Visconti
Famiglia pisana. Seconda per importanza tra le antiche famiglie pisane, i V. figurano spesso nel consolato. A Pisa come in altri comuni, il nome del loro casato derivò dalla carica di vicecomes, i cui ultimi esempi di giurisdizione sono, per Pisa, del secondo decennio del sec. XII, e a cui si erano uniti la carica di gastaldo e molti diritti: ripatico, spesa pubblica, ferro, forni, vinai e tutte quante le arti. Appare chiaro che essi fin dalla metà del sec. XII aspiravano alla supremazia sul comune, anche mentre partecipavano al consolato, e si erano posti in aperta lotta contro i consoli, meritandosi, il 2 ottobre 1153, la confisca di quei diritti fiscali di cui ancora godevano. In questa condanna, i V. sono considerati una consorteria e non già singole persone. Lo dimostra la formula di generale " sententia contra Vicecomites ", ricordata nei brevi consolari del 1162 e del 1164: in questi anni era già anche avvenuto il passaggio del termine ‛ visconte ' dal significato di ufficio al nome di consorteria. La parola vicecomes viene messa anche accanto a quella di consul, senza più ricordo dell'antico ufficio, nel caso di tutti quei membri della consorteria V. che fan parte del consolato.
Col 1190 cominciò il dominio indiretto di Pisa sulla Sardegna; infatti membri delle principali casate magnatizie pisane (Gherardesca, V., Da Caprona) vi ebbero estesi possessi e ricchi feudi. Nel 1205, Lamberto V., che con il fratello Ubaldo aveva iniziato la conquista di territori sardi, sposò Eleonora di Gallura divenendo sovrano di quel giudicato, che passò quindi a suo figlio Ubaldo, il quale aveva sposato la figlia di Mariano di Torres, Adelasia, consolidando ancor più i suoi possessi. Alla morte di questo la Gallura passò a Giovanni, figlio del primo Ubaldo V., pur restando valide le pretese di Adelasia che vantava i diritti ereditati dal proprio fratello Barisone di Torres. In seguito al secondo matrimonio di Adelasia con Enzo, figlio naturale di Federico II, il quale assunse il titolo di " rex Sardiniae ", i suoi diritti sull'isola passarono ai Gherardesca, dato che Elena, figlia di Enzo e Adelasia, aveva sposato Guelfo figlio del conte Ugolino; a sua volta Giovanni V. aveva sposato una figlia del conte Ugolino, per cui Gherardesca e V. si coalizzarono contro il comune di Pisa che a sua volta voleva subentrare nei loro diritti sardi. Quest'alleanza V.-conti di Donoratico era una cosa nuova nella vita della città; infatti le due famiglie, entrambe guelfe, erano in profonda rivalità specie al tempo in cui Ubaldo V., cugino di Giovanni, teneva le redini della città. Egli infatti fu podestà in Pisa dal 1213 al 1216, e di nuovo fu al potere nel 1222, nonostante l'ostilità del papa, profondamente ostile alla politica sarda dei V., che veniva a ledere i suoi diritti di alto sovrano dell'isola. Onorio III giunse a intimare ai Pisani, fra l'altro, l'allontanamento di Ubaldo pena la scomunica, ma il popolo si sollevò e cacciò i messi papali: per tali fatti il V. fu dichiarato eretico; fu di nuovo podestà a Pisa nel 1225 e nel 1228, morì intorno al 1238. Giovanni V. giudice di Gallura dal 1257, capo della fazione dei guelfi pisani, fu acceso fautore dell'Angioino per il quale tentò di allacciare rapporti con Pisa, senza però ottenere nulla. Esiliato dalla città nel 1270, partecipò alla crociata di Tunisi, si accordò quindi col suocero Ugolino per tutelare i comuni interessi in Sardegna. A tal fine fece accordi segreti con Firenze, ma il popolo si sollevò, imprigionò Ugolino e i V. con tutta la loro Parte furono esiliati dalla città. Giovanni V. quindi fece accordi con le città guelfe promuovendo una lega contro Pisa, e seguitò a combattere finché non giunse a morte nel 1275. La sua condotta politica fu ripresa da suo figlio Ugolino (il giudice Nin gentil di Pg VIII 53 ss.), il quale tenne per un certo tempo le redini della città; alla sua morte i V. persero ogni potere politico in Pisa e in Sardegna.
Vi fu nel territorio pisano anche un'altra stirpe di V., quella dei V. di Bozzano, feudatari della bassa Versilia a mezzogiorno di Viareggio, forse derivati nel sec. X dal ceppo dei Soffredinghi e in origine consorti dei V. di Anchiano, Mozzano e Versilia. In Pisa erano stanziati nella cappella di San Felice e avevano beni nel contado a Tabbiano, Guardia Vicecomitum, a Santa Maria Trulli, a Migliarino. Il Duecento fu per loro un periodo di alienazione di beni. Nobili com'erano, ebbero legami matrimoniali con altre famiglie nobili; dal 1290 circa al 1320 circa, non ricoprirono cariche nel comune.
Bibl. - L. Passerini, Armi e notizie storiche delle famiglie toscane che son nominate nella D.C., in G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno di D.A., II, Documenti, Firenze-Londra 1862; I. Del Lungo, D. nei tempi di D., Bologna 1888, 271-370; E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa, Napoli 1962, passim.