Wenders, Wim (propr. Ernst Wilhelm)
Regista cinematografico tedesco, nato a Düsseldorf il 14 agosto 1945. Una delle massime personalità del cinema tedesco (e internazionale), tra gli autori legati alla rinascita del Neuer Deutscher Film (v. Germania) si contraddistingue per la cinefilia, la ricerca di stile e un inquieto vagare tra Germania, Francia e Stati Uniti. La sua opera, diventata di culto negli anni Ottanta, ha ricevuto un'impressionante serie di riconoscimenti internazionali, tra cui il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia nel 1982 per Der Stand der Dinge (Lo stato delle cose); al Festival di Cannes la Palma d'oro nel 1984 per Paris, Texas e il Premio della regia nel 1987 per Der Himmel über Berlin (Il cielo sopra Berlino); l'Orso d'argento al Festival di Berlino nel 2000 per The Million dollar hotel. Socio fondatore del Filmverlag der Autoren, da cui è uscito nel 1984 per dissensi sulla distribuzione in patria di Paris, Texas, sin dagli esordi, e salvo casi eccezionali, W. ha prodotto i propri film con diverse sigle, di cui la più longeva è stata la Road Movies Filmproduktion.
Figlio di un medico, studiò per alcuni semestri medicina e filosofia; nell'ottobre del 1966 si trasferì a Parigi, dove scoprì la pittura, l'incisione e il cinema alla Cinémathèque française di cui era assiduo frequentatore. Non fu accettato però all'IDHEC e ripiegò nel 1967 sulla Hochschule für Film und Fernsehen di Monaco, appena fondata. Iniziò quindi l'attività critica (per es. sulla rivista "Filmkritik"), che alternò a quella di autore di cortometraggi come Same player shoots again (1968) o Alabama: 2000 light years (1969), legati all'esperienza underground e alla musica rock, una passione che non lo avrebbe abbandonato per tutta la vita. Debuttò infine nel lungometraggio Summer in the city (1971), realizzato come saggio di diploma in regia alla Hochschule; il successivo Die Angst des Tormanns beim Elfmeter (1972; Prima del calcio di rigore), suo primo film professionale, consacrò una collaborazione e comunanza di intenti artistici con lo scrittore P. Handke, iniziata con il corto 3 Amerikanische LP's (1969). Nei tre film seguenti che via via composero i capitoli della cosiddetta trilogia della strada ‒ Alice in den Städten (1974; Alice nelle città), Falsche Bewegung (1975; Falso movimento) e Im Lauf der Zeit (1976; Nel corso del tempo) ‒ W. precisò e affinò uno stile alla ricerca di un equilibrio tra classicismo e modernità, America ed Europa. Liberandosi dell'iniziale minimalismo sperimentalista, il regista riformulò allora i temi della fuga erratica e del disagio esistenziale nell'universo della parola e dei segni, accompagnandoli (a volte) a uno spunto 'giallo' privato delle sue componenti spettacolari. L'accoglienza, anche se solo di stima, della trilogia gli aprì le porte del mercato internazionale a partire da Der amerikanische Freund (1977; L'amico americano), tratto da un giallo di P. Highsmith, Ripley's game. Chiamato negli Stati Uniti per Hammett (1982; Hammett ‒ Indagine a Chinatown), completato solo dopo quattro anni e segnato dai continui contrasti con il produttore Francis Ford Coppola, girò, nelle pause di questa travagliata lavorazione, Nick's film ‒ Lightning over water (1980; Nick's movie ‒ Lampi sull'acqua), una toccante docu-fiction sugli ultimi giorni di vita dell'amico Nicholas Ray, uno dei suoi padri spirituali insieme a Samuel Fuller. Rientrato in Europa, disilluso dai metodi dello studio system, W. rifletté sul mestiere del cinema e sul suo modo di produzione in Der Stand der Dinge, mentre in Paris, Texas fu di nuovo dall'altra parte dell'Atlantico per ripercorrere, da cinefilo europeo, le atmosfere di un certo noir. In alcuni cortometraggi e soprattutto in Tokyo-Ga (1985), W. inaugurò la forma del diario filmato, più volte ripresa, per recarsi alla ricerca di un altro dei suoi cineasti prediletti, il giapponese Ozu Yasujirō. Culmine di un fertile periodo creativo giunse, infine, Der Himmel über Berlin, uno dei massimi successi di critica e di pubblico del regista che si imbarcò poi nella sua opera più impegnativa dal punto di vista produttivo, e più lungamente progettata: Bis ans Ende der Welt (1991; Fino alla fine del mondo), un poema filosofico, fantascientifico e d'amore, girato nei quattro angoli del mondo, ma uscito, per ragioni di distribuzione, in una versione fortemente amputata (nel 2004 è stato restituito in DVD alla sua originaria bellezza di sei ore). Dopo le delusioni di questo straordinario road movie, seguì negli anni Novanta una fase di ripiegamento: In weiter Ferne, so nah! (1993; Così lontano, così vicino), sequel di Der Himmel über Berlin, ha deluso le aspettative generali, mentre neanche due lavori 'cinefili' ‒ Lisbon story (1995), celebrazione del centenario del cinema al pari di Die Gebrüder Skladanowsky (1996; I fratelli Skladanowsky) ‒ sono riusciti a risvegliare del tutto l'interesse della critica. Conclusa la collaborazione con Michelangelo Antonioni per Al di là delle nuvole (1995), si è trasferito per l'ennesima volta negli Stati Uniti per tentare la produzione indipendente con lo speculativo ma debole The end of violence (1997; Crimini invisibili) e The Million dollar hotel. Tra i progetti realizzati in questo periodo merita una menzione particolare, anche per l'inaspettato successo riscosso in ambito internazionale, il documentario Buena Vista Social Club (1999) divertita esplorazione della musica cubana capitanata da R. Cooder. Sempre sulla scia della documentazione musicale unita a riflessioni personali, si pongono, infine, sia Viel passiert ‒ Der BAP-Film (2002) sia The blues ‒ The soul of a man (2003; L'anima di un uomo).
