Stato dell’Asia, all’estremità sud-occidentale della Penisola Arabica. Confina a N con l’Arabia Saudita e a E con il sultanato dell’Oman. Di pertinenza dello Yemen è l’isola di Socotra, all’imboccatura del Golfo di Aden, oltre a Perim, Kamaran, Hanish e altre isole minori, nel Mar Rosso.
Il territorio dello Yemen è situato ai margini del Graben che rientra nel più ampio sistema di fratture della Rift Valley africana. Procedendo verso l’interno, dal lato del Mar Rosso come del Mare Arabico, una stretta e piatta cimosa costiera lascia bruscamente il posto a ripide scarpate che conducono agli altipiani centrali; questi appaiono incisi da profondi solchi vallivi come i letti ampi degli uidian, corsi d’acqua dal regime tipicamente torrentizio, o da fosse di origine tettonica e da conche intermontane. La morfologia si fa poi meno aspra e i rilievi digradano dolcemente verso NE, immergendosi nel grande deserto di ar-Rub al-Khali. L’area si segnala per la forte sismicità e, nella sua parte più esterna, la fuoriuscita di magma lungo le linee di frattura ha dato origine a numerosi apparati vulcanici ora estinti. Entità fisiografica a sé è la parte orientale del paese, la regione del Hadramaut, un insieme di tavolati interrotti da importanti formazioni vallive, che si protende fin verso l’Oman.
Il paese è caratterizzato da un clima tropicale asciutto, con temperature elevate che vanno via via mitigandosi in ragione dell’altimetria. I rilievi, catturando le masse d’aria umida di natura monsonica in estate e residui cicloni mediterranei nel tardo inverno, consentono precipitazioni che, nei loro valori (fino a 900 mm annui nella montagna interna), risultano assolutamente uniche nel contesto arabico. Dall’interazione fra orografia, temperatura e piovosità, derivano paesaggi molto diversificati: la costa lungo il Mar Rosso (Tihama), pur non mancando di insediamenti, è in genere repulsiva, con temperature elevate, alti tassi di umidità ma scarse precipitazioni. L’area centrale, quella morfologicamente più accidentata, è climaticamente la più favorita e i suoi rilievi, terrazzati e adattati all’agricoltura, sostengono un elevato carico antropico. Invece, la zona di transizione verso oriente, sottovento e quindi meno interessata dalle piogge, si presenta siccitosa, scarsamente popolata e prelude al paesaggio del deserto vero e proprio. Ostile è pure l’ambiente del Hadramaut, dove la vita ferve solo nelle oasi e nel fondo degli uidian.
Gli Arabi rappresentano la quasi totalità (93%) degli abitanti del paese; nella Tihama e nell’area di Aden sono presenti comunità nilo-camitiche, giunte nello Yemen a ondate successive, l’ultima delle quali si è avuta nel 1992-93, a seguito della guerra civile in Somalia. Il tasso di incremento demografico è elevato (2,7% nel 2010), come pure quello di natalità (34,3‰) e l’indice di fecondità (4,8 figli per donna in età fertile). Le condizioni sociali della popolazione sono caratterizzate da una grande arretratezza, come testimoniano la mortalità infantile (56,7‰), che rimane elevata, se pure in calo negli ultimi 20 anni, il tasso di analfabetismo, di poco inferiore al 50%, e la speranza di vita alla nascita che si attesta sui 63 anni. La forma di insediamento prevalente è quella accentrata in piccoli nuclei raccolti intorno alle oasi, a ridosso di un uadi o in posizione rilevata. Il peso della popolazione urbana è modesto, pari al 31% del totale (2008). Principale centro demografico ed economico è la capitale (1.947.139 ab. nel 2006). Dopo Sana, i maggiori centri risultano Aden, dotata di un importante porto in ottima posizione strategica (all’ingresso del Mar Rosso) rispetto alle grandi correnti di traffico marittimo, Taizz e Hodeida.
Religione largamente dominante è la musulmana sunnita, che raggiunge il 99% nel nord del paese; nel sud il 45% della popolazione è invece di rito sciita.
