Bandini, Angelo Maria
B. nacque a Firenze nel 1726 e morì a Fiesole nel 1803. Bibliotecario (diresse per mezzo secolo le fiorentine Marucelliana e Laurenziana) e antiquario, dedicò gran parte delle sue indagini erudite all’Umanesimo e al Rinascimento fiorentini. Nel giovanile Specimen literaturae florentinae saeculi XV, consacrato soprattutto all’opera di Cristoforo Landino, menziona M. nella cerchia di coloro che animarono le conversazioni platoniche e repubblicane degli Orti Oricellari; sulle orme di un giudizio di Benedetto Varchi, equipara M., fatta salva la diversa statura morale, ai dotti dell’antichità:
His sese adiunxit celebris ille Nicolaus Machiavellus, ex cuius eruditis sermonibus maximam doctrinae cognitionem Academici hauriebant. Ille enim, ut cum Varchio loquar, si summae doctrinae, atque intimae politices cognitioni morum integritatem coniunxisset, cum veteribus doctissimis viris esset iure optimo aequiparandus
Ad essi si unì il celebre Niccolò Machiavelli, dai cui eruditi discorsi gli Accademici attingevano la maggior parte della loro cultura. E se egli, per dirla col Varchi, avesse unito alla somma cultura e alla perfetta conoscenza della politica l’integrità dei costumi, sarebbe da mettere con ragione alla pari con i più dotti uomini dell’antichità (Specimen literaturae ..., 1747-1751, 2° vol., p. 87).
B. si sofferma più a lungo su M. nella successiva Collectio veterum aliquot monimentorum ad historiam praecipue litterariam pertinentium (1752), dove pubblica inediti machiavelliani: il Rapporto di cose della Magna e lettere di corrispondenti (Agostino Vespucci, Francesco Guicciardini). Il carattere antologico e quasi occasionale della Collectio (che raccoglie anche scritti di Landino, Paleario, Castelvetro ecc.) non deve trarre in inganno: la compilazione rappresenta in Toscana «il primo serio tentativo di aprire la strada a una completa riabilitazione di Machiavelli» (Bertelli, Innocenti 1979, p. CVI). È notevole il breve profilo biografico contenuto nei prolegomeni alla Collectio, teso a riscattare M., noster politicorum omnium post Graecos ac Latinos facile princeps «di gran lunga il primo, dopo i greci e i latini, di tutti i nostri pensatori politici» (Collectio veterum..., cit., p. XXVIII), dal novero degli scrittori vitandi, secondo quello che era stato il luogo comune controriformistico. B. loda lo stile delle opere storiche di M., insuper eloquentiae exemplar («insuperato esemplare di eloquenza») e giudica la sua scelta di scrivere in volgare, non in latino, dettata da motivi politico-patriottici, ancor prima che letterari:
indignum bono cive putaret, cum patrio sermone, eoque sat culto commode uti posset, alii cuivis linguæ addere dignitatem malle avrebbe stimato indegno di un buon cittadino, dal momento che poteva adoperare al meglio la lingua patria, per giunta sufficientemente coltivata, aggiungere il decoro di qualunque altra straniera (p. XXIX);
segnala poi la contraddizione tra la dedica del «libellus de Principe» a Lorenzo di Piero de’ Medici e la persecuzione di M., «in publicos carceres detrusus», in quanto sospetto di congiurare a favore di un ritorno della Repubblica (p. XXXI; menziona qui alla rinfusa varie confutazioni del Principe, compresa la recente e anonima di Federico II di Prussia).
