Vedi Albania dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Fin dal secondo dopoguerra, l’Albania e stata caratterizzata da un regime comunista di stampo stalinista isolazionista e anti-revisionista. L’osservanza e la pratica politica posero l’Albania in netto contrasto con la dottrina ufficiale sovietica adottata dal 1956 dall’allora segretario del Pcus Nikita Chruščev rendendo di fatto il regime di Hoxha un caso unico in Europa. Dalla fine del bipolarismo, il paese ha affrontato un lungo e travagliato periodo di transizione durante il quale ha provato ad aprirsi sempre piu all’Occidente orientando la propria politica estera verso i paesi dell’Europa occidentale e gli Usa. Il processo di avvicinamento aveva come obiettivo una piena inclusione nelle principali organizzazioni internazionali. Un passo fondamentale é stato compiuto con l’ingresso nella Nato. Il paese ha poi aderito ai piu importanti fora globali e regionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (Bsec). Non e pero ancora riuscito a entrare nell’Unione Europea (Eu).
Sul piano bilaterale, il paese ha rapporti privilegiati soprattutto con l’Italia, che costituisce uno sbocco naturale per gli scambi commerciali ed e patria d’adozione di un’ampia comunità albanese. Inoltre il legame con Roma serve a consolidare ed espandere i rapporti con il resto dell’Europa occidentale. L’Albania ha coltivato anche un rapporto privilegiato con gli Usa. Nonostante le proteste popolari del novembre 2013, a Tirana e nell’intero paese, contro la possibile distruzione delle armi chimiche siriane in territorio albanese e il dissenso dello stesso governo alla proposta statunitense di accogliere le armi del regime di Bashar al-Assad, i rapporti con gli Usa rimangono saldi e volti a un rafforzamento della cooperazione strategica.
Accanto all’Eu e agli Usa, una terza direttrice della politica estera albanese volge verso l’area balcanica. L’Albania punta su buoni rapporti con i vicini. Tuttavia il tradizionale sostegno assicurato all’istanza indipendentista del Kosovo – paese in cui vive una popolazione a maggioranza albanese – continua a creare attriti con la Serbia. Al tempo stesso la discriminazione delle minoranze albanesi genera tensioni con Grecia e Macedonia. I rapporti con la Turchia, erede dell’Impero ottomano, a cui l’Albania apparteneva, sono attualmente buoni, anche in virtù della comune appartenenza alla religione musulmana. L’Albania e l’unico paese europeo, assieme alla Turchia, a far parte dell’Organizzazione della Conferenza islamica (Oic).
Il sistema istituzionale albanese e caratterizzato da un Parlamento unicamerale, con 140 seggi. Il presidente della repubblica, attualmente Bujar Nishani (in carica dal 24 luglio 2012), e eletto per cinque anni ed ha compiti cerimoniali, mentre il potere esecutivo è affidato al primo ministro, nominato dal presidente e confermato dalla maggioranza del Parlamento.
Dal 15 settembre 2013 il governo e guidato dal primo ministro Edi Rama, nominato dopo aver battuto nelle elezioni di giugno lo storico leader albanese e premier uscente Sali Berisha. L’esecutivo può contare su una vasta maggioranza parlamentare grazie all’alleanza tra il Partito socialista (Spa) e il Movimento socialista per l’integrazione (Smi) di Ilir Meta, che, insieme, controllano 84 seggi su 140.
Il 95% della popolazione e albanese, il 3% greco e il 2% e composto da minoranze etniche eterogenee tra cui Valacchi, Rom, Serbi, Macedoni, Montenegrini, Gorani e Bulgari. Quanto alle appartenenze religiose, circa il 70% della popolazione e musulmano, il 20% albanese ortodosso, il 10% cristiano cattolico. Sono, infine, presenti piccole comunità ebraiche, soprattutto nella capitale Tirana. Notevole, invece, l’importanza delle minoranze albanesi nell’intera regione balcanica. Un flusso importante di emigrati si e diretto verso Italia e Grecia; in questi due paesi, le comunità albanesi contano quasi 500.000 membri. Altre destinazioni sono state Regno Unito e Usa.
L’Albania e anche uno dei paesi dai quali partono e transitano uomini, donne e bambini vittime della tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e lavoro forzato, diretti prevalentemente verso Grecia, ma anche Italia, Macedonia, Kosovo, Spagna, Francia e Regno Unito. Al fine di combattere questa piaga, il nuovo governo ha preparato un piano a lungo termine, che prevede l’impiego di sostanziose riserve finanziarie.
