Stato dell’Africa orientale, situato nella sezione nord-orientale del Corno d’Africa. Si affaccia a N sul Golfo di Aden, a E sull’Oceano Indiano; confina a NO con il Gibuti, a O con l’Etiopia, a S e SO con il Kenya.
Ai confini politici del paese, risultato di accordi internazionali, non corrispondono affatto i caratteri geologici e strutturali del territorio, che rappresenta la fascia marginale della regione etiopica. Sotto il profilo morfologico si individuano due regioni naturali: la prima, settentrionale e montuosa (con quote massime intorno ai 2000 m), si estende sul prolungamento dell’Altopiano Etiopico, fino al Golfo di Aden; la seconda, centro-meridionale, si sviluppa su un basso tavolato (con quote massime intorno agli 800 m). Le coste, alte, rocciose, dal contorno irregolare a N, assumono un andamento uniforme e rettilineo verso S.
L’idrografia della regione settentrionale è limitata a brevi corsi d’acqua a regime torrentizio (uidian), che dispongono di portate liquide soltanto in occasione delle piogge, mentre la regione meridionale presenta un reticolo più stabile e ordinato, tra cui spiccano i due principali fiumi, che sfociano poco a S di Jamaame: il Giuba e lo Uebi Scebeli. Quest’ultimo, il più lungo dell’Africa orientale, a causa della dorsale di dune costiere non raggiunge il mare, ma si perde nelle paludi del Balli.
Le condizioni climatiche si presentano piuttosto uniformi: la temperatura media è pari a 26 °C sulle coste e a 31 °C nelle aree interne, con escursioni termiche diurne e annue molto contenute. Da novembre a febbraio spira il monsone di NE, portatore di aria secca continentale; da aprile a ottobre il monsone di SO, umido, oceanico, portatore di piogge. Per l’orientamento delle coste lungo la direzione in cui spirano i monsoni, le precipitazioni sono modeste, comprese tra i 200 mm annui dell’area settentrionale e i 500 mm di quella meridionale. Il regime climatico determina una copertura vegetale di tipo saheliano, che prevale su tutto il territorio. Sui rilievi settentrionali si sviluppano alberi e arbusti; nelle aree pianeggianti meridionali domina la savana alberata; lungo i corsi d’acqua minori compare la tipica vegetazione delle oasi, mentre lungo i maggiori sono presenti le foreste a galleria; infine, nella fascia costiera meridionale si sviluppa una vegetazione xerofila con acacie ombrellifere, che costituiscono modeste barriere tra il mare e le piane interne.
La persistente precarietà politica che affligge il paese rende arduo definirne il quadro demografico, data la difficoltà di ottenere risultati attendibili dalle stime condotte. In linea di massima, la S. presenta una natalità molto elevata (43,7‰, stima 2009) e un tasso di crescita intorno al 2,8% (ma che ha avuto in passato decrementi anche notevoli in corrispondenza delle carestie dovute alle ricorrenti siccità), uniti a una mortalità infantile tra le più alte del mondo (109,1‰) e a un’aspettativa di vita inferiore ai 50 anni. Sono dati indicativi di un livello di sviluppo socioeconomico assai basso e di condizioni di vita estremamente difficili, rese addirittura drammatiche dalla guerra civile. La popolazione si addensa lungo i fiumi e dove è più facile reperire acqua, cioè nelle vallate meridionali e sugli altopiani settentrionali; negli ultimi anni, tuttavia, oltre un milione di persone ha abbandonato le campagne rifugiandosi nelle città per sfuggire alle carestie e alla guerra, portando l’insediamento urbano al 37% degli abitanti complessivi. Oltre alla capitale, le principali città del paese sono Marka, Chisimaio, e le due città del Somaliland, Hargheysa e Berbera.
Il tasso di analfabetismo è molto elevato, interessando oltre l’80% della popolazione.
La religione più diffusa è quella islamica sunnita, ma nel Nord del paese si va affermando un islam con forti tratti nazionalistici.
