banca dati
La cassaforte delle informazioni
Un polveroso archivio di vecchi documenti sembrerebbe lontano anni luce dal computer che custodisce i dati in formato digitale dei clienti di un ipermercato, eppure entrambi sono stati realizzati ‒ pur in tempi e con strumenti diversi ‒ con la stessa finalità: creare un luogo nel quale tutte le informazioni che servono possono essere facilmente trovate. Oggi le informazioni rappresentano un vero patrimonio per le aziende e i cittadini, e proprio come il denaro vanno custodite in appositi sistemi ‒ accessibili solo a persone autorizzate ‒ chiamati banche dati.
La nostra società è spesso definita 'dell'informazione'. I computer che abbiamo oggi a disposizione ci permettono di registrare un grandissimo numero di parole, numeri, immagini in poco spazio e di ricercare facilmente e in fretta l'informazione che ci serve in mezzo a tutte le altre. Raccogliere dati è diventato, così, molto più facile che in passato e questi dati diventano anche una fonte di guadagno. Per esempio, un'azienda può mettere da parte e conservare i dati sui suoi clienti per organizzare meglio le sue attività in futuro, poter fare una pubblicità mirata o proporre direttamente agli acquirenti più affezionati i suoi nuovi prodotti. Ma potrebbe anche vendere quei dati ad altre aziende, alle quali saranno altrettanto utili. I depositi in cui si conservano questi dati sono chiamati banche dati oppure, in inglese, data base.
Una banca dati è una versione moderna dell'archivio, cioè il luogo fisico in cui un'organizzazione (che sia un comune, un'azienda, un ospedale o anche un privato cittadino) conserva ordinatamente tutti i documenti che produce facendo il proprio lavoro. Praticamente tutti gli enti devono tenere un archivio della propria attività, sia per svolgere al meglio il proprio lavoro, sia per permettere ad altri di accedere a informazioni importanti.
Ormai da diversi anni quasi tutti gli enti stanno trasformando i loro archivi cartacei in archivi digitali. I vantaggi sono tanti. Una volta trasformata in formato digitale, l'informazione occupa decisamente meno spazio e quindi costa di meno. Ma soprattutto le banche dati permettono di sfruttare l'informazione in maniera più intelligente ed efficiente, incrociando dati di tipo diverso. Vediamolo in concreto nell'archivio di una scuola. In un archivio tradizionale, o 'cartaceo', troveremmo tutti i registri scolastici di ogni classe messi in fila anno per anno. In questo modo può essere molto facile trovare un certo tipo di dati, per esempio i nomi di tutti gli alunni che frequentavano la terza C in un certo anno e i loro voti. Ma se volessimo sapere i nomi di tutti coloro che hanno preso 9 in matematica nella storia della scuola, non avremmo altra strada che leggerci tutti i registri e annotare tutti i 9 in matematica che incontriamo. In una banca dati informatica anche questa seconda ricerca è facile e rapida quanto la prima, perché gli stessi dati possono essere consultati seguendo molte direzioni diverse.
Una banca dati è un sistema informatico in cui una grande quantità di informazioni viene conservata in formato digitale e si compone di tre elementi fondamentali: i supporti di memorizzazione, il software di archiviazione e ricerca, il sistema di accesso ai dati.
I supporti di memorizzazione sono i dispositivi su cui vengono registrati i dati. Può trattarsi semplicemente dell'hard disk di un computer, di nastri magnetici o di supporti ottici come i CD e i DVD.
Il software di archiviazione e ricerca consente di organizzare le informazioni in modo uniforme e fa sì che poi sia facile ritrovarle quando serviranno. I software usati per questo scopo si chiamano software di creazione di data base.
