CATTOLICA, Azione (IX, p. 477; App. II, 1, p. 538; III, 1, p. 332)
Gli anni compresi tra il 1960 e il 1975 sono stati per l'Azione Cattolica Italiana (ACI) densi di avvenimenti importanti (si veda, in particolare, la celebrazione del 1° centenario dell'Associazione nel 1967) e di scelte significative. Il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65) ha naturalmente e profondamente influenzato la sua spiritualità e la sua azione. Dalle norme e dagl'indirizzi conciliari che direttamente (più volte i documenti del Vaticano II si occupano esplicitamente dell'A. c., e in uno di essi, l'esortazione Christus Dominus, viene significativamente raccomandato ai vescovi di favorire tra i fedeli la partecipazione e l'appoggio "alle varie opere dell'apostolato dei laici, e specialmente dell'Azione cattolica") o indirettamente (si pensi a quanto il Concilio ha detto sull'apostolato dei laici, in particolare nell'Apostolicam Actuositatem) la riguardavano, l'A. c. ha preso le mosse per una fervida opera di rinnovamento spirituale e strutturale, che ha avuto nel nuovo statuto (approvato da Paolo VI il 10 ottobre 1969 con una lettera all'allora Assistente ecclesiastico mons. Franco Costa ed entrato in vigore il 10 novembre dello stesso anno) il momento culminante e la consacrazione ufficiale.
Frutto di una larga consultazione di base, tale statuto si caratterizza non tanto per le novità strutturali che contiene, quanto piuttosto per lo spirito essenzialmente religioso e apostolico che l'informa. Si legge al n. 1: "L'impegno dell'Azione cattolica italiana, essenzialmente religioso apostolico, comprende l'evangelizzazione, la santificazione degli uomini, la formazione cristiana delle loro coscienze in modo che riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti". È la "scelta religiosa" che l'ACI ha operato nello spirito delle esortazioni pontificie e conciliari. Con essa non si è voluto certo disimpegnare l'Associazione dalla realtà sociale nella quale opera, ma si è inteso piuttosto collocare l'ACI nella sua più genuina tradizione storica, al di fuori dei ruoli di supplenza e dei collateralismi politici, che in passato hanno talvolta trovato un posto di rilievo nella sua vicenda storica; sottolineare la natura ecclesiale di un'associazione attivamente impegnata nell'attuazione della missione apostolica della Chiesa; dare una risposta di fede al processo di scristianizzazione in atto nel nostro paese già agl'inizi degli anni Sessanta.
Rispetto a quello del 1946 (più volte richiamato da Vittorio Bachelet nella voce cattolica, azione della III Appendice di questa Enciclopedia), il nuovo statuto presenta interessanti novità quanto alla natura e ai fini dell'ACI, ai suoi rapporti con la gerarchia, alla sua struttura interna.
Circa la natura e i fini, il nuovo statuto stabilisce che l'ACI "è una Associazione di laici che si impegnano liberamente, in forma comunitaria ed organica ed in diretta collaborazione con la Gerarchia, per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa" (n. 1). Rispetto allo statuto del 1946 (che all'art. 1 aveva definito l'ACI "l'organizzazione nazionale del laicato cattolico" e all'art. 2 "l'ordinamento principe dei cattolici militanti"), la nuova magna charta dell'associazione rifiuta per l'ACI ogni preminenza privilegiata e ogni esclusivismo in seno al movimento cattolico, affermando che l'ACI non vuole essere l'associazione guida del laicato cattolico, ma una delle tante associazioni che compongono e animano la realtà ecclesiale italiana, sia pure con una fisionomia tutta particolare, che le deriva dal tipo di collaborazione che offre alla gerarchia: una collaborazione più diretta e immediata di quella che tutti i laici e tutte le organizzazioni laicali sono chiamati a prestare.
