CECCHI, Antonio
Nacque a Pesaro il 28 genn. 1849 da Agostino e Luigia Spinaci, secondo di numerosi fratelli e sorelle. Suo padre era un commerciante e importatore di derrate. Trascorse gli anni dell'adolescenza nella città natale, dove compì i primi studi, in parte all'istituto tecnico e in parte presso maestri privati; li proseguì poi a Trieste presso l'Accademia navale e a Venezia, dove nel 1874 conseguì il diploma di capitano di lungo corso all'istituto di marina mercantile.
Appena diplomato s'imbarcò su una nave austriaca, il "Tridente", quindi su una genovese, l'"Innocente", passando così quasi subito dalla navigazione sul Mediterraneo alle rotte dirette alle Indie. Nel 1875 ottenne il comando in seconda della goletta "Proteo", che avrebbe dovuto esercitare la pesca delle perle e del corallo nel golfo di Aden, ma che si ridusse poi a compiere un servizio di trasporto da Zeila ad Aden.
Durante uno dei suoi frequenti ritorni a Pesaro conobbe e sposò Isotta Guidomei, appartenente a una famiglia patrizia di Cesena, il cui casato, imparentato coi Bonarelli di Ancona e coi Mastai Ferretti di Senigallia, aveva antiche propaggini nella storia delle grandi famiglie italiane, non esclusa quella degli Ubaldini. Da lei ebbe tre figli: Olema, Gino e Maria Luisa.
Nel frattempo era entrato, in qualità di ufficiale, al servizio della Società Raffaele Rubattino, ma praticamente non ebbel'opportunità di adempiere a questo incarico, in quanto venne quasi subito aggregato, su proposta di Sebastiano Martini Bernardi, alla cosiddetta seconda spedizione nell'Africa equatotiale, comandata dal marchese Orazio Antinori e comprendente anche l'ingegnere Giovanni Chiarini, col compito di svolgere osservazioni astronomiche, topografiche e meteorologiche.
Partito da Livorno, insieme con il Martini, il 6 marzo 1877, avrebbe raggiunto gli altri membri della spedizione a Farè solo alla fine di settembre, dopo aver toccato Zeila, Tocoscia, Dinani, Mordali, Uaroff, la foresta di Tull-Harrè e il territorio dei Danachili. Rientrato nuovamente in Italia il Martini, nei primi giorni di dicembre l'Antinori, il Chiarini e il C., a causa del conflitto esploso fra Menelik e l'imperatore Giovanni, dovettero riparare momentaneamente a Cobbò. Ritornati a Liccè, riconquistata da Menelik, il 14 maggio 1878 essi ripresero il cammino diretti a Rogghiè, separandosi il 3 luglio, all'altezza di Finfinni, dall'Antinori, che affidò ufficialmente la direzione della spedizione al C.; questi ed il Chiarini partirono per il Caffa, passando attraverso la tribù dei Soddo e per Mogier, capitale del Cabiena, che venne raggiunta il 21 luglio. Ripresa la marcia il 30 settembre, dopo aver attraversato la tribù galla dei Tadalliè e i due fiumi Ualgà e Ghibiè, giunsero fra i Botor. Ripartiti il 13 novembre, dopo un mese di sosta, ed attraversata la tribù dei Ciora, il 23 novembre arrivarono a Saka, capitale del re del Limmu, Abbà Gommoli, che li trattenne fino alla fine di gennaio del 1879, quando poterono riprendere il viaggio, prima alla volta del minuscolo regno di Gomma e poi di Cialla, la capitale del Ghera, dove giunsero il 6 febbraio.
A Cialla caddero però prigionieri della regina Ghennè-Fa', convinta, come gli altri sovrani degli Stati oromoni, che i due esploratori non fossero altro che spie di Menelik, per cui decisero che il Chiarini sarebbe ritornato nello Scioa per chiedere soccorso e cercare di inviare loro notizie in Italia, mentre il C. sarebbe rimasto nel Ghera, praticamente in ostaggio.
