abitazione
Una casa, tanti usi
Sin dalla preistoria l'uomo sente il bisogno di procurarsi dei rifugi, ricavandoli da ripari naturali, come le grotte, o costruendoli con i materiali che trova nel suo ambiente (pietre, legno, argilla). L'abitazione però non è solo un riparo per il corpo; è anche e soprattutto il luogo dove si riunisce la famiglia, lo spazio che accoglie l'intimità della vita quotidiana. Il suo centro materiale e simbolico, il focolare, viene ritenuto sacro da molti popoli, che lo considerano protetto da particolari divinità. La casa, però, può avere molte altre funzioni, che cambiano secondo le aree geografiche, le civiltà e le epoche storiche: come una specie di microcosmo, cioè un universo in miniatura, l'abitazione rispecchia infatti la varietà delle forme di vita dell'uomo e i loro mutamenti nello spazio e nel tempo
Le prime abitazioni dell'uomo sono generalmente costruzioni provvisorie, formate da alcuni rami piantati nella terra e ricoperti di frasche o pelli di animali. Le società preistoriche, infatti, sono nomadi, cioè si spostano continuamente in cerca di animali da cacciare e di prodotti della terra che crescono spontaneamente. I ripari provvisori diventano talvolta vere e proprie abitazioni mobili, smontabili e facili da trasportare (stuoie di frasche o teli di lana che ricoprono leggere strutture in legno sono usati ancora oggi da alcune società di pastori del Mali e del Niger e dell'area sahariana).
A partire delle ultime glaciazioni i ripari provvisori lasciano il posto a rifugi più stabili: grotte e ricoveri scavati sottoterra, ma anche vere e proprie costruzioni in pietra, legno o mattoni di terra seccati al sole, in un primo tempo di forma rotonda e in seguito quadrangolare. Nei climi umidi delle zone tropicali le case sono costruite su piattaforme sostenute da pali (palafitte). Con la nascita dell'agricoltura le abitazioni diventano stabili e sono raggruppate in villaggi.
Perfettamente adatte all'ambiente e al loro scopo, abitazioni come quelle primitive sono adottate ancora oggi, con alcuni perfezionamenti, dalle popolazioni di varie aree geografiche. Gli Inuit del Canada usano d'estate tende ricavate da pelli di foca o di maribù, d'inverno capanne costruite con blocchi di ghiaccio (iglù). Le palafitte si ritrovano tuttora nell'Asia sudorientale e sono tipiche dei gruppi etnici malesi e melanesiani.
Confrontando le case dei villaggi primitivi con le abitazioni costruite dalle prime civiltà urbane a partire dal 4° millennio a.C., in Mesopotamia, in Egitto, nella valle dell'Indo e nel bacino del Mediterraneo, ci sembra di entrare in un altro mondo. Nel frattempo, infatti, è nata la città ed è comparsa l'organizzazione statale; la società si è 'stratificata', dividendosi in ceti e classi. Fioriscono l'artigianato e il commercio, i mestieri si specializzano. In questo periodo si definiscono i tipi di case che, con varie trasformazioni, ritroviamo anche ai nostri giorni. Gli edifici a molti piani, per esempio, non sono affatto un'invenzione moderna. Con la comparsa della città, infatti, si ha una concentrazione della popolazione in un'area ristretta e, di conseguenza, già nell'antichità le abitazioni si sviluppano in altezza oltre che in larghezza. Lo storico greco Erodoto riferisce che a Babilonia esistevano abitazioni di tre o quattro piani. A Cartagine pare ci fossero case anche di sei piani. Nell'antico Egitto abbiamo addirittura il primissimo esempio di 'condominio' moderno: edifici di vari piani divisi in alloggi dati in affitto a più famiglie. Sappiamo che anche i Greci, come gli Egizi, costruirono case plurifamiliari, ma ne restano poche tracce, a parte un tipo di abitazione costituito da due appartamenti, uno al pianterreno, l'altro al primo piano, con un piccolo cortile posteriore e una cisterna comune.