L’indice di sviluppo umano pone l’Albania al 70° posto nella classifica mondiale 2013. Il tasso di alfabetizzazione e del 96%, ma il lavoro minorile e diffuso (12%). Più del 90% della popolazione ha accesso all’acqua potabile e a strutture sanitarie adeguate. Nelle istituzioni le donne sono ancora molto sottorappresentate, sebbene nel nuovo governo Rama siano presenti sei ministre, record assoluto nella storia politica albanese. L’accesso a internet é molto limitato, soprattutto nelle aree rurali, nonostante il trend sia in generale aumento.
Con riferimento ai diritti civili e politici, informazione e corruzione rappresentano aspetti particolarmente critici. L’informazione è influenzata dagli interessi politici ed economici dei proprietari dei media e i giornalisti sono spesso vittime di intimidazioni e attacchi. Nel complesso, la democrazia albanese e ancora in una fase di transizione e consolidamento: nel 2012 il paese e sceso di tre posizioni, classificandosi al 90° posto su 176 nel Democracy Index dell’Economist. Anche la corruzione rappresenta un’emergenza nazionale: l’Albania e al 113° posto della classifica mondiale di Transparency International.
L’economia albanese e prevalentemente basata sulle rimesse degli emigrati, che coprono circa il 10% del pil. Tuttavia l’aggravarsi della situazione economica (soprattutto in Grecia) rischia di comprometterne i flussi. Altro settore di punta e l’agricoltura che ricopre ancora un ruolo di rilievo (generando circa il 20% del pil), pur essendo caratterizzato da imprese di piccole dimensioni, infrastrutture insufficienti e bassa produttività. L’industria conta poco meno del 20% del pil. I prodotti esportati sono soprattutto quelli tessili e le calzature, che generano circa il 43% dei proventi
totali. L’Italia rappresenta il primo partner commerciale dell’Albania con una quota sull’interscambio del paese con l’estero pari al 37,1%. Altri partner commerciali sono, in misura minore, la Grecia, la Cina e la Germania. Ciò comporta una parziale dipendenza dell’economia albanese dal controvalore delle esportazioni: la contrazione degli scambi legata all’aggravarsi della crisi economica in Italia e in Grecia ha avuto quindi pesanti ricadute anche sull’Albania.
L’Albania attrae scarsi investimenti diretti esteri (ide) a causa delle carenze nel settore della pubblica amministrazione e nel sistema giuridico, della corruzione diffusa e delle insufficienti infrastrutture e forniture di elettricità. Il paese non ha ancora portato a termine quelle riforme strutturali utili a garantire una transizione verso l’economia di mercato. Le imprese italiane investono soprattutto nel settore tessile e calzaturiero, attirate dai bassi costi della manodopera.
Secondo le previsioni di crescita 2013, l’economia albanese dovrebbe crescere attestandosi all’1,8% del pil, tuttavia l’aumento del debito pubblico e della tassazione soprattutto sulle fasce più deboli potrebbe creare nuovi scompensi alla stabilita finanziaria ed economica.
Nel contempo, la disoccupazione coinvolge il 13% della popolazione attiva. L’Albania resta uno dei paesi più poveri in Europa, con un pil pro capite pari a 8290 dollari nel 2013.
L’Albania possiede alcuni giacimenti petroliferi, ma e dipendente dalle importazioni per il 27% del proprio fabbisogno energetico. Si registrano inoltre periodi di scarsità di energia elettrica dovuti alla mancanza di infrastrutture. Di rilievo lo sviluppo dell’energia idroelettrica, che oggi genera la quasi totalità dell’elettricità consumata dal paese e che ha contribuito alla progressiva riduzione delle emissioni di CO2.
L’ingresso dell’Albania nella Nato nel 2009 (assieme alla Croazia) rappresenta l’evoluzione più importante degli ultimi anni nella posizione strategica e nei rapporti dell’Albania con i paesi occidentali. Dalla caduta del regime comunista, il paese ha contribuito alla missione della Nato per la stabilizzazione della Bosnia Erzegovina (Sfor) e fornisce assistenza logistica alla missione in Kosovo (Kfor). Inoltre ha offerto protezione e rifugio a migliaia di kosovari durante il conflitto di fine anni Novanta. L’alleanza strategica con gli Stati Uniti e stata consolidata dalla partecipazione albanese alle operazioni a guida statunitense in Afghanistan (dal 2001) e in Iraq (2003).