Annoverato fra i paesi più poveri del mondo, lo Yemen ha trovato risposta all’elevata pressione demografica e alla scarsità di risorse con un massiccio esodo migratorio, protrattosi fino a tutti gli anni 1980, verso i paesi del petrolio, segnatamente Arabia Saudita, Kuwait e Iraq. Nel 1983, momento di picco del fenomeno, le rimesse degli emigrati costituivano circa il 40% del prodotto nazionale lordo dei due paesi (Yemen del Nord e del Sud) nel loro complesso. L’unificazione non ha risolto i cronici problemi del nuovo Stato. Con la perestrojka lo Yemen del Sud aveva perso i vantaggi che a vario titolo l’URSS garantiva, ed ereditato strutture produttive obsolete e un ipertrofico apparato burocratico-militare. La scoperta e la commercializzazione (dal 1987) del petrolio sembrava preludere a tempi migliori, ma la guerra del Golfo, per l’ambigua posizione assunta nei confronti dell’Iraq, comportò la sospensione degli aiuti e un drammatico esodo da Arabia Saudita e Kuwait per oltre un milione di Yemeniti. La riunificazione, osteggiata dai potenti vicini, appare ancora oggi più formale che sostanziale, ed è stata segnata da cruenti episodi di guerra civile.
Il settore primario occupa il 33,9% degli attivi (2006), ma partecipa alla formazione del prodotto lordo solo per il 9,7% (2009). Appena l’8% del territorio è coltivabile e per i 2/3 consiste in parcelle inferiori a 1 ha. Sugli altipiani prevalgono cereali minori e arborato da frutto. Viene prodotto anche un caffè di qualità pregiata, largamente esportato, e il qat (Catha edulis), pianta i cui germogli, masticati, secernono sostanze alcaloidi, e di cui gli yemeniti sono grandi consumatori. Il qat costituisce un problema non solo di tipo sociale, ma anche economico, in quanto poco meno del 50% dell’arativo è destinato alla coltura della Catha edulis, che assorbe il 30% delle risorse d’acqua del paese. Sulla costa si investe in coltivazioni industriali come cotone, tabacco, datteri e banane. La bilancia commerciale agricola resta comunque fortemente deficitaria e grave è il fenomeno della deruralizzazione. La pesca è in espansione e ad al-Mukalla, sul Golfo di Aden, esistono impianti di lavorazione del prodotto; consistente è pure il patrimonio zootecnico.
L’industria – a parte il settore petrolifero (quasi 15 milioni di t nel 2008, con raffinerie a Mā′rib e a Little Aden), comunque condizionato da tensioni regionali e fluttuazioni di mercato – è poco sviluppata e poco diversificata (oltre alle tipologie tradizionali (tessile, alimentare, conciario, lavorazione del tabacco), vi sono stabilimenti per la produzione di materie plastiche e di materiali edilizi; il settore secondario occupa il 18% degli attivi e compone il 46,2% del prodotto lordo. Consistenti sono le riserve di gas naturale (480 miliardi di m3), il cui sfruttamento è iniziato nel 2004. Il turismo possiede buone possibilità di sviluppo per il fascino degli ambienti desertici e del patrimonio architettonico delle antiche città yemenite, ma stenta ad affermarsi a causa delle condizioni di grave insicurezza del paese. La bilancia commerciale è strettamente dipendente dall’andamento del prezzo del greggio, che costituisce oltre il 90% delle esportazioni. Principali partner commerciali sono Cina, Thailandia, India, Repubblica Sudafricana e Arabia Saudita.
Le comunicazioni terrestri possono contare su 71.300 km di strade, di cui 6200 asfaltate. Mancano completamente le ferrovie. Aeroporti internazionali presso la capitale e ad Aden.
Nello Yemen meridionale (Hadramaut) sono stati scoperti numerosi insediamenti preistorici dal tardo Paleolitico al Neolitico, attardatosi fino al 2° millennio a.C., epoca in cui compaiono strutture circolari o lineari e dolmen. Industrie litiche a bifacciali del 4°-3° millennio a.C. provengono dal deserto di ar-Rub al-Khali e dalla regione di Sadah, dove sono anche presenti testimonianze di arte rupestre, datate a circa 6250 anni fa. Vari insediamenti e arte rupestre sono attestati nel Neolitico e nell’età del Bronzo (regione di Khawlān). L’inizio della civiltà sudarabica può essere fissato intorno al 1000 a.C.
