Austria
Stato federale dell’Europa centrale con capitale Vienna. Le regioni che oggi costituiscono l’A. facevano parte in età storica della Rezia (a O), ma soprattutto del Norico (a E), che i romani conquistarono al tempo di Augusto. Con la fine dell’impero romano il Norico fu invaso da stirpi germaniche, occupato dai goti (fine del 5° sec. d.C.), poi da franchi (535 ca.), longobardi (568) e, sullo scorcio del 6° sec., da avari e slavi. Della Rezia invece s’impadronirono gli alamanni insieme ad altre tribù germaniche (fine 4°-5° sec.). La storia dell’A. propriamente detta inizia nell’8° sec., con la lotta tra le stirpi germaniche e quelle slave e uralo-altaiche nella regione danubiana; successivamente Carlomagno fondò la Marca orientale (Ostmark), perché proteggesse l’impero franco dall’assalto dei popoli provenienti dall’Oriente. Travolta dall’invasione degli ungari, la marca fu ricostituita da Ottone I e assegnata dal figlio Ottone II a Leopoldo di Babenberg, primo di una serie di 12 margravi. L’ottavo, Enrico II, che trasferì la capitale da Pöchlarn a Vienna, ottenne nel 1156 il titolo ducale; Leopoldo II ereditò nel 1192 la Stiria (ducato dal 1180) e Federico II aggiunse ai propri possessi la Pusteria e la contea d’Istria; alla sua morte (1246), i domini dei Babenberg furono contesi tra Bela IV d’Ungheria e Ottocaro II di Boemia, che li ottenne (1251) e s’impadronì anche della Carinzia.
Fallito (1278) il tentativo di Ottocaro di fondare un impero slavo tra Alpi e Sudeti, l’A. divenne possesso del re di Germania Rodolfo I d’Asburgo, che ne investì nel 1282 insieme con Stiria e Carniola i figli Alberto e Rodolfo. Gli Asburgo approfittarono della corona imperiale per consolidare questi possessi e, anche quando la corona passò alle case rivali dei Wittelsbach e dei Lussemburgo, continuarono la loro espansione: tra la fine del 14° e la metà del 15° sec. divennero padroni di tutti i Paesi delle Alpi orientali, giungendo all’Adriatico. Questo sviluppo fu interrotto dalla divisione della casa nelle linee albertina e leopoldina. Nel 1485 Mattia Corvino, re d’Ungheria, occupò Vienna e soltanto alla sua morte (1490) Federico V (III come imperatore) poté riprendere i territori perduti. La fortuna degli Asburgo si risollevò per una serie di abili matrimoni. Il figlio di Federico III, Massimiliano (1493-1519), sposando Maria di Borgogna ottenne i territori delle Fiandre e dei Paesi Bassi; inoltre, facendo sposare il figlio Filippo il Bello con Giovanna d’Aragona e di Castiglia, pose la candidatura ai troni iberici e, con i matrimoni dei nipoti Ferdinando e Maria con i figli di Vladislao re di Boemia e d’Ungheria, Anna e Luigi, garantì la realizzazione delle vecchie aspirazioni asburgiche su quei regni. Mentre allargava i suoi domini con la contea di Gorizia e altre terre nel Tirolo, Massimiliano avviò l’organizzazione centralistica dei suoi Stati. Inseriti dal nipote Carlo V entro un immenso impero «su cui non tramontava il sole», i domini ereditari degli Asburgo furono, al momento della sua abdicazione (1556), affidati al fratello Ferdinando I, dal 1526 re di Boemia. L’A. poteva così riprendere la primitiva funzione di baluardo della cristianità, resa attuale dalla minaccia turca. Un grave pericolo interno era rappresentato dalle discordie religiose: in A. si era diffusa la riforma e in Boemia si erano risvegliate le idee di J. Hus; alla politica conciliante di Ferdinando I e del figlio Massimiliano II (1564-76) seguì il tentativo controriformista di Rodolfo II (1576-1612), ma neppure il fratello Mattia (1612-19) riuscì a sedare la lotta ormai aperta tra le confessioni religiose. Con l’atto di rivolta del 1618 dei protestanti boemi, noto con il nome di «defenestrazione di Praga», ebbe inizio la guerra dei Trent’anni. Con la Pace di Vestfalia (1648) l’imperatore Ferdinando III (1637-57) dovette rinunciare al suo sogno di predominio in Germania e in Europa. Però la monarchia era riuscita, nell’interno, a far trionfare il principio cattolico e, insieme, la sua autorità assoluta e poteva riprendere la sua spinta verso l’Oriente balcanico, contenendo l’offensiva turca e – dopo la parentesi del 1683 in cui Vienna fu salvata dalla minaccia ottomana dall’intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski – annettendo l’Ungheria (1687). Il felice esito di queste campagne consentì all’impero di riaffermare un suo ruolo attivo in Europa e Carlo VI (1711-40), costretto dalla guerra di Successione spagnola a rinunciare alle pretese sulla corona di Spagna, si assicurò tuttavia Milano, Napoli, Sardegna (nel 1720 scambiata con la Sicilia) e Paesi Bassi spagnoli; nel 