VINO (XXXV, p. 388; App. II, 11, p. 1115; App. III, 11, p. 1097)
Raccolta meccanica delle uve. - I progressi dell'industria enologica sono stati di notevole importanza, a cominciare dal macchinario relativo alla raccolta meccanica delle uve che, dopo un incerto inizio, piuttosto negativo, ha presentato negli ultimi anni la sua particolare, vera importanza messa in evidenza dalla crescente penuria di mano d'opera nel mondo. L'America Settentrionale, l'Australia, la Francia, l'Italia e il Sudafrica presentano ormai enormi progressi a questo riguardo, anche se sarà necessario adeguare questo tipo di raccolta meccanica alla disposizione dei vigneti e dei suoli relativi, per applicare soprattutto i metodi a scuotimento verticale (più diffuso) o laterale; minore importanza applicativa hanno avuto i metodi relativi al taglio dei grappoli. Si sono discussi i risultati tecnici in numerose riunioni di specialisti; si è constatato che l'orientamento si avvia verso la scelta di nuove piantagioni in terreno adatto e di poca pendenza, allevate a doppia spalliera. In questo terreno la perdita di uva ammostata può esser valutata solo al 5-6%. In apparecchi funzionanti a scuotimento orizzontale la perdita è inoltre legata alla facilità con la quale gli acini si staccano dal peduncolo: quanto più è facile questo distacco, tanto minore è la perdita. Il distacco varia secondo il vitigno, ma di solito diventa più facile man mano che l'uva matura. Non sempre però per la qualità del vino è opportuna una maturazione completa dell'uva. Con l'allevamento delle viti con metodo Casarsa (o Friuli, dalla regione in cui è più diffuso) le operazioni del primo tipo di macchinario risultano più comode per i grappoli penzolanti che sono raccolti più comodamente. Si è fatta qualche riserva sulle uve bianche che avrebbero tendenza a ossidazione, ma basterà in questo caso ricorrere a particolari norme di enologia razionale (uso di enzimi ricchi di poligalatatturonasi ed eventualmente accompagnati da raccolta degli acini vendemmiati in recipienti in cui è presente una piccola quantità di acido carbonico).
Lavorazione delle uve in vendemmia. - Nel campo dei torchi, oggi vengono impiegati con successo quelli discontinui tipo presse orizzontali a camera d'aria o a piatti.
1) La pressa orizzontale a camera d'aria (tipo Willmes), modificata nell'ultimo tipo, è costituita da un cilindro di acciaio inox, munito di numerose fenditure, contenente un polmone di speciale plastica, più resistente della gomma normale, gonfiabile ad aria compressa. A polmone sgonfio si riempie la pressa con uva o vinaccia; gonfiandolo, l'uva viene schiacciata contro la parete del cilindro e il mosto fuoriesce dalle fenditure. In tal modo si può, a seconda degli usi voluti, spremere l'uva o la vinaccia senza maciullare la buccia.
2) La pressa orizzontale a piatti tipo Vaslin consta di un cilindro orizzontale in legno, o acciaio, o materiale plastico, che reca all'interno uno o due piatti. Nel caso di un solo piatto (tipo Diemme), l'uva viene schiacciata contro una parete fissa; mentre nel caso di due piatti, l'uva viene pressata dai due piatti mobili che si avvicinano mossi da un albero orizzontale a vite. Anche in questo caso è possibile regolare la pressione per evitare la stritolatura dei grappi o delle bucce. Il solo svantaggio di questa operazione è dato dalla discontinutà della stessa, che porta a una perdita di tempo con conseguente maggior costo di mano d'opera; inconveniente superato dalla migliore qualità del prodotto. La produzione oraria di entrambi i tipi di presse varia fra i 7 e i 130 q di uva pigiata.
Fra i processi di fermentazione più moderni, per condizionare la temperatura di fermentazione entro limiti predeterminati, si adottano oggi fermenti in acciaio inossidabile muniti di fasce esterne entro le quali circola o una soluzione raffreddante (generata da un compressore frigorifero) oppure una riscaldante (generata da una centrale termica).
Fra i metodi di vinificazione ulteriormente perfezionati vanno segnalati quelli adatti per i v. di massa, e cioè la vinificazione continua, la termovinificazione e la macerazione carbonica.
a) Vinificazione continua: viene provocata in recipienti appositi, termoregolabili e automatizzati che consentono un notevole risparmio di mano d'opera e capienza. Vari possono essere i materiali che costituiscono tali recipienti (cemento, acciaio inox, acciaio smaltato, materiale plastico); le capacità variano da 100 a 5000 hl. I diversi tipi brevettati (Cremaschi, De Franceschi, Garolla, Padovan, Gianazza, Diemme), anche se differenti fra loro per particolari costruttivi talvolta di notevole interesse, hanno tutti in comune l'automatismo dei rimontaggi e quello dello scarico facile della vinaccia. I rimontaggi avvengono senza arieggiamenti della massa, quindi senza rallentare la fermentazione. La vinaccia può essere scaricata mediante una coclea o dalla parte superiore dell'autovinificatore, o dalla parte inferiore se la fermentazione è ultimata.
