ALIMENTAZIONE (II, p. 498)
In questi ultimi anni la scienza dell'alimentazione ha assunto un carattere essenzialmente dinamico e funzionale. Due sono i fatti più importanti acquisiti: 1) gli alimenti possono agire sull'ambiente interno dell'organismo modificandolo assai più di quanto si ritenesse possibile in passato; 2) il problema alimentare, più che un problema chimico, è un problema economico e sociale.
Si è ritenuto per molto tempo che le caratteristiche dell'ambiente interno - secondo la definizione di Cl. Bernard - restassero costantemente immutate nonostante i cambiamenti delle condizioni esterne. Oggi si ammette invece la possibilità di modificare volontariamente l'ambiente interno per mezzo di variazioni dell'alimentazione, essendo gli alimenti capaci di produrre, in rapporto alla loro composizione quantitativa, variazioni, talvolta notevoli, degli equilibrî chimici e chimico-fisici dell'organismo.
Gli alimenti devono essere considerati: come materiale energetico necessario per lo svolgimento delle attività dell'organismo; come materiale plastico per l'accrescimento e la ricostruzione dei tessuti; come fonte di molte sostanze dette protettive ed atte al mantenimento dell'autoregolazione e delle condizioni chimico-fisiche fra tessuti e liquidi circolanti (vitamine e sali minerali).
Mentre in passato si sono presi in considerazione soprattutto le trasformazioni energetiche che avvengono nell'organismo e il valore calorico dei singoli alimenti, nonché la composizione chimica dell'organismo e la determinazione qualitativa e quantitativa di tutte quelle sostanze che l'organismo stesso deve assumere con gli alimenti - ricerche che hanno portato alla scoperta delle vitamine e delle loro funzioni - l'esperienza della prima, e ancor più quella della seconda Guerra mondiale, hanno posto il problema alimentare in stretta connessione con altri problemi e particolarmente con quelli economici, politici e sociali.
Nel 1933 in un Congresso tenutosi a Londra sotto gli auspici della Società delle nazioni, gli specialisti dell'alimentazione fissarono, movendo dalle conoscenze di allora, alcune cifre che potessero servire di base per la costituzione di razioni alimentari per le comunità. venne fissato a 2400 calorie giornaliere il fabbisogno energetico di un uomo adulto che viva in clima temperato, con un aumento di 50-200 calorie per ora a seconda del genere di lavoro compiuto; il fabbisogno proteico giornaliero a gr. i di proteine per kg. di peso corporeo e il rapporto fra proteine di origine animale e quelle di origine vegetale a 1 : 3. Venne discusso inoltre il fabbisogno in sali minerali e vitamine.
La definizione quantitativa del fabbisogno alimentare individuale minimo è di notevole aiuto quando si debbano ripartire le derrate disponibili alle varie classi di una popolazione. Ma il problema alimentare è ancora lontano dalla sua soluzione definitiva. L'organismo umano si presenta con una individualità e complessità particolari per cui due individui, pur obbedendo alle stesse esigenze, possono presentare differenze considerevoli. Il problema dell'alimentazione è subordinato perciò all'insieme delle funzioni dell'organismo. È necessario quindi introdurre nei dati statistici un coefficiente di sicurezza per rendere i dati stessi applicabili ai varî individui. La soluzione ideale del problema alimentare consiste perciò nel mettere a disposizione di ogni individuo una larga serie di alimenti di composizione assai varia e nel dargli i mezzi di procurarsene il minimo di cui ha bisogno. Il problema alimentare coinvolge perciò neceisariamente quello agricolo e richiede la produzione o lo scambio della maggior varietà di alimenti.
Nel 1935 E. Burnet e W. R. Aykroyd posero la questione della scienza dell'alimentazione in questi termini: Qual è il fabbisogno alimentare minimo dell'uomo? Come si può sapere se esso è interamente soddisfatto? Di quali risorse dispone la nazione per assicurare il fabbisogno alimentare alle varie categorie di individui?
Le recenti ricerche hanno dimostrato che l'alimentazione umana deve fornire all'organismo un minimo di lipidi, di glucidi e di protidi, i quali, anche se energeticamente equivalenti, non possono sostituirsi a vicenda per la loro funzione plastica. Tutti i protidi non hanno lo stesso valore biologico, mancando alcuni di essi di aminoacidi indispensabili (v. aminoacidi, in questa App.): di qui la necessità di una quota minima di proteine di origine animale. Gli alimenti, infine, debbono contenere un minimo di sali minerali, alcuni dei quali devono essere presenti in un definito rapporto fra loro, nonché le vitamine. Si comprende perciò come solo una alimentazione molto varia possa offrire all'organismo tutti gli elementi necessarî per il suo normale funzionamento.