Anche per quanto riguarda la situazione economica del paese, i dati attendibili recenti sono molto scarsi. Gli effetti combinati della lunga guerra civile e delle ricorrenti anomalie climatiche hanno minato l’agricoltura, attività che costituisce la tradizionale base dell’economia del paese e che occupa tuttora oltre il 70% della popolazione attiva. La risorsa principale è l’allevamento (ovini, caprini e bovini), praticato in forma seminomade. Consistente l’esportazione di animali vivi e di prodotti zootecnici, principalmente diretta verso l’Arabia Saudita. L’agricoltura di sussistenza, che non riesce tuttavia a soddisfare i consumi interni, fornisce sorgo, mais, sesamo, fagioli, datteri e frumento, mentre quella di piantagione, imposta nel periodo coloniale e volta in prevalenza all’esportazione, è centrata sulla frutta tropicale (soprattutto banane, assorbite dal mercato italiano e successivamente dirette verso i paesi del Vicino Oriente), sulla canna da zucchero, sul cotone, sulle arachidi e sull’agave. Le valli dello Uebi Scebeli e del Giuba sono le zone agricole più produttive. Prodotti spontanei sono l’incenso (nella Migiurtinia), la mirra e la gomma arabica. Buoni introiti provengono dalla pesca, in particolare del tonno. Le più importanti risorse minerarie sono le saline di Gezira e i depositi di gesso presso Berebera; esistono inoltre modesti giacimenti di carbone, ferro, manganese, oro, rame e uranio, non ancora sfruttati industrialmente. Le attività manifatturiere, che prima della guerra civile comprendevano aziende alimentari, tessili, chimiche, calzaturiere, del cemento, prevalentemente concentrate nell’area della capitale, sono oggi, a causa dell’assenza di un governo stabile e della carenza di investimenti stranieri, quasi completamente paralizzate. Il caos politico e la scomparsa di ogni forma di autorità hanno prodotto il proliferare del piccolo commercio spontaneo, basato principalmente sul baratto e sul pagamento in valuta straniera, data la difficoltà di ricorrere alla moneta locale che ha ormai perso ogni valore. Con le attività produttive gravemente compromesse, la bilancia commerciale in pesante passivo, il debito estero altissimo e la perdurante frammentazione del paese, l’economia somala si trova a dipendere in larghissima misura dagli aiuti umanitari, dalle rimesse degli emigrati e da quei traffici illegali che contribuiscono peraltro a ostacolarne la ripresa.
Le comunicazioni, oltre che rese difficoltose dalla situazione politica, sono del tutto inadeguate: non esiste una rete ferroviaria e della rete stradale (22.100 km) solo il 12% è asfaltato. Tra gli scali marittimi, Mogadiscio è il primo per le importazioni e per l’esportazione di banane, mentre Berbera detiene il primato dell’esportazione di bestiame verso l’Arabia.
Sotto il profilo etnico, a parte esigue minoranze di Arabi, Bantu e altri, la maggioranza della popolazione è costituita da Somali (92%), etnia di lingua cuscitica stanziata oltre che in S., in alcune regioni del Kenya, dell’Etiopia e di Gibuti. Nel 10° sec. i Somali si convertirono all’Islam definendosi sunniti. Una serie di migrazioni li portarono ad insediarsi negli attuali territori dai quali, in tempi recenti e conseguentemente al perdurare della crisi socio-politica, si è incrementato un flusso migratorio verso la penisola arabica alla ricerca di lavoro.
La stratificazione interna alla società somala è molto accentuata e si basa sulla distinzione di rango fra coloro (ritenuti superiori) che praticano la pastorizia nomade di cammelli, bovini e ovini e coloro che praticano l’agricoltura come forma principale di sostentamento (Somalia meridionale), oppure quelli specializzati in altre professioni: fabbri, cacciatori, artigiani, indovini e cantastorie. Il modello segmentario e la onnipresente logica genealogica determinano le alleanze e danno forma alle relazioni fra i differenti clan e tribù. A ogni livello dell’organizzazione sociale è un consiglio a gestire la vita socio-politica. La discendenza è patrilineare e, connesse al matrimonio, sono contemplate le istituzioni del levirato e del prezzo della sposa.
L’alimentazione è tradizionalmente a base di dura (agricoltori), latte (pastori) e carne. Il vestiario caratteristico era costituito da un’ampia cotonata (marò) drappeggiata in vari modi. L’introduzione dell’Islam ha influenzato le usanze sociali e ha fatto scomparire, spesso mantenendone residui, i culti tradizionali.
Le più antiche testimonianze preistoriche si riferiscono a forme evolute dell’Acheuleano, presenti nella parte settentrionale del paese. Più diffuso è il cosiddetto Stillbayano settentrionale, caratterizzato da belle punte, raschiatoi e denticolati. Nella S. meridionale è nota anche una forma tarda di Stillbayano, chiamata Magosiano. Se tali industrie trovano punti di confronto in altri paesi africani, aspetti originali mostra il Doiano, con manufatti delicatamente lavorati a pressione. Più recenti sono le industrie microlitiche, riferite al Wiltoniano e Capsiano, forse perdurate in S. sino al tardo Olocene.
