GMELIN, Wilhelm Friedrich (Guglielmo Federico)
Nacque il 26 nov. 1760 a Badenweiler, nella regione della Foresta Nera, da Isaac e Regina Müllerin; a sedici anni, nel 1776, spinto da un innato talento si unì con un contratto decennale alla vasta bottega calcografica di Christian de Mechel nella vicina Basilea, centro di diffusione dei modi grafici del più celebre incisore tedesco della generazione precedente, J.G. Wille.
Se la produzione di questo lungo apprendistato incisorio fu rivolta ai versanti del paesaggio, ma anche del ritratto e della stampa architettonica, il suo trasferimento a Roma nel 1787, in corrispondenza con l'inizio della più felice stagione dell'incisione neoclassica in Italia, ne orienterà invece definitivamente gli esiti in direzione paesaggistica, facendo della sua attività grafica ed editoriale, auspici J.W. Goethe e la sua cerchia romana, un importante fattore di raccordo tra la tradizione locale e i nuovi apporti che una rete cosmopolita di operatori e di destinatari avrebbe di lì a poco sollecitato in direzione più apertamente romantica.
In questo fu determinante l'invito rivoltogli da Jacob Philipp Hackert l'anno successivo, a raggiungerlo a Napoli per tradurre a stampa alcuni suoi dipinti con vedute di Baia e Pozzuoli, nell'ambito della sua lucida promozione e divulgazione della propria pittura col tramite incisorio. In contraddizione solo apparente, l'impostazione di queste stampe sembra scostarsi dal filone che sarà invece importante nella futura produzione del G., quello della traduzione del paesaggismo "eroico" del pieno Seicento romano, salvo poi riassorbirne le componenti ideali e sublimi in un gusto già preromantico. Ma il breve soggiorno napoletano era destinato a concludersi già nel 1790, quando il G. tornò a Roma col progetto di iniziare in proprio un'attività di incisore ed editore, stabilendosi prima in via Paolina e quindi a piazza di Spagna, a stretto contatto col nucleo di artisti svizzeri e tedeschi che vi avevano trovato sede. Nel 1797 risulta infatti abitare al n. 9 di piazza di Spagna, presso Giovanni Adamo Scheri (Escher), chirurgo di origine valtellinese, di cui nel 1806 sposerà la figlia Maria Diomira.
Dagli inizi degli anni Novanta lavorò in stretta collaborazione con l'editore J.F. Frauenholz di Norimberga, che curava anche la distribuzione in Germania delle sue stampe. La Veduta delle cascate di Tivoli, del 1791, e il suo pendant con Le cascatelle con la cosiddetta villa di Mecenate a Tivoli, dell'anno successivo, dedicate al margravio di Baden, restano esemplari della sua formazione e della prima produzione, che non può prescindere dai precedenti condizionanti di artisti come L. Ducros e G.B. Piranesi, soprattutto nei soggetti di più preciso riferimento archeologico e rovinistico.
Molte di queste stampe ripercorrono gli stereotipi vedutistici di un gusto già orientato verso il sublime, traducendo visivamente l'emozione dei viaggiatori di fronte a grandi spettacoli naturali, come la grotta di Nettuno a Tivoli e la cascata delle Marmore presso Terni. Nei primi anni Novanta il G. tentò inoltre di collaborare alla prestigiosa serie di vedute dei Malerische radierte Prospekte aus Italien, che J.C. Reinhart andava realizzando dal 1792 insieme con A.C. Dies e J.W. Mechau per l'editore Frauenholz, presso cui sarebbero state pubblicate nel 1799. Ma le sue prime sei tavole, per la rivalità di Reinhart, deciso a mantenere un rapporto esclusivo con l'editore di Norimberga, e che vi lamentava un difetto di gusto pittorico nella resa incisoria, uscirono autonomamente presso Frauenholz nel 1795 come Six vues d'Italie. L'episodio, mentre da un lato conferma quanto il dibattito fosse già aperto in quegli anni tra l'acquaforte "da pittori" e la più fredda tecnica bulinistica degli incisori di traduzione, rivela al contempo come in realtà la produzione del G. si mantenesse sempre sul doppio registro dell'invenzione e della documentazione. Gli esiti più eloquenti di questo secondo filone si sarebbero veduti di lì a poco quando, lasciata Roma invasa dalle truppe francesi nel 1798, e riparato a Dresda, vi incise due grandi tele di Claude Lorrain (C. Gellée), una Fuga in Egitto e Aci e Galatea, conservate nella galleria della capitale sassone, che pubblicò però soltanto dopo il definitivo rientro a Roma nel 1801. Su questo versante sarebbero seguite, tra il 1803 e il 1806, altre tre stampe da paesaggi del Lorrain nelle gallerie Doria e Colonna, e altre tre da N. Poussin e di G. Dughet, tra il 1812 e il 1817, da dipinti in collezioni Colonna, Falconieri e Corsini.
A partire dal 1801 strinse una collaborazione commerciale con l'editore D. Artaria di Mannheim, mentre la sua attività fu completamente autonoma dal 1809, anno in cui il catalogo di vendita di Frauenholz elencava ancora le lastre di 15 soggetti del G. in suo possesso. Privo di un'autentica formazione da pittore, egli preparava le proprie stampe con delicati disegni a seppia, di cui alcuni si conservano a Roma presso il Gabinetto comunale delle stampe (Cavazzi, 1976), mentre sul fronte tecnico la pubblicistica del suo tempo gli attribuisce l'ideazione di un parallelimetro, macchina usata per tracciare regolarmente gli sfondi. Insieme con V. Feoli collaborò alla traduzione in incisione dei disegni realizzati da Marianna Candidi Dionigi per il proprio volume Viaggi in alcune città del Lazio, pubblicato a Roma nel 1809.