Ma se il problema alimentare si presenta attualmente molto complesso, ancor più lo sarà in avvenire man mano che si scopriranno nuovi composti indispensabili per la costituzione di una razione equilibrata. Non bisogna però ritenere risolto il problema di una deficienza alimentare con la semplice introduzione di un nuovo composto nell'alimentazione, poiché la dimostrazione dell'intervento di una data sostanza in una determinata funzione, non dà la conoscenza completa di tutte le azioni e reazioni che si svolgono fra questa sostanza e l'intero organismo. Si può affermare che una deficienza alimentare è in genere qualcosa di più della mancanza di una data sostanza anche se l'introduzione di essa provoca rapidamente la scomparsa dei sintomi caratteristici.
Bibl.: E. Burnet e W. R. Aykroyd, Nutrition and public health. in League of Nations Health Organ Quart. Bull., 1935, IV, p. 326; H. C. Sherman, The Science of Nutrition, New York 1945; Ministry of Food, Manual of Nutrition, Londra 1945; G. Quagliariello, Lezioni di scienza dell'alimentazione, Napoli 1946; T. Cahn, Quelques bases physiologiques de la Nutrition, Parigi 1946; E. V. Mc Collum, E. Orent-Keiles e H. G. Day, The newer Knowledge of Nutrition, New York 1946; E. J. Bigwood, Enseignements de la guerre 1939-45 dans le domaine de la nutrition, Liegi 1947; FAO, Enquête sur l'alim. mondiale, Washington 1946.
Alimentazione del bambino.
La superiorità dell'allattamento materno (II, p. 523) su qualsiasi tipo di alimentazione artificiale nelle prime età della vita, rimane tuttora incontrastata anche dopo i più recenti progressi della scienza dietetica e della più moderna tecnica nella preparazione degli alimenti. Solo la scarsa alimentaziane prolungata della nutrice può avere influenza qualitativa e quantitativa sui componenti del latte.
Tra gli alimenti artificiali si sono affermati sempre più il latte vaccino in polvere, e i latti acidificati o per fermentazione o con l'aggiunta di acidi organici, i quali formano nello stomaco fini fiocchi di caseina più facilmente digeribili.
Il prototipo dei primi è il latticello acido (ted. Buttermilch; fr. babeurre), liquido e in polvere, ottenuto quale sottoprodotto della fabbricazione del burro, dopo la separazione di questo dalla crema. Quasi privo di grassi, può essere usato solo temporaneamente nei disturbi della nutrizione. Il latte albuminoso di Finkelstein - un latticello arricchito di caseina - ha le stesse indicazioni.
Del secondo gruppo si ricordano: il latte intero acidificato con aggiunta di ac. lattico (4 gr. %) secondo W. Marriott o con acido citrico o con acido cloridrico o con succo di agrumi. Nel bambino non più lattante vengono usati altri latti interi acidificati come lo yoghourt o gioddu e il kefir.
Per ottenere una migliore utilizzazione del grasso è stato preparato un latte in polvere nel quale il grasso è più o meno completamente sostituito con olio di olive emulsionato meccanicamente. Per l'emulsionamento di aggiunte di grassi con i mezzi a disposizione nell'ambiente familiare è stato proposto l'alimento burro-farinoso di Czerny-Kleinschmidt. Risultato analogo si ottiene sostituendo l'olio d'oliva al burro con l'alimento oleofarinoso di G. Frontali.
Latti vegetali: latte di mandorle, usato nella ripresa alimentare dopo disturbi acuti della nutrizione o in bambini eczematosi; latte di soia,. dalla farina di soia; latte di girasole, dalla farina di semi di girasole dopo estrazione dei grassi. Vengono consigliati nelle dispepsie e nei casi di intolleranza al latte di vacca.
Legumi e verdure sia sotto forma di brodo, sia di puree vengono somministrati al bambino a partire dal 5°-6° mese di vita. L'aggiunta di succo di frutta fresche (arancio, limone, pomodoro, uva, ecc.) è indicata fin dai primi mesi specie in lattanti alimentati artificialmente, per l'apporto di vit. C e di sali alcalini. Le mele grattate (dieta di Moro) e le banane sono usate anche come alimento curativo nelle dispepsie e nel morbo celiaco. La farina di carruba (decozione al 5%) è stata da poco impiegata con successo nel trattamento dei disturbi acuti della nutrizione.
Nell'alimentazione dei bambini immaturi sono state recentemente adoperate aggiunte di idrolisati di caseina dati per bocca. Questi trovano impiego anche in casi di malattia fibrocistica del pancreas e per via endovenosa negli operati e nella tossicosi del lattante.
Per l'alimentazione durante la seconda Guerra mondiale v. approvvigionamenti e consumi (in questa App.).