Acri
(od. San Giovanni d'Acri; ebraico 'Akkō; arabo 'Akkā)
Città sulla costa di Israele, a N della baia di Haifa, fondata al principio del secondo millennio a.C. a km. 1 ca. a E dell'attuale città vecchia. Lo sviluppo in quel sito ebbe inizio in epoca ellenistica, dopo la conquista del Vicino Oriente da parte di Alessandro Magno nel 332 a.C., ma fin verso la fine del sec. 6° non si conoscono indicazioni sull'evoluzione urbana di Acri. Una fonte agiografica bizantina segnala l'esistenza di una μέση, ampia via mercantile che iniziava dal porto, e di un ἔμβολοϚ, o via colonnata, elementi questi comuni a numerose città bizantine, fra cui anche Costantinopoli. L'evoluzione della città nella prima epoca araba (636-1104) è invece conosciuta soprattutto dalle fonti, relativamente abbondanti, risalenti all'epoca delle crociate. A. raggiunse l'apogeo sotto la dominazione latina (1104-1187, 1191-1291), quando fece parte del regno di Gerusalemme, creato dai crociati nel 1099: dotata di una nuova popolazione di origine occidentale, essa costituí per due secoli il punto d'incontro fra il Levante musulmano e cristiano da una parte e l'Occidente cristiano dall'altra e ciò si rispecchiò nella planimetria urbana e nell'evoluzione architettonica e artistica della città.
Dalla conquista dei Mamelucchi nel 1291 fino alla metà del sec. 18°, A. rimase praticamente disabitata; ciò ha consentito la conservazione dell'impianto urbanistico e di diversi edifici del sec. 13°, anche se le costruzioni sorte a partire dal 1750 ca. hanno comportato la scomparsa di numerose architetture dell'epoca delle crociate. Analoga è stata la sorte della decorazione scolpita, soprattutto quella figurata, le cui vicende sono eloquentemente descritte da una testimonianza del 1760: "il Capo di Acri vi ha fatta una casa. Quando la fabbricava e che in alcuni luoghi dovette rifare i fondamenti, fece gettare in essi molte statue e busti di marmi rappresentanti dei Santi, i quali erano stati trovati sottoterra in questi contorni, e che probabilmente appartenevano alla contigua chiesa di S. Andrea" (Mariti, 1769, p. 72).
La documentazione su A. al tempo delle crociate è di vari tipi e comprende: a) testimonianze scritte (fonti documentarie, cronache, itineraria, racconti di pellegrini e di viaggiatori); b) le piante medievali della città: quella di Pietro Vesconte (1311-1320; Londra, BL, Add. Ms 27376, c. 190r) e un'altra attribuita a Paolino Veneto (Roma, BAV, lat. 1960, c. 268v), redatta verso il 1320 sulla base di disegni anteriori, ricordi e testimonianze relative alla planimetria urbana, alla divisione della città in quartieri e alla collocazione delle costruzioni più importanti negli ultimi anni della dominazione latina prima della conquista dei Mamelucchi nel 1291 (D. Jacoby, 1979); c) alcuni disegni dei secc. 17°, 18° e 19°, che rappresentano edifici dell'epoca latina, oggi scomparsi o in stato di notevole degrado; d) resti archeologici, situati in gran parte al di sotto dell'attuale livello del suolo, scoperti grazie a una prospezione sistematica (Kesten, 1962) e a scavi (Goldman, 1974). Numerose vestigia restano però ancora inaccessibili perché sepolte sotto uno strato di macerie che raggiunge a volte i m. 7 di profondità.