Notizie sull’esistenza del regno di Saba, con capitale Mā′rib e centri urbani a Ṣirwāḥ, el-Mesagid e el-Huqqa, si hanno da iscrizioni assire (8° sec. a.C.); esso raggiunse il suo apogeo nel 5°-4° sec. a.C. Contemporaneamente si svilupparono nello Yemen anche altre entità statuali. I centri urbani, in cui sono presenti resti di edifici monumentali, di templi e opere di irrigazione e da cui provengono numerose sculture e materiali epigrafici, sorgono in relazione a vie commerciali, al cui controllo sembra legata l’espansione sabea in Eritrea e nel Tigré tra il 5° e il 3° sec. a.C. Verso il 115 a.C. la capitale venne trasferita da Mā′rib a Ẓafār, presso l’attuale Yarim, mentre nel regno acquistò peso preponderante la tribù degli Ḥimyariti; vennero poi assorbiti gli altri regni sudarabici di Ma‛īn, Qatabān e Hadramaut (2° sec. d.C.) dopo la sconfitta di Elio Gallo nel 25-24 a.C. Lo Stato yemenita così unificato venne assalito e temporaneamente occupato nel 4° sec. dal regno di Aksum, che nel 525 soggiogò definitivamente il regno himyarita.
Al dominio etiopico si sostituì nel 575 quello persiano, ben presto travolto dall’espansione musulmana. L’avvento dell’Islam segnò la fine dei culti astrali affini a quelli mesopotamici e fenici, il completo predominio dell’arabo settentrionale classico sui dialetti locali del gruppo semitico meridionale e l’incorporazione nominale dello Yemen nel califfato. In realtà non tardarono a rendersi semindipendenti varie dinastie rivali come gli Ziyādidi, i Nagiāḥidi e i Mahdidi del Tihāma, le dinastie ismailite minori che regnarono in Aden fino al 12° sec., e gli Zaiditi. Questi ultimi riuscirono, sia pur con prolungate interruzioni, a mantenere il potere dal 9° sec. fino a epoca recente, affermandosi progressivamente sulle altre famiglie locali. Nel 16° sec. lo Yemen venne parzialmente occupato dai Turchi, respinti dagli Zaiditi nel 1630; Sana pagò da allora un tributo all’Impero ottomano, che riconquistò il paese nel corso del 19° secolo.
Con la presa di Aden (1839) ebbe inizio nel Sud la penetrazione britannica: fra il 1882 e il 1914 Londra stabilì il proprio protettorato su 23 staterelli situati lungo la costa dell’Hadramaut. Nel Nord, l’imām Yaḥya ibn Muḥammad, dopo il ritiro ottomano e l’affermazione dell’indipendenza (1918), tentò di riconquistare Aden, ma nel 1934 dovette riconoscere di fatto la frontiera con il protettorato. Salito al trono nel 1948, l’imām Aḥmed avviò una cauta politica di sviluppo economico con l’aiuto occidentale. Alla sua morte (1962) un gruppo di ufficiali guidato dal colonnello ‛Abdallāh Sallāl proclamò la Repubblica Araba dello Yemen, mentre l’erede al trono, Muḥammad el-Badr, dava inizio a una sanguinosa guerriglia; all’intervento saudita in sostegno dei monarchici corrispose quello egiziano a fianco dei repubblicani. La guerra civile si concluse con l’affermazione del regime repubblicano (1970).
Intanto nel 1967 la fine del protettorato britannico sullo Yemen meridionale aveva permesso la nascita della Repubblica Popolare dello Yemen del Sud. Il potere fu assunto dal Fronte di liberazione nazionale (FLN, costituito nel 1963), di ispirazione socialista, ma la vita politica fu lungamente condizionata dagli aspri contrasti al suo interno. Avviata una politica di nazionalizzazioni e di collaborazione con i paesi socialisti, nel 1970 fu proclamata la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen. Il primo ministro ‛Alī al-Nāṣir Muḥammad assunse anche la carica di capo provvisorio dello Stato e l’FLN si trasformò in Partito socialista yemenita (PSY).
Nel Nord, la politica di pacificazione promossa da ‛Abd er-Raḥmān el-Iryānī si scontrò con la difficile realtà economica del paese e con le spinte centrifughe espresse soprattutto dalle confederazioni tribali filosaudite. Nel 1974 un colpo di Stato insediò una giunta militare guidata da Ibrāhīm el-Ḥamdī. Assassinato nell’ottobre 1977, questi fu sostituito dal colonnello Aḥmed Ḥusain el-Ghashmī, che si fece eleggere presidente della Repubblica ma fu a sua volta assassinato l’anno successivo; la presidenza fu quindi assunta dal colonnello ‛Alī ‛Abdallāh Ṣāliḥ. Emerse nel frattempo una forte opposizione di sinistra, organizzata nel Fronte democratico nazionale, movimento di guerriglia sostenuto dallo Yemen del Sud fino al 1982.
