VITALE, Vincenzo
Nacque il 13 dicembre 1908 a Napoli da Eduardo, ingegnere, e Susanna Arena. Penultimo di sei figli, ricevette le prime lezioni di pianoforte dalla zia materna Anna Arena, dilettante appassionata. Intrapresi gli studi classici, si iscrisse nel 1922, contro la volontà dei genitori, al liceo musicale di Napoli, dove studiò composizione con Gennaro Napoli e pianoforte con Sigismondo Cesi; fu anche allievo per breve tempo di Florestano Rossomandi. Diplomatosi nel 1931, si perfezionò a Parigi con Alfred Cortot all‘École normale de musique dove l’anno dopo ottenne il diplome d’exécution; prese inoltre alcune lezioni da Wanda Landowska. In quello stesso 1932, vincitore di un concorso nazionale, divenne titolare della cattedra di pianoforte nell’Istituto musicale pareggiato (poi Conservatorio) di Udine, che lasciò nel 1936 per il Conservatorio di Palermo. Nel 1942 rientrò a Napoli, titolare di cattedra nel Conservatorio di S. Pietro a Majella.
Subito dopo la liberazione, Vitale divenne figura di primissimo piano nella vita musicale napoletana, in una città devastata dai bombardamenti e ridotta al collasso. Nel 1944 assunse il coordinamento dei programmi di musica da camera di Radio Napoli: partendo da tale ruolo, nello stesso anno fondò l’Orchestra da camera napoletana, che ebbe una funzione determinante per il rilancio dell’attività musicale nella metropoli. Dopo lo scioglimento del piccolo complesso orchestrale nel 1948, fu tra i principali artefici nella costituzione dell’Orchestra Scarlatti, che esordì nel gennaio 1949 e in breve tempo raggiunse livelli di eccellenza: nei primi anni Cinquanta suonò sotto la direzione di grandi direttori d’orchestra (tra gli altri Karl Böhm, Hermann Scherchen, Ferenc Fricsay, Sergiu Celibidache, Herbert Albert), non solo a Napoli, ma anche in tournées, programmi radiofonici e produzioni discografiche, prima di diventare, nel 1956, la quarta orchestra stabile della RAI.
Dal 1946 al 1955 Vitale ricoprì l’incarico di vicedirettore artistico dell’Associazione Scarlatti di Napoli. Intensificò in quel periodo anche la propria attività concertistica, collaborando con solisti e compositori di rilievo, tra cui Paul Hindemith, del quale eseguì tra i primi Die vier Temperamente, sotto la direzione dello stesso autore. Nel 1955 riportò a nuova vita la Gazzetta musicale di Napoli, periodico ch’egli diresse fino al 1958, avvalendosi della collaborazione di Guido Pannain, Anna Mondolfi e Renato Parodi.
Fin dai primi anni di insegnamento, si volse ad approfondire la ricerca sui fondamenti razionali della tecnica pianistica, muovendo principalmente dalla Dinamica pianistica di Attilio Brugnoli (Milano 1926), allievo anch’egli di Rossomandi, e rielaborando alcuni principi basilari già presenti in The act of touch in all its diversity di Thobias Matthay (London 1903; trad. it. L’arte del tocco nel suonare il pianoforte, Torino 1911) e Die natürliche Klaviertechnik di Rudolf Maria Breithaupt (Leipzig, 1905-1912). Tale ricerca non diede mai luogo a pubblicazioni teoriche, ma venne attuata e sperimentata nel corso di una lunga, paziente, ‘artigianale’ pratica didattica, giunta a definitiva maturazione negli anni Cinquanta. Partendo da una più attenta considerazione dell’apparato muscolare, innestata su una profonda conoscenza della storia e della letteratura pianistica, Vitale imperniò il proprio metodo sulla tesi fondamentale che l’ascolto e l’analisi della sonorità dovessero guidare la scelta di ogni gesto tecnico. Lo studio delle leggi fisiologiche preposte alla tecnica pianistica lo condusse a concludere che due sono le principali funzioni delle dita sulla tastiera: «o reggere il peso del braccio (o dell’avambraccio o della mano) nelle note tenute, nel cantabile, nel polifonico», oppure «percuotere il tasto nei passaggi brillanti, rapidi e nei momenti di annullamento del peso» (Vitale, 1981, p. 4). In ragione dell’estrema chiarezza e del rigore degli assunti di base, uniti a un grande carisma personale, la sua scuola pianistica assurse tra le più prolifiche nell’Italia del secondo Novecento: fra i numerosi allievi di Vitale vanno annoverati Carlo Bruno, Michele Campanella, Bruno Canino, Laura De Fusco, Renato Di Benedetto, Franco Medori, Riccardo Muti, Francesco Nicolosi, Paolo Restani; nomi che in parte si ritrovano, assieme a molti altri, nei due album discografici intitolati La scuola pianistica di Vincenzo Vitale, pubblicati nel 1974 e 1979 dalla Phonotype Record per celebrare i quarant’anni d’insegnamento del maestro.
