ZAMORA
(Semure, Çemura, Çamore nei docc. medievali)
Città spagnola, capitale della prov. omonima, situata nel Nord della Meseta centrale, confinante con la Galizia e il Portogallo.Nel Medioevo Z. fece parte dei regni di Asturia e di Castiglia e León. La città si erge sopra una grande roccia dominante la riva destra del fiume Duero, posizione che le conferì un ruolo strategico-militare di grande rilievo. Si suppone sia stato un insediamento dei Vaccei (popolo preromano di origine indoeuropea), benché i dati storico-archeologici riguardanti quest'epoca siano confusi. Una fonte romana, l'Itinerarium Antonini, cita la mansio di Ocelo Duri (Roldán Hervás, 1975, pp. 88, 254), un luogo di riposo ai margini della strada augustea, conosciuta come vía de la Plata, il grande asse N-S che collegava Mérida (Emerita Augusta) con Astorga (Asturica Augusta). La tradizione storiografica ha identificato questa enclave romana, che allora apparteneva al conventus Cluniensis nella provincia Citeriore, con la Z. medievale. Argomento basilare, tra gli altri, per questa identificazione, è stata la supposta esistenza di un ponte romano nel luogo dove oggi si trovano i resti di quello denominato Puente Viejo. Nonostante ciò, una parte della critica più recente è del parere che Ocelo Duri si trovasse a circa km 15 a O di Z., ad Almaraz de Duero (Mañanes, Solana Sáinz, 1985, pp. 64-66). Sotto la dominazione visigota Z. ricevette il nome di Semure, come risulta dagli atti del concilio di Lugo (569) e dalle due monete di Sisebuto (612-621; Gómez Moreno, 1927, p. 83). I musulmani la chiamarono Azemur e Samūra o Sammūrah (Cortés, 1952; Maíllo Salgado, 1990; 1991), mentre le cronache cristiane si riferiscono a essa come Semura, Çemura, Çamore e Z. (Cortés, 1952). In ogni caso, l'esistenza del nome in epoca visigota invalida la sua presunta origine araba.Tra il 711 (data dell'invasione araba della penisola iberica) e il regno del monarca asturiano Alfonso III il Grande (866-910/912), il territorio di Z. rimase semideserto e sempre più incolto. Questo processo fu alimentato dalle depredazioni del re Alfonso I il Cattolico (739-756), il quale giunse fino a Z. cacciando dalla città i musulmani e dirottando gli abitanti cristiani verso il Nord. La regione venne ripopolata, per iniziativa di Alfonso III, soprattutto da mozarabi provenienti da Toledo. Il monarca elevò Z. a rango di sede episcopale e decise di cingerla con una cerchia di mura. Venne a configurarsi così il nucleo urbano più antico, la città vecchia, che un secolo più tardi subì gli attacchi di al-Manṣūr (981, 984, 986, 989, 999) e di suo figlio ῾Abd al-Malik al-Muzzafar (1005). Nello stesso tempo sorsero le prime chiese e i monasteri, mentre nell'estrema parte occidentale della Meseta, sul Duero, si innalzava la chiesa di San Salvador, trasformata poi in cattedrale.L'importanza di Z. aumentò progressivamente nel corso dell'11° secolo. Ferdinando I (1035-1065) ricostruì l'apparato difensivo della città, le concesse lo statuto municipale (1060 ca.) e portò a termine il suo definitivo ripopolamento. Alfonso VI il Valoroso (1065-1109) favorì la venuta dei coloni franchi e, con i monaci di Cluny, ristabilì la sede episcopale, che, dopo la distruzione della città a opera degli eserciti di alManṣūr, era rimasta deserta, con i territori della sua diocesi incorporati a quelli di Astorga. Il primo vescovo documentato dell'appena ripristinata diocesi fu il francese Girolamo di Périgord (1102-1120), allo stesso tempo vescovo di Salamanca, alla cui diocesi venivano ora annessi i territori di Zamora. Ma il primo prelato indipendente fu il suo compatriota Bernardo di Périgord (1121-1149), arcidiacono di Toledo e monaco dell'abbazia di Sahagún, che