Rientrati a Cialla (24 giugno), il Chiarini morì dopo pochi mesi, il 5 ottobre, in conseguenza di atroci dolori intestinali provocatigli, secondo le supposizioni del C., da sostanze velenose fattegli somministrare dalla regina Ghennè; e il C. dovette restare nel regno di Ghera fino all'agosto del 1880, quando venne liberato su ordine del negus, grazie all'intervento di Gustavo Bianchi e alla mediazione di ras Adàl, governatore del Goggiam.
Il 14 ottobre il C. incontrò il conte Pietro Antonelli e l'ingegnere svizzero Alfredo Ilg; il 24, nelle vicinanze di Monkour, s'imbatté nel Bianchi, già visto l'11 settembre dalla sponda opposta dell'Abbai, che non gli era stato però possibile allora attraversare. Abbandonato l'ingegnere Ilg, che fece subito ritorno allo Scioa, i tre esploratori italiani raggiunsero Dembecèià, da dove la mattina del 20 dicembre ripartirono alla volta di Samarà, residenza del negus, ove giunsero il 15 genn. 1881. L'Antonelli e il C. proseguirono verso lo Scioa al seguito di Menelik, che si era recato al campo dell'imperatore per la cerimonia dell'incoronazione, e poi, essendosi fermato il re ad Uorraà-Hailù, si diressero da soli verso Let-Marefià, dove, il 5 marzo, si ricongiunsero con il marchese Antinori.
Dopo alcuni giorni di riposo, abbandonarono Let-Marefià per compiere alcune escursioni nella regione circostante per completare gli studi e le osservazioni necessarie a determinare con esattezza la posizione geografica di alcune località dello Scioa e fornire quindi una carta della regione il più possibile completa. Il 19 giugno furono nuovamente a Let-Marefià, dove lasciarono l'Antinori, per rientrare in Italia. Il 3 dicembre erano a Zeila; nei primi giorni del 1882 raggiunsero Aden, dove si fermò l'Antonelli. Il C. tornò così da solo in Italia arrivando a Brindisi il 20 gennaio, accolto dal vicepresidente della Società geografica italiana.
Dopo il suo ritorno in patria, il C. si ritirò a Pesaro, dedicandosi, pressoché interamente, per quasi due anni, alla stesura dell'opera contenente la cronistoria della spedizione e la valorizzazione di tutte le osservazioni scientifiche che erano state compiute e raccolte dai vari componenti.
Da Zeila alle frontiere del Kaffa venne pubblicato a Roma tra il 1885 ed il 1887 (il primo volume nel 1885, il secondo nel 1886, il terzo nel 1887) dall'editore Ermanno Loescher, a cura della Società geografica italiana,preceduta da una prefazione del suo presidente Cesare Correnti. L'edizione fu ampiamente e riccamente corredata da numerose illustrazioni e da tre carte geografiche. In essa, per sua esplicita ammissione, il C. riprese e rielaborò anche le osservazioni e le indagini compiute da Giuseppe Chiarini, da Orazio Antinori e dal padre savoiardo Léon des Avanchères, da loro incontrato nel regno di Ghera.
Il lavoro, per la cui struttura narrativa il C. ricevette l'aiuto e la collaborazione dell'amico Francesco Raffaelli, si compone di tre volumi. Il primo, assai ricco di disegni e di carte, contiene alcuni capitoli sui Somali e sui Danachili, svariate informazioni sullo Scioa e sull'Etiopia, nonché uno studio sullo costituzione fisica della regione somala. Il secondo volume comprende il resoconto dei problemi e delle difficoltà incontrate dal C. e dal Chiarini attraverso i piccoli regni della Etiopia meridionale, del periodo di prigionia nel regno di Ghera, della morte di padre Léon des Avanchères e del Chiarini. Nel terzo sono riportati i risultati di alcuni studi di natura linguistica del Chiarini, un saggio di grammatica oromonica che Ettore Viterbo compose sulle note di padre Massaia, alcune novelle africane, una relazione di G. Grattarola sui campioni minerali raccolti dal C., e un elenco di osservazioni meteorologiche condotte dal giugno 1876 al giugno 1881.