Il tessuto e il paesaggio urbano dell'epoca araba, ereditati dai latini dopo il 1104, furono determinati in particolare dal decentramento della vita cittadina sul piano sociale ed economico, fenomeno tipico dell'evoluzione delle città del Vicino Oriente nei primi secoli dell'Islam. Esso si manifestò con la presenza di ampi spazi, di edifici e di installazioni di pubblica utilità dislocati nei diversi quartieri: piccole piazze, numerose moschee fiancheggiate da minareti, oltre alla moschea centrale, bagni di modeste dimensioni in luogo dei grandiosi impianti termali di epoca romana e bizantina, forni per la cottura del pane. L'attività commerciale si concentrò nel sūq rettilineo e in particolare nel funduq, quadrato o rettangolare, che sostituirono la piazza, ἀγοϱά o forum, delle epoche precedenti.I latini ereditarono la configurazione e la funzione della zona portuale, fissata a grandi linee già in epoca ellenistica, ma completata dagli arabi nel sec. 9°, e anche la cinta urbana che proteggeva la città, il cui tracciato sembra essere stato definito nella prima epoca araba dopo la contrazione dell'insediamento urbano. A. offriva quindi nel 1104 un complesso amalgama di influenze all'interno di un'area di ha 33 ca. e pur conservando parecchi elementi risalenti alle epoche precedenti, era segnata soprattutto dall'impronta della dominazione araba. Sotto la prima dominazione latina (1104-1187) fu conservato nel complesso l'assetto urbano costituitosi durante i quattro secoli e mezzo di dominazione araba: l'insediamento latino si impiantò infatti sulla trama decentrata della città araba. Ne sono testimonianza, nei secc. 12° e 13°, l'assenza di un centro urbano, il tracciato irregolare delle strade e la persistenza nelle diverse zone della città di piazze, fondachi, bagni, forni, moschee trasformate in chiese parrocchiali. Le grandi potenze marittime italiane, che beneficiarono di donazioni reali di quartieri (Genova nel 1104, Venezia nel 1110 e Pisa nel 1168), adottarono caratteri propri alle zone arabe della città, contribuendo così ad accentuare il fenomeno del decentramento; questa continuità si manifestò anche nell'area portuale, nel tracciato della cinta urbana e nei grandi assi di circolazione e di distribuzione all'interno del perimetro urbano.Fino al 1187 la pianta della città araba sembra sia rimasta quasi immutata; ma, dopo la riconquista cristiana del 1191, vi furono mutamenti profondi e a ritmo sempre più rapido, derivati da fattori politici, demografici ed economici. La contrazione del Regno Latino di Gerusalemme e, in particolare, la perdita di Gerusalemme stessa in seguito alla sconfitta subìta dai latini nel 1187, ebbero ripercussioni profonde sullo sviluppo urbano di A., che diventò virtualmente la capitale del regno e il suo centro religioso per la concentrazione di numerose istituzioni religiose. La presenza della corte reale, del patriarca latino di Gerusalemme, delle sedi degli Ospitalieri e dei Templari, già insediati a Gerusalemme prima del 1187, di quella dell'Ordine teutonico, fondato nel 1191, e infine delle chiese latine obbligate ad abbandonare i territori occupati, incrementarono la produzione artistica e un'attività edilizia su vasta scala. A. godette nel contempo di un'importante crescita demografica, dovuta al ripiegamento dei latini e, in misura minore, dei cristiani orientali, dai territori conquistati dai musulmani, e anche a una immigrazione costante, proveniente dall'Occidente, stimolata dalla prosperità crescente durante il 13° secolo. Verso il 1250 A. aveva forse 15.000 abitanti, cifra che crebbe ancora nella seconda metà del secolo. Dopo la riconquista cristiana del 1191, l'aumento della popolazione e lo sviluppo economico incoraggiarono la crescita rapida di un sobborgo chiamato Montmusard, a N della città vecchia, protetto, al più tardi dal 1212, da una doppia cinta di mura. Lo spazio urbano di A. raggiunse allora una superficie totale di ha 49 ca. e tale rimase fino alla conquista mamelucca del 1291. Montmusard non aveva substrato arabo, se non in un'area ristretta, e di conseguenza non vi si trovava, se non in quantità minima, l'amalgama di elementi orientali e occidentali tipico della città vecchia di Acri.
Lo statuto extraterritoriale concesso ai quartieri di Venezia, Genova e Pisa, riconfermato dopo il 1191, provocò la frammentazione politica e giuridica dello spazio urbano. Questa evoluzione ebbe come corollario la creazione di numerose cellule economiche e sociali, ciascuna dotata di una amministrazione propria che presiedeva a uno sviluppo particolaristico anche nel campo dell'urbanistica e dell'architettura. La rivalità fra queste città nel Mediterraneo e gli scontri armati nella stessa A. le portarono a proteggere i loro quartieri con cinte murarie, torri e porte fortificate che, aumentando la frammentazione e la ristrutturazione dello spazio urbano, caratterizzarono definitivamente la fisionomia della città vecchia. L'impronta delle città d'origine si affermò quindi progressivamente nei quartieri delle comunità italiane. Questo fenomeno è dimostrato dall'invio da Venezia, nel 1286, di 72 tonnellate di pietre tagliate e di modiglioni, materiali destinati alla riparazione del fondaco e di altri edifici pubblici del quartiere veneziano di Acri. I grandi ordini militari, Ospitalieri, Templari e Cavalieri Teutonici, protessero egualmente le proprie zone di insediamento, anche se esse non godevano di uno statuto extraterritoriale, e così, irta di torri e di opere fortificate, la città vecchia di A. assunse l'aspetto di molte città italiane dell'epoca.Nel sec. 13° A. costituiva una delle più grandi piazze commerciali e marittime del Mediterraneo orientale, centro di scambi fra le merci d'Oriente e d'Occidente, favoriti anche dall'intenso traffico di pellegrini occidentali che si recavano nei luoghi santi. L'attività economica, i trasferimenti di capitali e le numerose pie donazioni dovute alla devozione dei fedeli, soprattutto dei pellegrini, incoraggiarono investimenti massicci nel campo delle costruzioni. Alle chiese degli ordini militari, delle potenze marittime e delle istituzioni ecclesiastiche di Gerusalemme e delle diocesi evacuate, si aggiunsero quelle dei Domenicani, dei Francescani e quelle delle fondazioni 'nazionali' (inglesi, irlandesi, bretoni), cosicché, verso il 1270, A. contava ca. sessanta chiese, spesso affiancate da ospizi destinati ad accogliere i malati, gli indigenti e i pellegrini.
