D'ANCONA, Alessandro
Nato a Pisa il 20 febbraio 1835, morto a Firenze il 9 novembre 1914. Ha uno dei primi posti tra i rinnovatori degli studî storici nella seconda metà del sec. XIX. In Pisa iniziò gli studî di lettere sotto la guida di Giacinto Casella; li proseguì a Firenze sotto quella di Cesare Scartabelli; ma rispetto alle forme di attività che doveva poi svolgere, fu in realtà un autodidatta. In Firenze presso la sua patriottica famiglia convenivano esuli di altre parti d'Italia; il che spiega come il suo primo lavoro storico fosse la pubblicazione (1853), curata insieme con M. D'Ayala, delle Memorie dei Toscani alla guerra del 1848. Seguendo le tendenze all'erudizione, che eran della cultura nella Firenze del Capponi e del Vieusseux, cominciò dal raccogliere negli archivî e pubblicare documenti sul Machiavelli e su altri uomini del Rinascimento. In quegli stessi anni le sue letture giobertiane gli facevano sentire come "ogni meditazione fosse vana quando non conducesse a migliorare le sorti dell'Italia prostrata dopo l'infausto '49". E con l'idea di rivendicare un ingegno italiano soffocato dalla dominazione straniera studiò le scritture del Campanella, e preparò il discorso su di lui premesso poi all'edizione delle Opere scelte ordinate e annotate (Torino 1854). Diciannovenne, sul finire del 1854 si recò a Torino per seguirvi i corsi di legge. Fu così per quattro anni presente a fatti memorabili nel centro del movimento nazionale: ne conobbe i maggiori artefici, partecipò alle manifestazioni della fede dei liberali toscani nel Piemonte e ai convegni della Società nazionale; ascoltò le lezioni del De Sanctis sulla Divina Commedia, e, infine, con le corrispondenze letterarie allo Spettatore di Firenze, contribuì a promuovere quegli scambî, fra culture ancora regionali, che dovevano agevolare l'intesa degli animi. Gli avvenimenti del'59 lo richiamarono in patria; e qui, dopo Villafranca, divenne, come direttore della Nazione (dal 14 luglio 1859 al 30 giugno 1860), interprete della ferma politica di Ricasoli per le annessioni.
Il 9 novembre 1860 gli fu affidata la cattedra di lettere nell'università di Pisa, iniziandosi così il suo cinquantennio d'insegnamento e di ordinata attività scientifica. Si sa quali fossero allora in Italia le condizioni degli studî di storia letteraria, sviatisi dalla grande tradizione muratoriana in un umanesimo retorico e regionalistico, mentre altrove la storia e la filologia rinnovavano i loro principî e metodi. Bisognava rifarsi da capo: pubblicare fedelmente testi e documenti; rivedere dati e valutazioni; mettersi in pari col lavoro scientifico straniero. A quest'opera intesero l'Ascoli, il D'Ancona, il Comparetti, il Carducci, il Bartoli e altri con essi. Il D'A., che a Torino aveva stretto grande amicizia con Costantino Nigra già intento a ricerche metodiche sui canti del popolo, pubblicò nel 1858 e negli anni seguenti una serie di articoli sulla poesia popolare, preparazione all'opera sulla Poesia popolare italiana pubblicata nel 1878. Sono state mosse ragionevoli obiezioni alle principali teoriche là sostenute circa la diffusione della canzone epico-lirica in Italia e circa l'origine del canto lirico monostrofico dalla Sicilia; ma ciò non toglie merito al libro del D'A. che passava in rassegna il patrimonio poetico dei nostri volghi sino allora raccolto, e lo seguiva nelle sue trasmutazioni e negli scambî con la poesia culta. Negli stessi anni volse l'attenzione ai poemetti e racconti popolareschi e alla novellistica, pubblicando alcuni testi in una sua Collezione di antiche scritture italiane (Pisa 1863-64), e altri nella Scelta del Romagnoli (1865-1870): soggetti, come l'Attila Flagellum Dei, il Libro dei sette Savî, la leggenda di Giuda, la leggenda di Adamo ed Eva, che oltrepassavano nelle loro rielaborazioni il dominio romanzo e consentivano al D'A. di mettere in opera i metodi comparativi dei maestri d'oltr'alpe.