Quanto ai rapporti con la gerarchia, il nuovo statuto precisa che essi sono improntati a "piena comunione e fiducia" (n. 5). Non più, quindi, "collaborazione all'apostolato gerarchico" e "dipendenza" dalla gerarchia (come prescrivevano gli artt. 2 e 5 dello statuto del 1946), ma "collaborazione con la Gerarchia" (chiamata, insieme con tutto il popolo di Dio a compiere la missione della Chiesa) in un clima di reciproca fiducia e di mutuo giovamento e con piena responsabilità dei laici nella conduzione dell'associazione (n. 5).
Strutturalmente, il nuovo statuto presenta uno schema organizzativo più semplice ed elastico di quello tradizionale. Al posto dei quattro rami ("Unione uomini", "Unione donne", "Gioventù maschile", "Gioventù femminile") coordinati da una "Presidenza generale", abbiamo ora un'associazione unitaria articolata in due settori (dei giovani e degli adulti) affiancati dall'A. C. Ragazzi (ACR), che si occupa dei fanciulli e dei preadolescenti dai 6 ai 14 anni circa. Scompaiono i vecchi enti e segretariati, mentre per quanto riguarda i movimenti (FUCI, Laureati, Maestri) lo statuto prescrive alla voce "norme transitorie" il mantenimento delle loro "fondamentali strutture attuali". Ciò che nel nuovo statuto permane rispetto al passato è la suddivisione dell'ACI in associazioni parrocchiali, diocesane e nazionale: in seno alle prime, allo scopo di valorizzare le comunità di base dell'organizzazione, che sono appunto le associazioni parrocchiali, lo statuto prevede, al n. 19, la costituzione di "gruppi" sulla base di affinità di esperienze o di finalità pastorali della comunità parrocchiale. Ma all'interno di tale schema ci sono due importanti novità: la prima riguarda il senso ascendente che regola il cammino dell'associazione (dal basso verso l'alto e non viceversa, come voleva lo statuto del 1946); la seconda, intimamente legata alla prima, concerne la democratizzazione dell'organizzazione. Che si tratti di una vera struttura democratica appare dal fatto che a tutti i livelli (parrocchiale, diocesano, nazionale) sono le assemblee (rispettivamente degl'iscritti, dei presidenti parrocchiali e dei presidenti diocesani) che eleggono i consigli, organi fondamentali nella vita dell'associazione in quanto responsabili della vita e delle attività dell'associazione medesima di fronte all'assemblea ed all'autorità ecclesiastica. Quanto ai presidenti, sono, sì, nominati dalla gerarchia (i presidenti parrocchiali e diocesani dai vescovi, il presidente nazionale dalla Conferenza episcopale italiana), ma su proposta dei relativi consigli, e ciò a sottolineare gli speciali rapporti di collaborazione e di fiducia tra laicato ed episcopato voluti dal nuovo statuto.
Nello spirito del Concilio e della "scelta religiosa" sancita dallo statuto del 1969 (ma praticamente ideata e attuata già negli anni a cavallo tra la fine del pontificato giovanneo e l'inizio di quello paolino), l'ACI si è innanzitutto impegnata, negli anni che qui ci riguardano, a far proprio, diffondere e attuare il messaggio conciliare; e ciò sia promuovendo la crescita della sua vita spirituale, sia inserendosi sistematicamente e organicamente nell'azione pastorale della Chiesa italiana attraverso l'assunzione globale dei suoi fini apostolici, sia avviando al suo interno un non facile processo unitario (nello spirito dell'Apostolicam Actuositatem che, al n. 20, aveva raccomandato alle associazioni laicali una semplificazione delle strutture "affinché sia meglio espressa la comunità della Chiesa e l'apostolato riesca più efficace"), sia infine adoperandosi per diffondere e spiegare i documenti conciliari. Inoltre, essa ha attivamente contribuito al rinnovamento della liturgia e della catechesi nelle chiese locali; ha intensificato il suo impegno per la formazione spirituale dei soci; ha promosso la formazione e la crescita cristiana degli sposi e delle famiglie, adoperandosi altresì per l'indissolubilità del matrimonio e per la salvaguardia del diritto di ogni uomo alla vita; ha collaborato per l'attuazione e il funzionamento dei consigli pastorali, specie nei loro primi difficili passi; ha contribuito alla pastorale dell'infanzia e dell'adolescenza, soprattutto attraverso l'impegno educativo dell'"Unione donne" i e della "Gioventù femminile" prima del 1969 e dell'ACR dopo l'approvazione del nuovo statuto; ha curato l'evangelizzazione in ambienti particolari come il mondo del lavoro e la scuola; si è adoperata per una maturazione missionaria del laicato cattolico; ha svolto un'intensa attività editoriale (sussidi, guide alla catechesi, ecc.) di cui hanno beneficiato anche persone e gruppi estranei all'ACI; ha fatto sentire la sua presenza negli organismi cattolici internazionali nei modi indicati nella citata voce cattolica, azione della III Appendice di questa Enciclopedia.