b) Termovinificazione: consiste in una macerazione preventiva della vendemmia a caldo, mediante permanenza a 45 °C dei mosti per un'ora o mezz'ora a 70 °C, per favorire l'estrazione del colore, con risultati che eguagliano pressoché lo stazionamento a freddo per 12 ore. Dopo il raffreddamento inizia la fermentazione. I vantaggi, di natura economica (per il risparmio di mano d'opera) e di natura tecnica (per il maggior colore ottenibile), tendono a inattivare le ossidasi dannose alla qualità (presenza di maggiore quantità di glicerina e colore) con fermentazione finale malolattica facilitata. Esistono vari impianti brevettati dai singoli costruttori (Gianazza, Padovan, Sernagiotto, Diemme, ecc.). Per tutti questi impianti, che differiscono sostanzialmente per particolari costruttivi dei singoli macchinari, sono stati studiati vari cicli di lavorazione secondo le esigenze enotecniche, per vinificazione in bianco, in rosso, per la produzione di rossissimi, ecc.
c) Macerazione carbonica: l'uva viene messa in tini chiusi senza pigiarla e saturando l'ambiente con CO2. Dai 3 ai 10 giorni o più l'uva viene pigiata, addizionata con fermenti selezionati e fatta fermentare senza l'aggiunta di SO2. In questo ambiente anaerobico le cellule degli acini continuano la respirazione finché è disponibile ossigeno nei tessuti, ma al suo esaurimento comincia una respirazione intracellulare e intramuscolare che è la condizione per ottenere un v. con caratteristiche differenti (ma bene accette dal mercato) rispetto a quelle della comune vinificazione. Infatti il v. ottenuto è leggermente inferiore di grado alcolico rispetto a quello ottenuto con vinificazione comune (-0,2), lievemente più alta l'acidità volatile, più bassa l'acidità fissa (anche del 40%), più ricco di materie coloranti, tannino, estratto secco e ceneri. Iv. bianchi risultano più ossidabili mentre quelli rossi più o meno a seconda dei casi; tutti hanno, almeno in base alle conoscenze acquisite finora, meno resistenza all'invecchiamento.
Imbottigliamento. - I tipi razionali e moderni d'imbottigliamento sono: a caldo; sterile; normale con o senza pastorizzazione finale del v. imbottigliato; fuori del contatto dell'aria.
a) Imbottigliamento a caldo: consiste nel pastorizzare a 70/75° il v. e successivamente imbottigliarlo a 50/55 °C disattivando i vari enzimi particolarmente adatti a v. giovani e con residui zuccherini. La stabilizzazione biologica dei v. effettuata a mezzo di un pastorizzatore a piastra a 1,2 o 3 stadi, è generalmente assicurata.
b) Imbottigliamento sterile a freddo: consiste nella sterilizzazione dei contenitori (bottiglie e fiaschi), dei tappi e del v. con speciali filtri onde eliminare fermenti ed enzimi che possano essere causa di alterazioni biologiche. La sterilizzazione dei contenitori si effettua mediante SO2 iniettata o sotto forma gassosa o in soluzione acquosa. L'impiego del tappo di sughero per bottiglie acquista sempre maggiore interesse e importanza nell'industria vitivinicola. Studi recenti dell'Istituto del Sughero (Torre Pausania, in Sardegna) del prof. Palma con i suoi collaboratori hanno dimostrato la gravità della crisi mondiale della produzione e chiarita la natura del sapore di tappo che tanto svaluta il v. invecchiato. Quello che si credeva dovuto a muffe pare dovuto invece alla presenza di un fungo, armellaria mellea. Il difetto si può eliminare immergendo il sughero per almeno sei ore in una soluzione acquosa al 10% di acido citrico, poi centrifugando. La sterilizzazione del v. si fa mediante filtrazione su strati filtranti aventi porosità inferiore a 1 micron, o con membrane apposite di porosità ridottissima (anche 0,45 micron).
c) Imbottigliamento normale: nel ciclo di questo, ove siano possibili rifermentazioni o moltiplicazioni di fermenti con riunione in colonie e precipitazioni (v. giovani o v. con residui zuccherini), si può ricorrere a una pastorizzazione finale mediante tunnel (ad aria calda o a pioggia) entro i quali passano a velocità prestabilita i contenitori per la pastorizzazione o la disattivazione.
d) Imbottigliamento fuori del contatto dell'aria: consiste nell'imbottigliare il v. dopo aver iniettato nel contenitore una miscela di gas inerti (CO2 e azoto in generale) e quindi aver espulso l'aria onde evitare contatti del v. con l'ossigeno ed eliminare così una delle cause fondamentali dell'ossidazione. Richiede però riempitrici isobariche adatte allo scopo.
