Zingari
Un popolo in giro per il mondo
Zingari è il nome dato ad alcuni popoli apparsi in Europa tra il 14° e il 15° secolo. Originari dell’India, gli Zingari sono nomadi, si spostano cioè di luogo in luogo senza conservare una memoria scritta della loro storia e delle loro tradizioni. Ovunque si fermino o si stabiliscano, gli Zingari costituiscono una minoranza, spesso guardata con diffidenza. In Europa e negli Stati Uniti esistono da tempo comunità di Zingari che risiedono stabilmente. Il nome con il quale questi popoli si autodefiniscono è rom, che significa «uomo», o meglio «uomo libero»
Il nome Zingari deriva da quello che fu dato a questi popoli nell’Impero bizantino, e cioè athingànoi, con il quale veniva designata una setta ereticale perseguitata. Ma gli Zingari hanno molti nomi, forse uno per ogni paese che hanno attraversato. I diversi modi nei quali questi popoli vengono chiamati, infatti, rimandano alla storia delle loro peregrinazioni. I Francesi, per esempio, li chiamano Bohémiens, perché quando arrivarono in Francia provenivano dalla Boemia e avevano un lasciapassare del re boemo. Gitani e Gipsies, come rispettivamente vengono chiamati gli Zingari in Spagna e nei paesi anglosassoni, sono nomi che nascono da un’errata identificazione con l’Egitto. D’altronde gli Zingari, per il loro nomadismo, attraversano molti paesi e assimilano usi e costumi dei luoghi dove risiedono temporaneamente, rendendo più confuse le tracce della loro origine. Questo spiega perché è spesso così difficile indicare con esattezza il luogo d’origine di queste popolazioni di migranti.
Gli Zingari chiamano il loro popolo Rom, oppure Manuš, entrambi vocaboli d’origine indiana che vogliono dire «uomo», e più precisamente «uomo libero». Ed è rom – o anche sinti, dalla valle del Sindh, nell’India nord;occidentale – il termine ai nostri giorni più utilizzato per definire queste popolazioni, perché Zingari è diventata un’espressione usata con intenti dispregiativi.
Il cammino degli Zingari a partire dalle regioni indiane è stato molto lungo, e ha seguito principalmente due strade: una interna, attraverso la Mesopotamia e l’Asia Minore, verso il Mar Nero e il Mar Caspio, sino alle regioni orientali dell’Europa; una più vicina al mare, lungo il corso dell’Indo prima, il Golfo persico, l’Arabia e la Siria poi, sino alla Grecia. Già all’inizio del 14° secolo la presenza di popolazioni zingare è documentata nei racconti dei pellegrini cristiani in Terra Santa e in Grecia, dove gli Zingari hanno risieduto a lungo arrivati probabilmente alcuni secoli prima.
All’inizio del 15° secolo, minacciati dalla spinta degli Ottomani che premevano alle porte dell’Impero bizantino, molti zingari si rimisero in marcia verso ovest; la maggioranza, però, rimase nelle regioni balcaniche, dove tuttora risiede. Germania, Svizzera, Francia, Italia, Spagna, Inghilterra, Scandinavia, tutti questi paesi furono attraversati dagli Zingari, che chiedevano ospitalità e lasciapassare.
Fin dalle loro prime apparizioni in Europa occidentale gli Zingari hanno destato curiosità e timori. Il loro passaggio, in carovane di uomini e donne, bambini e anziani, attirava l’attenzione ma anche i sospetti della popolazione, che si domandava da dove arrivassero quelle genti sconosciute, con abitudini tanto diverse e che parlavano una lingua strana. La loro lingua originaria, infatti, era entrata in contatto con molte e diverse entità linguistiche (iraniano, armeno, albanese, greco, rumeno, ungherese) rimanendone influenzata.
Il loro abbigliamento appariva particolarmente bizzarro: uomini e donne portavano capelli lunghi e neri come la coda di un cavallo; si vestivano tutti con colori sgargianti, in particolare rosso e verde; le donne avevano vesti drappeggiate, orecchini vistosi, sciarpe di seta e portavano i loro bambini piccoli avvolti in una coperta attaccata sulla spalla. E alcuni di questi costumi sono visibili ancora adesso.
Il conflitto tra Zingari e popolazioni europee si accese subito: la civiltà occidentale dell’epoca si fondava sul radicamento alla terra e sul lavoro nelle campagne, pertanto non poteva che disprezzare una condotta di vita basata in larga misura sul girovagare (nomadismo) e sull’elemosina.