È quindi ovvio che il paesaggio di A., come tutto il tessuto urbano, dopo la conquista latina del 1104, abbia assunto un'impronta occidentale. L'adattamento alle necessità e ai gusti della popolazione eterogenea di immigrati, in stretto contatto con l'Occidente, iniziò con la trasformazione delle moschee in chiese e dei minareti in campanili, attuandosi così dapprima nell'architettura e nella decorazione degli edifici religiosi. Il Romanico e in seguito il Gotico si inserirono progressivamente sul tessuto arabo e musulmano della città vecchia, anche se l'edilizia abitativa restò in gran parte fedele ai modelli orientali, adatti alle condizioni climatiche locali.Delle cinte di mura che proteggevano A. all'epoca delle crociate non resta che un tratto del muro settentrionale della città vecchia, comprendente alcune torri (di cui una delle dimensioni di m. 40 20) e alcune porte fortificate, in parte ricostruite nel sec. 13° nella zona attigua al 'maniero' dell'ordine degli Ospitalieri. Quest'ultimo, definito hospitale sulle piante del sec. 14°, è l'edificio più importante e più massiccio dell'epoca delle crociate ancora esistente in Acri. Di pianta rettangolare (m. 80100 ca.) fu costruito in varie fasi, una delle quali è testimoniata dalla grande sala (m. 30 15 all'interno), divisa in due navate di tre campate e identificata come refettorio dell'ordine. Il suo muro occidentale fu eretto prima del 1172, ma la sala venne ingrandita e completata nel sec. 13°, come attestano fra l'altro i motivi vegetali scolpiti sulle chiavi di volta delle crociere a ogiva - di un tipo diffuso nell'Ile-de-France verso il 1220-1230 (Z. Jacoby, 1982a) -; queste crociere a cinque spicchi poggiano su enormi pilastri rotondi; il muro meridionale della sala, aperto da feritoie, ha uno spessore di 3 metri. Tenuto conto della sua mole, non stupisce che il 'maniero' degli Ospitalieri abbia potuto resistere a un assedio di sei mesi nel 1241-1242. Dal disegno di Gravier d'Orcières datato 1686 (Parigi, BN, Section géographique G.DD. 226, fol. II) - dove appare sotto la denominazione di palazzo del Gran Maestro - è evidente che esso era già stato rimaneggiato e che la chiesa di S. Giovanni, rappresentata alla sua destra, ma della quale non restano oggi tracce, era un edificio del sec. 13°, costituito da sei campate con finestre a ogiva. La domus infirmorum degli Ospitalieri indicata sulla pianta di Paolino Veneto era un caravanserraglio del sec. 11°, ristrutturato per accogliere i malati. I resti del maniero e della chiesa impressionarono talmente i pellegrini di passaggio ad A. che, dal sec. 15°, essi associarono il nome della città a quello dell'ordine degli Ospitalieri di S. Giovanni: "la cità de Acri, che antiquamente si chiamò Ptholomaida o vero Acon, (...) fu nobilissima cità de christiani, et fu habitatione et dominio de questi cavalieri ierosolomitani, aliter chiamati frati de San Giohanne, li quali ivi stavano a la custodia de Terra Sancta. Et al tempo di Nicolò papa quarto, di natione marchiano, et frate minore, fu presa et ruynata da saraceni et poi fu dato a dicti cavalieri ierosolomitani Rhodi in scontra de Acri" (Viaggio in Terrasanta di Santo Brasca, 1480, par. 289).