I rapporti interyemeniti, lungamente caratterizzati dall’alternarsi di fasi di grave tensione (sfociate nel 1972 e nel 1979 in aperto conflitto) e momenti di distensione, nei primi anni 1980 conobbero un miglioramento. Nel Sud il segretario generale del PSY, ‛Abd al-Fattāḥ Ismā‛īl, divenuto anche capo dello Stato, nel 1980 fu destituito e al suo posto andò al-Nāsir Muḥammad, che perseguì un miglioramento dei rapporti con gli Stati arabi della regione. Nel 1985 la presidenza del consiglio passò a H. Abū Bakr al-‛attās, che dopo contrasti all’interno del gruppo dirigente e gravissimi scontri assunse anche la presidenza della Repubblica, mentre la carica di segretario generale del PSY fu attribuita ad ‛A. Salām al-Biḍ. Il nuovo gruppo dirigente, oltre a rafforzare i rapporti con i paesi arabi moderati, introdusse, verso la fine del decennio, misure di liberalizzazione politica ed economica.
Il processo distensivo fra i due paesi subì una nuova battuta d’arresto in seguito alla scoperta di giacimenti petroliferi (1983-84) nelle zone di confine, ma la considerazione dei benefici di uno sfruttamento congiunto costituì una spinta verso l’unificazione e nel maggio 1990 fu proclamata la Repubblica dello Yemen. La nuova Costituzione istituì un Consiglio presidenziale, comprendente quale presidente ‛Abdallāh Ṣāliḥ e quale vicepresidente ‛A. Salām al-Biḍ.
I progetti per lo sviluppo e l’integrazione economica furono vanificati dalle gravi conseguenze politiche ed economiche della crisi che seguì l’invasione irachena del Kuwait (1990). Le forti tensioni sociali che ne derivarono si aggiunsero all’ondata di gravi violenze politiche, soprattutto ai danni di dirigenti del PSY, dopo l’unificazione. Nelle elezioni politiche del 1993 si affermò il Congresso generale del popolo (CGP, partito del presidente Ṣāliḥ), seguito dall’Unione per la riforma (al-Iṣlāḥ), formazione d’ispirazione islamica, e dal PSY. Fu costituito un governo di coalizione fra i tre partiti, ma il rafforzarsi dell’accordo fra il CGP e al-Iṣlāḥ accentuò le divergenze con i socialisti e al-Biḍ si rifugiò ad Aden. La crescente tensione fra i due gruppi dirigenti e i due eserciti, rimasti separati, sfociò nel 1994 in aperto conflitto, risoltosi con la conquista di Aden da parte delle truppe del Nord.
Ṣāliḥ è stato rieletto presidente della Repubblica nel 1994, nel 1999 e nel 2006. L’autoritarismo e la corruzione di cui è accusato il suo governo, tuttavia, hanno reso lo Yemen politicamente e socialmente instabile. I locali gruppi fondamentalisti hanno aumentato la loro influenza nel paese, dando origine non solo a una serie di atti eversivi e terroristici susseguitisi dal 2000, ma anche a svolte istituzionali: dal 1994 la legge islamica è diventata fonte del diritto yemenita. I violenti conflitti tra il governo e gruppi ribelli sciiti zaiditi scoppiati nel 2004 nel Nord e le spinte secessioniste che a partire dal 2007 hanno dato vita nello Yemen meridionale a ondate di proteste e scioperi hanno indebolito ulteriormente il governo di Ṣāliḥ, mettendone in discussione la stessa legittimità. Nel genn. 2011, sull'onda delle sommosse popolari che hanno interessato vari paesi dell'Africa settentrionale, migliaia di manifestanti si sono riuniti a Sana e in altre città invitando pacificamente Ṣāliḥ a dimettersi dalla carica di presidente. A maggio, durante gli scontri scoppiati a seguito della dura repressione esercitata dalle forze di sicurezza e del fallimento del tentativo di accordo mediato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, il palazzo presidenziale è stato sottoposto a un violento attacco nel corso del quale Ṣāliḥ è rimasto gravemente ferito. Pur privo dell'appoggio degli Stati Uniti e fiaccato dalle defezioni di parte dell’esercito e del suo entourage politico, Ṣāliḥ ha rifiutato di abbandonare la scena politica e solo il 23 novembre, dopo nove mesi di conflitti, ha firmato un accordo di transizione proposto dal Consiglio di cooperazione del Golfo in base alla quale si è impegnato a rimettere i suoi poteri nelle mani del vicepresidente Abd Rabbu Mansour Hadi. Nel gennaio 2012, in applicazione a una parte di tale accordo, il Parlamento ha approvato la legge che garantisce