L'opera ebbe una favorevole accoglienza sia in Italia sia all'estero (fu tradotta parzialmente in tedesco a Lipsia nel 1888 e venne elogiata da studiosi come il Wichmann e il Paulitschke) e costituì indubbiamente un utile aggiornamento dei dati geografici, geodetici, storici, linguistici ed etnografici fino ad allora noti sulle regioni etiopiche. Esatte e pertinenti furono, infatti, le sue considerazioni sul significato, e sulle caratteristiche della storia delle popolazioni etiopiche, nonché sull'importanza che ha sempre avuto per l'Abissinia la questione religiosa. Va ascritto pure a merito del C. il fatto che egli riuscì a non perdere quasi mai di vista la complessità e le note peculiari del mondo nel quale ebbe l'opportunità di penetrare, pur rimanendo logicamente legato, nelle sue descrizioni, ai dettami sbrigativi della sociologia ottocentesca e al mito allora praticamente indiscusso della superiorità dell'uomo bianco, elemento questo che non gli impedì tuttavia di manifestare in alcune circostanze il suo sincero apprezzamento per quanto aveva trovato, per lui, di positivo e di interessante nella civiltà abissina, come, in particolar modo, il sentimento dell'amicizia, la bontà delle donne, la valentia guerriera, ecc. Tuttavia più che un'opera scientifica vera e propria il C. - come ha opportunamente sottolineato il Battaglia (p. 116) - "ha finito per scrivere uno dei più appassionanti racconti di viaggio africani... Un racconto tale da accendere la fantasia della generazione postunitaria, da tramutarsi subito in romanzo e in leggenda".
Terminata la stesura di quest'opera, essendo stata sospesa una missione al Congo, che gli era stata affidata nel 1884 dal governo italiano, il C. all'inizio del 1885 venne incaricato, dal ministro degli Esteri P. S. Mancini, di accompagnare, "quale esperto dei luoghi e dell'ambiente indigeno", il colonnello T. Saletta a Massaua, sulla nave "Gottardo", in occasione dello sbarco del primo scaglione del nostro corpo di spedizione in Eritrea: a questa circostanza va ricondotta la stesura della memoria L'Abissinia settentrionale e le strade che vi conducono da Massaua, assai utile, dal punto di vista pratico, in un momento in cui stavano sorgendo in Eritrea i primi staliziamenti coloniali italiani.
Alla fine di marzo dello stesso anno, il C. si imbarcava, per ordine dell'ammiraglio P. Caimi, comandante le forze italiane nel Mar Rosso, sul regio avviso "A. Barbarigo", che lo aveva raggiunto a Massaua, per visitare, secondo le istruzioni ministeriali, i porti del Benadir e di Zanzibar, col cui sultano, Said Bargash, il 28 maggio firmava un trattato di commercio, perfezionato dall'articolo addizionale del 10 ottobre, che costituì il punto di partenza della nostra penetrazione nel Benadir.
In agosto compì anche una ricognizione alle foci del Giuba, assai breve e incompleta (fino all'altezza di Giumbo), che gli permise tuttavia di stendere una relazione di ben 128 pagine manoscritte, inviate con urgenza al ministero degli Esteri, dalla quale già emergeva quello che avrebbe costituito da allora in poi l'obiettivo dominante della sua azione politica e diplomatica in Africa orientale: l'occupazione e lo sfruttamento, da parte dell'Italia, della zona dell'Oltregiuba. Il governo italiano ritenne, tuttavia, poco opportuna, in quel momento, una iniziativa del genere, per cui il C. dovette rientrare in Italia piuttosto deluso e amareggiato, ma fortemente deciso a diffondere e a far prevalere le sue idee con scritti e conferenze.
L'8 genn. 1886 il C. fu designato agente politico e commerciale nel Congo, ma il 4 luglio la nomina venne sospesa. Il 30 giugno 1887 il governo lo nominò invece console ad Aden, in assenza del titolare, confermandolo poi come console effettivoed elevando, al tempo stesso, Aden a consolato generale. In quel periodo fu colpito dalla morte della moglie avvenuta a Milano il 2 ag. 1890, in seguito alla quale decise di tornare per qualche tempo in Italia. Nel 1892 venne designato console generale a Zanzibar, succedendo nella carica al cav. V. Filonardi, il quale aveva dato vita all'omonima compagnia, che aveva temporaneamente assunto, a nome del governo italiano, l'amministrazione della colonia del Benadir con le città di Brava, Merca e Mogadiscio.