Il problema degli alloggi per una massa crescente di abitanti della città, perlopiù poveri o poverissimi, era conosciuto già dai Romani, soprattutto nell'epoca imperiale. Essi lo risolsero con l'insula, un 'casermone' che poteva raggiungere anche i dieci piani di altezza, con vari appartamenti ricavati da grandi stanzoni divisi da paraventi e tramezzi e affittati a famiglie o individui diversi. Prive dei più elementari servizi igienici, sovraffollate, poco aerate e mal costruite, le insulae avevano porte e finestre che davano sugli angiporti, gli stretti vicoli che correvano tra due file di case. Parecchi secoli dopo, nel 'progredito' Ottocento, ritroviamo i poveri ammassati in abitazioni peggiori, se possibile, delle insulae. La rivoluzione industriale, infatti, spinge ingenti masse di proletari a concentrarsi nei vecchi e nuovi centri industriali per trovare lavoro nelle fabbriche. Gli operai sono alloggiati in vecchie case unifamiliari trasformate in casermoni da affittare, oppure in nuovi quartieri costituiti da edifici messi su alla bell'e meglio. Solo verso la metà dell'Ottocento si cominciò ad affrontare in modo sistematico il problema delle case popolari. I tuguri lasciarono posto ad abitazioni più sane e igieniche, per quanto modeste.
Nell'antichità. Il palazzo, residenza del sovrano o dei signori, fa la sua comparsa in grande stile nelle prime civiltà urbane e si distingue dalle abitazioni comuni innanzitutto per le dimensioni. In Egitto le case signorili potevano avere anche settanta stanze. I palazzi eretti a Babilonia, nelle città sull'Indo e a Creta ancora prima del 1500 a.C. erano dotati di terrazze panoramiche, con ambienti ben aerati e illuminati, stanze da bagno, acqua potabile, gabinetti con efficienti sistemi di scarico.
Nella pòlis greca, invece, grandiosità e splendore sono riservati agli edifici pubblici e religiosi. Non c'è un sovrano, e quindi non c'è il palazzo, lussuosa residenza simbolo del suo potere. La vita del cittadino si svolge più nella comunità che tra le mura della casa; le abitazioni sono perciò tutte piuttosto modeste, senza evidenti distinzioni tra dimore dei ricchi e dimore dei poveri.
A Roma, soprattutto nell'età imperiale, i palazzi e le ville dei ricchi possidenti non avevano nulla da invidiare alle abitazioni più esclusive dei nostri giorni: spaziose, ariose, igieniche, fornite di bagni e gabinetti, erano riscaldate d'inverno dagli ipocausti, impianti che facevano circolare sotto i pavimenti e le pareti aria calda proveniente da un forno (i pavimenti erano rialzati con piastrini in mattoni o in muratura). Avevano inoltre biblioteche, sale per banchetti (triclini), bagni organizzati come terme, piscine per nuotare all'aperto, palestre.
Nei secoli successivi. L'associazione di lusso e comfort, di cui le ville romane restano un esempio insuperato, scomparirà nelle epoche successive. I castelli medievali sono senza dubbio imponenti, i palazzi signorili del Cinquecento e del Seicento hanno splendide architetture e decorazioni fastose, ma probabilmente oggi li troveremmo invivibili. Acqua corrente, riscaldamento, luminosità, servizi igienici efficienti si affermeranno solo alle soglie dell'Ottocento, e diventeranno progressivamente requisiti indispensabili di tutte le abitazioni, non solo di quelle riservate ai ricchi.
Oggi la qualità e il prestigio di un'abitazione non sono legati solo alle dimensioni, alla ricchezza dei materiali impiegati o ai pregi architettonici. Un elemento altrettanto importante è la posizione delle case, cioè la zona in cui sono collocate: centrale o periferica, vicina o lontana da servizi essenziali come scuole, ospedali, parchi, centri commerciali.
