Aghlabidi
Dinastia che governò in Ifrīqiya (od. Tunisia) nel sec. 9°, sotto la quale iniziò la conquista islamica della Sicilia.
Nell'anno 800 d.C. l'Ifrīqiya vide nascere la prima dinastia islamica autoctona, avvenimento del quale ancora oggi non si è in grado di misurare l'importanza sul piano culturale; fino a quel momento infatti il paese era stato governato da alti funzionari che rappresentavano l'autorità centrale, personaggi dai poteri limitati, revocabili a piacere dai califfi di Baghdad. Non si deve trascurare il fatto che, inaugurando il suo regno, Ibrāhīm Ibn al-Aghlab si dichiarò sempre tributario degli Abbasidi, diversamente da quanto avevano fatto fino a quel momento gli Omayyadi di Cordova o gli Idrisidi di Fez. Il nuovo sovrano, sicuro ormai del proprio potere, vedeva aprirglisi davanti un'era di continuità e poteva dunque pensare a costruire per i posteri. Ben presto infatti Ibrāhīm, arabo puro di stirpe beduina, sentendosi a disagio nel palazzo dei governatori, il famoso Dār al-Imāra costruito vicino al muro sud-est della Grande moschea di Kairouan, fece edificare, due miglia a S della città, il proprio palazzo, il Qaṣr al-Abyad (Palazzo bianco), destinato a diventare il centro di una città satellite della capitale, alla quale diede il nome di al-'Abbāsiya.
Non si sa nulla delle caratteristiche di questa costruzione palatina, così come non si conosce niente della città, ma le fonti narrano che fu dotata di una grande moschea a pianta quadrata, di ca. 200 cubiti di lato (m. 100 ca.), simile nelle dimensioni e nell'impianto ai maggiori edifici religiosi conosciuti allora nel mondo islamico; secondo il geografo andaluso al-Bakrī, la moschea avrebbe avuto un minareto in mattoni cotti, di forma cilindrica, ornato di colonne disposte su sette piani.
Dopo questo avvio, i successori di Ibrāhīm si premurarono di proseguire l'attività edilizia della dinastia. Dapprima Ziyādat Allāh I (817-838), il conquistatore della Sicilia, ricostruì interamente la Grande moschea di Kairouan, venerabile monumento fondato nel 670 da 'Uqba b. Nāfi', che era stato oggetto di parecchi ampliamenti, o piuttosto di ricostruzioni totali, prima di assumere nell'anno 836 le forme definitive. A questo sovrano è stata riferita anche la costruzione del ribāṭ (convento fortificato) di Susa (Sousse) - attribuzione peraltro messa in discussione dai dati archeologici - e di un ponte presso la porta detta di Abu'l-Rabī' a Kairouan.
Abū 'Iqāl (838-841) sarebbe stato invece il fondatore della piccola moschea di quartiere, conosciuta oggi col nome di Bū Fatata, a Susa, città poi dotata di una grande moschea da Muḥammad I, fondatore anche della Grande moschea di Sfax (849 ca.).
Abū Ibrāhīm Aḥmad (856-863), generalmente considerato il più grande sovrano della dinastia, nonostante la brevità del suo regno, promosse importanti lavori di ampliamento e di abbellimento della Grande moschea di Kairouan: la costruzione della galleria-nartece con la sua cupola e, forse, delle gallerie laterali, ma soprattutto i restauri del miḥrāb - dotato di un rivestimento di pannelli in marmo intagliati a giorno e di piastrelle di maiolica a lustro metallico - e infine la costruzione dell'ammirevole minbar (pulpito), oggi il più antico arredo islamico conservato intatto. Avrebbe anche interamente ricostruito la Grande moschea di Tunisi (la Zaytūna), dandole l'assetto definitivo; avrebbe inoltre fatto edificare i famosi grandi bacini di Kairouan, la grande cisterna di Susa, i bastioni di questa città con un palazzo detto Dār al-Mulk (residenza reale), un altro palazzo a Lamta, i bastioni di Sfax e quelli di al-'Abbāsiya, protetti da un fossato, il tutto in sette anni di regno.
Muḥammad II (864-875) dedicò tutti i suoi sforzi alla difesa della costa, facendo costruire numerose cittadelle (ḥuṣūn) e fortezze-conventi (maḥāris); durante il suo regno fu molto probabilmente costruita anche la piccola e deliziosa moschea delle Tre Porte a Kairouan e un padiglione di caccia ad al'Abbāsiya.
Il regno di Ibrāhīm II (875-902), sovrano fantasioso, ma anche sconcertante, è convenzionalmente diviso dagli storici in due fasi: la prima in cui egli si manifesta degno successore dei suoi antenati, la seconda in cui appare invece come tiranno sanguinario, assetato di sangue. Naturalmente è nella prima fase di questo regno così agitato che venne edificata la città satellite di Raqqāda che doveva eclissare completamente al-'Abbāsiya e rivaleggiare con la capitale. Ibrāhīm vi aveva fatto costruire un palazzo detto 'della Vittoria' (Qaṣr al-Fatḥ) e una grande moschea di cui non si conoscono né l'impianto, né l'esatta ubicazione. Bisogna senza dubbio attribuire a questo sovrano anche le notevoli opere idrauliche - il grande bacino, le cisterne, l'acquedotto - che avrebbero permesso l'irrigazione di meravigliosi giardini, la cui bellezza è stata esaltata dai poeti arabi. Nel triste quadro della fine del regno apparvero i primi segni della caduta, avvenuta con Ziyādat Allāh III (903-909); l'Ifrīqiya passò infatti nelle mani di nuovi dominatori, venuti dal Vicino Oriente, nemici acerrimi degli Abbasidi: si apriva ormai l'era dei Fatimidi.