Alla base della storia e dell’origine delle popolazioni che vivono in S. ci sono i rapporti con la penisola arabica, da dove giunsero in epoca imprecisata i fondatori delle grandi famiglie o clan che costituiscono la nazione somala e i predicatori che introdussero l’Islam (11°-13° sec.). Il focolare nazionale dei Somali era probabilmente situato sulla costa del Golfo di Aden, da dove si sviluppò, a partire dall’anno Mille, una grande migrazione verso S, fino alle pianure del Kenya settentrionale. Le prime città-stato sorsero sulla costa o nelle immediate vicinanze, per sfruttare l’opportunità del commercio sulle lunghe distanze. Rientrano nella storia somala le vicende dei potentati musulmani costituitisi nelle terre basse costiere del Corno d’Africa, che combatterono contro l’impero abissino. A partire dal 16° sec., gli spostamenti dei Somali costrinsero la popolazione dei Galla a migrare e a occupare l’Etiopia. Dal 17° sec. gran parte del Benadir fu inglobata nei possedimenti del sultanato di Oman, quindi in quelli di Zanzibar. Con quest’ultimo sultanato negoziarono sia l’Italia sia la Gran Bretagna quando si divisero, insieme alla Francia, il paese dei Somali.
La presenza francese nella regione risaliva nominalmente al 1859, con l’occupazione del porto di Obock, cui seguì nel 1884 la costituzione della Costa Francese dei Somali (➔ Gibuti, Repubblica di). Nel 1885 l’Italia concluse un trattato di commercio con Zanzibar, seguito dai trattati di protezione firmati coi sultani di Obbia e Migiurtinia (1889). Dopo l’occupazione del villaggio di el-Athale (1891), ottenne in affitto dal sultano di Zanzibar i porti di Brava, Merca e Mogadiscio (1892-93). Nel 1894 Roma e Londra si accordarono per delimitare le rispettive zone di influenza; la penetrazione britannica era iniziata nello stesso anno con l’occupazione dei porti di Zeila, Berbera e Bulhar e portò nel 1886 alla proclamazione del Somaliland Protectorate. Il progetto inglese di costituire una colonia in grado di autofinanziarsi fu impedito dalla rivolta nazionalista di M. ‛Abdille Ḥasan (➔ Mad Mullah), che dal 1899 e per circa 20 anni tenne in agitazione coi suoi cavalieri dervisci la S. Britannica e, parzialmente, il Benadir.
Nel 1905 il governo di Roma assunse direttamente la gestione della sua colonia; nel 1908 si giunse a un’approssimativa delimitazione dei confini con l’Etiopia e la colonia del Benadir fu ribattezzata S. Italiana. Negli anni 1920, il fascismo promosse con decisione la cosiddetta pacificazione del territorio, in pratica il suo assoggettamento effettivo, cui seguirono l’insediamento di coloni e lo sfruttamento delle terre migliori per coltivazioni intensive; nel 1925 i possedimenti italiani si ampliarono con l’acquisizione dalla Gran Bretagna dell’Oltregiuba e nel 1936, dopo la conquista dell’Etiopia, la S. Italiana (alla quale era stato unito l’Ogaden, abitato da popolazioni somale) entrò a far parte dell’Africa Orientale Italiana (➔).
Sconfitta sul campo di battaglia nel 1941, con il trattato di Parigi del 1947 l’Italia perse la sua colonia, sottoposta all’amministrazione militare della Gran Bretagna; quest’ultima restituì non senza qualche esitazione l’Ogaden all’Etiopia e cercò di impedire il ritorno dell’Italia nella regione; ciò nonostante, nel 1949 l’ONU assegnò a Roma la sua ex colonia come territorio in amministrazione fiduciaria per il periodo 1950-60.