contava sulla protezione del monarca Alfonso VII (1126-1157). Durante tutto il periodo che arriva sino alla fine del sec. 13°, continuò il processo di espansione urbana, così come il rinnovamento parrocchiale e monastico. Un'abbondante documentazione ha consentito di ricostruire l'immagine del recinto urbano medievale (Represa, 1972) e le trasformazioni subìte alla fine di questa fase storica (Ladero, Quesada, 1989).La città vecchia, la cui origine risale alla fine del sec. 9°, si articola intorno al castello, alla chiesa del San Salvador e al Carral Mayor. Era questa l'arteria principale che collegava la Puerta de Olivares e l'atrio della cattedrale con la Puerta Nueva e divideva l'impianto urbano in due metà piuttosto strette. A N, da un lato e dall'altro della rúa del Mercado, parallela alla calle Mayor, si concentrava la maggior parte dell'attività economica; è qui che si trovano anche le collaciones, con le rispettive parrocchie di Santa María la Nueva, della Magdalena e di San Juan de la Puerta Nueva, così come la chiesa di San Martín de los Caballeros. A S si svilupparono le collaciones di San Pedro, San Cebrián e San Simón, oltre al primo insediamento giudaico. Intorno al castello e alla cattedrale sorsero i quartieri di San Salvador, San Isidoro e Santa Coloma.A partire dagli ultimi anni del regno di Ferdinando I, all'acme della colonizzazione, il recinto urbano si espanse oltre quello primitivo, formando la c.d. città nuova, verso E, e inglobando gli antichi villaggi di Valle e di Burgo. Il collegamento con la città vecchia avveniva attraverso la Puerta Nueva, giusto alla fine del Carral Mayor, dove confluivano diverse strade: San Andrés, los Francos, San Torcuato e Balborraz. Ben presto venne fondato un gran numero di chiese parrocchiali e monastiche nel nuovo quartiere, dove sorse anche la casa madre dell'Ordine degli Ospedalieri (chiesa di Santa María de la Horta). Altri sobborghi periferici non poterono essere cinti da mura, perché ubicati in zone topograficamente accidentate o semplicemente troppo lontane. Alcuni di questi quartieri extraurbani ebbero origine all'epoca del primo ripopolamento (Olivares), ma la maggior parte di essi raggiunse il pieno sviluppo in questa seconda fase: a N del Duero, i villaggi di Santa María de Camino, Santa Susana (assorbito in seguito dal sobborgo di San Lázaro) e la Vega, il sobborgo di las Eras e il villaggio dello Espíritu Santo; a S del fiume, San Frontis, il sobborgo di Cabañales, il villaggio del Santo Sepulcro e il sobborgo della Pinilla.Delle mura che cingevano la città si conservano ancora numerosi resti e alcune delle porte. Questi resti corrispondono a differenti fasi costruttive, tra i secc. 11° e 12°, ma sono anche il risultato di svariati restauri eseguiti già nel corso dello stesso Medioevo. La cinta muraria era costruita con pietre squadrate, per uno spessore complessivo di m 3, lavorate nei cantieri locali. Tra le porte superstiti vi sono quella della Traición, del Mercadillo, degli Zambranos (od. Doña Urraca, in base alla supposizione che il palazzo della regina sorgesse nelle sue immediate vicinanze) e della Puerta Nueva (od. Obispo, perché in prossimità del palazzo episcopale), accanto al luogo dove si ergono le mura di una casa ritenuta quella del Cid, che nella sua parte più antica risale probabilmente all'11° secolo.L'attività artistica fu particolarmente intensa negli anni 1100-1230, molto vincolata alla monarchia leonese e in special modo ad Alfonso VII (1126-1157), Ferdinando II (1157-1188) e Alfonso IX (1188-1230). Per quanto concerne l'architettura di carattere religioso, si contano oggi a Z. più di venti edifici, tra chiese abbaziali, parrocchie ed eremitaggi. I monumenti più antichi della