Le imponenti vestigia del castello e della chiesa dell'ordine dei Templari, un tempo sulla riva del mare nella parte sudovest della città, figurano in un disegno eseguito da un viaggiatore tedesco intorno al 1750 (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Cgm 2967, p. 56). Verso quest'epoca entrambi gli edifici vennero smantellati completamente e le loro pietre a bugnato rustico furono reimpiegate per la costruzione delle mura prospicienti la riva del mare, che non esistevano al tempo delle crociate. Il castello dei Templari aveva una torre quadrata, o donjon, con mura di 28 piedi di spessore. La grandiosità e lo splendore delle fondazioni latine di A. è testimoniata anche dalla chiesa di S. Andrea, edificio in stile gotico della metà del sec. 13°, oggi scomparso, rappresentato in un disegno del 1681 (Cornelis le Brun, Voyage au Levant, Delft 1700, pp. 312-313) e in quello già citato del 1686. Questa chiesa, senza transetto, aveva tre absidi semplici e nella facciata tre portali slanciati, sormontati da tre monofore e da tre oculi, raggruppati a triangolo e ornati da un traforo a giorno. L'edificio, nell'insieme e in alcuni particolari architettonici, era probabilmente simile ad alcune chiese di Famagosta (Cipro), erette in epoca posteriore e ancor oggi conservate (Enlart, 1928). Un portale gotico di proporzioni slanciate, da alcuni ritenuto, ma senza fondamento, pertinente alla facciata di S. Andrea, fu portato come trofeo, dopo la caduta di A. nel 1291, al Cairo, dove nel 1295-1296 venne inserito nella facciata della madrasa-mausoleo del sultano al-Malik al-Nāṣir Muḥammad ibn al-Nāṣir. Questo portale è sormontato da due semimedaglioni decorati a racemi, originari anch'essi di A.; essi vennero probabilmente scolpiti dalla bottega attiva dal 1170 al 1187 ca. nell'area del Tempio di Gerusalemme, la cui attività sembra essersi in seguito prolungata ad Acri. Ne sono testimonianza anche due pilastri decorati, trasferiti da A. al Cairo e inseriti nel 1356 all'entrata della moschea del sultano Ḥasan; essi erano verosimilmente pertinenti a una chiesa la cui facciata era simile a quelle di Saint-Trophime ad Arles e di Saint-Gilles-du-Gard, nei cui cantieri avevano lavorato i primi scultori di questa bottega. La riproduzione su uno dei pilastri di tre edifici di Gerusalemme che apparivano anche sui sigilli reali, fra cui la Cupola della Roccia, può far ipotizzare che la chiesa da cui provenivano fosse stata costruita sotto il patronato reale, dopo la riconquista cristiana di A. nel 1191 (Z. Jacoby, 1982b; 1982c).
Oltre alla decorazione architettonica, ad A. non si è ritrovata che qualche scultura isolata dell'epoca latina. Fra queste è da ricordare una acquasantiera ornata da due teste e due fioroni nonché il frammento di un leggìo a forma di aquila ad ali spiegate, posata sulla testa di un leone, opere entrambe del sec. 12° (San Giovanni d'Acri, Akko Mun. Mus.). Alla stessa epoca appartengono anche alcuni capitelli corinzi privi di astragalo e con un rigonfiamento nella parte inferiore del calato (Gerusalemme, The Israel Mus., Rockefeller Mus.). La forma a bulbo di questi capitelli è un contributo originale degli scultori latini attivi in Terra Santa nel sec. 12° (Z. Jacoby, 1982b, pp. 375-376). La citata attività in A. della bottega di Gerusalemme è documentata anche da una piccola testa barbata, scolpita su un capitello, che presenta i caratteri delle teste classicheggianti provenzali della seconda metà del sec. 12° (Coll. Hasenfatz-Rishon-Letsion, Israele; Z. Jacoby, 1982b). Nonostante il cattivo stato di conservazione, una testa scolpita verso il 1220 (Gerusalemme, The Israel Mus., Rockefeller Mus.) richiama per la grazia e il modellato squisito quella di un angelo, a suo tempo in opera nel portale della Vergine a Notre-Dame di Parigi, mentre la testa di un uomo maturo (Tel Aviv, Coll. Mosberg) mostra un notevole realismo che l'avvicina ai ritratti della cattedrale di Reims e di Notre-Dame di Parigi, scolpiti fra il 1225 e il 1265. Il frammento di un monumento funebre in marmo, del 1235 ca., rivela l'influsso del Gotico dell'Ile-de-France (Gerusalemme, Coll. Raphaeli). La ricca decorazione è infatti simile a quella della tomba di Filippo Dagoberto, figlio del re di Francia Luigi VIII, a Saint-Denis (Parigi), suggerendo l'ipotesi che il monumento sia stato realizzato per un nobile di Terra Santa o d'Occidente morto ad A. (Z. Jacoby, 1982a).
