Valente comandante ed abile uomo di stato, di grande autorevolezza e dalla politica ardita ed energica, la sua fedeltà alla Francia gli consentì di consolidare la propria posizione e ampliare i propri domini.
Figlio (Chambéry 1334 - Santo Stefano, presso Castropignano, Campobasso, 1383) di Aimone, cui successe nel 1343, assistito da un consiglio di reggenza fino al 1348. Dopo un periodo di tensione con la Francia, si venne a un accordo (trattato di Parigi, 1355): A. s'impegnò ad appoggiare il re di Francia Giovanni II nella guerra contro l'Inghilterra, sposò Bona di Borbone, ed ebbe mano libera nel Gex (che aveva già occupato nel 1353), nel Faucigny (occupato nel 1359) e nel Genevese. Procurò di affermare la sua autorità sul ramo collaterale dei Savoia-Acaia (giungendo a imprigionare il ribelle Giacomo, signore di Pinerolo e di Torino) e sui marchesi di Saluzzo, coltivando perciò amichevoli relazioni coi Visconti, suggellate dal matrimonio della sorella Bianca con Galeazzo II. Valente capitano si dimostrò soprattutto nella guerra contro i Turchi e i Bulgari (1366-67) in difesa del cugino Giovanni V Paleologo, imperatore d'Oriente. Tornato in Italia, entrato nella lega contro i Visconti, si affermò nel Canavese e nel Biellese e occupò Cuneo. Per l'autorità di cui godeva, fu accettato il suo lodo, detto di Torino (8 ag. 1381), che decise del possesso di Tenedo tra Genova e Venezia. L'ultima sua impresa, nel 1382, fu la spedizione nel Napoletano al seguito di Luigi d'Angiò dal quale si riprometteva poi aiuti per sé, contro Carlo III di Durazzo. Ma fu vittima di un'epidemia scoppiata fra le sue truppe. Nel 1379 aveva dato ai suoi domini uno statuto, proseguendo così l'opera legislativa di Pietro II e preparando quella svolta poi da Amedeo VIII.