Interessante è l'applicazione di una nuova fibra sintetica (1980) già sperimentata per la sostituzione delle fibre di amianto nei filtri. Questa ha dato risultati particolarmente favorevoli nella fermentazione dei vini. La fibra si chiama FERLOSA (Montedison) e i filtri che sono stati preparati sono chiamati omnia filtra. Questa filtrazione preserva anche il profumo del vino, per cui si elimina l'inconveniente che talvolta si riscontra nel perdere gli aromi naturali durante la filtrazione ripetuta.
Nella deferrizzazione e demetallizzazione, il ferrocianuro di potassio è autorizzato anche in Italia dal 1965, sotto controllo diretto e responsabilità dell'operatore (tecnico qualificato). Esso elimina zinco, rame, manganese, ferro (specie sotto forma ferrosa, in quanto il ferrico è di massima legato ad acidi organici naturali o aggiunti al vino). Ottimo rimedio contro la casse fosfato-ferrica è anche un buon chiarificante per il ferrocianuro ferrico che si forma, che è allo stato di dispersione colloidale elettronegativa e floccula più rapidamente in presenza di proteine elettropositive. La dose va determinata sul v. da chiarificare di volta in volta, e per ragioni di sicurezza essa dev'essere sempre diminuita di 3 g/hl, per essere sicuri di non lasciare residui di ferrocianuro potassico nel v. né presenza di acido cianidrico. L'acido metatartarico (ottenuto per riscaldamento dall'acido d-tartarico in vicinanza del suo punto di fusione a 170 °C) ha la proprietà d'impedire in grande misura la cristallizzazione di tartrato di potassio e anche di calcio. La sua azione ha una durata limitata (4-6 mesi); va addizionato in quantità massima di 10 g/hl.
Lo zucchero integrale d'uva, così detto dall'ideatore che lo studiò e lo propose fin dal 1953 (P.G. Garoglio), è stato ripreso nel 1975 dallo stesso ideatore (CNR e varie pubblicazioni) ed è stato approvato dalla Comunità economica europea a Bruxelles come prodotto in sostituzione del saccarosio sotto il nome di "Mosto d'uva concentrato e depurato" che sostituisce la sigla originale ZUI (Zucchero Integrale d'Uva, di Garoglio). Questo zucchero è stato proposto nel 1980 come correttivo zuccherino che può sostituire ovunque l'uso del saccarosio per migliorare la gradazione alcolica dei vini (e quindi l'operazione che viene chiamata normalmente chaptalisation).
Questa sostituzione applicata da tutti i paesi vinicoli permetterebbe di essere in regola con la definizione internazionale proposta dai 30 paesi dell'OIV e riferentesi al vino: "prodotto che dovrebbe corrispondere a quello ottenuto dal mosto di uva matura o leggermente appassita per fermentazione naturale".
Inoltre, lo zucchero d'uva potrebbe essere un ottimo alimento in sostituzione del miele o degli sciroppi d'uva.
Bibl.: Accademia Italiana della Vite e del Vino (Siena), Atti (dal 1966 al 1980); L. Paronetto, Ausiliari fisici chimici biologici in enologia, AEB 1980; E. Peynaud, Connaissance et travail du vin, Parigi 1971 (trad. it. Enologia e tecnica del vino, Brescia 1976); I. e P. Ribéreau-Gayon, E. Peynaud, P. Sudraud, Sciences et techniques du vin, 3 voll., ivi 1973 segg. (4° vol. in corso di stampa); J. Farkas, Technològia a biochémia vina, Praga 1973; J. Hennig, Untersuchungsmethoden für Wein und ähnliche Getränke, Stoccarda 1973; Office international de la Vigne et du Vin (OIV), Codex oenologique international, Parigi 1973; P.G. Garoglio, Enciclopedia vitivinicola mondiale, 8 voll., Milano 1973; Ten Years of activity in Czechoslovak Yeast research, Bratislava 1974; C. Cantarelli, Principi di tecnologia delle industrie agrarie, Bologna 1975; Ministero Agricoltura Romeno, Dictionar Viti-Vinicol, in cinque lingue, 1975; Office International de la Vigne et du Vin (OIV), Mémento de l'OIV, Parigi 1975; Bulletin de l'OIV, mensile; E. Sudario, L'analisi dei vini e la ricerca delle sofisticazioni, vol. I, Casale Monferrato 1975.
Disciplina della denominazione di origine dei vini. - Dopo un lungo periodo post-bellico di depressione e crisi ricorrenti, negli anni Sessanta la vitivinicoltura italiana è stata avviata alla ripresa economica e qualitativa con una serie di interventi legislativi tra cui è da ricordare in primo luogo l'abolizione dell'imposta comunale di consumo sul v. sancita dalla l. n. 1079 del 18 dic. 1959 e completamente attuata dal 1° genn. 1962. Questo provvedimento ha posto fine a un tributo particolarmente avversato dai produttori agricoli che fin dall'Ottocento costituiva grave ostacolo alla valorizzazione del v. sul mercato, sia per l'entità del suo ammontare, sia per gl'intralci burocratici che comportava in funzione della sua applicazione autonoma comune per comune. Successivamente, in base alla legge di delega n. 116 del 3 febbr. 1963, il d.P.R. n. 930 del 12 luglio 1963 sulla "tutela delle denominazioni di origine dei vini" ha avviato a soluzione un altro problema che si dibatteva da oltre cinquant'anni consentendo all'enologia italiana d'iniziare un radicale riordinamento delle produzioni più qualificate, proteggendone l'accreditamento in Italia e all'estero.