I pochi esempi superstiti della scultura duecentesca ad A. si ricollegano alle diverse correnti del Gotico della Francia settentrionale e testimoniano la presenza in A. di scultori di primo piano, attratti da committenti con considerevoli mezzi a disposizione, aggiornati sulle ultime vicende della scultura francese. Questi scultori concentrati ad A. operarono anche in altri centri limitrofi: al servizio dei Templari a Château-Pèlerin, a partire dal 1218, e a Montfort, castello ricostruito e ridecorato dai Cavalieri Teutonici, fra il 1227-1228 e il 1271. La qualità di questi pezzi scolpiti nel Regno Latino di Gerusalemme non consente di considerarli, come talora avviene, prodotti di secondo piano, per così dire di 'arte coloniale', rivalutazione questa che con ogni probabilità verrà confermata da ulteriori ritrovamenti, resi possibili da nuovi scavi archeologici.Indubbiamente molte chiese e altri edifici furono decorati con affreschi, come peraltro altrove nel Regno Latino di Gerusalemme, ma, almeno fino a oggi, non ne è stata trovata traccia; lo stesso si può dire per i mosaici, testimoniati, per es., a Beirut all'inizio del 13° secolo.Il periodo dal 1191 al 1291 sembra essere stato propizio alla produzione in A. di manoscritti miniati, icone e tavole dipinte, destinate agli altari delle chiese latine, ma l'attribuzione ad A. di tali oggetti portatili, più volte ipotizzata, resta nel campo delle congetture e solleva comunque seri problemi. Per quanto riguarda la produzione di manoscritti miniati, bisogna tener conto delle necessità liturgiche delle chiese locali, della presenza della corte reale e di quella di nobili di passaggio o residenti in città, della loro cultura letteraria (D. Jacoby, 1984) e anche dei considerevoli mezzi finanziari, attestati dall'architettura e dalla scultura. Diversi manoscritti liturgici e profani sono stati attribuiti, sulla base delle loro caratteristiche stilistiche, a uno scriptorium attivo ad A. nella seconda metà del sec. 13° (Buchthal, 1957; Folda, 1976). Un elemento del calendario liturgico compreso in un messale conservato a Perugia (Mus. Capitolare, 6) ne suggerisce la provenienza da A., mentre la menzione dello scriba Bernart dacre in un manoscritto conservato a Bruxelles (Bibl. Royale, 10175), non prova che questo sia stato prodotto ad A., ma in pratica lo esclude, dal momento che i soprannomi toponimici di questo tipo indicano piuttosto il luogo di origine che non quello di residenza. Vi sono forti ragioni per ipotizzare che questo codice provenga da Cipro (D. Jacoby, 1984), il che spiega la complessità del problema e rimette ugualmente in questione l'attribuzione ad A. di altri manoscritti. Gli argomenti storici invocati in favore dell'attribuzione di diversi codici sono però ben lontani dall'essere convincenti; questo accade anche per le copie della continuazione francese della Historia Rerum di Guglielmo di Tiro, per cui la ricerca va estesa anche a livello testuale.Infatti sono pervenute parecchie versioni di questa cronaca, che racconta la storia dell'Oriente latino, alcune occidentali, altre orientali. Prima di pronunciarsi sulla loro origine, è necessario prendere in esame il testo delle copie che si presumono eseguite ad A. (D. Jacoby, 1984), non limitandosi esclusivamente all'analisi dei dati ornamentali o stilistici.
La produzione, da parte di artisti occidentali di A., di icone e di pannelli liturgici dipinti, che riflettono caratteri iconografici e stilistici bizantini è stata suggerita per il sec. 12° e soprattutto per il 13° (Weitzmann, 1982). Tale produzione tuttavia può essere spiegata semplicemente tenendo conto dell'importanza della città fra il 1191 e il 1291 come centro ecclesiastico del regno di Gerusalemme e della presenza di numerosi pellegrini occidentali diretti ai luoghi santi e desiderosi di tornare in patria con oggetti sacri della Terra Santa, da conservare o da donare a istituzioni ecclesiastiche d'Occidente. La rappresentazione di santi occidentali o di motivi di cultura latina rivela l'adattamento della produzione alla domanda occidentale, ma ciò non è sufficiente a dimostrare con certezza che tali pitture siano state effettivamente realizzate ad Acri.
Bibliografia
Fonti:
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