B. si interroga sulle intime convinzioni religiose di M., menzionando anche il famoso aneddoto, già diffuso nel Cinquecento e rilanciato da Pierre Bayle, sul desiderio (espresso tramite un sogno poco prima di morire) d’essere dannato coi grandi dell’antichità piuttosto che beato in compagnia dei poveri di spirito (→ Doni, Anton Francesco). Tuttavia, in accordo con l’intento apologetico della biografia, cita (p. XXXII) un biglietto di uno dei figli di M., Piero, a un Francesco Nelli (Nelli era stata la madre di Niccolò), in cui si rievoca M. devoto e penitente sul letto di morte in presenza di un «frate Matteo»: il biglietto è in realtà un falso, fabbricato, secondo Giuseppe Pelli Bencivenni, da un pronipote settecentesco di Nelli, Giovanni Battista Clemente, che era letterato non nuovo a simili imprese (Pelli Bencivenni, s. I, 2° vol., 1759-1760, pp. 134-35, http://pelli.bncf.firenze.sbn.it/it/PelliGiuseppeListOfWork.html, 14 nov. 2013; Tommasini 1883-1911, 2° vol., pp. 902-05; Bertelli 1969, pp. 541-42; Bertelli, Innocenti 1979, p. CVI). Anche tale pia falsificazione indusse la commissione dell’Indice a Roma (dove sedeva un amico di B., Tommaso Agostini Ricchini) a far cadere una denuncia scagliata contro la Collectio, e la conseguente proibizione, restando salva la richiesta di un’esplicita dissociazione dalle più sospette proposizioni di M. (Bertelli, Innocenti 1979, p. CVII).
In effetti tutto il rapporto di M. con la Chiesa, riflette B., era stato controverso e contraddittorio: al favore arriso alla Mandragola presso la curia mediceo romana di Leone X aveva fatto da contrappunto la successiva avversione fratesca nei confronti della commedia:
sed cum in his cucullatorum, ac clericorum mores acri stylo […] reprehendantur, adeo universo istorum Ordini displicuere, ut Machiavelli famam labefactatum totis viribus inruerent ma essendo biasimati nelle sue commedie con penna pungente i costumi dei monaci e dei preti, tanto le commedie dispiacquero all’intero ordine di costoro, che si scagliarono a tutta forza per distruggere la fama di Machiavelli (Collectio veterum..., cit., p. XXXIX).
In chiusura, B. assolve M. dall’accusa di ateismo (oltre tutto il suo nome, osserva, non compare nella Historia universalis atheismi et atheorum di Jacob Friedrich Reimmann, 1725), notando che, soltanto tardi, con il pontificato di Clemente VIII, «Antonii Possevini et Thomae Bozii instigatione» (un gesuita e un oratoriano: vale a dire, due tipici esponenti della Controriforma), i libri di M., a lungo stampati e ristampati anche nella città del papa, furono avversati da Roma e infine proibiti (Collectio veterum..., cit., p. XLII).
Parecchi anni dopo, tra il 1778 e il 1779, il napoletano Giuseppe Maria Galanti, che progettava una poi abortita edizione di M., chiese aiuto a B.: il quale in sostanza lo scoraggiò, come a ribadire che i letterati toscani consideravano ormai il rilancio di M. quasi esclusivo affar loro (Bertelli, Innocenti 1979, pp. CXII-CXIV).
Bibliografia: Specimen literaturae florentinae saeculi XV. In quo dum Christophori Landini gesta enarrantur […] et Acta Academiae Platonicae a Magno Cosma excitatae cui idem praeerat, recensentur et illustrantur, Firenze 1747-1751; Collectio veterum aliquot monimentorum ad historiam precipue litterariam pertinentium, Arezzo 1752.
Per gli studi critici si vedano: G. Pelli Bencivenni, Efemeridi, s. I, voll. 1-30, s. II, voll. 1-18 (1759-1790), htpp://www.pelli.bncf.firenze.sbn.it/it/PelliGiuseppeListOfWork.html (14 nov. 2013); O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2 voll., Torino-Roma 1883-1911; M. Rosa, Bandini Angelo Maria, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 5° vol., Roma 1963, ad vocem; S. Bertelli, Appunti e osservazioni in margine all’edizione di un nuovo epistolario machiavelliano, «Il pensiero politico», 1969, 2, pp. 536-79; S. Bertelli, P. Innocenti, Bibliografia machiavelliana, Verona 1979.