La Grande moschea di Kairouan si presenta, nell'assetto definitivo, di forma quadrangolare con una lunghezza di m. 135 e una larghezza di m. 75; sorprende però l'ampiezza del cortile che, tenendo conto delle gallerie laterali, occupa quasi i 2/3 della superficie totale. La sala di preghiera, ipostila, è divisa in diciassette navate perpendicolari al muro sud-est, detto il muro qiblī. La navata centrale, leggermente più ampia delle altre (m. 5,75 contro m. 3,40), forma, con il passaggio che costeggia il muro qiblī, una pianta a T; le navate sono suddivise in sette campate che si estendono da E a O, divise in due gruppi di tre dalle linee trasversali delle arcate. Al di là delle porte che segnano l'entrata al santuario, si estende una galleria-nartece di due campate, al centro della quale si erge una cupola a godrons che fa pendant con quella che precede, all'estremità sud della navata centrale, il miḥrāb, nicchia semicircolare che indica il posto dell'imām (colui che guida la preghiera solenne). A destra si alza il minbar, usato soltanto per la grande preghiera del venerdì. Tutte le navate sono scandite da colonnati di marmo, per lo più di materiali antichi, con capitelli greco-romani o bizantini, collegati da archi a ferro di cavallo. La cupola del miḥrāb, su trombe a conchiglia, è sontuosamente ornata e ha all'esterno la forma di una cupola a godrons su tamburo ottagonale a facce concave, impostato su una base quadrata con nicchie ad arcata. Del miḥrāb, che conserva integra la decorazione aghlabide, sono da ricordare soprattutto i pannelli traforati in marmo bianco, il semicatino in legno dipinto con festoni di tralci di vite, gli incavi sull'apertura della nicchia, le mattonelle di maiolica a lustro metallico, che per numero e qualità costituiscono forse la più bella collezione di ceramiche abbasidi conosciuta nel mondo arabo-musulmano. Il minbar è composto di piccoli pannelli di legno duro, intagliati con una ricca decorazione di gusto decisamente orientale, strettamente apparentata con le vestigia conosciute di Baghdad. Il minareto, allo stato attuale, è una torre quadrata, tozza, su tre livelli: l'alta base a tronco di piramide si prolunga in un piano più stretto, con nicchie a ferro di cavallo sormontato da una lanterna con aperture ad arco simili alle precedenti; è concluso da una piccola cupola lavorata a godrons.
La Grande moschea di Tunisi (la Zaytūna) presenta una pianta molto complessa, ma vi si trovano tutte le caratteristiche della Grande moschea di Kairouan, soprattutto nella sala di preghiera che, però, ha solo tredici navate. Le cupole hanno profilo identico a quelle di Kairouan, ma il tamburo qui è cilindrico ed è rinforzato da pilastri con capitelli sobriamente sagomati; quella del nartece presenta arcate a conci bicolori che fanno pensare alla moschea di Cordova.
La Grande moschea di Sfax è stata profondamente rimaneggiata nel sec. 11°, ma una parte della sala di preghiera ha apparentemente conservato l'aspetto aghlabide, salvo che nei soffitti. Si è pensato per molto tempo che anche il minareto, restaurato nel sec. 11°, avesse conservato la forma che aveva nel sec. 9°, ma recenti sondaggi eseguiti nelle mura hanno rivelato che i tre livelli che lo rendono simile al minareto di Kairouan sono solo un rivestimento costruito nel sec. 11° che nasconde la struttura aghlabide, di dimensioni molto ridotte.
La Grande moschea di Susa appare come un fortino, con contrafforti arrotondati negli angoli, e si distingue dagli edifici religiosi precedentemente descritti per il sistema di volte a tutto sesto nelle navate, tagliate da arcate su pilastri; è infatti un tipo di costruzione che ricorda piuttosto il piccolo oratorio detto 'masijd Bū Fatata' e che era stato adottato nelle sale di preghiera dei ribāṭ. La moschea delle Tre Porte a Kairouan costituisce una delle più notevoli testimonianze dei numerosi oratori di quartiere sorti nella città durante il 9° secolo. Fino a un periodo recente si era tenuto conto solo della bellissima facciata, adorna di una decorazione epigrafica cufica, mescolata a una profusione di pampini e di elementi floreali, ma oggi bisogna attribuire grande importanza anche alla sua piccola sala ipostila nella quale sono stati recentemente ritrovati mirabili architravi in legno, scolpiti con una decorazione floreale molto vicina a quella dei pannelli del minbar della Grande moschea.
