YOUTUBE.
- Una piattaforma rivoluzionaria. I problemi legati alla violazione del copyright e della privacy. Bibliografia
Una piattaforma rivoluzionaria. – Y. è una piattaforma web, che permette la visione e la condivisione di file video attraverso Internet (video sharing). Quando il 23 aprile 2005 l’informatico Jawed Karim pubblicò il primo video su Y. – Me at the zoo, 18 secondi registrati presso lo zoo di San Diego in California – di certo non poteva prevedere il successo del sito ideato con il graphic designer Chad Hurley e un altro giovane informatico, Steve Chan. La società venne fondata nel mese di febbraio di quello stesso anno con lo slogan Broadcast yourself («Trasmetti te stesso»), e in tempi record ha raggiunto una notorietà planetaria: a oggi è il terzo sito web più visitato al mondo, dopo Google e Facebook (anzi, secondo l’analisi 2014 del Global Web Index avrebbe anche più visitatori di Facebook, https://www.globalwebindex.net/).
Quando si guarda un video su Y. il sito memorizza i dati del filmato in formato Flash FLV e lo scarica gradualmente e temporaneamente prima della riproduzione. La piattaforma permette agli utenti di caricare gratuitamente i propri filmati della durata massima di 15 minuti attraverso il computer e i dispositivi mobili (telefoni cellulari, tablet, smarthphone, palmari, laptops) che si servono del sistema operativo Android o iOS della Apple, ovvero iPhone, iPod Touch e iPad. Nel sito è presente un motore di ricerca, un’impostazione per visualizzare i video preferiti e creare la propria playlist. In sostanza, si tratta di una grande banca dati che sta diventando la memoria collettiva dell’intero pianeta con canali dedicati delle più importanti aziende, di migliaia di network (i primi a usare Y. furono i dirigenti della rete televisiva americana NBC, National Broadcasting Company) e programmi TV, dal Saturday night live ai talent show. Qui trovano spazio le performance di milioni di musicisti e miliardi di semplici Youtubers, gli utenti del sito che formano un’immensa comunità virtuale che ‘dialoga’ attraverso i commenti pubblicati in coda a ogni filmato. Una rete sociale dalle caratteristiche peculiari che sta incidendo non solo sul nuovo modello di Internet (il cosiddetto web
2.0 a indicare sempre la maggiore interazione tra la rete e l’internauta), ma ha creato anche una forma underground di informazione, diffusione di dati e saperi, promozione di artisti e semplici sconosciuti. Una sorta di mastodontica televisione alternativa con film, musica, gag comiche, filmati scioccanti. Si pensi al ruolo di Y. nel documentare la Primavera araba, o i video delle decapitazioni degli ostaggi occidentali pubblicati da miliziani dell’IS nel 2014.
Nell’ottobre del 2006 Karim, Hurley e Chan hanno venduto Y. a Google per 1,65 miliardi di dollari. I dati resi noti dal sito nel 2014 parlano chiaro: ogni mese più di un miliardo di utenti unici visita Y., e sulla piattaforma vengono guardati oltre 6 miliardi di ore di video, pari a quasi un’ora per ogni persona sulla Terra. Il sito è localizzato in 61 Paesi e ‘parla’ altrettante lingue. Infine, secondo l’azienda statunitense Nielsen, Y. raggiunge più americani adulti nella fascia di età 18-34 anni rispetto a qualsiasi rete via cavo (https://www.youtube.com/yt/ press/it/statistics.html).
I problemi legati alla violazione del copyright e della privacy. – L’ostacolo maggiore che la piattaforma ha dovuto affrontare in questi anni di crescita esponenziale riguarda la violazione del copyright e della privacy. Dopo l’iniziale ostracismo delle multinazionali della musica nel settembre 2006, Y. e Warner Music hanno firmato un primo accordo in base al quale la major discografica fornisce i video e la società informatica si impegna a condividere i ricavi pubblicitari. Un mese dopo anche Sony Bmg music entertainment, Universal music group e CBS (Columbia Broadcasting System) hanno ratificato la stessa scelta della Warner: videoclip in cambio di ricavi. Il passo successivo è stato creare Vevo, nel dicembre del 2009. Si tratta di un sito Internet molto simile a Y. che raggruppa le produzioni video dei musicisti sotto contratto con Emi, Universal e Sony e che di fatto è partner della piattaforma che appartiene a Google. Nel 2010 Y. ha stabilito un accordo anche con la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), che prevede importi calcolati sulla base di numero di pagine viste ogni mese dagli utenti. Per quanto riguarda la privacy, almeno nel nostro Paese, è intervenuta direttamente la Cassazione nel febbraio 2014: la sentenza (nr. 5107) ha ratificato che gli Internet providers come Y. sono meri fornitori di un servizio e per quanto riguarda la violazione della privacy non possono essere ritenuti responsabili.
Uno dei motivi del successo del sito è, come detto, la musica: interi album da ascoltare, brani rarissimi caricati dagli utenti, videoclip di ieri e di oggi a rafforzare quel legame tra suoni e immagini lanciato negli anni Ottanta da canali come MTV. Nel 2014 la piattaforma ha annunciato l’ennesimo cambio di passo. Si chiama Music key: un archivio di oltre 20 milioni di video musicali senza pubblicità. Il servizio, disponibile in Italia, Spagna, Gran Bretagna, Irlanda, Finlandia, Stati Uniti e Portogallo, è attualmente utilizzabile solo su invito e per i primi sei mesi è completamente gratuito. Trascorso il periodo di prova l’utente può scegliere di pagare la cifra di 7,99 dollari mensili fino a un massimo di 9,99 dollari in linea con quanto chiede Spotify (v. musicale, fruizione), l’altro servizio che a differenza di Google propone solo l’audio delle canzoni.
Ma Y. è molto altro ancora. Un medium che sta incidendo profondamente nel tessuto sociale del terzo millennio perché a portata di tutti e tutti possono utilizzarlo. Una TV globale che ha però cambiato le regole della televisione (nessun palinsesto, sviluppo dal basso verso l’alto), e in grado di decretare il successo dei cosiddetti social guru, fino a ieri soggetti del tutto anonimi che, grazie a una serie di video seriali, diventano vere e proprie star parlando semplicemente di make-up, cucina o giardinaggio. Oppure di videogame, come nel caso dello svedese Felix Arvid Ulf Kjellberg che, dal 2010 al 2014, ha avuto un seguito di 27 milioni di fans (e 2,4 milioni di sterline all’anno come introiti pubblicitari). Sempre sulla piattaforma di Google l’ultima tendenza è quella delle webseries: brevi sceneggiati TV pensati proprio per Y. da registi, attori e broadcasters.
Bibliografia: G. Benigni, YouTube. La storia, Milano 2008; G. Bartorelli, I miei eroi. Note su un decennio di arte da Mtv a YouTube. 1999-2009, Padova 2010; G. Andreucci, YouTube. Video online e Web TV, Assago 2012.