ricco [dal longob. rihhi] (pl. m. -chi). - ■ agg. 1. [che possiede denari, beni e sim., in misura maggiore di quanto occorra per vivere in modo normale: è gente r.] ≈ danaroso, (lett.) dovizioso, facoltoso. ↑ miliardario, milionario, (ricco) sfondato. ↓ abbiente, agiato, benestante. ↔ indigente, (non com.) malagiato, non abbiente, povero. ↑ miserabile, misero, nullatenente. 2. a. [di città, commercio e sim., economicamente sviluppato: una nazione r.] ≈ fiorente, florido, prospero, prosperoso. ↑ (poet.) opimo, opulento, pingue. ↔ povero, [di paese che non ha sviluppo economico] sottosviluppato. ↑ miserabile. b. (fig.) [che ha un grande valore, che rappresenta un'ingente quantità di denaro: un r. patrimonio] ≈ consistente, cospicuo, notevole, ragguardevole, solido, sostanzioso. ↔ esiguo, magro, scarso. ↑ misero. c. [che è segno di ricchezza: abita in un r. appartamento; una r. scenografia] ≈ (iron.) faraonico, lussuoso, magnifico, pomposo, sfarzoso, sontuoso. ‖ vistoso. ↔ misero, modesto, povero, semplice. ‖ dozzinale, scadente. 3. (estens.) a. [che possiede in abbondanza qualche elemento o qualità, con la prep. di: città r. di monumenti; uomo r. di ingegno] ≈ abbondante, colmo, pieno. ↑ stracolmo. ↔ carente, povero. ↑ privo, sfornito. b. [di campo e sim., che dà molti frutti: è una terra r.] ≈ fecondo, (lett.) ferace, fertile, grasso, (lett.) pingue, produttivo, (lett.) ubertoso. ↔ infecondo, sterile. c. [di vegetazione e sim., molto abbondante: un bosco r.] ≈ fiorente, florido, lussureggiante, rigoglioso, verdeggiante. ↔ avvizzito, spoglio. ↑ scheletrico. d. [di immaginazione e sim., che è molto sviluppato: fantasia r.] ≈ fervido, vivace. ↔ povero, stentato, (spreg.) stitico. e. [di stoffa e sim., che forma pieghe molto larghe: panneggio r.] ≈ abbondante, ampio. f. [di pasto, banchetto, ecc., dotato di molte e buone portate] ≈ lauto, (scherz.) luculliano. ↑ (scherz.) pantagruelico. ■ s. m. (f. -a) [persona di grandi possibilità economiche: i nuovi r.] ≈ milionario. ↑ (iron.) creso, (iron.) mida, miliardario, (scherz.) nababbo, (iron.) plutocrate. ↓ abbiente, benestante. ‖ capitalista. ↔ povero. ↓ bisognoso, indigente, nullatenente.
ricco. Finestra di approfondimento
Gradi di ricchezza - Numerosi agg. ed espressioni si riferiscono a chi ha molti soldi. R. è l’agg. più com., mentre facoltoso è formale, danaroso è abbastanza raro e spesso iron., dovizioso è lett.: trentatré anni, facoltoso, elegante, non privo di spirito (L. Pirandello); don Blasco era il primo Uzeda danaroso che se ne andava (F. De Roberto). Talora, nelle società ricche, il riferimento esplicito ai soldi è considerato poco elegante, perché troppo legato alla sfera pratica dell’esistenza, e quindi a r. vengono preferiti termini meno diretti, in un certo senso usati come eufem., come benestante e i più formali abbiente e agiato: siete solo, siete giovane, benestante, perché ricusate un accasamento, che torni comodo alla vostra costituzione? (C. Goldoni); l’impresa fu finanziata dai cittadini più abbienti; quartieri delle classi agiate. Per i gradi più intensi, oltre a ricchissimo si dispone dei più specifici e diretti milionario e miliardario o il pop. ricco sfondato. Talvolta, nel registro fam., si ricorre anche all’antonomasia, per qualificare persone molto ricche. Si va dai personaggi mitologici (Creso, Mida) ai moderni ricchi: Onassis (nome di un armatore greco molto famoso negli anni Sessanta del Novecento: ha un conto in banca da Onassis), zio Paperone (dal personaggio dei fumetti: quell’industriale è diventato zio Paperone), Rockefeller (ricchissima famiglia americana) e altri via via più recenti. Il sost. riccone designa una persona molto ricca, talora con una punta di ironia o di disprezzo («persona che pensa solo ai soldi» e sim.): verrà anche Maria con quel riccone di suo marito.