capitale sono l'espressione di un Romanico molto peculiare, frutto dell'opera di maestri formatisi in un contesto tradizionale e conservatore, al quale ben presto si sovrapposero nuove esperienze importate da altri paesi. L'architettura appare popolare, caratterizzata da mezzi tecnici limitati. Un gruppo di edifici presenta una formula planimetrica peculiare dell'architettura di tradizione spagnola, quale il capocroce con tre absidi a terminazione rettilinea; ma anche quando il lessico costruttivo e ornamentale cerca di adeguarsi alle novità del Romanico, il linguaggio è a volte così rozzo da rendere quasi impossibile un'analisi rigorosa (Bango Torviso, 1994; 1997).San Cipriano è stata considerata la chiesa più antica di questa tipologia, benché i dati storico-archeologici non consentano la conferma di questa ipotesi. In essa è custodita un'epigrafe, dall'interpretazione controversa, nella quale si legge la data del 1093, ma che si riferisce a una chiesa dedicata a s. Andrea e non a s. Cipriano, cosicché la sua relazione con l'edificio che si conserva è quanto mai dubbia. In ogni caso il carattere tradizionale della tipologia, al quale si aggiungono lo schematismo dell'icnografia, la tecnica grossolana e l'uso di modiglioni cilindrici, induce ad assegnare all'edificio una datazione molto prossima a quella indicata dall'epigrafe. In seguito a svariate rielaborazioni, che hanno sostanzialmente modificato l'abside sud e le navate, nella muratura vennero inseriti disordinatamente vari rilievi molto rozzi, tra i quali un pezzo singolare che raffigura un guerriero chiamato Bermudo, il quale offre il proprio ritratto, mentre la chiesa è ancora in costruzione, per perpetuare la sua memoria e quella del ruolo da lui svolto: "Veremu/do fera / rio qui fe / cit me/moria de / sua fabrica".Identico capocroce, tripartito e in ordine decrescente, si trovava nella chiesa monastica di Santo Tomé, probabilmente degli inizi del sec. 12°, nella parte più antica anteriore al 1128, anno di una donazione di donna Sancia (m. nel 1159), sorella di Alfonso VII, al quale va riferita la riedificazione dell'edificio. Il lessico ornamentale è qui più conforme ai modelli del Romanico europeo. Nell'abside centrale, all'esterno, un ordine di colonne si snoda intorno all'unica finestra, imposte e gronde rispondono ai canoni dei più caratteristici esemplari del periodo. Tuttavia, all'interno, gli archi delle absidi sono a ferro di cavallo, soluzione radicata nell'architettura più tradizionale. Anche la decorazione scultorea appare arcaica, tanto nella modellazione (tecnica a ugnatura), quanto nell'iconografia. Nella città, altre chiese offrono soluzioni simili per quanto riguarda la disposizione del capocroce. In molti casi si tratta di edifici la cui costruzione si dilata nel tempo, sino alla fine del sec. 12° e anche oltre, o sono già tardoromanici, e le loro forme ripetono per forza di inerzia modelli preromanici: Santiago del Burgo, San Esteban e San Juan de la Puerta Nueva.Più semplici, ma dello stesso tipo, sono le chiese a navata unica con capocroce a chiusura rettilinea, le cui formule decorative sono anch'esse tardoromaniche: San Isidoro, Espíritu Santo, Santo Sepulcro.Di differente tipologia sono le chiese di San Claudio de Olivares, Santiago el Viejo e Santa María la Nueva, che, in mancanza di dati precisi, devono essere catalogate fra le più antiche. Le prime due hanno un'unica navata con abside circolare, preceduta da una campata presbiteriale. San Claudio possiede inoltre sculture di una certa importanza che adornano i capitelli dell'interno (Sansone che uccide il leone, centauri in lotta con le lance, dragoni alati) e, all'esterno, le testate delle travi e il portale settentrionale. Nel