L’indipendenza fu proclamata il 1° luglio 1960 e nello stesso giorno fu deliberata l’unione con l’ex Somaliland, indipendente dal 26 giugno. I governi posero al centro della loro azione le rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Etiopia e del Kenya, sfociate in un aperto conflitto con la prima, temporaneamente interrotto dalla mediazione dell’OUA (1964), e nella rottura delle relazioni diplomatiche sino al 1968 con il secondo e con la Gran Bretagna. Nel 1969 un colpo di Stato militare portò al potere il generale M. Siad Barre, presidente del Consiglio rivoluzionario supremo (organismo trasformatosi nel 1976 nel gruppo dirigente del Partito socialista rivoluzionario somalo, PSRS). Abolita la costituzione del 1960 e proclamata la Repubblica Democratica di S., i militari avviarono un programma di profonde riforme economiche e sociali. Nel 1977 riesplose il conflitto con l’Etiopia per l’Ogaden, conclusosi con la netta sconfitta somala (1978); l’assistenza militare fornita durante la guerra dall’URSS all’Etiopia determinò un mutamento nella politica estera della S., che abbandonò il tradizionale filosovietismo per avvicinarsi all’Occidente. Nel 1979 una nuova costituzione istituzionalizzò il PSRS quale partito unico e Siad Barre fu confermato alla presidenza della Repubblica. Nel corso degli anni 1980 si riacutizzò la tensione con l’Etiopia; lo sviluppo della guerriglia, sostenuta da Addis Abeba, e il continuo peggioramento delle condizioni economiche misero in crescenti difficoltà il regime di Siad Barre, che andò via via degenerando nell’assolutismo e nel personalismo. L’autorità del governo fu apertamente sfidata in tutto il paese da numerosi partiti militarizzati in rappresentanza dei diversi clan e neppure la concessione di una costituzione multipartitica (1990) poté impedire l’allargamento della guerra civile. Nel 1991 Siad Barre fu rovesciato dalle forze del Congresso somalo unito (CSU); mentre il paese precipitava nell’anarchia e la popolazione era vittima di una carestia catastrofica, il conflitto si complicò ulteriormente per la spaccatura del CSU in due fazioni, una guidata da Ali Mahdi Mohammed e l’altra da Mohammed Farah Aidid. Nello stesso anno il Somaliland si autoproclamò indipendente, comportandosi da allora come uno Stato autonomo, pur senza sollecitare i riconoscimenti internazionali. Alla guerra civile (che provocò decine di migliaia di vittime e un imponente flusso di profughi verso il Kenya) non seppero porre termine neppure le missioni inviate dalle Nazioni Unite dal 1992 con scopi di pacificazione; non potendo garantire una soluzione politica al conflitto, le forze ONU lasciarono la S. nel marzo 1995. Si sviluppava intanto l’offensiva musulmana, iniziata nel 1977, quando Siad Barre aveva reclutato centinaia di volontari per combattere l’Etiopia. Da quell’esperienza nacque il principale gruppo terrorista dell’integralismo somalo, Al Ittiat al Islami (Unione Islamica), attivo nella guerra civile e nella battaglia contro i militari americani della missione ONU. Dalla metà degli anni 1990 i gruppi integralisti cominciarono a diffondersi in tutto il paese, imponendo in alcune zone la legge coranica e prendendo il controllo delle Corti islamiche, nate in precedenza per la difesa dell’ordine e della legalità musulmana.
Nel 2004 i quattro clan principali raggiunsero un accordo e a Nairobi, in Kenya, costituirono un governo federale di transizione, cui l’Unione Africana diede il suo appoggio, stabilendo di inviare una forza di pace per permettergli di rientrare in patria e insediarsi a Mogadiscio, teatro degli scontri tra le milizie dei ‘signori della guerra’ e le Corti islamiche. Nel 2005 il governo di transizione si trasferì in S. a Baidoa. Esso controllava però solo un’area ridottissima del paese, a cui nel dicembre 2006 si aggiunse Mogadiscio, fino ad allora nelle mani delle Corti islamiche e poi sottratta a queste dalle truppe alleate del governo federale e dell’Etiopia. Nonostante lo schieramento di forze di pacificazione dell’Unione Africana, la guerra fra esercito governativo e milizie islamiche continuò negli anni successivi, mentre la situazione alimentare e sanitaria della popolazione rimaneva catastrofica, nonostante i ripetuti appelli delle organizzazioni umanitarie. Prendeva intanto dimensioni sempre più preoccupanti il fenomeno dei sequestri di navi nel Golfo di Aden, messi in atto da pirati somali, contro i quali sono state inviate nel 2009 missioni navali di vari Stati e dell’Unione Europea. Le istituzioni