Dalla scuola intanto gli nascevano, in comunione di lavoro col Carducci, studî sulla prima lirica d'arte e su Dante: fra i quali lo scritto su Beatrice rimase la migliore raffigurazione della personalità storica e insieme poetica di lei. Dallo studio della lirica antica e dal bisogno di sicuri testi gli sorse l'idea della stampa del più importante codice, il Vatic. 3793, che iniziò con la collaborazione del Comparetti (1875) e compì da solo nel 1888. Nel mondo dei "cognati e dei dispersi miti" tornò per ricercare le fonti del Novellino (1873), la leggenda dell'Ebreo errante (1880-3), la leggenda di Maometto in Occidente (1889) le tracce della tradizione carolingia in Italia (1880-1889), alcuni di questi scritti di materia medievale raccogliendo in volume: Studi di critica e di storia letteraria (1880), e componendone un altro dei Poemetti popolari (1889) studiati prima. Là ancora, nel mondo fantastico medievale, rintracciò le figurazioni dell'oltretomba che poterono aver precorso la Divina Commedia (1874). Ebbe del pari lo sguardo alla materia e alle forme dell'arte popolaresca nel raccogliere ed illustrare le Sacre rappresentazioni dei secoli XIV-XVI (1873): fondamento alle Origini del teatro in Italia (1877; 2ª ed. 1891). In questa grande opera, fondamentale nonostante ricerche posteriori, tenendo presenti gli esordî del teatro religioso nell'Europa occidentale, intese a dimostrare come da noi il dramma sacro in volgare nascesse dopo la metà del sec. XIII, fra le compagnie dei disciplinati umbri, come laude drammatica; ne studiò le relazioni col dramma liturgico, il suo diffondersi nelle altre regioni d'Italia e l'ampliarsi di soggetti e di struttura, particolarmente in Firenze, nella forma della sacra rappresentazione; indicò di ogni componimento le fonti e l'intreccio, e infine espose le cause politiche, religiose e letterarie della decadenza del genere.
Contribuì ad allargare il campo delle sue ricerche l'assidua collaborazione alla Nuova Antologia, alla Rassegna settimanale, al Fanfulla della domenica: le due serie di Varietà storiche e letterarie (1883-84), che raccolgono gli articoli pubblicati su quelle riviste, sono fra i suoi libri più vivi. Qui sono anche i primi saggi coi quali ritornò agli studî di storia del Risorgimento politico. In questo campo, sia che rendesse conto di ricerche altrui, sia che ne istituisse egli stesso negli archivî o rievocasse i ricordi della giovinezza, tracciò in oltre sessanta scritti una serie di fedeli e felici profili di persone e di fatti: nei quali l'ardore patriottico sempre si accompagna a grande equanimità di giudizî. Vanno particolarmente ricordati il Carteggio di Michele Amari (voll. 3, 1896-1907), e il bel libro su Federico Confalonieri (1898).