primo archivolto del portale si snoda il ciclo dei Mesi (rappresentati con il lavoro dell'uomo) di datazione controversa, sebbene ormai si tenda ad assegnarlo intorno al 1200, e i cui precedenti sono stati rinvenuti tanto nel repertorio spagnolo quanto nei modelli del primo Gotico francese (Castiñeiras González, 1996, pp. 103-104). Più elaborata, nella sua concezione planimetrica, era Santa María la Nueva, a tre navate, in seguito eliminate, con absidi laterali a chiusura rettilinea e quella centrale con tamburo semicircolare e sottili colonne sopra uno zoccolo, che si snodano intorno alle tre finestre. La scultura ornamentale è senza dubbio di carattere molto popolare, così come è arcaico l'arco a ferro di cavallo nel portale sud.A partire dall'ultimo terzo del sec. 12° l'architettura e la scultura a Z. furono assorbite dai lavori della cattedrale, nella quale si imposero alcune delle tecniche del Romanico francese, il cui influsso è evidente, anche se a volte si tratta di prestiti parziali. Ciò nonostante, non vennero meno moduli più tradizionali, che rimasero in vigore fino all'inoltrato 13° secolo.Si suppone che Alfonso III abbia fatto edificare la prima chiesa maggiore in concomitanza con la fondazione del vescovado. Questa costruzione sarebbe sorta nello stesso luogo oggi occupato dalla cattedrale di San Salvador, nonostante nel 1135 Alfonso VII avesse assegnato al vescovo Bernardo il monastero di Santo Tomé, affinché il Capitolo vi si trasferisse. Secondo le fonti, l'antica sede era circondata da molte case e non c'era spazio sufficiente per la costruzione del chiostro e di edifici annessi, necessari per la vita comunitaria. Il trasferimento non ebbe luogo e la nuova costruzione dovette avere inizio sotto l'episcopato di Esteban (1149-1174). Notizie isolate, risalenti alla metà del secolo, suggeriscono che l'edificio era in corso d'opera; inoltre una copia moderna della lapide di fondazione assicura che la chiesa fu iniziata nel 1151 e consacrata nel 1174. Oggi si suppone che le parti allora ultimate si limitassero alla zona absidale, ai muri orientali e a parte delle facciate del transetto. La costruzione dovette procedere molto lentamente, tanto che nell'inoltrato sec. 13° era ancora in costruzione la grande mole della torre di N-O. Il chiostro del sec. 17° sostituì, dopo un incendio, quello medievale, del quale rimangono - oltre ad alcune tracce documentarie - solo due cappelle incorporate nella fabbrica moderna (Carrero Santamaría, 1996).Si tratta di una chiesa di discrete dimensioni, con tre navate composte da quattro campate, transetto poco accentuato nella pianta e capocroce con tre absidi in ordine decrescente, sostituite intorno al 1500 da quelle attuali tardogotiche. I supporti sono semplici pilastri quadrati con tre colonne addossate per lato, gli archi hanno profilo acuto rialzato oppure sono doppi e le volte presentano forma diversa a seconda dell'ubicazione: a botte acuta nei bracci del transetto, reticolata nelle navate laterali e a crociera semplice in quella centrale: questa fu incorporata in epoca successiva, come rivela l'approssimazione del suo adattamento. Ma ciò che realmente rende peculiare la fisionomia della chiesa è il monumentale tiburio dalla cupola a spicchi, con copertura a squame, che si innalza sul transetto, uguale a quelli della cattedrale di Salamanca, della collegiata di Santa María la Major a Toro e della sala capitolare della cattedrale di Plasencia. Oggetto di una nutrita letteratura, ne sono stati ricercati i modelli nell'architettura bizantina, serba, palestinese, siculo-normanna, aquitanica o ispano-musulmana, ma il tiburio della cattedrale di Z. è assolutamente originale.Allo stesso modo si è insistito sulla