Benché l'attività politico-diplomatica lo assorbisse notevolmente, il C. tornava spesso in Italia per rivedere i figli e durante uno di questi viaggi conobbe la giovane Léonie Richard, figlia di Giulio, il fondatore della famosa Società ceramica, che sposò e condusse con sé a Zanzibar, dove però Léonie non riuscì a sopportare il clima tropicale, ammalandosi ben presto e morendo nel corso della traversata che la stava riconducendo in patria.
Nella sua qualità di console italiano a Zanzibar il C. si adoperò attivamente perché l'Italia potesse affermare la sua influenza sulla costa della Somalia e sulla retrostante vallata dell'Uebi Scebeli, sostenendo soprattutto la costituzione di una società commerciale capace di sostituirsi alla Compagnia Filonardi prima dello scadere della concessione e dell'esercizio provvisorio dei porti del Benadir concordato nel maggio del 1893 col sultano di Zanzibar. Egli insistette ripetutamente, nei suoi rapporti, anche sull'importanza di acquisire il porto di Chisimaio, sulla necessità di occupare Lugh e sull'opportunità di stipulare trattati di amicizia e di protezione coi piccoli sultani dell'interno, per poter così estendere l'influenza italiana su quei territori.
Nel novembre del 1895 il C. era a Milano, impegnato ad illustrare, a industriali e a giornalisti, "i grandi vantaggi commerciali" del Benadir e la sua importanza strategica nei confronti dell'Abissinia: il 15 apr. 1896 nascerà, così, espressione soprattutto di un gruppo di cotonieri lombardi, la Società anonima commerciale italiana del Benadir, solo 40 giorni dopo la disfatta di Adua; ed alla fine dello stesso mese il C. lascerà l'Italia per tornare a Mogadiscio, dove fu subito costretto ad affrontare i complessi problemi inerenti al passaggio dei poteri dalla Società Filonardi alla nuova Società del Benadir.
Partito da Mogadiscio con un carovana in ricognizione presso Webi Scebeli, con lo scopo di far visita al sultano di Gheledi per concordare un'efficace azione di difesa in caso di invasione da parte degli Amara, la notte fra il 25 e il 26 nov. 1896 venne assalito da un gruppo di somali in una regione boschiva presso Lafolè e ucciso assieme agli altri componenti della carovana. Le sue spoglie, parzialmente ritrovate, furono trasportate a Pesaro nel 1898 e deposte nella tomba di famiglia.
Opere: Dallo Scioa al Ghera. La morte di Chiarini, in Nuova Antologia, 1º maggio 1882, pp. 122 ss.; L'esercito dello Scioa, in Riv. militare ital., XXIX (1884), pp. 401 ss.; Le popolaz. della regione di Assab, in Nuova Antologia, 1º febbr. 1885, pp. 523 ss., 16 sett. 1885, pp. 281-293; Le mie vicende durante la prigionia del Ghera, ibid., 16 maggio 1885, pp. 257 ss.; Da Zeila alle frontiere del Kaffa, Roma 1885-1887 (l'opera venne anche tradotta in lingua tedesca con il titolo Fünf Jahre in Ostafrika. Reisen durch die südlichen Grenzländer Abessiniens von Zeila bis Kaffa, Leipzig 1888); L'Abissinia settentrionale e le strade che vi conducono da Massaua, Milano 1887; Mozambico, Delagoa Bay e Natale, in Boll. della Soc. africana d'Italia, VIII (1889), pp. 76-80; L'avvenire commerciale di Massaua, ibid., pp. 243-253; Aden e il suo commercio, Roma 1890; Al Giuba, in Nuova Antologia, 1º dic. 1892, pp. 488-495 s.; Notizie geogr. e commerciali sul protettorato britannico della costa somala sul golfo di Aden, in Mem. della Soc. geogr. ital.,V (1896), pp. 351-362. In collaborazione col Chiarini: Relaz. intorno alle ultime vicende della spedizione italiana in Africa attraverso i regni di Ghera, Gomma, Gimma e Gura, Pesaro 1882; Vicende e scoperte fra i Galla, Milano 1882.