Dagli anni Sessanta, Vitale tenne numerosi seminari e corsi di perfezionamento: nella Indiana University di Bloomington (1962-1963), nel Conservatorio di santa Cecilia a Roma (dal 1965 al 1970), a Venezia per le “Vacanze musicali” (1965-1972), all’Accademia Chigiana di Siena (Foreign Music Seminar, 1967-1968); tenne inoltre corsi a Ravello, Firenze, Ravenna, Belgrado, Sofia, Dubrovnik, Buenos Aires. Fu accademico di Santa Cecilia e dell’Accademia Cherubini di Firenze, oltre che vicepresidente del Sindacato Musicisti Italiani. Nel 1968 gli venne conferita la medaglia d’oro del ministero della Pubblica Istruzione. Negli anni Settanta fece parte delle giurie di alcuni concorsi pianistici internazionali (segnatamente del Marguerite Long di Parigi e del Ferruccio Busoni di Bolzano). Nel 1971 fu il principale artefice della nascita del Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino, di cui fu anche direttore per un anno.
Nel 1981, insieme con sette pianisti della sua scuola (Bruno, Campanella, De Fusco, Sandro De Palma, Medori, Maria Mosca, Aldo Tramma), curò per Fonit Cetra la produzione e realizzazione della prima registrazione discografica integrale dei cento studi del Gradus ad Parnassum di Muzio Clementi, che nel 1982, celebrandosi il 150° anniversario della morte dell’autore, ottenne il premio della critica discografica italiana.
Negli ultimi anni di vita intensificò la propria attività di studioso del pianismo ottocentesco, collaborando con diverse voci all’Enciclopedia della musica Ricordi (Milano 1963-64) e al Dizionario di autori e di composizioni pianistiche curato da Jacopo Napoli e Carla Giudici (Milano 1983); pubblicò inoltre diversi saggi su riviste e volumi collettanei, alcuni dei quali confluiti nel volume Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento (Napoli 1983), pionieristico contributo alla storia del pianismo italiano. Valore analogo ebbe l’ultimo suo testo compiuto, lasciato manoscritto e apparso postumo, Salvatore di Giacomo e la musica (Napoli 1988), nel quale, tra l’altro, viene ricostruito per la prima volta l’itinerario compiuto da Di Giacomo come ricercatore e storico della musica napoletana.
Curò le edizioni pratiche di 31 Sonate per fortepiano di Domenico Cimarosa (in collaborazione con Carlo Bruno, Milano 1971-72), di sei Sonate per clavicembalo di Lorenzo de Rossi (Milano 1960) e del Concerto in Si bemolle di Pietro Domenico Paradisi (Milano 1960). Fu inoltre autore di revisioni di musiche per tastiera del Settecento.
Morì a Napoli il 21 luglio 1984, celibe.
L’Associazione “Alessandro Scarlatti” nella vita musicale napoletana 1919-1956, V-IX, Napoli 1949-1956, passim; L. Bianconi, Le “Sonate” per il fortepiano di Domenico Cimarosa, in Rivista italiana di musicologia, VIII (1973), pp. 254-264; A. Parente, Il pianista V.: l’arte d’insegnar musica, in Il Mattino, 11 aprile 1975; V. Vitale, Pianoforte: martelletti e smorzatori, Napoli 1977 (riedizione Napoli 2004: introduzione di M. Campanella, V.V. maestro di pianoforte, pp. II-XV); V. Vitale, note introduttive a Muzio Clementi: “Gradus ad Parnassum”, incisione integrale dei 100 studi, Milano, Fonit Cetra, 1981; P. Rattalino, Da Clementi a Pollini. Duecento anni con i grandi pianisti, Milano-Firenze 1983, pp. 435-442; V., V., in Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti, Le biografie, VIII, Torino 1988, p. 266; R. Di Benedetto, Salvatore Di Giacomo e la musica: un saggio postumo di V.V., in Musica senza aggettivi. Studi per Fedele d’Amico, a cura di A. Ziino, II, Firenze 1991, pp. 625-630; R. Di Benedetto, Cronache di una stagione eroica: nascita, splendore, dissoluzione dell’Orchestra da camera napoletana, in Napoli nobilissima, s. 5, II (2001), pp. 195-204; Id., Difficillimum docere facile difficilia..., in Omaggio a V.V., programma di sala, Ravenna Festival, 27 giugno 2004, pp. 9-15; P.P. De Martino, La “Scarlatti” e le altre: uno sguardo d’insieme, in Meridione. Sud e Nord nel Mondo, V (2005), 2, pp. 34-45; M. Campanella, Quisquilie e pinzillacchere. Storia di un musicista napoletano raccontata a un amico, Roma 2017, pp. 4-12 e passim; T. Rossi, Giuseppe Cenzato, presidente dell’Associazione Alessandro Scarlatti (1936-1969), in I Quaderni della Scarlatti, n.s., I (2019), pp. 75-78.