a Ṣāliḥ l’immunità; nello Yemen permane uno stato di fragilità dovuto all'impossibilità del neoformato governo di unità nazionale di controllare intere regioni, ancora occupate dalle milizie islamiche legate ad al Qaida o da secessionisti sunniti e sciiti. Il 21 febbraio 2012 è stato eletto il nuovo presidente della Repubblica nella persona di Abd Rabbu Mansour Hadi, candidato unico alle consultazioni, tra i cui compiti vi era anche quello di supervisionare la stesura della nuova Costituzione, la redazione del cui testo è stata assegnata a una Conferenza di dialogo nazionale, che però non è riuscita a trovare un accordo. Il 20 gennaio 2015 una rivolta degli zayditi Ḥūthī alleati con Ṣāliḥ ha costretto il presidente legittimo a dimettersi; il Parlamento è stato sciolto e le milizie dei ribelli hanno assunto il controllo del governo conquistando Sana; rifugiatosi ad Aden nel febbraio 2015, da qui Hadi - comunque riconosciuto nella sua carica dalla comunità internazionale - ha proclamato capitale questa città, sebbene l'atto sia stato puramente simbolico, in quanto un effettivo spostamento della capitale richiederebbe una riforma della Costituzione. Lo scontro tra la fazione degli Ḥūthī e la coalizione militare internazionale in appoggio ad Hadi ha prodotto nel Paese una gravissima crisi umanitaria per porre fine alla quale l’Arabia Saudita ha tentato una mediazione; nel dicembre 2017, a seguito dell’apertura di Ṣāliḥ alla coalizione a guida saudita, l’uomo politico è stato accusato dai ribelli sciiti di tradimento e ucciso.
Nonostante alcune campagne di scavo in siti storici, effettuate specialmente tra la fine degli anni 1970 e l’inizio degli anni 1990 nella parte settentrionale dello Yemen (zona di Mā′rib, Sawdā’, Yalā, Barāqish), la grande maggioranza delle opere d’arte sudarabiche proviene da scavi clandestini ed è pertanto di datazione incerta, anche a causa dei problemi che suscita la cronologia del periodo più antico della storia sudarabica. In tale situazione non è possibile delineare un quadro dell’evoluzione cronologica e stilistica dell’arte dell’antico Yemen, peraltro assai originale. Notevole è l’architettura templare della fase più antica (a partire presumibilmente dal 6° sec. a.C.), caratterizzata da grandi pilastri monolitici portanti, talvolta finemente decorati. Si conservano resti della famosa diga di Mā′rib e di diverse cinte murarie di blocchi regolari. Di natura funeraria è gran parte della scultura: statuette, teste, stele, rilievi; in questi ultimi è dominante, in età antica, la figura, variamente stilizzata, dello stambecco. Precoce (4° sec. a.C.) è l’influenza dell’arte greca, favorita dalla presenza di maestranze forse greco-orientali (siriache). In età romana e bizantina la produzione artistica dello Yemen può considerarsi come una manifestazione locale dell’Oriente ellenizzato. Peculiare, in ogni epoca, l’eleganza della scrittura monumentale sudarabica usata non di rado in funzione ornamentale.
Le moschee dello Yemen, pur mantenendo i caratteri architettonici correnti nel resto del territorio islamico, presentano note locali: la grande moschea di Sana, di incerta datazione, secondo la tradizione locale era originariamente un tempio sabeo: certo le colonne che circondano il cortile sono preislamiche. Caratteristica notevole riveste la città stessa di Sana, con case di fango prive di fondamenta, a più piani, punteggiate da finestrelle chiuse con pannelli d’alabastro, vetri colorati o grate intagliate nel legno. Particolare struttura ha la moschea funeraria di Dhamār, con la cupola che ricopre quasi completamente la struttura quadrata e la facciata ornata da due fasce a scomparti triangolari che fanno pensare a influssi mesopotamici. La moschea di el-Gened è notevole per il suo alto minareto ottagonale, quella di Taizz per la facciata scompartita da intagli verticali e per i bei minareti.
Soltanto dalla seconda metà del 20° sec. si sono sviluppati nello Yemen contatti con i movimenti artistici moderni internazionali, e sono state fondate istituzioni culturali e museali (a Sana, Taizz, Tarim ecc.) che pongono tuttavia la massima attenzione ai reperti archeologici e alla cultura tradizionale del paese.