Terenzio, Afro Publio
Il commediografo dalle profonde indagini psicologiche
Terenzio è il più elegante commediografo latino. L’indagine psicologica dei personaggi e la raffinatezza dell’espressione sono i tratti caratterizzanti delle sue opere, che a partire dal Medioevo furono imitate da numerosi autori europei
Publio Terenzio Afro nacque in Africa, a Cartagine, nel 195 o nel 185 a.C.; giunto a Roma come schiavo di un senatore, ricevette una buona educazione e, dopo essere stato liberato, si dedicò alla carriera teatrale, segnalandosi per le doti del suo ingegno e ottenendo il sostegno di personalità nobili e politicamente influenti. Le sue commedie, rappresentate fra il 166 e il 160 a.C., non furono tuttavia apprezzate dal pubblico romano, ancora affezionato alla più vivace comicità di Plauto, ed egli venne anche duramente criticato dagli autori più anziani. Dopo aver ottenuto i primi successi, assecondando in parte i gusti degli spettatori, morì nel 159-158 a.C. nel corso di un viaggio in Grecia e Asia Minore, intrapreso per motivi di studio.
Diversamente da Plauto, che fu autore molto prolifico, Terenzio compose sei sole commedie, tutte di ambientazione greca (dette palliate), che utilizzano come modelli opere della commedia nuova attica (commedia): La fanciulla di Andro, La suocera, Il punitore di sé stesso, L’eunuco, Formione e I fratelli.
Il teatro di Terenzio riflette le trasformazioni della società romana nel 2° secolo a.C., una volta venuta a contatto con la cultura e i costumi greci. Esso si contrappone nettamente alla commedia tradizionale, in particolare a quella di Plauto. Le trame delle opere di Terenzio, tutte basate in prevalenza sulle difficoltà di una coppia di innamorati, sono costruite in modo piuttosto complesso, mediante la tecnica della contaminazione, cioè l’inserimento di scene tratte da diversi modelli.
L’autore dimostra, inoltre, maggiore interesse per l’indagine psicologica dei personaggi che per la vivacità dell’azione, per la descrizione dei caratteri piuttosto che per i colpi di scena e gli episodi farseschi: quella di Terenzio è una commedia ‘statica’, basata sui dialoghi e sulle riflessioni dei personaggi piuttosto che su scene di inseguimento e di litigio, su situazioni grossolane ed equivoche. Negli intrecci assumono quindi maggiore importanza le figure familiari, come il padre e il figlio, mentre altre, come la prostituta e la suocera, vengono presentate in modo originale e innovativo; occupano, invece, minore spazio i personaggi buffi e caricaturali amati da Plauto, come il servo e il parassita.
Le opere di Terenzio, a differenza di quelle puramente comiche e disimpegnate di Plauto, affrontano temi profondi e difficili, come i rapporti familiari, in particolare fra genitori e figli, l’istituto del matrimonio, la condizione della donna e, soprattutto, il problema dell’educazione dei giovani, mettendo spesso a confronto un padre severo e tradizionalista e uno indulgente e comprensivo. È un teatro colto e raffinato, che non vuole soltanto strappare la risata allo spettatore, ma invitarlo a riflettere su grandi questioni sociali e morali e su tutto quello che riguarda l’uomo. «Sono un uomo: nulla mi è estraneo di ciò che concerne l’uomo»: questa frase, pronunciata da un personaggio di Il punitore di sé stesso, riassume il messaggio del teatro terenziano, e cioè il dovere per l’uomo di occuparsi dei propri simili e di aiutarli nelle loro necessità.
Terenzio si distingue dai comici precedenti anche per lo stile: la sua lingua è corretta ed elegante, priva della fantasia, delle volgarità e delle battute plautine; si avvicina a quella di una conversazione quotidiana e riproduce il linguaggio dei cittadini di buona educazione.
Per l’eleganza del linguaggio e i loro contenuti educativi le commedie di Terenzio vennero già nell’antichità studiate nelle scuole e per la purezza dei sentimenti descritti furono apprezzate anche dagli autori cristiani. La sua fortuna proseguì in Europa anche in Età moderna, quando le sue opere ispirarono importanti autori, tra i quali Machiavelli, Ariosto, Molière.