1713, non avendo eredi maschi, promulgò la Prammatica sanzione in cui, stabilendo l’indivisibilità dello Stato, garantiva la successione alla figlia Maria Teresa. Superata la tormenta della guerra di Successione austriaca (1740-48), durante la quale Maria Teresa assicurò la corona imperiale al marito Francesco (I) di Lorena ma dovette cedere la Slesia a Federico II di Prussia e i ducati di Parma e Piacenza ai Borbone di Spagna, e nonostante la parentesi bellica della guerra dei Sette anni, l’imperatrice diede allo Stato una nuova struttura con una serie di riforme che vennero proseguite dal successore Giuseppe II, uno dei rappresentanti più tipici del dispotismo illuminato. Intanto l’A. conseguiva nuovi ingrandimenti territoriali: nella prima spartizione della Polonia (1772) ottenne la Galizia e la Lodomiria, nel 1775 dalla Turchia la Bucovina. L’attività riformatrice di Giuseppe II provocò tuttavia grave malcontento e il fratello Leopoldo II (1790-92) dovette revocare tali misure senza però riuscire a mantenere i Paesi Bassi, dichiaratisi indipendenti nel 1789.
Divampava intanto la Rivoluzione francese e, sebbene nel 1795 l’A. con la terza spartizione della Polonia realizzasse un nuovo ingrandimento, dal 1792 al 1815 tutte le forze del Paese furono indirizzate contro la marea rivoluzionaria e poi napoleonica: persi i Paesi Bassi e la Lombardia con il Trattato di Campoformio del 1797 (ottenendo però in cambio gran parte del territorio della Repubblica veneta) e la riva sinistra del Reno con la Pace di Lunéville (1801), mutilata dopo Austerlitz (1805) di Veneto, Istria e Dalmazia, l’A., che nel 1804 si era trasformata in impero d’A., con la sconfitta di Wagram e la Pace di Vienna (1809) fu alla mercé di Napoleone: Maria Luisa, figlia di Francesco (I come imperatore d’A.), gli fu data in sposa (1810) e le truppe austriache dovettero partecipare alla campagna di Russia. Riacquistata la propria autonomia con il disastro della spedizione, dopo aver nuovamente dichiarato guerra a Napoleone nel 1813, l’A. sotto la guida di K. von Metternich raggiunse l’apogeo della potenza nel Congresso di Vienna (1814-15): veniva ricostituita la compagine dell’impero austriaco (Milano e il Veneto come Regno lombardo-veneto, la Toscana come secondogenitura, Parma e Piacenza come terzogenitura, la Galizia, le province illiriche, il Tirolo e Salisburgo), assicurata la supremazia in Italia e, grazie alla presidenza del Bundestag di Francoforte, in Germania. Dopo il 1815 l’A. praticò una rigida politica di repressione dei tentativi rivoluzionari e indipendentisti. La politica di Metternich non riuscì però a comporre i dissidi interni nazionali, che si manifestarono pienamente nel 1848, costringendo Ferdinando I, salito al trono nel 1815, ad abdicare in favore del nipote Francesco Giuseppe. Ristabilito l’ordine e riaffermato il potere su tutte le regioni, l’imperatore dovette però mitigare l’atteggiamento reazionario dopo la perdita della Lombardia, la scomparsa del granducato di Toscana e dei ducati di Modena e Parma (1859), tentando di riordinare l’impero su basi costituzionali. Con la guerra del 1866 l’A. fu definitivamente esclusa dalla Germania e perse il Veneto. Nei confronti dell’Ungheria non rimase che la strada del compromesso del 1867, con la costituzione della monarchia austro-ungarica. Una netta conversione avvenne anche sul piano della politica internazionale, dove l’A. realizzò il trattato segreto d’alleanza con la Germania (1879), l’alleanza dei tre imperatori con Germania e Russia (1881) e la Triplice alleanza con Germania e Italia (1882). All’interno, intanto, il dualismo austro-ungarico suscitò nuove rivendicazioni anche da parte degli slavi. La proclamazione dell’annessione della Bosnia-Erzegovina (1908) provocò in Serbia una forte agitazione che, aggravata dalle successive guerre balcaniche, sfociò nell’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando (1914). I circoli militari austriaci ritennero giunta l’occasione per schiacciare la Serbia e, con l’ultimatum del 23 luglio 1914, diedero inizio alla Prima guerra mondiale, nel corso della quale la monarchia rivelò tutta la sua interna debolezza. Quando Francesco Giuseppe morì (1916), il successore Carlo I si trovò a essere il liquidatore d’una eredità fallimentare. Nel 1918 il Comitato nazionale di Praga proclamò l’indipendenza cecoslovacca, avvenne il distacco di serbi, croati e sloveni, e si costituì un governo repubblicano polacco. Distrutto l’esercito nella battaglia di Vittorio Veneto, Carlo I abbandonò il potere e l’Assemblea nazionale dell’A. tedesca proclamò la Repubblica, seguita dall’Ungheria.