Come le persone, anche le case possono essere 'introverse', cioè chiuse in sé stesse e poco inclini ai rapporti con l'esterno, oppure 'estroverse', cioè aperte verso il mondo esterno. L'abitazione introversa è tipica dei paesi con climi caldi e asciutti. Nato nelle antiche civiltà orientali, questo tipo di casa si ritrova in Persia, in Fenicia, in Palestina e, in seguito, nei paesi conquistati dai Musulmani a partire dal 7° secolo. Le mura esterne sono spesse e con pochissime finestre, molto piccole. Aria e luce provengono da uno o più cortili interni, dotati di vasche e cisterne per l'acqua, spesso ornati di giardini. La presenza del cortile, come fulcro della casa attorno al quale si sviluppano gli ambienti di abitazione, caratterizza anche le case dei Greci e degli Etruschi, il misterioso popolo che colonizza l'Italia intorno all'8° secolo a.C. La versione etrusca di questo modello tipicamente 'orientale' si ritrova, con alcune varianti, nell'antica Roma. L'atrium diventa l'elemento centrale della domus romana. Quando è cinto da un colonnato, prende il nome di peristylium.
Una variante moderna della casa introversa si ritrova anche ai nostri giorni ed è rappresentata dalle cosiddette 'case a blocco', costituite da fabbricati che si estendono per parecchie centinaia di metri attorno a un cortile o a uno spazio centrale.
A differenza dell'abitazione 'introversa', quella 'estroversa' non è chiusa in sé stessa, ma si apre verso l'esterno con finestre e balconi che affacciano sulle strade e sulle piazze. Questo tipo di abitazione si afferma gradualmente nel mondo occidentale in epoca medievale e resta ancora oggi uno dei più diffusi. L'apertura dell'abitazione verso l'esterno, per esempio, costituisce una delle caratteristiche principali delle abitazioni progettate dal grande architetto del Novecento Le Corbusier: le mura esterne sono sostituite quasi interamente da finestre e la strada diventa una specie di prolungamento ideale dello spazio interno della casa.
Uno dei primissimi esempi di finestre si trova raffigurato in una serie di tavolette di ceramica scoperte a Creta che riproducono le facciate di palazzi signorili. A quattro o sei riquadri, le finestre erano ricoperte di un materiale trasparente di cui non conosciamo la natura. Ancora costoso e raro sino al Quattrocento, il vetro diventa di uso comune per le finestre delle case solo a partire dal Cinquecento.
Nel corso del tempo e nelle diverse culture vi sono notevoli differenze nella divisione degli spazi interni dell'abitazione e nelle loro funzioni. Nell'antichità le abitazioni di tipo 'orientale', in cui cioè gli ambienti sono disposti intorno a uno o più cortili, hanno tre zone nettamente distinte. La prima, la più vicina all'ingresso, è riservata agli uomini e agli ospiti; la seconda alle donne e ai bambini; la terza alla servitù. Anche in Grecia le donne vivono segregate, in una zona separata della casa. Nella casa romana, invece, le donne non sono escluse dalla vita sociale. La parte dell'abitazione riservata alla vita privata della famiglia resta comunque distinta da quella in cui si svolge la vita sociale.
La separazione tra ambienti per la vita privata e ambienti per la vita sociale si attenua e gradualmente scompare nel corso del Medioevo. L'abitazione medievale, infatti, ingloba in sé anche i locali di lavoro e svolge nello stesso tempo le funzioni di bottega, ufficio e magazzino. La 'famiglia' che ci vive non è ridotta al suo nucleo essenziale, formato dai genitori e dai figli (la cosiddetta 'famiglia nucleare'), ma è una vera e propria comunità domestica, che accoglie garzoni, apprendisti, operai e servi, i quali vivono e lavorano sotto lo stesso tetto. Tipica della casa medievale è la presenza, subito dopo l'ingresso, di una grande stanza comune, centro della vita domestica, che serve sia da soggiorno sia da locale di lavoro.
