Zorro
La più veloce spada dell’immaginario
Chi non ha indossato almeno una volta a carnevale cappello, maschera, mantello e sottili baffi neri, a dimostrazione del fatto che Zorro è uno degli eroi più amati? Focoso gentiluomo, porta con sé il fascino del Vecchio Mondo e lo spirito libero dell’America dei tempi andati. Velocissima la sua spada, color della notte il fido cavallo, Zorro unisce ai modi impeccabili una certa ribalda insolenza
Zorro, che in spagnolo significa «volpe», è il più famoso spadaccino mascherato della letteratura del Novecento. Presentato nel 1919 sulla rivista All story come eroe del romanzo La maledizione di Capistrano, di Johnston Mc Culley, subito fa innamorare i lettori ma soprattutto il cinema, che si occuperà di lui come mai di nessun altro personaggio letterario.
Ambientate in una riveduta California spagnola, le avventure di Zorro hanno inizio intorno all’immaginario pueblo, cioè il quartiere spagnolo, di Los Angeles, popolato di lancieri, capitani e magistrati, dediti soprattutto ai soprusi nei confronti della popolazione. A insorgere contro i prepotenti è un misterioso fuorilegge interamente vestito di nero, dalla maschera al mantello e agli stivali, in sella a un cavallo di nome Tornado, anch’egli del colore della notte e capace di galoppare come il vento. Dopo aver compiuto le sue coraggiose imprese, Zorro lascia sul campo (spesso sulle vesti dei suoi nemici) la inconfondibile Z.
Nessuno sa che sotto un simile costume si nasconde il mite, goffo don Diego de la Vega, un giovane gentiluomo negato nell’arte delle armi. L’hacienda, cioè la proprietà agricola di famiglia, nasconde però un labirinto di passaggi che conducono al rifugio segreto di Zorro. Col tempo don Alejandro, padre di Diego, scoprirà la vera identità del figlio. Prezioso servitore di quest’ultimo è Bernardo, ufficialmente sordomuto, in realtà solo muto e in grado di origliare le turpi trame degli avversari. Inoltre vi sono la leggiadra Lolita, il perfido governatore Rafael Montero, il pingue sergente Demetrio Lopez García, amico dei de la Vega e ossessionato dal desiderio di catturare Zorro per intascare la ricompensa. Ingenuo e impacciato, è spesso vittima del disprezzo dei superiori e serve talvolta da esca al nostro eroe.
Il primo divo a lasciarsi sedurre dall’eroico spadaccino fu Douglas Fairbanks, che già nel 1920 interpretò Il segno di Zorro, per la regia di Fred Niblo. Fu il maggior incasso di quei tempi e aprì la via a un lungo elenco di versioni della storia originale. Dopo che, nel 1924, Mc Culley pubblica La maschera di Zorro, ecco che nel 1940 è Tyrone Power a indossare sul grande schermo il mantello del protagonista; nel 1947 è la volta di George Turner in Il figlio di Zorro.
Nel 1950 la Disney produce una fortunata serie televisiva con Guy Hamilton. Fioccano anche le parodie, da Le avventure erotiche di Zorro con Douglas Frey a Zorro mezzo e mezzo con George Hamilton nella parte del fratello gay dello spadaccino. In Italia, ecco Il sogno di Zorro con Walter Chiari, Zorro contro Maciste con Umberto Lenzi e Moira Orfei, e successivamente I nipoti di Zorro con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Nell’ambito dei film d’avventura assai riuscito è lo Zorro classico e acrobatico di Alain Delon, diretto da Duccio Tessari nel 1975 e ambientato a Nueva Aragona. Più recenti, La maschera di Zorro del 1997 con Antony Hopkins e Antonio Banderas, regia di Martin Campbell, che nel 2005 firma anche La leggenda di Zorro.
Molti libri sono stati scritti sul personaggio di Zorro: per esempio, in Sotto il segno di Zorro (1998) Sandra Curtis fornisce ogni dettaglio possibile sulla storia del cavaliere nero. In un altro saggio, invece, Fabio Troncarelli, uno studioso di esoterismo, ipotizza che Zorro sia realmente vissuto nel Seicento, in Messico. Secondo Troncarelli, Zorro era in realtà un irlandese in esilio di nome William Lamport. A narrarne le gesta sarebbe stato poi Vincente Riva Palacio, affiliato alla massoneria: la Z sarebbe l’abbreviazione della forma semitica ziza, ossia «splendente», dunque un simbolo dell’energia vitale.