Non si possono ricavare grandi informazioni dalle vestigia del Dār al-Imāra, parzialmente recuperate in questi ultimi anni, e al-'Abbāsīya non ha ancora rivelato nulla del suo passato. A Raqqāda invece si è potuto portare alla luce l'insieme di un palazzo di tipo omayyade, a pianta quadrata, con i lati rafforzati da torri angolari semicircolari e circolari; vi si possono distinguere due stili, uno dei quali evoca piuttosto bene il palazzo omayyade di 'Anjar (Libano). Costruito interamente con muri di terra rivestiti di stucchi verso l'interno e di intonaco all'esterno, ricorda il famoso palazzo di Ruṣāfa (Siria settentrionale). Raqqāda è però ben lontana dall'aver rivelato tutti i suoi segreti: alcune foto aeree mostrano infatti tutta l'ampiezza dei lavori che restano da compiere sul sito.
L'architettura militare è testimoniata soprattutto dalle mura delle città e dai conventi fortificati (ribāṭ) della costa; Susa e Sfax hanno conservato i loro baluardi, benché molto rimaneggiati nel corso degli anni. Di Susa si ricorda soprattutto la curiosa torre di vedetta, Khalaf al-Fatā, a due piani, di cui l'inferiore, a forma di tronco di piramide, ricorda il minareto di Kairouan, mentre quello superiore, concluso da una terrazza sorretta da due volte che si intersecano ad angolo retto, è relativamente simile a quelli di Toledo (periodo dei Califfi). I ribāṭ, talora forti bizantini restaurati, proteggevano tutta la costa. Il più celebre è quello di Susa che una lapide di fondazione attribuisce a Ziyādat Allāh, ma che gli studi di Lézine (1956; 1966) tendono a retrodatare alla fine dell'8° secolo. Quanto ai ribāṭ di Monastir, il più antico risale al tempo del governatore Harthama (fine del sec. 8°); è stato però restaurato un altro ribāṭ nella stessa città che sarebbe invece aghlabide. Queste costruzioni sono caratterizzate dalla forma quadrata della cinta di mura merlate, rinforzate agli angoli da grosse torri circolari e sui lati da torri semicilindriche; sono articolate su due piani di camere-celle e, al livello superiore, si trova una sala di preghiera; inoltre, sono dotate di una torre di guardia di forma cilindrica.
Le opere idrauliche di Kairouan e dintorni sono state particolarmente descritte da Solignac (1964); si ricorda il grande bacino di forma apparentemente circolare che, in realtà, è un poligono di quarantotto lati rinforzati da contrafforti, al cui centro di erge ancora un enorme pilastro che un tempo sosteneva un padiglione 'di piacere'; vi è annesso un piccolo bacino di decantazione a diciassette lati che costituisce il modello di numerose altre costruzioni di questo tipo, conosciute a Kairouan al tempo degli Aghlabidi. A Raqqāda sono da segnalare la grande piscina rettangolare, lunga m. 180, e le curiose cisterne a cielo aperto a forma di fortino. Le cisterne di Kairouan (aggiunte ai grandi bacini), di Susa e di Maharès presentano un tipo particolare di costruzione nel sottosuolo, a navate parallele con volte a botte, intersecate da arcate a tutto sesto su pilastri, secondo un sistema strutturale analogo alle moschee del Sahel.
È conservata una quantità notevolissima di ceramiche smaltate che provengono soprattutto da Raqqāda, eseguite con tecniche diverse, fra cui quella della maiolica a lustro metallico, tecnica attestata invero piuttosto raramente, tanto da poter mettere in dubbio che la produzione sia stata locale. Tuttavia, un viaggiatore orientale di passaggio a Tunisi vantava la qualità della maiolica di questa città, che - a suo dire - poteva competere con i più bei prodotti orientali.
Lampadari in bronzo o in ferro, lampade di bronzo, gioielli d'oro e d'argento sono stati trovati a Kairouan insieme con un bel gruppo di legature in cuoio decorato. A Raqqāda numerosi frammenti di vetro o di cristallo inciso testimoniano l'esistenza di un'industria locale di alta qualità. Si è già detto della bellezza delle sculture in legno, e bisogna a questo proposito ricordare l'abilità dei falegnami e dei carpentieri autori degli stupendi soffitti dipinti, studiati da Marçais (1935).
In tutte queste testimonianze del sec. 9° va decisamente sottolineata l'importanza delle influenze orientali: quelle della Siria rimasta fedele all'arte degli Omayyadi e soprattutto quella dell'Iraq degli Abbasidi. Baghdad e Samarra ebbero un ruolo di primo piano nella diffusione di un'arte decorativa eclettica che si collegava tanto all'antichità classica greco-romana, quanto alle tradizioni dell'Asia centrale. Nel complesso la Tunisia degli A. ha di fatto ampiamente attinto al contesto mesopotamico, ma a un esame più attento rivela anche apporti andalusi, su uno sfondo di antiche tradizioni locali. In definitiva può dirsi che si trattò di un'arte che si affermò soprattutto per caratteri propri, perpetuati attraverso i tempi e resistenti alle varie e molteplici influenze straniere.
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