Espressioni e usi spregiativi - Tipiche dell’uso fam. sono alcune espressioni per designare le persone ricche. Alcune accentuano, con metafore, l’aspetto della ricchezza sovrabbondante (navigare o nuotare o vivere nell’oro; trasformare in oro tutto quel che si tocca), altre invece l’attenuano, non nominandola mai direttamente, secondo le solite esigenze eufem.: avere i mezzi; non passarsela male; passarsela bene; stare bene; non avere problemi e sim. (suo padre non se la passa male: ha appena comprato una casa da un milione di euro). D’uso ancora più fam. sono le espressioni, spesso scherz., iron. o spreg., vivere da signore,fare il signore o il signorino, vivere come un pascià o come un nababbo e sim. Si ricordi però che, in genere usato come assol., il sost. signore (come il femminile signora) viene utilizzato per designare una persona dai modi eleganti e dalle buone maniere, per lo più colta e generosa, indipendentemente, e anzi spesso con netta distinzione, dal livello economico: non bastano i soldi a fare un signore; è povera ma è una vera signora. All’opposto del signore c’è l’arricchito, o neoricco, ovvero una persona che si è arricchita rapidamente, elevandosi così a una condizione sociale superiore, senza avere tuttavia acquistato le maniere adeguate al nuovo stato. Un sinonimo più formale è il francese parvenu, mentre del registro pop. è pidocchio o villano rifatto: si dà tante arie ma è solo un villano rifatto.
Contrari - Povero è il contr. più com. di ricco. Anche per povero si hanno molti sinon., ancora più numerosi e pieni di sfumature rispetto a ricco. Più formale è misero, mentre ant. e lett., in quest’accezione, è meschino: soccorrere i miseri. Miserabile, con i più formali miserando e miserevole, hanno un campo semantico più ampio e si riferiscono, tra l’altro, a persona talmente povera (e, più in generale, sfortunata, con gravi problemi e sim.) da destare compassione: come si può far pagare gli interessi a quel miserabile? Di sign. sim. è poveraccio (o disgraziato,poveretto, povero diavolo, povero cristo, poveruomo, sventurato), persona che è caduta in condizioni di estrema povertà e che per questo suscita compassione: è solo un povero cristo che fatica a campare. Si noti che anche povero e misero possono essere usati in senso estens. come «sventurato, che suscita pietà» e sim., anche come interiez.: povero me!; me misero! Chi è poverissimo è detto nullatenente: vive da nullatenente. Vari termini dell’uso fam. designano una persona poverissima: pezzente e morto di fame hanno una connotazione spreg., e si riferiscono talvolta non soltanto a chi è povero ma anche a chi non vuole spendere e preferisce far spendere gli altri: quel morto di fame non ha mai offerto neppure un caffè durante tutta la vacanza. Analogo è pitocco, che letteralm. designa una persona che chiede l’elemosina, ma talora è un sinon. marcato di tirchio. Fam. ma non spreg. è squattrinato: esce con un ragazzotto squattrinato. Sim. è spiantato, che però può anche riferirsi a chi era ricco un tempo e poi ha perso tutto: un nobile spiantato. Uno straccione è una persona poverissima e, per questo, vestita malissimo, che vive per lo più in strada. Analoghi sono accattone e il più formale mendicante, che indicano persone povere che chiedono l’elemosina. Barbone e senzatetto possono essere sinon. sia di straccione sia di mendicante. Molte espressioni indicano l’essere povero: essere sul lastrico,essere al verde, fam. non avere una lira, pop. non avere neanche gli occhi per piangere e sim.
Eufemismi - Numerosi eufem. sono impiegati per designare le persone povere, con l’evidente intento scaramantico di mascherare i lati spiacevoli della realtà. Per questo, a povero si preferisce spesso bisognoso (o chi ha bisogno), o il più formale indigente: erano tutti figli suoi, orfanelli bisognosi (G. Verga); questa donna Lucia non era né indigente né nobile decaduta (F. De Roberto). Proprio del linguaggio burocr. è non abbiente o meno abbiente: favorire il miglioramento delle classi meno abbienti (E. De Marchi). Anche umile, sebbene dal sign. non sovrapponibile a quello di povero, può esserne un sinon. eufem. formale: si vergognava dei suoi umili parenti. Per passare alle espressioni eufem., chi è povero è di bassa estrazione o di modeste condizioni, vive in ristrettezze o, intens., di stenti. Chi attraversa un momentaneo periodo di povertà è in difficoltà, in condizioni di necessità, se la passa male o non se la passa bene; se è un imprenditore e sim., può aver avuto un rovescio economico. Raram. un paese privo di risorse sufficienti per garantire la vita dei suoi abitanti è detto povero, spec. nel linguaggio giorn., bensì arretrato, del terzo o del quarto mondo, depresso, disagiato, in via di sviluppo, sottosviluppato, svantaggiato: i paesi industrializzati affamano i paesi sottosviluppati.