federali di transizione hanno terminato il loro mandato il 1° agosto 2012. L’approvazione di una Costituzione provvisoria, a cui è seguita la nomina di un nuovo parlamento di 275 membri e l’elezione a presidente di H.S. Mohamud, hanno segnato l’avvio di una nuova fase politica, sebbene le divisioni interne al parlamento abbiano reso la negoziazione difficile. L’insediamento del presidente e del parlamento è stato possibile anche grazie a un notevole sforzo militare internazionale per riconquistare il controllo del territorio. La missione dell’Unione Africana Amisom (African Union MIssion in SOMalia), assieme alle truppe etiopiche e a quelle kenyote, è riuscita a sottrarre grandi parti di territorio al fronte islamista radicale salafita al-Shabaab, sebbene l'organizzazione terrorista mantenga il controllo di vaste zone rurali nelle regioni centrali e meridionali e continui a destabilizzare la S. e i paesi vicini con attacchi di guerriglia e attentati, quali quelli compiuti tra la fine di dicembre 2014 e gennaio 2015 nella zona vicina all’aeroporto di Mogadiscio e nel Basso Giuba. Nel febbraio 2017 è subentrato a Mohamud nella carica presidenziale l’ex premier M.A. Mohamed, che nello stesso mese ha nominato premier H.A. Khayre, confermato a larga maggioranza dal Parlamento nel mese successivo e rimasto in carica fino al luglio 2020, quando è stato sostituito da M.H. Roble. Nell'aprile 2021 la Camera bassa ha prolungato di due anni il mandato del presidente Mohamed e del suo governo, ciò che ha suscitato aspre reazioni da parte della comunità internazionale; nel dicembre dello stesso anno Mohamed ha rimosso dall'incarico il premier Roble, con il quale il mese successivo ha raggiunto un accordo, fissando al febbraio 2022 le consultazioni legislative. Nel maggio 2022 il Parlamento ha eletto presidente del Paese Mohamud, già capo di Stato dal 2012 al 2017.
Il somalo è una delle lingue cuscitiche più diffuse (da Gibuti al Kenya orientale); presenta varietà dialettali più divergenti nel Benadir e nella regione dei fiumi Uebi Scebeli e Giuba. Fonologicamente conservativo per la presenza di faringali, possiede un accento tonale con funzione prevalentemente morfologica, flessione nominale a quattro casi e, come molte lingue cuscitiche, un sistema verbale di grande complessità. Peculiari sono lo sviluppo di un sistema di particelle per indicare la focalizzazione (o enfasi), e la trasformazione delle vecchie posposizioni in un gruppo di morfemi preposti al verbo o al predicato nominale.
Il somalo ha dato vita a una delle letterature orali più ricche dell’Africa subsahariana, articolate in diversi generi come il gabay e il geeraar usati soprattutto nel dibattito sociale, politico e religioso, o il buraambur riservato alla poesia femminile. In epoca moderna, alla tradizione orale si sono affiancate una ricca attività teatrale e una piccola, ma rilevante, produzione narrativa scritta.
Alle scarse preesistenze artistiche e architettoniche del periodo islamico e coloniale (➔ Mogadiscio), fa riscontro una persistenza delle tradizioni artigianali nella lavorazione del legno e della pietra, in particolare per la decorazione architettonica, nella ceramica, nei tessuti, nell’intreccio e nella lavorazione artistica dei metalli. Alle tradizionali capanne dei pastori nomadi realizzate con strutture lignee sottili e flessibili intersecate (aqal), ancora in uso, si associano, dall’inizio del 20° sec., aree urbanizzate caratterizzate da architetture di influenza europea e italiana (residenze private e alcuni edifici pubblici). Dopo la Seconda guerra mondiale la varietà dell’architettura moderna, per mano di architetti occidentali, ha ulteriormente influenzato l’architettura vernacolare indigena (arish, ovvero gli edifici su pianta rettangolare di ispirazione araba ed europea, con mura ramificate sigillate con fango e sterco, coperte con tetti inclinati di paglia o metallo; o le baraca, case di sviluppo simile ma con pareti realizzate con assi di legno, generalmente su fondazioni di pietra o di cemento e, se in mattoni, note con il nome di casa matoni).
Le arti figurative hanno risentito meno dell’influenza occidentale, a parte nel caso di alcuni monumenti ufficiali. Le istituzioni culturali pubbliche (Museo Nazionale Somalo Garesa a Mogadiscio, 1934; Museo Provinciale di Hargeysa, danneggiato nel 1988) hanno, viceversa, mirato a incentivare e valorizzare le tradizioni etnografiche.
Approfondimento:
Quale giurisdizione per i pirati catturati nel Golfo di Aden? di Ilja Richard Pavone