In Afghanistan, l’Albania ha partecipato come alleato Usa nell’operazione Enduring Freedom. Attualmente e presente con 290 unita nell’ambito della missione Isaf della Nato.
Elemento di crescente rilevanza per la cooperazione regionale alla sicurezza nell’area dei Balcani e con l’Italia e infine la lotta alle reti transfrontaliere della criminalità organizzata. Secondo la Direzione nazionale antimafia italiana la criminalità albanese ha di fatto un ruolo di primo piano nel mercato internazionale della droga.
Tra gli obiettivi principali della politica albanese c’è l’avvicinamento all’Unione Europea. Fin dal 1992, subito dopo la fine del regime comunista, Tirana ha stretto contatti con l’EU firmando un primo accordo sul commercio e la cooperazione. Nel 2001 Bruxelles ha avviato il negoziato per la possibile firma con Tirana di un accordo di stabilizzazione e associazione (SAA), a culmine del processo di stabilizzazione e associazione (SAP) previsto per cinque paesi dell’Europa sud-orientale, tra cui la stessa Albania. L’accordo è stato firmato nel 2006 ed è entrato in vigore il 1° aprile del 2009, mentre nel novembre del 2010 l’EU ha approvato il sistema di abolizione dei visti per i cittadini albanesi, così come per quelli bosniaci. Tuttavia una forte delusione per le speranze di rapida adesione del paese all’EU è giunta dalla decisione di Bruxelles di non concedere lo status di paese candidato a Tirana. Nella motivazione di rigetto si indica il rischio di un’immigrazione – anche clandestina – massiccia verso i paesi dell’Europa occidentale. Nonostante gli sforzi da parte albanese e i pareri favorevoli della Commissione europea si è deciso, su proposta di Olanda, Germania e Francia di iniziare i negoziati di adesione con Tirana tra la fine del 2014 e gli inizi del 2015.
A metà settembre 2013 si è ufficialmente insediato il nuovo esecutivo guidato dall’ex sindaco di Tirana Edi Rama. Le fasi iniziali sono state caratterizzate da una ridefinizione e riorganizzazione della struttura politico-amministrativa nazionale volta a migliorare trasparenza, efficienza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse. Obiettivi di lungo periodo del governo Rama sono gli stessi (non raggiunti) dell’ex premier Sali Berisha: lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione endemica, seria implementazione di riforme economiche e sociali, utili ad abbassare il debito pubblico nazionale che pesa per il 60% sul PIL. In politica estera, invece, l’amministrazione Rama punta al rafforzamento dei legami con l’Unione Europea e alla normalizzazione dei rapporti nella regione dopo le tensioni del 2013, legate alle spinte nazionaliste del progetto della 'Grande Albania' – ovvero la creazione di uno stato che raccolga tutti i popoli albanesi degli stati balcanici – rilanciate durante la campagna elettorale da Berisha. Questo atteggiamento aveva incrinato le relazioni con i governi di Macedonia, Serbia e Grecia.
L’Albania ha visto il proliferare di organizzazioni criminali, soprattutto per due motivi: la posizione geografica strategica e il carente controllo del territorio. Situato sulla direttrice che dall’Est porta verso l’Europa occidentale, il paese è una sorta di hub per i flussi di migrazione clandestina, droga, armi e prostituzione – oggi l’attività più lucrativa per la mafia albanese – verso l’Italia e, da lì, verso il resto d’Europa. A causa di un sistema statale indebolito dalla transizione dei primi anni Novanta, la mafia albanese è riuscita con più facilità a controllare ampie parti di territorio, piegandole ai suoi traffici clandestini. Si stima che gran parte dell’eroina che entra in Europa transiti per i Balcani. Anche il traffico di cocaina, proveniente dall’America Latina, troverebbe nell’Albania (e nel Kosovo) uno sbocco verso il continente europeo. La mafia albanese è molto radicata sui territori confinanti, anche per i contatti con le altre organizzazioni criminali, come la mafia turca, russa e montenegrina e la Nuova sacra corona unita in Italia. Per l’efferatezza dei comportamenti, soprattutto nei riguardi delle donne, costrette a prostituirsi, l’Italia ha deciso di applicare, per i crimini commessi sul suo territorio, una norma che non aveva quasi mai trovato attuazione, quella che punisce la ‘riduzione in schiavitù’ (art. 600 del Codice penale italiano).