Yemen
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Asia sud-occidentale, nella Penisola arabica. Malgrado nel corso di quindici anni il tasso di incremento demografico sia sceso (dal 4,7% del periodo 1990-1998 al 3,2% del periodo 2000-2005), rimane sempre il più alto tra i Paesi della Penisola arabica. La popolazione, che al censimento del 2004 era pari a circa 19,7 milioni di ab., ha ormai superato la soglia dei 21 milioni, cifra decisamente troppo elevata, essendo lo Y. dotato di modeste risorse (è il Paese più povero dell'area del Golfo) e con problemi di ordine sociale.
Nei primi anni del 21° sec. l'economia ha segnato deboli progressi e rimangono fondamentali gli aiuti internazionali, tanto più che gli investimenti, sia stranieri sia nazionali, sono scarsi. Il petrolio (20,2 milioni di t prodotte nel 2005) domina completamente il panorama produttivo yemenita, assicurando un terzo del PIL e oltre il 90% degli introiti delle esportazioni, anche se il Paese rimane un modesto produttore (trentesimo posto nella graduatoria mondiale), soprattutto se paragonato ai suoi potenti vicini. L'intenso sfruttamento dei giacimenti sta esaurendo le riserve e ciò espone l'economia a serie difficoltà; di conseguenza, si cerca di puntare sullo sfruttamento del gas naturale, che dovrebbe cominciare a essere esportato dal 2008. Grande importanza rivestono l'allevamento e l'agricoltura. Quest'ultima vede una netta prevalenza del qat, le cui foglie sono utilizzate dalla popolazione locale come leggero stupefacente: tuttavia la sua coltivazione intensiva monopolizza un terzo della superficie destinata all'arativo e l'85% dell'acqua d'irrigazione, bene prezioso in un Paese desertico, a detrimento di altre coltivazioni, tanto che lo Y. è costretto a importare derrate alimentari. Per promuovere la crescita appare indispensabile diversificare le attività produttive, tuttavia le politiche economiche annunciate (riduzione delle spese per la difesa, riforma del settore pubblico e anche del sistema fiscale) per modernizzare e razionalizzare l'economia tardano a partire, mentre i giovani premono sul mercato del lavoro e né l'industria né il settore dei servizi sono in grado di assicurare nuovi posti.
Storia
di Silvia Moretti
La situazione interna dello Y. fu segnata, all'inizio del 21° sec., da un ritorno del terrorismo: il 12 ottobre 2000, nel porto di Aden, un attacco suicida contro la nave da guerra statunitense Cole provocò la morte di diciassette marinai; pochi giorni dopo una bomba fu lanciata contro l'ambasciata britannica a Ṣan̔ā̓. Il timore di un attentato si riaffacciò di nuovo nell'ottobre 2002, quando esplose al largo dello Y. una petroliera francese. Le autorità yemenite decisero di reagire con determinazione all'offensiva terroristica, collaborando con gli stessi Stati Uniti anche e soprattutto nel tentativo di rompere l'isolamento internazionale che condannava il Paese per le sue precedenti scelte in politica estera: lo Y. si era schierato, infatti, con Ṣ. Ḥusayn in occasione dell'invasione del Kuwait (1990), ma soprattutto dallo Y. erano partiti migliaia di sostenitori per combattere al fianco dei Ṭālibān afghani. E anche dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 a New York e Washington, nel Paese furono portate a termine diverse operazioni di polizia contro presunti membri dell'organizzazione al-Qā̔ida (dic. 2001 e febbr. 2002).
Nel febbraio 2001 si svolse nel Paese un referendum sulle riforme costituzionali: secondo le stime ufficiali, oltre il 70% dei votanti approvò l'estensione del mandato presidenziale da cinque a sette anni e di quello del Parlamento da quattro a sei. Disordini e violenze accompagnarono lo svolgimento del referendum e delle elezioni amministrative, che si svolsero contestualmente e che, essendo boicottate dai principali partiti dell'opposizione, fecero registrare il successo del General Peoples's Congress (GPC), il partito del presidente ̔A.A. ṣāliḥ. Nelle elezioni politiche del 27 aprile 2003 il GCP ottenne 228 seggi, mentre 47 andarono allo Yemeni Islah Party, il garante dell'ortodossia religiosa nel Paese. Le opposizioni lamentarono ancora una volta violenze, boicottaggio da parte dei principali organi d'informazione e forti intimidazioni nei confronti dell'elettorato, ma gli osservatori della UE espressero soddisfazione per lo svolgimento della competizione elettorale. Il presidente ṣāliḥ, intanto, cercava di garantire stabilità politica al Paese, dove forte rimaneva il senso di appartenenza tribale, anche in contrapposizione all'identità nazionale e all'autorità statale. Il percorso intrapreso da ṣāliḥ sulla via di un'effettiva democratizzazione del Paese non era comunque esente da contraddizioni, ritardi e pericoli, come dimostravano la diffusa corruzione, le forti censure alla stampa, gli arresti arbitrari e la gestione nepotistica dei posti di potere.
Le elezioni presidenziali del 20 settembre 2006 confermarono ṣāliḥ con circa il 77% dei voti. Circa il 21% andò al suo principale sfidante, F. ̔U. bin Šamlān (un politico indipendente, ministro nel 1994-95 nel governo socialista dello Y. del Sud), sostenuto dal Joint Meeting Party (JMP), una coalizione di cinque partiti dell'opposizione dominata dallo Yemeni Socialist Party (YSP). I risultati elettorali, pur ribadendo la prevedile vittoria di ṣāliḥ , confermarono la vitalità delle opposizioni e il loro ruolo nella vita politica nazionale.
In politica estera, le relazioni con l'Arabia Saudita, normalizzate a partire dal 1995, subirono un nuovo peggioramento nel febbraio 2000 per gli scontri verificatisi alle frontiere tra i due Paesi. Nel giugno 2000, dopo oltre 65 anni di dispute per la definizione dei confini terrestri e marittimi tra i due Stati, fu firmato un accordo permanente per stabilire e delimitare i confini, ma nuove tensioni si manifestarono nel corso del 2004.