L’Assemblea costituente (1919) votò una Costituzione federale con un presidente, un Consiglio nazionale e un Consiglio federale e con larghe autonomie per i 9 Länder. L’A. si trovava in una situazione economica disastrosa, mentre si acuiva il dissidio tra Vienna e le province che desideravano l’unione alla Germania. Dopo la sommossa socialista di Vienna (15 luglio 1927), con il governo di H. Schober fu attuata una riforma costituzionale in senso autoritario e accentratore. La questione dell’annessione alla Germania tornò di primo piano con l’avvento in questo Paese del regime nazionalsocialista (1933). Dopo l’uccisione del cancelliere E. Dollfuss da parte di un gruppo di nazionalsocialisti e con la nascita dell’asse Roma-Berlino la situazione precipitò, finché nel 1938 l’esercito tedesco procedette con la forza all’annessione (➔ Anschluss). Fino al 1945 la storia dell’A. rimase legata a quella della Germania. Conclusa la Seconda guerra mondiale, liberata dalle truppe alleate (1945), fu divisa in quattro zone d’occupazione e Vienna sottoposta a un’amministrazione quadripartita fino al 1955. Dopo un governo provvisorio si formò una coalizione fra il Partito popolare (ÖVP) e il Partito socialista (SPÖ). Il trattato di Stato, concluso nel maggio 1955 tra l’A., da un lato, e l’URSS, la Gran Bretagna, la Francia e gli USA, dall’altro, riconobbe la piena indipendenza dell’A. entro i confini del 1938, proibendo una sua riunificazione con la Germania e la restaurazione degli Asburgo, e dichiarandola neutrale, clausola poi inserita nella Costituzione. La coalizione fra popolari e socialisti proseguì per oltre 20 anni, garantendo all’A. un’elevata stabilità interna e il consolidamento della sua nuova collocazione internazionale. Poi, dopo un governo ÖVP, cominciò una lunga fase di egemonia socialista (elezioni legislative del 1971, 1975 e 1979, presidenziali del 1974 e 1980). Nel 1983 la SPÖ perse la maggioranza assoluta dei voti e venne formato un gabinetto di coalizione tra socialisti e liberali. Dopo le elezioni anticipate del 1986, che videro un notevole successo dei liberali e dei verdi, portatori delle nuove tematiche ambientali, la SPÖ e l’ÖVP ridiedero vita a un governo di coalizione che condusse una politica di contenimento della spesa pubblica e di parziali privatizzazioni. La crescita delle tendenze xenofobe conseguenti all’afflusso di immigrati dall’Europa orientale dava intanto forza alle formazioni di estrema destra, in particolare la Freiheitliche Partei Österreichs di J. Haider (1950-2008). L’adesione referendaria all’Unione Europea e la sottoscrizione del programma Partnership for peace della NATO (1995) ridefinirono la politica estera austriaca, ma crearono malcontento nei confronti della coalizione SPÖ-ÖVP, e nelle prime elezioni europee (1996) Haider conseguì il 27,6% dei suffragi. Con le elezioni del 1999 la FPÖ divenne il secondo partito del Paese e partner dell’ÖVP, ma le discusse caratteristiche ideologiche del movimento di Haider (con una componente razzista e antisemita) e la sua influenza sulla recrudescenza di violenze xenofobe a sfondo nazista fecero sì che la costituzione del nuovo governo suscitasse ondate di protesta nel Paese e preoccupate reazioni in campo internazionale (sanzioni diplomatiche dell’Europa). Nel 2003 i popolari rinnovarono l’alleanza di governo con la FPÖ, in un clima di tensioni interne ed esterne. Nel 2005 si verificò una spaccatura nella FPÖ con il passaggio di Haider alla guida di una nuova formazione politica, la Bündnis Zukunft Österreich (BZÖ). Nelle elezioni del 2006 la SPÖ fu il partito più votato ma, mancando di una maggioranza assoluta, dovette formare una «grande coalizione» con i popolari. Nelle elezioni anticipate del 2008, tuttavia, sia SPÖ sia ÖVP furono fortemente ridimensionate, a vantaggio della BZÖ e della Freiheitliche Partei di H.-C. Strache.