Tale decreto divide i v. a denominazione di origine in tre categorie:1) Denominazione Origine Semplice (DOS); 2) Denominazione Origine Controllata (DOC); 3) Denominazione Origine Controllata e Garantita (DOCG). La prima applicazione pratica delle norme sulle denominazioni di origine controllata è stata realizzata col d.P.R. del 6 maggio 1966 che ha riconosciuto la denominazione di origine controllata del v. Vernaccia di San Geminiano, e approvato il relativo "disciplinare di produzione". Invece, nessuna denominazione di origine controllata e garantita è stata tuttora (dicembre 1979) attribuita, ma sono in corso d'istruttoria le prime domande per la sua attribuzione. Alla fine del 1979 risultavano in applicazione 202 "denominazioni di origine controllata" (DOC; v. tab.1) per un complesso di oltre 400 tipi di v. diversi per colore o caratteristiche merceologiche o nome di vitigno o sotto denominazione geografica. Nello stesso tempo il settore vinicolo è stato riordinato anche nel più generale quadro della disciplina della produzione e del commercio e della repressione delle frodi. A ciò è stato provveduto col d.P.R. n. 162 del 12 febbr. 1965, emanato in base alla legge di delega n. 991 del 9 ott. 1964.
I tre provvedimenti legislativi sopra ricordati hanno dato quindi all'Italia una base normativa aggiornata e valida, essenziale per affrontare negli anni successivi dapprima la preparazione e poi la realizzazione dell'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, sancita dalla Comunità economica europea con regolamento del Consiglio n. 816/70 del 28 apr. 1970, in applicazione dal 15 giugno dello stesso anno. Ma già dall'inizio del 1970 erano stati soppressi totalmente i dazi doganali tra paesi della CEE ed era stata interamente applicata, verso i paesi terzi, la tariffa doganale comune. Il regolamento 816/70, elaborato in un periodo in cui in Europa vi era sostanziale equilibrio tra produzione e consumi di v. - mentre venivano a esaurimento le importazioni di v. algerini in Francia a seguito dell'indipendenza dell'Algeria - è stato concepito in base ai principi essenzialmente liberistici propugnati dall'Italia piuttosto che in base ai principi tendenzialmente protezionistici propugnati dalla Francia. Tuttavia nel 1976, dopo ripetute crisi di eccedenza di prodotto, il carattere liberistico del regolamento 816/70 è stato sensibilmente attenuato con l'introduzione della sospensione della libertà dell'impianto dei vigneti, foriera di una successiva programmazione globale degl'impianti viticoli in funzione della "vocazione viticola" delle diverse zone di produzione.
Il regolamento 816/70 detta norme sulla definizione dei prodotti (il v. della CEE idoneo al consumo è stato definito "vino da tavola"), sulla disciplina della viticultura, sugl'interventi a sostegno dei mercati, sulle pratiche enologiche, sulla protezione del mercato comunitario nei riguardi dei v. di paesi terzi, e soprattutto sulla liberalizzazione della circolazione del v. nell'intera area comunitaria. Questa libertà di circolazione, che ha imposto anche l'abolizione dei "contingenti" applicati tradizionalmente dalla Germania, dalla Francia e dalla stessa Italia, ha consentito all'esportazione vinicola italiana di espandersi vigorosamente nell'area comunitaria passando, nel suo complesso, da 2,3 (1969) a 13,4 (1972) milioni di ettolitri nel volgere di un triennio. Il valore delle esportazioni vinicole globali ha raggiunto nel 1976 i 340 miliardi di lire, con un saldo attivo di oltre 300 miliardi per la bilancia commerciale in quanto l'importazione è rimasta di poco rilievo, per un totale di soli 200-300.000 ettolitri annui.
Contemporaneamente al regolamento 816/70 la CEE ha emanato anche il regolamento del Consiglio 817/70 con cui è stata creata e disciplinata la categoria dei "vini di qualità prodotti in regioni determinate" (VQPRD), che congloba i v. italiani a denominazione di origine controllata (DOC), quelli francesi a appellation d'origine controlée (AOC) o delimitati di qualità superiore (VDQS), quelli tedeschi e lussemburghesi riconosciuti "di qualità". Sono di anni più recenti le regolamentazioni comunitarie complementari come quella sul controllo della circolazione dei v. (regolamento 1769/72), quella sull'etichettatura dei v. (reg. 2133/74), quella sugli spumanti (reg. 2893/74), quella sui pre-imballaggi (direttiva 75/106) in varie riprese integrate, modificate o addirittura sostituite. In applicazione delle direttive comunitarie è stato emanato il decreto ministeriale 21 dic. 1977 che reca norme sulla designazione e presentazione dei v. da tavola con indicazione geografica, allo scopo di evitare identità o possibilità di confusione tra i v. a denominazione di origine controllata e quelli con indicazione geografica.