Fonti e Bibl.: A. Brunialti, A. C.,in Annuario geogr. ... 1895-1896, Torino 1897, pp. 399 s.; E. Millosevich, A. C.,in Boll. della Soc. geogr. Ital., XXXIV(1897), pp. 3-8; Funerali di A. C. Iscrizioni, Perugia 1897; Roma, Museo dell'Africa italiana, doc. n. 4947: Relaz. del cap. A. C. indirizzata a sua Ecc. il ministro degli Affari Esteri sul viaggio della nave da guerra "Barbarigo" da Zanzibar-Lamo-Porto Durnford-Kisimajo e sulla ricogniz. compiuta alla foce del Giuba - a Giumbo ed in località viciniori dell'interno dal 29 luglio al 29 ag. 1885 (ms. di 132 facciate). Sempre a Roma sono reperibili docum. inediti sul C. nei seguenti archivi: Arch. storico dell'ex ministero dell'Africa italiana; Arch. Eritrea; Arch. storico della Società geografica italiana. Lettere e brevi relazioni del C., nonché lettere e relazioni di quanti lo accompagnarono o lo incontrarono nel corso delle sue spedizioni in Africa sono reperibili nel Boll. della Soc. geogr. ital. (nelle annate comprese fra il 1887 e il 1896), ne L'Esploratore (nelle annate comprese fra il 1877 e il 1885), nelle Mem. della Soc. geogr. ital.,dal 1878 al 1896; S. Martini Bernardi, La baia di Assab e rivelazioni sull'esito dell'ultimo periodo della spediz. africana della Società geogr. ital.,Firenze 1881, passim; Id., Ricordi di escurs. in Africa dal 1878 al 1881, Diario geogr. e topografico, Firenze 1886, passim; Id., La questione africana, Firenze 1888, passim; G. Antinori, Il march. Orazio Antinori e la spediz. geografica ital. nell'Africa Equatoriale, Perugia 1883, passim; L. Landini, Due anni in Africa col marchese Orazio Antinori. Memorie, Città di Castello 1884, passim; G. Bianchi, Alla terra dei Galla, Milano 1884, passim; P.Antonelli, Spedizione ital. nello Scioa (1876-1882), Roma 1890, passim; R. De Alberti, A. C. e la strage di Mogadiscio, in L'Illustr. ital., 1º nov. 1896, p. 300; F. Porena, A. C., in Boll. della Soc. afr. d'Italia, XIV(1896), pp. 173-179; A. Bizzoni, L'Eritrea nel passato e nel presente, Milano 1897, passim; P. Rembado, L'eccidio di Lafòlè narrato dall'ordinanza del comandante Maffei, in L'Illustrazione ital.,28 marzo 1897, pp. 188 ss.; G. Marinelli, A. C.,in Rivista geografica italiana, IV(1898), pp. 3-22; L. Robecchi Brichetti, Somalia e Benadir, Milano 1899, pp. 96-103; P. Levi, La Società del Benadir e il sottoscritto, Roma 1903, passim; G. Chiesi, La colonizzazione europea nell'Est Africa, Torino 1909, ad Ind.; Onoranze al capitano A. C., Pesaro 1911; La commemorazione di A. C. a Pesaro, in Rivista coloniale, V (1910), pp. 300-308; C. Bertacchi, A. C.,in Bollettino della Soc. geogr. Ital., LIX (1922), pp. 185-220; Id., A. C. e la politica coloniale dell'Italia, in Conversazioni geografiche, Torino 1925, pp. 215-262; Id., L'impero coloniale delle due Eritree e l'opera fondamentale di A. C., in Minerva, XXXVI(1926), pp. 81 ss.; C. Cesari, A. C. e la Somalia italiana, in Rivista coloniale, XXI (1926), pp. 341-359; F. 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