Gli ultimi quindici anni non sono stati facili per l'ACI (come, del resto, per tutta la Chiesa e per il mondo intero). Nell'ambito di una crisi dalle vaste proporzioni e dalle molteplici componenti c'è stata, subito dopo il Concilio, una forte crisi dell'associazionismo, i cui effetti si sono fatti sentire anche in seno all'ACI (che ha dovuto registrare un sensibile calo dei suoi iscritti: da 3 milioni nel 1960 a 800.000 nel 1975), anche se in forme meno acute che in altri settori della Chiesa (e ciò sia per l'incondizionato appoggio che ha sempre avuto dai pontefici e da larghissima parte dell'episcopato, sia per la sua solida tradizione, sia infine per la sua collaudata disponibilità a farsi carico della responsabilità e dei problemi della Chiesa italiana nella loro globalità). Ma tutto questo non ha che giovato all'ACI. Liberatasi di certe preoccupazioni che in passato hanno spesso appesantito il suo cammino (si pensi all'eccessiva importanza data talvolta all'organizzazione e ai grossi numeri), essa ha ora cominciato a percorrere una nuova strada: strada indicata dal Concilio oltre che dalla sua più genuina tradizione.
Bibl.: Non è possibile dare qui un quadro completo di quanto è stato scritto sull'ACI nell'ultimo quindicennio. Mi limito a dare alcune indicazioni essenziali. Segnalo innanzitutto due volumetti di V. Bachelet, Rinnovare l'Azione Cattolica per attuare il Concilio, Roma 1966 e Il nuovo cammino dell'Azione Cattolica, ivi 1973, dai quali ben emergono le linee essenziali della spiritualità e dell'azione della nuova ACI scaturita dal Concilio e dalla riforma dello statuto. Sempre sull'ACI del post-Concilio è utile la lettura di V. Grolla, L'Azione Cattolica dopo il Concilio Vaticano secondo, Roma 1969, e di G. De Rosa, La "nuova" Azione Cattolica, in Civiltà Cattolica, 17 maggio 1969, pp. 341-53. Un giudizio complessivo sulla presenza dell'ACI nella vita della Chiesa e della società italiana nell'ultimo trentennio è quello di A. Monticone, Dal 1945 ad oggi: quello che vale non è caduto, in Segno nel Mondo, 29 luglio 1973, pp. 8-10.
Notizie dettagliate sulla vita dell'ACI nell'ultimo quindicennio si possono avere scorrendo i giornali e le riviste dell'Associazione, con particolare attenzione a quelli unitari come Iniziativa (specie dal 1963 al 1969), L'Assistente Ecclesiastico (fino al 1967), Presenza Pastorale (dal 1968), Segno nel Mondo (dal 1970). Responsabilità (dal 1975); gli Atti dei convegni nazionali di ramo o di settore e quelli, sempre annuali, delle presidenze diocesane (importanti in questi ultimi le relazioni dei presidenti nazionali: A. Maltarello fino al 1964, V. Bachelet dal 1964 al 1973, M. Agnes dal 1973); i documenti programmatici triennali, solitamente pubblicati sulla stampa dell'Associazione; gli Atti delle due assemblee generali fin qui tenute (rispettivamente nel 1970 e nel 1973, e pubblicate nel 1971 e nel 1975 a cura della presidenza nazionale dell'ACI).