ASCOLI PICENO
(gr. ῎Ασϰουλον; lat. Asculum Picenum, Asclum, Asculus)
Città delle Marche, capoluogo di provincia. Sorta alla confluenza del fiume Tronto e del torrente Castellano, l'antica capitale dei Piceni nel 285 a.C. fu conquistata dai Romani. Nel sec. 4° fu evangelizzata dal vescovo Emidio; dal 578 dovette sottostare alla dominazione longobarda per essere poi nel 774 integrata ai domini della Chiesa. A partire dal sec. 10° e sino alla metà del 13° fu governata dai vescovi-conti, anche se fin dal 1185 era stata riconosciuta la sua costituzione in comune. Nel 1242 fu espugnata, dopo un aspro assedio, da Federico II, il quale abrogò la carica dei vescovi-conti e amplificò i poteri delle magistrature comunali, concedendo privilegi che vennero confermati anche alla morte di Manfredi quando la città tornò sotto la Chiesa.L'incontro del cardo con il decumanus dell'antico impianto urbanistico romano interseca l'od. piazza del Popolo, centro attuale della città (dalle fonti ricordata come platea superior), ma il nucleo abitativo più consistente della città medievale si sviluppò, in un primo tempo, intorno all'od. piazza Ventidio Basso (l'antica platea S. Anastaxiy, indicata come platea inferior); in posizione intermedia si andava nel contempo definendo l'epicentro civile e religioso con la nuova cattedrale e la tribuna dell'Arengo (dalle cronache indicato come platea mayor o communis) e un altro insediamento sorgeva intorno al monastero di S. Angelo Magno dando luogo a una struttura urbana policentrica (Saladini, 1974). Questa, dopo il Mille, con il fenomeno dell'inurbamento della popolazione rurale e della nobiltà feudale, conobbe, però, una rapida espansione e progressiva fusione.Il trasferimento in città della nobiltà feudale comportò l'edificazione di torri di difesa e di case-torri, in numero di ca. duecento, che si concentrarono lungo le strade di maggior importanza (via dei Soderini, via di Solestà, via delle Torri, via del Trivio). L'esemplare più significativo di tali costruzioni è la torre degli Ercolani che sorge accanto al palazzetto 'longobardo' (in realtà databile al sec. 12°), il quale nella fronte presenta quattro bifore finemente adorne con motivi a treccia e scene figurate (Sestili Torsani, Sestili, 1966).Non appare più ravvisabile la fisionomia medievale dei palazzi pubblici, eretti sulle piazze principali della città. In piazza Arringo prospetta l'attuale palazzo Comunale (sede della Bibl. Com. e della Pinacoteca Civ.) che è la risultante della fusione avvenuta nel sec. 17° dei medievali palazzi del Comune e dell'Arengo, mentre sulla piazza del Popolo si affaccia la severa quadrata mole del palazzo dei Capitani del popolo, che, innalzato nel sec. 13°, venne restaurato nel 16° secolo.La città conserva inoltre numerosi monumenti medievali - tutti realizzati nel duttile travertino locale - sovente rimaneggiati in epoche più tarde e riportati alla forma originale da recenti restauri. Intatto si presenta il battistero di S. Giovanni, situato accanto alla cattedrale in piazza Arringo, l'antico forum romano. L'edificio, ottagonale, con paramento di grandi pietre squadrate, singolarmente guarnito di quattro absidi tronche che trasformano in cubica la sua imposta di base, è ingentilito alla sommità da una serie di arcatelle formanti una loggia, come è consuetudine nello stile romanico lombardo, ed è sormontato da una cupola con lanternino. Taluni autori ipotizzano che il paramento e l'impianto esterno non siano che il rivestimento del nucleo interno, ritenuto sopravvivenza insigne di una primitiva edificazione del battistero nel sec. 5°-6° (come darebbe peraltro a pensare la presenza di alcuni ruderi romani, conglobati nella fabbrica, e della vasca battesimale