L'intima unione tra vita domestica e lavoro che caratterizza l'epoca medievale scompare con la rivoluzione industriale. Verso la seconda metà del Settecento, e in modo più generalizzato nell'Ottocento, l'abitazione diventa un luogo separato e distinto dal posto di lavoro. Le funzioni 'produttive' si spostano e si concentrano in luoghi e istituzioni specializzati come botteghe, fabbriche o uffici, mentre l'abitazione diventa il luogo 'specializzato' della vita privata. Questa specializzazione delle funzioni si estende anche agli ambienti della casa: la 'zona notte' è separata dalla 'zona giorno', la cucina dalla stanza dove si mangia, nel salotto si ricevono gli ospiti.
Nel 20° secolo entrano nelle case gli elettrodomestici (frigorifero, lavatrice, lavastoviglie), che semplificano e riducono il 'lavoro' tipicamente casalingo. Un'altra piccola rivoluzione avviene con l'introduzione nelle case del fonografo (l'antenato dei lettori di CD), della radio e della televisione, e poi via via del videoregistratore, del lettore di DVD, del personal computer. Grazie a questi dispositivi, diventa possibile ascoltare musica, vedere un film, assistere a uno spettacolo senza spostarsi dal proprio salotto. Così, se in passato l'abitazione 'usurpava' le funzioni di botteghe, fabbriche e uffici, oggi usurpa una parte delle funzioni dei luoghi pubblici specializzati nell'intrattenimento (cinema, teatri, sale da concerto, e altro). Non solo: grazie allo sviluppo delle comunicazioni in rete, con un computer, un modem e una linea telefonica l'abitazione può trasformarsi in un ufficio. La casa diventa quindi uno spazio 'multifunzionale', in cui trascorriamo una parte importante del nostro tempo: non solo quello dedicato al riposo e alla vita familiare, ma anche quello dedicato alle attività del tempo libero e, in certi casi, al lavoro.
Secondo le credenze di molti popoli, costruire un'abitazione significa impossessarsi di uno spazio che appartiene a un mondo divino o semidivino. La scelta dell'area in cui costruire la casa è quindi spesso legata a una serie di riti per stabilire se questa scelta non è in contrasto con la volontà degli dei, degli spiriti o degli antenati. Per esempio i Munda, una popolazione indigena dell'India centro-orientale, scavano una buca ai quattro angoli del luogo scelto per edificare una casa e vi depongono piccoli mucchi di riso. Se il giorno dopo il riso è stato smosso, significa che la divinità ha dato il suo consenso.
Oltre ai riti associati alla scelta del luogo, vi sono quelli associati alla posa delle fondamenta, destinati a garantire la protezione di particolari divinità o spiriti. I teschi e le ossa umane ritrovati nelle fondamenta delle abitazioni in vari siti archeologici dell'Europa e dell'Asia indicano che in alcuni casi tali riti comportavano sacrifici umani. Sembra che i Sassoni della Transilvania usassero deporre un osso umano sotto il pavimento delle case per assicurarne la stabilità.
Alcuni di questi comportamenti rituali sopravvivono anche nelle civiltà industrializzate: ricordiamo, per esempio, che in certe zone d'Italia si usa deporre nelle fondamenta monete o pezzi di ferro come scongiuri, o simboli di abbondanza come ferri di cavallo e corni.
Il problema degli alloggi per i più poveri esiste ancora oggi e diventa drammatico nelle mostruose megalopoli del Terzo Mondo: qui milioni di persone sono ammassate in miseri quartieri che sorgono disordinatamente nei sobborghi urbani (come le favelas brasiliane) spesso formati da baracche costruite con mezzi di fortuna, come bidoni, lamiere e ferri vecchi (da qui il nome di bidonvilles), e prive di servizi igienici.