filiazione francese (Gómez Moreno, 1927) o ispano-musulmana (Ruiz Maldonado, 1988, p. 39) per l'articolazione architettonica della facciata sud del transetto, conosciuta come Puerta del Obispo. La parte inferiore servì da supporto a due opere eccezionali: i rilievi che ornano i due timpani delle false porte ai lati di quella centrale, anche questa molto peculiare, con intradossi lobati e archivolti decorati con piccoli archi a ferro di cavallo molto stretti. Il timpano di destra raffigura una Theotókos, della quale sono stati segnalati rapporti stilistici con la Vergine del timpano sud del portale dei Re di Chartres (Ruiz Maldonado, 1988, p. 36). Nell'altro rilievo appaiono due apostoli, Giovanni e Paolo, che camminano conversando animatamente, anticipando di alcuni anni le 'conversazioni' degli apostoli del compostelano Pórtico de la Gloria. Gli echi della cattedrale si ripercuotono praticamente in tutti i cantieri attivi a partire dalla seconda metà del sec. 12°, tanto nell'architettura quanto nel lessico ornamentale o nella scultura monumentale. Alle chiese menzionate, che conservano l'antica formula del capocroce a chiusura rettilinea, andrebbe aggiunto un gruppo con abside curvilinea. A San Ildefonso si ripete nel portale meridionale il triplice archivolto lobato della Puerta del Obispo. Santa María de la Horta e la Magdalena hanno abside unica con nervature; la Horta presenta la navata originaria (una seconda venne aggiunta in seguito) coperta con volte a crociera e la Magdalena fu dotata nel fianco di un portale ornato con una naturalistica decorazione vegetale e un bordo di testine sorridenti fra germogli.Questa chiesa ospita inoltre un'opera di grande interesse: si tratta del sepolcro addossato alla parete nord. Il monumento raffigura la città celeste, il paradiso, simile a un baldacchino, appoggiato su cinque colonne e coperto da due piccole cupole a spicchi. Viene creato così uno spazio funerario con il sepolcro sul pavimento, mentre il letto con la giacente è incassato nel muro. Ai lati due angeli turiferari indicano la scena centrale: l'anima nuda della defunta trasportata in cielo su un lenzuolo sostenuto da altri due angeli. Questo monumento è un capolavoro del Romanico nel suo momento di transizione al Gotico e, come i rilievi con gli apostoli della Puerta del Obispo, è paragonabile ad alcuni tratti dell'arte del compostelano maestro Matteo. Ruiz Maldonado (1988, p. 46) è incline a datarlo, su base stilistica, intorno al 1190.Dopo il 1230 la definitiva incorporazione del regno di León alla Corona di Castiglia, sotto Ferdinando III (m. nel 1252), e lo spostamento verso S della frontiera cristiana relegarono Z. in una posizione marginale e l'attività costruttiva rallentò sensibilmente. Fu l'epoca delle costruzioni private e in special modo delle cappelle funerarie. Di quanto allora si costruì a Z. quasi nulla è rimasto. Del convento di San Francisco, nel sobborgo di Cabañales, rimangono alcuni resti, ma di epoca tarda: la cappella maggiore poligonale, con finestre ornate da decorazioni geometriche flamboyantes, e la porta settentrionale. Solo a partire dal regno dei re cattolici fu promossa una rinascita che, non sempre con la stessa fortuna, chiuse il capitolo dell'arte medievale a Zamora. Infatti, alla fine del Medioevo, si provvide al rinnovamento dell'area urbana configurata nei secoli precedenti: esso fu avviato per risolvere i problemi delle infrastrutture e per nobilitare l'aspetto della città. Si costruirono case per il Municipio, il mercato, il macello, fu progettata una plaza mayor, furono allargate e lastricate strade, e al contempo si dette anche nuovo impulso alle arti figurative.
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