Brancati, Vitaliano
Scrittore e sceneggiatore, nato a Pachino (Siracusa) il 24 luglio 1907 e morto a Torino il 25 settembre 1954. La causticità e persino il timbro allucinato e sferzante del 'comico' fanno della sua narrativa un'incisiva rappresentazione realistica della piccola borghesia fascista e, comunque, della borghesia dell'Italia centro-meridionale: il mondo meridionale è infatti per B. il palcoscenico del più ottuso conformismo italiano. L'ironia si fa nerbo di una scrittura sottile e fustigatrice, profondamente parodistica, basata su un presupposto di consapevolezza intellettuale, che conferisce alla sua opera la forza per descrivere il disagio di uno scrittore negli anni postbellici, secondo la prospettiva di un moralismo superiore capace di far ridere eppure di testimoniare la radicalità della polemica. Con il cinema B. ebbe un duplice rapporto. Da un lato, infatti, molti registi si sono ispirati direttamente alla sua opera. Senza contare quanto il senso del grottesco dello scrittore, memore della lezione di N.V. Gogol′ e dei suggerimenti di Stendhal nella rappresentazione delle dinamiche sociali, abbia influenzato molti esempi della cosiddetta commedia all'italiana. Dall'altro lato, egli concepì il cinema come mero strumento, in un certo senso un vero mezzo di sussistenza: per questo è difficile poter parlare di un B. sceneggiatore il cui stile possa essere riconoscibile come tale. Importante risulta invece la sua attiva collaborazione con altri sceneggiatori che contribuì alla riuscita di molti film italiani fra gli anni Quaranta e Cinquanta.
Dopo la laurea in lettere, ottenuta a Catania nel 1929, si trasferì a Roma dove divenne redattore di varie riviste. Tornato in Sicilia, continuò l'attività di giornalista, affiancata da quella di insegnante, ma nel 1941 fu di nuovo a Roma dove pubblicò quello che egli stesso considerava il suo primo romanzo (Gli anni perduti). L'anno successivo cominciò a collaborare alle prime sceneggiature, con Sergio Amidei, Sandro Ghenzi, Angelo Besozzi, Gino Sensani e, non accreditato, Giacomo Debenedetti, per Gelosia (1942) di Ferdinando Maria Poggioli, da Il marchese di Roccaverdina di L. Capuana; con Umberto Barbaro e Luigi Chiarini per La bella addormentata (1942) diretto dallo stesso Chiarini, dal testo di P.M. Rosso di San Secondo; con Riccardo Freda e Cesare Zavattini per Don Cesare di Bazan (noto anche come La lama del giustiziere, 1942) di Freda. Nel 1944 uscì sulla rivista "Aretusa" il racconto Il vecchio con gli stivali (in volume nel 1946) dal quale Luigi Zampa avrebbe realizzato nel 1948 il film Anni difficili. Stabilitosi a Roma definitivamente nel 1946, collaborò alla sceneggiatura di Fatalità (1947) di Giorgio Bianchi, da R. Galdieri. Dopo il successo del romanzo Il bell'Antonio (1950), riprese il suo lavoro per il cinema, legandosi a una grande generazione di sceneggiatori e registi italiani, come Suso Cecchi d'Amico, Diego Fabbri, Zavattini, Mario Monicelli, Ennio Flaiano, Ercole Patti e Sandro de Feo, partecipando alla scrittura, fra l'altro, di Guardie e ladri (1951) di Steno e Monicelli e del film a episodi Altri tempi ‒ Zibaldone n. 1 (1952) di Alessandro Blasetti. Collaborò anche alla sceneggiatura di altri due film: L'uomo, la bestia e la virtù (1953) di Steno, dalla commedia di L. Pirandello, interpretato dalla inedita coppia costituita da Totò e Orson Welles; e Dov'è la libertà…? (1954) di Roberto Rossellini, in collaborazione con Flaiano, Antonio Pietrangeli e Vincenzo Talarico. Fra le ultime sceneggiature di B. va ricordato il capolavoro di Rossellini, Viaggio in Italia, uscito nel 1954, anno della morte dello scrittore. Dalle opere di B., sempre meno sottolineando gli aspetti amari e forti della sua pagina, furono tratti, dopo la sua scomparsa, film comunque significativi come: Il bell'Antonio (1960) di Mauro Bolognini, Don Giovanni in Sicilia (1967) di Alberto Lattuada, Paolo il caldo (1973) di Marco Vicario.
Vitaliano Brancati fra scena e schermo, [Catania] 1983; Vitaliano Brancati, a cura di S. Gesù, Acicatena 1989.