per immersione, scavata al centro della costruzione), ma l'esame murario dimostra che l'attuale struttura, ispirata a prototipi lombardi, è da riportarsi interamente al sec. 12° (Serra, 1929-1934).Accanto al battistero sorge la coeva cattedrale, dedicata a s. Emidio ed edificata sul sito della basilica romana; si tratta di una vasta fabbrica che appare risultato di svariati adattamenti e sovrapposizioni, susseguitesi sino alle epoche più recenti. Il transetto triabsidato, illuminato da strette monofore a doppio strombo, e la cupola ottagona, sormontata da calotta sferica, rimangono le parti in cui la struttura medievale è ancora leggibile. La vasta cripta a quattro navate, che accoglie le reliquie di s. Emidio, eretta su strutture romane, presenta capitelli medievali di forma trapezoidale, con varie ed elementari decorazioni, sovente sormontati da pulvino (Paoletti, 1908). All'interno, nella cappella del Sacramento, si conserva un interessante paliotto d'altare del sec. 14°, in argento lavorato a sbalzo, diviso in ventisette formelle raffiguranti scene della Vita di Cristo e riferibile a una bottega abruzzese.L'ampia fabbrica di S. Francesco, la cui fiancata chiude a N il lato minore della piazza del Popolo, è il monumento ascolano più insigne dell'epoca gotica. Iniziata nel 1258, secondo la tradizione su disegno dell'architetto ascolano Antonio Vipera, consacrata non ancora finita nel 1271, la costruzione mendicante è un tipico esempio di spaziosa chiesa gotica 'a sala' con sostegni ottagoni sui quali si impostano agili archi acuti. Il coro trecentesco è caratterizzato da sette absidi poligonali e due torricelle angolari. Le cappelle all'interno presentano singolari volte cupoliformi con nervature a stella che, in contrapposizione alla austerità della navata, animano e dilatano scenograficamente la zona presbiteriale, completata nel sec. 15° con l'attuale tribuna. La trecentesca facciata, a tipico coronamento orizzontale di suggestione abruzzese, in cui si aprono tre portali ornati, presenta modi plastico-decorativi veneto-emiliani (Frascarelli, 1855; Krönig, 1938; Simi Varanelli, 1978).La tipologia della chiesa 'a sala', prediletta dagli Ordini mendicanti, ritorna nella grandiosa fabbrica domenicana di S. Pietro Martire, situata anch'essa in zona centrale sulla antica platea S. Anastaxiy, e già edificata nel 1332. La costruzione a tre navi e tre absidi poligonali presenta slanciati sostegni cilindrici che reggevano un tempo archi acuti, trasformati poi nel sec. 16° in archi a tutto sesto.Numerose sono le chiese costruite nel corso del Duecento e oltre che ancora presentano una struttura romanica. Così la chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio, che, innalzata nel sec. 11° sopra una preesistente cripta del sec. 6°, venne ampliata e terminata nel 1389. L'originalissima facciata di forma rettangolare, ricostruita nel corso del Trecento, è scandita, come quelle di S. Pietro di Spoleto, del duomo di Assisi e di S. Giusta di Bazzano (dintorni dell'Aquila), da segmenti orizzontali e verticali in sessantaquattro formelle (che ai primi del Novecento mostravano ancora sbiadite tracce di affreschi); il portale è ornato con colonnine tortili e sormontato da una lunetta racchiudente figure scolpite a tutto tondo. Un'iscrizione con la data 1039, incisa nel fascione dell'archivolto, assegna il portale, o taluni frammenti di esso, alla fabbrica del sec. 11° (Cesari, 1919).Della chiesa di S. Maria inter vineas già esistente nel sec. 10°, che nell'Alto Medioevo dava origine e nome a uno dei quattro quartieri in cui era divisa la città e venne ricostruita e ampliata nei secc. 12° e 13°, la parte che meglio conserva la struttura medievale è l'abside che, fortificata