Completata così l'organizzazione del mercato comune vitivinicolo nella CEE, pur in via di continuo aggiornamento, alle soglie del 1980 si è aperto il problema di una sua revisione in funzione della futura adesione alla CEE di tre nuovi paesi eminentemente viticoli come la Grecia, la Spagna e il Portogallo.
Produzione enologica in Italia.
Sulla base dei dati di produzione forniti dalle Camere di commercio, si è avuta, a tutto dicembre 1977, una superficie iscritta all'albo dei vigneti di 211.751 ettari, con una produzione effettiva di v. a denominazione di origine controllata di 7.008.272 hl., pari all'11% di quella nazionale, che rappresenta l'aliquota più elevata raggiunta dall'inizio dell'applicazione del d.P.R. n. 930. Per una migliore valutazione della situazione produttiva si riportano i consuntivi dei dati annuali dal 1974 al 1979.
L'applicazione della legge di tutela è servita a disciplinare e a maggiormente qualificare molte nostre produzioni. Tale disciplina si è rivelata importantissima per l'Italia allorché in sede CEE sono stati emanati i regolamenti 816/70 e 817/70, cosicché le esportazioni vinicole italiane hanno potuto subito espandersi in misura notevole e le DOC essere comprese nella categoria dei VQPRD.
Sotto il profilo essenzialmente tecnico, la disciplina di tali v. ha consentito di pervenire a una regolamentazione sistematica dei principali parametri tecnico-produttivi delle singole produzioni vitivinicole, con effetti più che positivi anche nei confronti del miglioramento dei v. da tavola.
La ripartizione produttiva dei v. a DOC tra le aree geografiche della penisola vede al primo posto l'Italia settentrionale con una percentuale di v. a DOC pari al 61%, seguita dall'Italia centrale con il 29,6 e dall'Italia meridionale con il 9,4%, con una netta migliore incidenza percentuale del settentrione rispetto alle altre due aree della penisola.
Nelle regioni centro-settentrionali, che contribuiscono nell'insieme con il 68% alla produzione dei v., l'aliquota di quelli a Denominazione di Origine Controllata si aggira intorno al 15%. Per contro, le sei regioni dell'Italia meridionale e insulare, con una produzione complessiva di 20,2 milioni di hl. di v. (pari al 31,7% di quella totale stimata a 64 milioni di hl.), hanno dato un volume di v. DOC di soli 669.105 hl., che rappresenta appena il 9,4% di quello analogo nazionale e il 3,3% del complesso delle produzioni totali di v. del Sud d'Italia. A questa situazione hanno contribuito una cinquantina di DOC, delle quali solo una decina si distinguono per quantità superiori ai 10.000 hl. Gli scarsi quantitativi raggiunti devono imputarsi o al non elevato numero di registrazione di vigneti agli albi delle DOC ovvero al ridotto numero delle denunce annuali di produzione effettuate dalle aziende che possiedono i vigneti iscritti agli albi. Alla base di tali realtà esistono senza dubbio motivazioni non trascurabili che consistono soprattutto nell'incertezza della strada da imboccare: se quella dei v. da tavola o quella dei v. a DOC, quando manca la certezza di conseguire ogni anno.
Vini a Denominazione di Origine Controllata approvati fino al 30 giugno 1980
PIEMONTE:
Barolo; Barbaresco; Moscato Naturale d'Asti, Moscato d'Asti Spumante o Moscato d'Asti; Asti spumante o Asti; Erbaluce di Caluso; Caluso Passito; Caluso Passito Liquoroso; Carema; Gattinara; Malvasia di Casorzo d'Asti; Boca; Sizzano; Fara; Brachetto d'Acqui; Ghemme; Barbera del Monferrato; Barbera d'Alba; Barbera d'Asti; Nebbiolo d'Alba; Rubino di Cantavenna; Dolcetto di Ovada; Dolcetto di Acqui; Cortese di Gavi o Gavi; Freisa d'Asti; Grignolino d'Asti; Freisa di Chieri; Malvasia di Castelnuovo di Don Bosco; Dolcetto di Diano d'Alba; Dolcetto delle Langhe Monregalesi; Colli Tortonesi; Dolcetto di Alba; Grignolino del Monferrato Casalese; Dolcetto d'Asti; Dolcetto di Dogliani; Lessona; Bramaterra.
VALLE D'AOSTA:
Donnaz; Enfer d'Arvier.