Il D'A. si ritrasse dall'insegnamento, e dalla direzione della Scuola normale di Pisa che teneva dal 1893, nel dicembre 1900, conservando però sino al 1909 l'incarico di esegesi dantesca. Non negò allora tempo e pensieri alla cosa pubblica (senatore del regno dal 4 marzo 1904, sindaco di Pisa negli anni 1906-1907); continuò a dar conto della produzione storica e letteraria nella Rassegna bibliografica della letteratura italiana, che diresse e in gran parte compilò personalmente dal 1893 al 1910; e diede nuove cure, in collaborazione col Bacci, al Manuale della Letteratura italiana (1892-95; nuova ed. 1900-10). Soprattutto impiegò gli ultimi e per sventure familiari dolorosi anni, nell'ordinare e perfezionare gli scritti sparsi. Uscirono successivamente Ricordi ed affetti (1902; 2ª ed. 1908): la 2ª ediz. della Poesia popolare (1906) e degli Studi di critica e storia letteraria (1912); i Saggi di letteratura popolare e gli Scritti danteschi (1913), le Memorie e documenti di storia italiana dei secoli XVIII e XIX; i Ricordi storici del Risorgimento italiano e le Pagine sparse di letteratura e storia con un'appendice Dal mio carteggio (1914). Così ognuna delle strade da lui aperte e percorse giungeva al termine. Anche dell'antico proposito di fare oggetto di studio le relazioni dei viaggiatori in Italia e degl'Italiani all'estero dal Rinascimento in poi, e di trattare di tutti quegl'Italiani che nel sec. XVIII portarono fuori della Patria la loro operosità geniale e avventurosa, restano assai più che tracce nell'edizione del Journal d'Italie del Montaigne, nei saggi raccolti nel volume Viaggiatori e avventurieri (1912) e nel libro su Scipione Piattoli e la Polonia: un lavoro su quella singolare figura di consigliere di principi e autore di costituzioni, cui aveva pensato sin dal 1882 e che uscì postumo (1915).
Anche i soli titoli delle opere principali mostrano il concetto che il D'A. ebbe di una storia letteraria che non trascurasse gli altri aspetti dello spirito e della vita di un popolo; e il tornare degli stessi argomenti attraverso le ricerche di tanti anni, testimonia della sua nobile perseveranza nell'opera di restaurazione degli studî. Eguale impronta ebbe l'insegnamento, professato con esemplare dignità e fervore e fatto anche di liberali aiuti e di paterni incitamenti non solo verso i discepoli di lettere italiane, ma verso quanti nell'università e nella Scuola normale di Pisa attesero durante cinquant'anni a studî filologici e storici. A tutti, nell'armonica unità del dotto e dell'uomo, nella chiara coscienza della tradizione nazionale, fu maestro, oltre che di scienza, di vita morale e d'italianità.
Bibl.: Elenco completo degli scritti (1240) del D'A. in Bibliografia degli scritti di A. D'A. Nel primo anniversario della morte, Firenze 1915, pp. 104, 2ª edizione aggiornata della bibliografia che, a cura di L. Ferrari, G. Manacorda e F. Pintor, era stata premessa alla Raccolta di studî critici dedicati ad A. D'A. festeggiandosi il XL anniversario del suo insegnamento, Firenze 1901. Molti articoli necrologici e commemorazioni raccolse la famiglia in un volume "In memoriam", A. D'A., Firenze 1915; v. inoltre G. Sforza, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, Cl. di sc. mor., stor. e fil., s. 2ª, LXV (1914-15), n. 4; G. Mazzoni, in Accademia della Crusca. Rapporto dell'anno acc. 1914-15, Firenze 1916; P. Barbèra, in Rassegna storica del Risorgimento, 1916; E. Tacchi Mochi, in Natura ed arte, 1 febbraio 1915; R. Zagaria, Intorno ad A. D'A., 2ª ed., con agg., Andria 1924; F. Torraca, in Scritti varii, Milano-Roma 1928, pp. 463-484. Per il posto della critica erudita nella storiografia nazionale cfr. B. Croce, La letteratura della Nuova Italia, 2, III, p. 372 segg. Della collaborazione del D'A. e del Carducci sono documento le Lettere inedite di G. Carducci e A. D'Ancona, Roma 1926; per l'efficacia del suo insegnamento oltre a uno scritto del Rajna (nel citato volume, In memoriam, p. 74), v. G. Vitelli, Ricordi di un normalista, in Nuova Antologia, 1 aprile 1930).