e guarnita da basse finestre-feritoie, è inserita nella cinta urbana.L'ampia e solenne chiesa di S. Tommaso, con interno a tre navate, pur essendo databile alla seconda metà del Duecento, mostra ancora la tipica scansione romanica di pilastri cruciformi alternati a colonne che sostengono archi a tutto sesto. Sul presbiterio s'imposta una cupola ottagona.Romanico-gotico è anche l'interno della chiesa di S. Vittore, secondo Serra (1929-1934) il più antico dei monumenti religiosi ascolani. L'edificio, con navata mediana più elevata delle laterali, presenta piloni cruciformi sui quali si impostano archi a sesto acuto appena accennato. Nelle navate sono visibili tracce di affreschi risalenti al 13° secolo. La facciata a spioventi, in cui si aprono un portale ad arco falcato e un rosone a colonnette raggiate, scompartita in tutta la sua ampiezza da un motivo a doppio cordolo che separa il corpo inferiore dal superiore, è rimarchevole esempio, insieme alle affini facciate della già menzionata chiesa di S. Tommaso e delle due altre chiese cittadine di S. Giacomo e di S. Angelo Magno, del diffondersi e del perdurare nel territorio ascolano, anche oltre il sec. 14°, di semplificati modi stilistici romanico-gotici. La sunnominata chiesa di S. Giacomo, a unica navata con tetto a capriate, sorretto da grandi archi trasversi e originale portale ogivale sulle fiancate, risale al 13°-14° secolo. Allo stesso periodo sono da assegnarsi le fabbriche di S. Maria delle Donne, anch'essa con navata unica e presbiterio notevolmente rialzato, e di S. Pietro in Castello, che risalta per la singolare facciata a coronamento orizzontale secondo i descritti modi abruzzesi a lungo diffusi nell'ascolano.Da segnalare infine la suggestiva costruzione di S. Gregorio Magno, che nel sec. 13° venne incorporandosi a un tempio augusteo prostilo, tetrastilo, corinzio. Nella Pinacoteca Civ., documento di particolare interesse è costituito dal piviale ricamato donato al duomo nel 1288 da papa Niccolò IV, splendido esempio di opus anglicanum. Nel Mus. Archeologico Com. di A. sono conservati, tra l'altro, oggetti di epoca longobarda provenienti dalla non lontana necropoli di Castel Trosino.
Bibl.: G. Frascarelli, Memoria ossia Illustrazione della basilica e convento dei Padri Minori Conventuali in Ascoli del Piceno, Ascoli Piceno 1855; G.B. Carducci, Su le memorie e i monumenti di Ascoli nel Piceno, Fermo 1863; V. Paoletti, La cattedrale di Ascoli, nella storia e nell'arte, Ascoli Piceno 1908; E. Cesari, La chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio in Ascoli Piceno, Empoli 1919; L. Serra, L'arte nelle Marche, 2 voll., Pesaro-Roma 1929-1934; R. Elia, Le chiese gotiche di Ascoli Piceno, Atti Memorie Marche, s.V, 2-3, 1938, pp. 1-23; W. Krönig, Hallenkirchen in Mittelitalien, RömJKg 2, 1938, pp. 1-142; M. Pallottini, Profili di storia dell'urbanistica, I, Le Marche, Roma [1950]; id., L'architettura di ambiente nelle Marche, "Atti dell'XI Congresso Internazionale di Storia della Architettura, Roma 1959", Roma 1965, pp. 569-585; W. Krönig, Note sull'architettura religiosa delle Marche, ivi, pp. 205-232; A. Sestili Torsani, O. Sestili, Case e torri romaniche di Ascoli, Ascoli Piceno 1966; C. Saladini, Policentrismo e strada delle torri nella città vescovile, in Città, contado e feudi nell'urbanistica medievale, a cura di E. Guidoni, Roma 1974, pp. 127-148; A. Rodilossi, Guida per Ascoli Piceno, Ascoli Piceno 19773; E. Simi Varanelli, La tipologia delle chiese a sala e la sua diffusione nelle Marche ad opera degli Ordini mendicanti nei secoli XIII e XIV, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Macerata 11, 1978, pp. 133-185; Ascoli e il suo territorio, Milano 1984.E. Simi Varanelli