Vulcano
Il dio del fuoco e dei vulcani
In Grecia, Efesto è il dio della metallurgia, sposo di Afrodite o di una delle Cariti (le romane Grazie), creatore di armi straordinarie e di splendidi gioielli. A Roma, Vulcano simboleggia la primigenia forza del fuoco come elemento naturale, presente in particolare nei vulcani
Originariamente Efesto è un dio orientale, forse imparentato con le divinità fenicie protettrici della lavorazione dei metalli, e passato in età remota in Grecia attraverso l’Isola di Creta. Questa sua antica provenienza è forse ricordata, nel mito, dalle sue dimore abituali: Lemno, in particolare, è una delle isole greche più orientali.
Secondo la versione che si legge nell’Iliade di Omero Efesto è figlio della coppia divina Era (la romana Giunone) e Zeus (Giove), ma un’altra tradizione lo fa nascere dalla sovrana celeste senza intervento maschile. La dea, però, disgustata dal brutto aspetto del figlio, che ha le gambe deformi, lo scaraventa giù dall’Olimpo facendolo precipitare, appunto, nell’Isola di Lemno.
Ma perché Efesto, che è un dio, è rappresentato con questa menomazione fisica? Nelle civiltà arcaiche e primitive le occupazioni principali per gli uomini sono la caccia e la guerra. Chi non può partecipare a queste due attività è relegato dalla società a lavori che è possibile svolgere anche se si hanno gravi difetti fisici. La metallurgia è uno di questi. Chi lavora i metalli, tuttavia, in cambio acquista una posizione di rilievo nella comunità: sua è l’arte di servirsi del fuoco, di forgiare le armi e, al tempo stesso, di realizzare magnifici gioielli d’oro, monili e amuleti attraverso i quali si esercita anche la magia. Metallurgia e magia sono dunque legate da un sottile rapporto. Ecco perché Efesto, dio della metallurgia, è rappresentato deforme nelle gambe, «dalle gambe ricurve», ed ecco perché altri demoni greci del lavoro metallurgico, come i misteriosi fabbri Telchini, sono dotati di poteri incantatori e capaci di lanciare il malocchio.
Proprio per simboleggiare il rapporto della forza bruta con la bellezza del gioiello che essa produce, il mito greco fa di Efesto lo sposo di Afrodite (Venere). Afrodite, tuttavia, non è una sposa fedele ed Efesto deve continuamente subirne i tradimenti. Il più famoso, perché coinvolge un altro dio, è quello narrato nell’Odissea di Omero: Efesto coglie in flagrante Afrodite a letto con Ares (Marte) e li avvolge in una rete di metallo da cui non possono districarsi. Tutti gli dei, alla loro vista, scoppiano a ridere. Una diversa versione del mito gli attribuisce come sposa una delle tre Cariti (le Grazie), che vive con lui in una dimora di ferro, sempre a Lemno, dove si trovano anche le fucine del dio. Qui Efesto, sudato e con i mantici in mano, sporco di cenere e di fuliggine, crea straordinarie opere. Le più famose sono le armi che fornisce ad Achille prima del duello finale contro Ettore, lo scettro di Agamennone e la stupenda collana d’oro regalata ad Armonia, moglie di Cadmo, e quindi a Erifile, che tuttavia portava enorme sfortuna a chi la indossava.
Oltre che nelle località dell’Asia Minore, solo ad Atene Efesto riceve un culto particolare: dall’incontro che ha con Atena (Minerva), fecondata da alcune gocce di seme che la dea si toglie dalla coscia e getta in terra, nasce Erittonio, metà uomo e metà serpente, uno dei leggendari re della città.
A differenza del greco Efesto, il dio romano-italico del fuoco non è collegato all’arte della metallurgia, ma solamente ai fenomeni naturali che hanno come protagonista il fuoco, in primo luogo all’eruzione dei vulcani.
Volcanus è quindi il simbolo divino del potere distruttivo della natura, delle forze sotterranee che scatena, terribili per l’uomo. Anche per questo motivo i culti di Vulcano erano collocati, a Roma e in tutta l’Italia antica, fuori dalle mura delle città.
Secondo la leggenda Vulcano è padre di Caco, gigante mostruoso che emette fuoco dalla bocca e che uccide i viandanti nelle campagne romane, vinto nella lotta ed eliminato da Ercole prima dell’arrivo di Enea nel Lazio.
Solamente dall’età classica, e unicamente nelle testimonianze letterarie, gli vengono attribuiti gli elementi figurativi e le vicende dell’Efesto greco.