso di Napoli, Roma 1922, passim; S. Jacini, Storia del Partito popolare italiano, Milano 1951, ad Indicem; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia. Il Partito popolare italiano, Bari 1966, pp. 76, 107-114, 373; E. R. Papa, Fascismo e cultura, Padova 1974, p. 215; S. Tramontin, Cattolici, popolari e fascisti nel Veneto, Roma 1975, pp. 123 ss. Su vari aspetti della sua opera giuridica e del suo insegnamento, cfr. M. Chiaudano, Note per la storia della facoltà di giurisprudenza di Catania, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XXI (1934), p. 343; C. Magni, Il contributo italiano agli studi nel campo del diritto canonico ed ecclesiastico, in Un secolo di progresso scientifico italiano, 1839-1939, Roma 1939, pp. 356-385; L. De Luca, Il diritto ecclesiastico nel suo sviluppo storico, Padova 1946, passim; V. Del Giudice, Contributi di Santi Romano allo studio dei problemi di diritto ecclesiastico, in Il Diritto ecclesiastico, LVIII (1947), pp. 277-291; P. Lombardia, Contributi, cit., pp. 3-38; S. Ferrari, Ideologia e dogmatica nel diritto ecclesiastico italiano, Milano 1979, pp. 52 ss., 69 ss., 139-147, 171-174, 214 ss., 229-238; G. Catalano, Brevi considerazioni sulla problematica metodologica del diritto ecclesiastico civile, in Studi in onore di U. Gualazzini, I, Milano 1981, pp. 306 ss.; P. Grossi, Stile fiorentino. Gli studi giuridici nella Firenze italiana, 1859-1950, Milano 1986, pp. 87, 94, 124 ss., 204, 207. Lo ha ricordato tra i suoi maestri, insieme con A. C. Jemolo e A. Cicu, G. Dossetti, Con Dio e con la storia, a cura di A. Alberigo-G. Alberigo, Genova 1986, p. 16.