Insieme di dottrine e movimenti che condividono, al di là delle differenze, alcune convinzioni fondamentali, quali l'individualismo radicale sul piano etico-politico, che conduce al rifiuto di ogni forma di autorità e alla prefigurazione di una società senza Stato (società anarchica o libertaria), il rifiuto dell'economia capitalistica a vantaggio di un'economia fondata sulla cooperazione, organizzata in forme mutualistiche o comunistiche (unica eccezione è la corrente degli anarco-capitalisti), la tematica del federalismo, visto come legame orizzontale tra comunità libere.
Una dottrina che propugnava l’abolizione di ogni governo sull’individuo e, soprattutto, l’abolizione dello Stato assunse una particolare fisionomia verso la metà del 19° secolo, dapprima con caratteri quasi esclusivamente filosofici, come nell’individualismo di M. Stirner. Poi, prevalendo la ricerca di una precisa struttura politico-giuridica, fu intesa come dottrina di un assetto giuridico e sociale che elimina, o riduce al minimo, il potere centrale dell’autorità. Questo anarchismo politico (che ha poi assunto il nome più specifico di anarcosindacalismo) ha il suo classico fondamentale in P.J. Proudhon, ed è stato particolarmente propugnato e sviluppato, nella teoria e nella pratica, da M. Bakunin e da P. Kropotkin, oltre che celebrato, nel campo letterario, da L. Tolstoj. Esso si risolve nell’idea di un estremo decentramento dei poteri amministrativi della società perché i lavoratori possano organizzare da sé, partendo dai più piccoli nuclei e nel modo più diretto, la proprietà e l’amministrazione dei mezzi di produzione e in genere dell’intera ricchezza e quindi, pur condividendo in pieno l’ideale collettivistico e anticapitalistico del comunismo, si oppone radicalmente al suo centralismo autoritario.
Il movimento anarchico, in questo senso, ebbe largo sviluppo non solo nella seconda metà del 19° sec., ma anche nei primi decenni del 20° (per es. in Spagna), e avversò qualsiasi forma di governo sia autoritario sia liberale. Numerosi furono gli attentati e i moti rivoluzionari: quali l’uccisione del presidente francese S. Carnot a opera dell’italiano S. Caserio (1894), quella del presidente spagnolo A. Cánovas del Castillo (1897), quella di Umberto I (1900) a opera di G. Bresci. Durante la rivoluzione russa gli anarchici si posero contro il partito bolscevico e la dittatura del proletariato. Ruolo di primo piano hanno poi avuto gli anarchici nella rivoluzione e nella guerra di Spagna (1936-1938).
In Italia, dopo la caduta del fascismo, ha ripreso vigore un movimento anarchico o libertario che nel settembre 1945 (Congresso di Carrara) ha costituito la Federazione anarchica italiana (FAI). Entrata successivamente in crisi a causa di dissidi interni, la FAI si è scissa, dando vita nello stesso anno ai Gruppi di iniziativa anarchica (GAI), in netto dissenso con una struttura organizzativa ritenuta in conflitto con i valori dell’autonomia e della libertà personali, progressivamente dissoltisi entro il 2011. Sia pure con apparati ideologici, modalità e prassi distinte, i movimenti anarchici nazionali hanno trovato larghe intese con la galassia ampia e cosmopolita associata nell'Internazionale delle federazioni anarchiche (IFA). Attiva in Italia almeno dal 2003 è la Federazione anarchica informale - Fronte rivoluzionario internazionale (FAI-FRI, da non confondere con l'acronimo FAI della Federazione anarchica italiana), promotrice di azioni eversive con espliciti richiami alla violenza insurrezionale contro gli apparati dello Stato.