LOMBARDIA:
Valtellina; Valtellina Superiore; Franciacorta Rosso; Franciacorta Pinot; Oltrepò Pavese (nei tipi: Bonarda dell'Oltrepò Pavese; Barbera dell'Oltrepò Pavese; Riesling dell'Oltrepò Pavese; Cortese dell'Oltrepò Pavese; Pinot Rosso o Rosato o Bianco dell'Oltrepò Pavese; Moscato dell'Oltrepò Pavese); Sangue di Giuda; Buttafuoco; Barbacarlo; Riviera del Garda Rosso e Chiaretto; Botticino; Lugana; Cellatica; Tocai di San Martino della Battaglia; Colli Morenici Mantovani del Garda (nei tipi: Bianco, Rosso, Rosato); Valcalepio (nei tipi: Rosso, Bianco).
TRENTINO ALTO ADIGE:
Caldaro o Lago di Caldaro; Meranese o Meranese di Collina; Teroldego Rotaliano; Trentino (nei tipi: Cabernet Trentino; Lagrein Trentino; Marzemino Trentino; Merlot Trentino; Pinot Nero Trentino; Pinot Trentino; Riesling Trentino; Traminer Aromatico di Termeno Trentino; Moscato Trentino; Vino Santo Trentino); Santa Maddalena; Valle Isarco (nei tipi: Traminer Aromatico valle Isarco; Veltliner Valle Isarco; Pinot Grigio Valle Isarco; Sylvaner Valle Isarco; Müller Thurgau Valle Isarco); Casteller; Terlano (Terlaner); Valdadige (Etschtaler) (nei tipi: Rosso, Bianco); Alto Adige (nei tipi: Moscato Giallo (Goldemuskateller) Alto Adige; Pinot Bianco (Weissburgunder) Alto Adige; Pinot Grigio (Rulander) Alto Adige; Riesling Italico (Welschriesling) Alto Adige; Riesling Sylvaner (Müller Thurgau) Alto Adige; Riesling Renano (Rheinriesling) Alto Adige; Sylvaner Alto Adige; Sauvignon Alto Adige; Traminer Aromatico (Gewürztraminer) Alto Adige; Cabernet Alto Adige; Lagrein Rosato (L. Kretzer) Alto Adige; Lagrein scuro (L. Dunkel) Alto Adige; Malvasia (Malvasier) Alto Adige; Moscato Rosa (Rosenmuskateller) Alto Adige; Pinot Nero (Blauburgunder) Alto Adige); Colli di Bolzano; Sorni.
VENETO:
Bardolino; Soave; Recioto di Soave; Breganze (nei tipi: Bianco Breganze; Rosso Breganze; Cabernet Breganze; Pinot Nero Breganze; Pinot Bianco Breganze; Vespaiolo Breganze); Colli Eugenei (nei tipi: Bianco, Rosso); Moscato Colli Euganei; Prosecco di Conegliano; Valdobbiadene o Prosecco di Conegliano o Prosecco Valdobbiadene; Gambellara; Recioto da Gambellara; Vin Santo di Gambellara; Valpolicella; Recioto della Valpolicella; Bianco di Custoza; Tocai di Lison; Cabernet di Pramaggiore; Merlot di Pramaggiore; Vini del Piave o Piave (nei tipi: Cabernet del Piave; Merlot del Piave; Tocai del Piave; Verduzzo del Piave); Colli Berici (nei tipi: Garganega o Garganego Colli Berici; Tocai Bianco Colli Berici; Sauvignon Colli Berici; Pinot Bianco Colli Berici; Merlot Colli Berici; Tocai Rosso Colli Berici; Cabernet Colli Berici); Montello e Colli Asolani (nei tipi: Prosecco Montello e Colli Asolani; Merlot Montello e Colli Asolani; Cabernet Montello e Colli Asolani).
FRIULI-VENEZIA GIULIA:
Collio Goriziano o Collio (nei tipi: Sauvignon Collio Goriziano o Collio Traminer Collio Goriziano o Collio; Cabernet franc Collio Goriziano o Collio; Pinot Nero Collio Goriziano o Collio; Riesling Italico Collio Goriziano o Collio; Tocai Collio Goriziano o Collio; Merlot Collio Goriziano o Collio; Malvasia Collio Goriziano o Collio; Pinot Bianco Collio Goriziano o Collio; Pinot Grigio Collio Goriziano o Collio; Colli Orientali del Friuli (nei tipi: Tocai Friulano Colli Orientali del Friuli; Verduzzo Friulano Colli Orientali del Friuli; Ribolla Colli Orientali del Friuli; Pinot Bianco Colli Orientali del Friuli; Pinot Grigio Colli Orientali del Friuli; Sauvignon Colli Orientali del Friuli; Riesling Renano Colli Orientali del Friuli; Picolit Colli Orientali del Friuli; Merlot Colli Orientali del Friuli; Cabernet franc e/o Sauvignon Colli Orientali del Friuli; Pinot Nero Colli Orientali del Friuli; Refosco nostrano dal peduncolo rosso Colli Orientali del Friuli; Grave del Friuli (nei tipi: Merlot Friulano Grave del Friuli; Cabernet franc e/o Sauvignon Grave del Friuli; Refosco nostrano o peduncolo rosso Grave del Friuli; Tocai Grave del Friuli; Pinot Bianco Grave del Friuli; Pinot Grigio Grave del Friuli; Verduzzo Friulano Grave del Friuli); Isonzo (nei tipi: Tocai Isonzo; Sauvignon Isonzo; Malvasia Isonzo; Pinot Bianco Isonzo; Pinot Grigio Isonzo; Verduzzo Friulano Isonzo; Traminer aromatico Isonzo; Riesling Renano Isonzo; Merlot Isonzo; Cabernet Isonzo); Aquileia (nei tipi: Merlot Aquileia; Cabernet Aquileia; Refosco Aquileia; Tocai Friulano Aquileia; Pinot Bianco Aquileia; Pinot Grigio Aquileia; Riesling Renano Aquileia); Latisana (nei tipi: Merlot Latisana; Cabernet (Franc e Sauvignon) Latisana; Refosco nostrano e peduncolo rosso Latisana; Tocai Friulano Latisana; Pinot Bianco Latisana; Pinot Grigio Latisana; Verduzzo Friulano Latisana).