Ma gli Zingari erano anche abilissimi artigiani: lavoravano con maestria il rame e altri metalli e fabbricavano pentole, caldaie, gioielli, armi e arnesi per il lavoro nei campi; facevano i cestai, gli ammaestratori di animali, i mercanti di cavalli ed era nota la loro bravura nel curare e accudire i cavalli ammalati. Erano anche buoni musicisti. Ma in età medievale e moderna molti di questi mestieri erano considerati con sospetto come attività impure, lontane dalla morale cristiana e anche per questo si scavò un solco sempre più profondo tra due civiltà tanto diverse.
Inoltre molti zingari rivendicavano il loro diritto al furto, a derubare i popoli diversi dal loro, i gagè. Per gli Zingari, infatti, tutti coloro che non sono della loro razza sono gagè. Il gagio è il sedentario, il servo, il contadino attaccato alla sua terra, l’uomo che vive chiuso nella sua casa, invece che vivere libero all’aria aperta.
Ancora oggi per gli Zingari la famiglia è una struttura sociale molto importante: i legami familiari non si sciolgono mai e tutti, nonni, figli, nipoti, zii, cugini, rimangono uniti. Come in tutte le società nelle quali è forte il senso della tradizione, gli anziani sono al centro della vita sociale e spesso comandano con durezza il gruppo.
In passato come ai nostri giorni, le donne zingare, le ballerine gitane e le fattucchiere che predicono il futuro, a causa del loro comportamento sfrontato e provocante, sono spesso considerate cattive madri, ladre o anche delle prostitute, ma tale giudizio è del tutto ingiustificato.
Tra il 16° e il 17° secolo in Europa moltissimi zingari furono perseguitati, torturati e bruciati con l’accusa di stregoneria. Ma le persecuzioni contro questo popolo raggiunsero il culmine durante il nazismo (nazionalsocialismo): secondo i nazisti, infatti, gli Zingari erano «un miscuglio pericoloso di razze deteriorate» e pertanto dovevano essere sottoposti con la forza alla sterilizzazione per impedire che si riproducessero.
La sterilizzazione non era tuttavia un mezzo sufficiente e dal 1938 in poi gli Zingari conobbero lo stesso destino degli Ebrei, e furono rinchiusi nei lager nazisti (Shoah). Contrassegnati da un triangolo nero, che significava asociali, affiancato dalla lettera Z per Zigeuner («zingaro» in tedesco) venivano spesso utilizzati come cavie negli esperimenti medici. Circa 500.000 furono gli Zingari sterminati dai nazisti.
La popolazione mondiale gitana attualmente si aggira intorno ai 10÷12 milioni di persone. La grandissima maggioranza vive nell’Europa dell’Est. In Romania sono più di due milioni e mezzo, ma sono numerosi anche in Spagna (800.000) o in Francia (circa 340.000). In Italia i Rom sono tra i settanta e i centomila e quasi la metà di questi è ormai stanziale. Gli ultimi arrivati – la prima ondata tra gli anni Sessanta e Settanta del 20° secolo, la seconda alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta – provengono tutti dalle regioni balcaniche e dalla ex Iugoslavia. Ovunque risiedano, comunque, Rom e Sinti sono una minoranza, della quale spesso si ignora la storia, le tradizioni e la cultura. Dopo oltre seicento anni, i passi fatti sulla strada della convivenza non sono ancora molti.
Racconta un’antica ballata europea che un fabbro gitano stava fabbricando dei chiodi. A chi gli domandava cosa stesse facendo, rispondeva che un uomo doveva essere crocifisso e che lui stava preparando i chiodi: «Tre soli me ne hanno ordinato, ma io cinque voglio farne. Il quinto, più acuminato di tutti, gli entrerà nel cuore». Questa leggenda esprime tutta la diffidenza e l’ostilità delle popolazioni europee cristiane nei confronti degli Zingari, considerati responsabili, come gli Ebrei, della morte di Cristo.In risposta a questa leggenda gli Zingari raccontavano una storia che circola ancora oggi: alcuni zingari sono stati presenti alla crocifissione di Cristo, ma solo per rubare un chiodo; Gesù volle ringraziarli del fatto che, portando via un chiodo, avevano alleviato le sue sofferenze e per questo concesse loro di vivere rubando.