Oltre alla musica e alle riflessioni sul rapporto suono-immagine, che guidano già il W. underground degli esordi, due sono le ossessioni ricorrenti nella filmografia del filmmaker tedesco: il tema del movimento ("motion is emotion") e la ricerca metalinguistica sul destino del cinema nell'epoca del massimo proliferare delle immagini, accelerato dalla rivoluzione digitale. Nel legare le proprie riflessioni formali al viaggio iniziatico, denso di echi culturali desunti dalla tradizione del Bildungsroman goethiano, rivisto in chiave contemporanea anche con l'aiuto dello scrittore P. Handke, in W., dunque, il Fahren (viaggiare) dei suoi personaggi diventa Erfahren (esperire). Perciò il movimento fisico che si disprega nell'ambito di città, architetture o superfici rese con sagace occhio pittorico (una sua antica passione) si trasforma nel perdersi nei labirinti della coscienza di colui che esperisce il viaggio e che ne è, a sua volta, trasformato ‒ un viaggio spesso 'addolcito' dalla presenza di una visione 'vergine', quella dei suoi numerosi personaggi infantili, da Alice in den Städten a Lisbon story.
A partire dalla possibilità di sondare non solo la spazialità del movimento, ma anche la sua durata temporale, W. si è immediatamente emancipato dagli impacci del racconto 'oggettivo' per recuperare solo in seconda battuta i muri maestri dell'intreccio di matrice hollywoodiana. Qui sta, dunque, tra classicismo e modernità (o postmodern, per alcuni), il senso profondo della ricerca dell'autore verso quella narrazione fenomenologica di cui si è parlato sino alla noia negli anni Ottanta, e che nasce dall'idea antonioniana della riproduzione fenomenica del mondo suscettibile di molti livelli di lettura. La riflessione metalinguistica derivata da questo apparato concettuale si estende a un discorso già iniziato in Nick's film e proseguito esemplarmente in Der Stand der Dinge. Attraverso una costruzione narrativa dove il valore epifanico della visione passa in secondo piano, W. compone allora un'ironica riflessione sulla contrapposizione tra il mito della verità e l'illusione delle immagini. Riflessione che ritorna, per es., in Lisbon story, dove il cinema riscopre la scioltezza del racconto e le possibilità dell'infinita moltiplicazione dei punti di vista offerta dalle nuove tecnologie leggere e video. È un tema questo che ha da sempre appassionato un regista attento come pochi altri a cogliere i mutamenti, i segreti, la complessità e la verità delle immagini nell'epoca dannata della metastasi audiovisiva.
Gli scritti di W. sono stati raccolti in Emotion pictures. Essays und Filmkritiken 1968-1984, a cura di M. Töteberg (1986) e in Die Logik der Bilder. Essays und Gespräche 1971-1987, ancora a cura di Töteberg (1988), e tradotti in italiano in un volume unico dal titolo Stanotte vorrei parlare con l'angelo. Scritti 1968-1988, a cura di M. Töteberg e G. Spagnoletti (1989); altri testi sono stati pubblicati in The act of seeing. Texte und Gespräche (1992; trad. it. 1992), e nel volume intitolato Una volta (1993).
Wim Wenders, ed. J. Dawson, New York 1976.
Il cinema di Wim Wenders, a cura di G. Spagnoletti, Parma 1977.
M. Boujut, Wim Wenders, Paris 1982.
P. Buchka, Augen kann man nicht kaufen. Wim Wenders und seine Filme, München 1983.
Wim Wenders, éd. M. Estève, Paris 1989.
N. Grob, Wenders, Berlin 1991.
Wim Wenders, hrsg. P.W. Jansen, W. Schütte, München 1992.
M. Russo, Wim Wenders percezione visiva e conoscenza, Recco 1997.
Wenders story, a cura di G. Gariazzo, R. Lasagna, S. Zumbo, Alessandria 1997.