Infine, bisogna fare in modo che chi è interessato (e autorizzato) a consultare quei dati abbia modo di farlo. Una banca dati può essere attrezzata con sistemi di accesso a distanza attraverso Internet, oppure via telefono. Nella maggior parte dei casi, è previsto anche un sistema di riconoscimento degli utenti per mezzo di password o codici personali, in modo che soltanto chi è autorizzato acceda ai dati. Per esempio, quando controllate il credito residuo sul vostro cellulare componendo un apposito numero non fate altro che accedere alla banca dati della vostra compagnia telefonica. Ma la vostra richiesta viene esaudita solo se il sistema riconosce il vostro numero.
I software per la gestione delle banche dati sono stati tra i primi programmi sviluppati per i computer e sono ancora oggi tra quelli più complessi e importanti. I primi tentativi di trasformare gli archivi tradizionali in banche dati si basavano su programmi molto semplici, detti CSV (Comma separated values, letteralmente "valori separati da una virgola" in quanto il segno di separazione tra un valore e l'altro è, appunto, una virgola).
In questi programmi i dati erano registrati in un file di testo dove ogni record (la singola voce di archivio, per esempio il nome di una persona in un'agenda) era separato dagli altri da un carattere particolare (normalmente quello di 'a capo') mentre ogni informazione relativa a quel record (per esempio, numero di telefono, di fax, indirizzo) era separata tramite un altro carattere particolare (normalmente una virgola). Ma anche così, per trovare all'interno di un file del genere l'informazione desiderata era spesso necessario passarlo in rassegna tutto.
Un passo successivo furono i programmi ISAM (Indexed sequential access method "metodo di accesso sequenziale indicizzato"), in cui i record non erano memorizzati in ordine di inserimento: a ogni record era assegnata una precisa posizione, permettendo in questo modo di abbreviare i tempi di ricerca di una data informazione. Per riuscire poi a gestire ancora meglio il tutto si crearono anche delle specie di 'archivi sussidiari', detti indici, in cui veniva registrato solo l'ordine dei vari record senza tutte le altre informazioni, il che permetteva di andare a svolgere le proprie ricerche in questo 'riassunto' in modo molto più veloce.
L'ultimo passo sono stati i data base 'relazionali', cioè quelli in uso oggi. In questi programmi i dati non sono registrati semplicemente come un elenco di 'righe' ‒ ognuna contenente tutti i dati relativi a quella voce ‒ ma sono raggruppati in diverse tabelle tra le quali vengono definite relazioni. Il vantaggio principale di questo sistema è che non è necessario scrivere più volte un dato che si ripete, ma basterà scriverlo una volta sola e creare ogni volta una relazione con quel dato.
Ogni medaglia ha il suo rovescio. Le banche dati rendono tante cose più facili, ma non tutte sono desiderabili. Visto che è così facile scambiarsi i dati e incrociarli in modo da ottenere informazioni utili, il fatto che i dati personali siano depositati in una banca dati espone al rischio, per esempio, di ricevere pubblicità indesiderata.
Un esempio è il fenomeno dello spamming, cioè l'invio di pubblicità o altri messaggi indesiderati via posta elettronica (e-mail). Lo spamming è proprio una conseguenza della facilità di accedere a banche dati in cui sono depositati migliaia di indirizzi di posta elettronica di utenti che hanno visitato determinati siti. Questo è un esempio fastidioso, ma non particolarmente grave. Ci sono però anche pericoli più seri. Qualcuno potrebbe voler entrare in una banca dati per spiarci o per truffarci. Quasi tutte le attività quotidiane oggi passano per un computer: i pagamenti con la carta di credito, i prelievi di denaro con il bancomat, le telefonate dal nostro cellulare. Ognuno di questi gesti lascia una traccia informatica in un computer che dice molto sulle nostre abitudini, sui nostri interessi, sui nostri spostamenti. E poiché ognuna di queste tracce, per vari motivi, deve essere conservata almeno per un certo periodo di tempo, si pone un problema.
Chi può maneggiare quei dati e cosa può farne? È il problema della privacy informatica. Ogni volta che si rilasciano dei dati personali a qualche azienda o ente, si ha il diritto di sapere come verranno usati, soprattutto se verranno ceduti a terzi.