LIGURIA:
Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua; Cinque Terre; Cinque Terre Sciacchetrà.
EMILIA-ROMAGNA:
Albana di Romagna; Sangiovese di Romagna; Gutturnio dei colli Piacentini; Lambrusco Grasparossa di Castelvetro; Lambrusco Sorbara; Lambrusco Salamino di Santacroce; Lambrusco Reggiano; Trebbiano di Romagna; Trebbianino Val di Trebbia; Colli Bolognesi Monte S. Pietro Castelli Medioevali o Colli Bolognesi Monte S. Pietro o Colli Bolognesi dei Castelli Medioevali (nei tipi: Barbera Colli Bolognesi ecc.; Merlot Colli Bolognesi ecc.; Sauvignon Colli Bolognesi ecc.; Riesling Italico Colli Bolognesi ecc.; Pinot Bianco Colli Bolognesi ecc.; Bianco Colli Bolognesi ecc.); Monterosso val D'Arda; Bianco di Scandiano.
TOSCANA:
Bianco di Pitigliano; Brunello di Montalcino; Vernaccia S. Gimignano; Vino Nobile di Montepulciano; Rosso Colline Lucchesi; Chianti Classico; Chianti Montalbano; Chianti Rufina; Chianti Colli Fiorentini; Chianti Colli Senesi; Chianti Colli Aretini; Chianti Colline Pisane; Elba Bianco e Rosso (nei tipi: Bianco, Rosso); Montecarlo bianco; Parrina (nei tipi: Bianco, Rosso); Bianco Vergine Val di Chiana; Carmignano; Bianco Valdinievole; Montescudaio (nei tipi: Bianco, Rosso); Morellino di Scansano.
UMBRIA:
Torgiano (nei tipi: Bianco, Rosso); Orvieto; Colli del Trasimeno (nei tipi: Bianco, Rosso).
MARCHE:
Verdicchio di Matelica; Verdicchio Castelli di Jesi; Rosso Conero; Rosso Piceno; Bianchello del Metauro; Vernaccia di Serrapetrona; Sangiovese dei Colli Pesaresi; Bianco dei Colli Maceratesi; Falerio dei Colli Ascolani.
LAZIO:
Frascati; Est! Est! Est! di Montefiascone; Trebbiano di Aprilia; Merlot di Aprilia; Sangiovese di Aprilia; Marino; Colli Albani; Cori (nei tipi: Bianco, Rosso); Colli Lanuvini; Velletri (Bianco e Rosso); Aleatico di Gradoli - Tipo Liquoroso; Zagarolo; Cesanese di Olevano o Olevano Romano; Cesanese di Affile o Affile; Montecompatri-Colonna o Montecompatri o Colonna; Cesanese del Piglio o Piglio; Cerverteri (nei tipi: Rosso, Bianco); Bianco Capena; Colli Alto Tiberini.
ABRUZZO MOLISE:
Montepulciano d'Abruzzo (anche nel tipo: Cerasuolo); Trebbiano d ' Abruzzo.
CAMPANIA:
Fiano di Avellino; Ischia (nei tipi: Bianco, Rosso, Superiore); Greco di Tufo; Taurasi; Solopaca (nei tipi: Bianco, Rosso, Rosato); Capri (nei tipi: Bianco, Rosso).
PUGLIA:
Rosso Canosa; S. Severo (nei tipi: Bianco, Rosso, Rosato); Locorotondo; Martina o Martina Franca; Castel Del Monte (nei tipi: Bianco, Rosato, Rosso); Matino (nei tipi: Rosato, Rosso); Ostuni Bianco e Ostuni Ottavianello (nei tipi: Bianco, Ottavianello); Aleatico di Puglia (nei tipi: Dolce naturale, Liquoroso dolce naturale); Moscato di Trani (nei tipi: Dolce naturale, Liquoroso); Rosso di Cerignola; Primitivo di Manduria; Salice Salentino; Cacc'e Mitte di Lucera; Squinzano (nei tipi: Rosso, Rosato); Copertino (nei tipi: Rosso, Rosato); Rosso di Barletta.