Alla estrema attività del G. appartengono le 50 incisioni da disegni dei maggiori artisti della Roma del tempo per l'edizione dell'Eneide promossa da Elisabeth Harvey duchessa di Devonshire, tra il 1819 e 1821, che uscì, a Roma, con le due ultime tavole non finite, per la morte del G., avvenuta a Roma il 22 sett. 1820. Il G. fu sepolto a S. Lorenzo in Lucina, dove è ricordato da una lapide con ritratto clipeato alla destra dell'ingresso. Un altro suo ritratto, eseguito da L. Basiletti, è conservato presso l'Accademia nazionale di S. Luca, di cui era stato eletto membro il 25 sett. 1814 (Kunstblatt, 19 apr. 1821, p. 128; 2 dic. 1822, pp. 383 s.).
Dei tre figli, Maria Anna Virginia (1807-72), Maria Regina (1808-32) e Georg (1810-54), quest'ultimo seguì le orme del padre, preferendo tuttavia la pittura di veduta alla pratica incisoria, liberando con questo la clausola posta dal padre nel proprio testamento del 1819, relativa alla inalienabilità dei beni della bottega calcografica di famiglia. Nel 1828, "per rendere sempre più singolare e pregevole la Calcografia camerale" (Roma, Archivio Capitolino, Archivio urbano, sez. L, t. 51), il tesoriere generale monsignor B. Cristaldi acquistò i 23 rami della Calcografia Gmelin, dietro l'elevato compenso di 10.500 scudi, a conferma del perdurante successo commerciale della sua produzione incisoria.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Lorenzo in Lucina, Stati d'anime, 1797-1920; Lib. mortuorum, 1820; Parrocchia S. Pietro, Battesimi, 1807, 1808, 1810; Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Calcografia camerale, b. 1, ff. 13-20; Roma, Biblioteca Hertziana, Schede Noack, ad vocem; M. Huber, Manuel des curieux et des amateurs d'art, Zürich 1797-1808, II, p. 254; Diario ordinario, 4 genn. 1806, pp. 16-20; 20 sett. 1817; Memorie enciclopediche sulle antichità e belle arti di Roma di G.A. Guattani, I (1806), pp. 71-73; III (1807), pp. 14-16; IV (1808), pp. 26 s.; V (1808), p. 15; J.G. Meusel, Archiv für Künstler und Kunstfreunde, II, Dresden 1807, p. 131; L. De Angelis, Notizie degli intagliatori con osservazioni critiche raccolte… ed aggiunte a Giovanni Gori Gandellini, X, Siena 1812, pp. 174-176; G.K. Nagler, Neues allgemeines Künstler-Lexicon, IV, München 1837, p. 277; J. Heller, Praktisches Handbuch für Kupferstichsammler, Leipzig 1850, pp. 270 s.; C. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, pp. 302 s.; C. Brun, Schweizerisches Künstler-Lexikon, I, Frauenfeld 1905, pp. 595 s.; E. Ovidi, La calcografia romana e l'arte dell'incisione in Italia, Roma-Milano 1905, p. 53; F. Noack, Deutsches Leben in Rom 1700 bis 1900, Stuttgart-Berlin 1907, pp. 144, 241, 435; Id., Das Deutschtum in Rom seit dem Ausgang des Mittelalters, II, Stuttgart 1927, pp. 209 s.; P. Arrigoni - A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma e del Lazio conservate nella Raccolta delle stampe e dei disegni, Milano 1939, ad indicem; I. Feuchtmayr, Johann Christian Reinhart 1761-1847. Monographie und Werkverzeichnis, München 1975, pp. 63, 96, 123, 138; L. Cavazzi Palladini, Disegni e incisioni di G.F. G. nel Gabinetto comunale delle stampe, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, XIII (1976), 1-4, pp. 45-52; F. Mazzocca, L'illustrazione romantica, in Storia dell'arte italiana, III, 2, Grafica e immagine, Torino 1981, p. 341; S. Rudolph, Giuseppe Tambroni e lo stato delle belle arti in Roma nel 1814, Roma 1982, pp. 70, 82; F. Kuyvenhoven, Lady Devonshire, an English Maecenas in post-Napoleonic Rome: her publication of Virgil's Aeneid and Hendrik Voogd's contribution to it, in Medelingen van het Nederlands Instituut te Rome, n.s., XLVI (1985), 11, pp. 145-154; A. Griffiths - F. Carey, German printmaking in the age of Goethe (catal.), London 1994, pp. 11, 21, 123, 136-139; S. Tozzi, F. G., in Il paesaggio secondo natura. Jacob Philipp Hackert e la sua cerchia (catal.), a cura di P. Chiarini, Roma 1994, pp. 253-272; F.C. Schmid, Naturansichten und Ideallandschaften. Die Landschaftgraphik von Johann Christian Reinhart und seinem Kreis, Berlin 1998, pp. 13, 142, 145, 196, 206-217, 220-225, 232, 237, 259, 311, 317, 320-322, 328; T. Weidner, Jakob Philipp Hackert Landschaftmaler im 18. Jahrhundert, I, Berlin 1998, pp. 98, 153, 181, 221, 230; Z. Davoli, La Raccolta di stampe "Angelo Davoli". Catalogo generale, IV, Reggio Emilia 2000, p. 404; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 273 s.