Amalfi
Città marinara
Città di mercanti e navigatori, Amalfi ebbe il suo periodo di massimo splendore tra il 9° e l'11° secolo. La sua posizione centrale nel Mediterraneo ne faceva un importante tramite tra l'Occidente latino-germanico e l'Oriente bizantino. Furono gli Amalfitani a perfezionare la bussola, già conosciuta dagli Arabi, e a formulare, con le Tavole Amalfitane, uno dei primi codici marittimi della storia.
Le prime notizie certe sulla città, il cui nucleo originario fu fondato probabilmente dai Romani, risalgono al 533, quando passò sotto il dominio dell'impero bizantino. Nel 596 era già sede vescovile. Nell'Alto Medioevo Amalfi fece parte del ducato napoletano sotto l'alta sovranità degli imperatori d'Oriente, ma verso la metà del 9° secolo, liberatasi da un'invasione dei Longobardi, si rese indipendente eleggendo a capo un certo Pietro. Ottenuto dal re carolingio Ludovico II il possesso di Capri, dopo aver lottato contro i Saraceni e i Bizantini, sotto il governo dei suoi prefetturi (duchi dal 958) la città si affermò come fiorente centro marittimo e commerciale. Sin dall'8° secolo gli Amalfitani si erano stabiliti nei principali centri portuali del Mediterraneo ‒ in Sicilia, in Puglia, a Tripoli, Alessandria, Costantinopoli ‒ fondando 'colonie virtuali' costituite da abitazioni, botteghe, magazzini, chiese e monasteri. La ricchezza della città in quel periodo era tale che Guglielmo Appulo, il principale cantore delle gesta dei Normanni, scrisse che nessun'altra città era più ricca d'oro, d'argento e di stoffe di ogni genere; ad Amalfi si potevano incontrare Arabi, Siculi, Africani e persino Indiani. Testimonianza delle gloriose tradizioni marinare della città sono le cosiddette Tavole Amalfitane, il codice marittimo più accreditato dell'epoca, che regolamentava i rapporti tra i proprietari delle navi e i marinai, e tra i marinai e i mercanti. Anche se Flavio Gioia, al quale la tradizione attribuisce l'invenzione della bussola, è un personaggio immaginario, è storicamente accertato che furono gli Amalfitani a perfezionare questo strumento già conosciuto dagli Arabi. Dominatrice del mercato delle spezie, dei profumi, della seta e dei tappeti pregiati, Amalfi coniò nel 11° secolo il soldo d'oro, il tarì d'oro e il tarì d'argento, che erano in circolazione nell'impero greco, in Africa e nei principati longobardi. Queste monete erano simili a quelle musulmane, il che dimostra che i rapporti commerciali erano più sviluppati con gli Arabi che con i Bizantini. Il commercio di Amalfi aveva quali vertici l'Italia, l'Africa settentrionale araba e l'impero di Bisanzio. Le navi amalfitane salpavano alla volta dei centri arabi della costa africana cariche di legname, che scambiavano con oro, mentre a Bisanzio acquistavano spezie, pietre preziose e stoffe pregiate che rivendevano in Italia, spingendosi sino a Ravenna e navigando sul Po, addirittura sino a Pavia. Amalfi possedeva una flotta numerosa e potente, sia militare sia mercantile.
Il grande sviluppo della città era dovuto in larga misura alla sua indipendenza, ma la limitatezza del territorio e la debolezza militare per il mancato appoggio dell'impero bizantino rendevano incerta questa autonomia. Per sottrarsi alle mire di conquista dei principi longobardi di Salerno, Amalfi dovette chiedere aiuto a Roberto il Guiscardo, duca dei Normanni, i quali di fatto divennero signori della città. Ribellatasi, Amalfi fu definitivamente sottomessa nel 1131 da Ruggero II, re di Sicilia, che le lasciò però il titolo ducale e i privilegi mercantili. Nel 1135 subì a tradimento un tremendo saccheggio da parte dei Pisani, chiamati in soccorso contro i Normanni. Da questo periodo ebbe inizio il declino di Amalfi, già oscurata dall'ascesa delle città marinare rivali Pisa, Genova e Venezia. Nel 1343 uno spaventoso maremoto ‒ descritto fra l'altro da Petrarca ‒ investì la costa: gran parte dell'abitato andò distrutta, furono sommerse le fortificazioni, i cantieri navali, i magazzini e le attrezzature marittime. Cinque anni dopo, nel 1348, la spaventosa peste descritta da Boccaccio contribuì a spopolare e a impoverire ulteriormente la città.