BASILICATA:
Aglianico del Vulture.
CALABRIA:
Ciró (nei tipi: Bianco, Rosso, Rosato); Melissa (nei tipi: Bianco, Rosso); Savuto; Donnici; Pollino; Lamezia; S. Anna d'Isola Capo Rizzuto.
SICILIA:
Etna (nei tipi: Bianco, Bianco superiore, Rosso, Rosato); Marsala; Moscato di Pantelleria Naturale o Passito di Pantelleria (nei tipi: Naturale, Passito); Alcamo o Bianco di Alcamo; Cerasuolo di Vittoria; Malvasia di Lipari; Moscato di Siracusa; Faro; Moscato di Noto Naturale o Moscato di Noto.
SARDEGNA:
Vernaccia di Oristano; Moscato di Cagliari; Monica di Cagliari; Girò di Cagliari; Nasco di Cagliari; Malvasia di Cagliari; Malvasia di Bosa; Monica di Sardegna; Moscato di Sorso-Sennori; Cannonau di Sardegna; Nuragus di Cagliari; Vermentino di Gallura; Carignano del Sulcis: Rosso e Rosato; Campidano di Terralba o Terralba.
I migliori risultati economici. Senza, peraltro, voler trascurare l'influenza talvolta esercitata dalla stessa cooperazione e dagli altri ambienti del settore, di dare soddisfazione economica più immediata ai viticoltori, attraverso la vendita e l'esportazione di quei grossi quantitativi di v. complementari o di largo consumo che abbondano nel Mezzogiorno d'Italia.
Dall'esame delle produzioni complessive regionali dei v. a Denominazione di Origine Controllata, risulta comunque la prevalenza del Veneto, con oltre 1.606.000 hl., seguito dalla Toscana, con oltre 1 . 158.000 hl., uniche a superare nel contesto regionale di tali produzioni la quota del milione di hl. Al terzo posto è il Piemonte con 726.000 hl., seguito da Trentino-Alto Adige con 681.000 hl., EmiliaRomagna con 635.000 hl. e Friuli-Venezia Giulia con 411.000 hl., sei regioni che nell'insieme rappresentano il 73,6% di tutta la produzione DOC della penisola italiana.
Un altro aspetto significativo della realtà produttiva di v. a DOC emerge dalla considerazione che il 65% di tale produzione è appannaggio esclusivo di 19 DOC aventi per capofila il Chianti, unica produzione a superare la soglia del milione di hl. Tra gli altri v. a DOC con maggior peso, si annoverano il Soave (511.000 hl.), il Valpolicella (404.000 hl.), il Moscato naturale d'Asti (361.000 hl.), il Caldaro (270.000 hl.), il Marsala (264.000 hl.) e via via gli altri fra cui tre con produzioni di 200.000/250.000 hl., due con produzioni di 150.000/200.000 hl. e sette con produzioni di 100.000/150.000 hl.
Analizzando l'andamento dell'esportazione italiana di v. negli ultimi anni, si rileva che, soprattutto per effetto della liberalizzazione degli scambi intracomunitari, essa ha segnato un forte incremento, passando dalla media di 2,5 milioni di hl. nel biennio 1968-1969 a circa 11 milioni di hl. nel 1977. Per il 1978, l'esportazione dei v. ha toccato la cifra di 12,44 milioni di hl. per un valore di 513,5 miliardi di lire e incrementi rispettivi del 14,1% e del 31,6%. In dettaglio, tale corrente di traffico è stata convogliata per 9,37 milioni di hl. verso l'area della CEE (+ 8,21%), pari a 331,4 miliardi di lire (+ 27,2%) e per 3,07 milioni di hl. (+ 36,7%), pari a 182 miliardi di lire (+ 40,3%) verso i paesi terzi.
Il prodotto esportato nella CEE risulta collocato per gran parte in Francia e nella Rep. Fed. di Germania, rispettivamente nella misura di 5,7 milioni di hl. (+ 10%) e di 3,0 milioni di hl. (+ 3,7%). Seguono nell'ordine Regno Unito, con 357.000 hl., Belgio-Lussemburgo con 157.000 hl., Paesi Bassi con 54.000 hl. e, con cifre ancora più modeste, gli altri partners Danimarca e Irlanda.
Nell'ambito dei paesi terzi, una citazione particolare meritano gli Stati Uniti, non solo perché il volume di esportazione ha raggiunto la cifra di 1,429 milioni di hl. con un incremento del 40% sulle cifre dell'anno precedente, cui ha fatto riscontro in valore un introito di 108 miliardi di lire, ma soprattutto perché i v. italiani hanno conquistato una quota di mercato superiore al 50% delle importazioni totali in tale paese. Mentre gli Stati Uniti hanno da soli assorbito tutto il 46,5% dell'esportazione italiana verso l'area geografica dei paesi extra CEE, la Svizzera, l'Austria, il Canada e, per la prima volta, lo scorso anno l'URSS sono gli unici fra i paesi terzi ad avere assunto un ruolo significativo nell'assorbimento di v. italiani.