verbatim avv. Parola per parola, cioè con assoluta fedeltà al testo che si è citato o riportato. ◆ Non scrive come un cane il labrador di Mitterrand. Prosa curatissima, allusioni eleganti, verve. E un titolo malizioso per il suo diario, in libreria da ieri. «Aboitim», che fa il verso al contestatissimo «Verbatim» - «testualmente» dell'ex consigliere presidenziale Jacques Attafi, è neologismo latino quasi intraducibile. Si potrebbe azzardare un «abbaiando». 0, per mantenere l'avverbio, il «caninamente latra» che la Divina Commedia attribuisce a Cerbero. (Enrico Benedetto, Stampa, 22 marzo 1996, p. 8, Estero) • Deve essere anche per questo, per questa estenuante ricerca di una parola romanzesca vibrante come quella parlata, che Gatz, lo spettacolo di otto ore basato sulla recitazione verbatim di Il grande Gatsby (1925, la più recente traduzione italiana è quella dell’edizione minimum fax), oggi lascia tutti stupefatti e contenti: ci dimostra che la prosa elegante non è un vacuo orpello, bensì un segno della versatilità del romanzo, il genere che, pur destinato alla lettura in silenzio, con Fitzgerald diventa «recitabile». (Sara Antonelli, Unità, 16 giugno 2012, U:Culture, p. 19) • Ripreso verbatim da Bruce Springsteen nel memorabile The Ghost of Tom Joad, il discorso di Tom rappresenta il segno più tangibile di una letteratura che vuole prendere le distanze dall’individualismo ribelle del primo modernismo americano, e coniugarsi alla prima persona plurale (poche pagine prima, citando l’ex predicatore Casy, vero centro morale del romanzo, Tom aveva affermato: «Se due si coricano insieme, si scaldano tra loro; ma uno che sta da solo come fa a scaldarsi?»). (Luca Briasco, Manifesto.it, 17 novembre 2013, Alias Domenica) • Nella stampa anglosassone vige un patto di fedeltà tra cronista e lettore in base al quale si presuppone che il virgolettato corrisponda verbatim alle parole del personaggio-fonte (ingl. news-maker); in quella italiana no (o non necessariamente). In estrema sintesi le ragioni di questa differenza risalgono al dibattito sul ruolo dell’informazione sviluppatosi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, che ha portato alcune penne autorevoli a privilegiare la categoria dell’onestà (il giornalista rinuncia a vendere al lettore un’inesistente verità oggettiva e manifesta apertamente e onestamente le proprie posizioni) su quella dell’obiettività, considerata una foglia di fico dietro cui si nascondeva la faziosità della stampa tradizionale. (Massimo Palermo, Treccani.it, 6 marzo 2016, Lingua italiana) • Giovedì mi arriva per mail un avviso dell'Enel - sottolineo Enel non l'amministrazione di un piccolo borgo sperduto – che trascrivo verbatim: "ENEL – si tratta di un ultimo sollecito si dispone di un rimborso incompiuto il rimborso di 92,72 € ancora valido fino al 28/01/2021". Notare che la data di scadenza coincide con quella del sollecito. Vado verso l'incredibile, il messaggio prosegue così: "Questa mail vi informa che l'importo non rimane disponibilité (sic). Fare clic sul seguente link: Accedi a MyEnel". (Corrado Augias, Repubblica.it, 29 gennaio 2021, Le Lettere).
Avv. latino. Già attestato in un articolo di Luigi Barzini jr sul «Corriere della sera» del 7 dicembre 1954, p. 3: «Considero inoltre le interviste “a catechismo” inutili e talvolta dannose. Consistono in una serie di domande e di risposte che vanno stampate verbatim, generiche come i brindisi dei diplomatici».