BARI delle Puglie (A. T., 27-28-29)
Città capoluogo della provincia omonima, situata sul mare Adriatico, a 200 km. dalla costa balcanica. Il primitivo nucleo sorse su di una sporgenza che si avanza fra due insenature falcate e presso lo sbocco di un avvallamento (il cosiddetto Picone), che, come tutte le altre lame pugliesi, di solito asciutto, si gonfia nei periodi di forti piogge, trascinando violentemente al mare acque provenienti fin dalle alte Murge.
La parte dell'odierna città di Bari che è compresa fra le due insenature suddette è quella che è nota col nome di Bari vecchia e che ne raccoglie i più importanti monumenti medievali. La città nuova si è formata dopo il 1813, da quando il re Gioacchino Murat ebbe promulgato il decreto autorizzante la costruzione di un borgo oltre l'antica cinta di mura. E il limite tra la vecchia e la nuova città è segnato per l'appunto dall'ampio corso Vittorio Emanuele II, che segue per lungo tratto il tracciato delle antiche mura. Lo sviluppo edilizio della città è stato in poco più d' un secolo veramente prodigioso. La zona meridionale della città raccoglie, insieme con la zona più occidentale, le numerose costruzioni industriali che sono a poco a poco venute sorgendo torno torno alla città nuova dalla parte delle campagne baresi, confondendosi con le prime serie di ville che della città costituiscono una specie di propaggine. Anche la costruzione non rimonta di solito a più di cinquant'anni or sono. Il tratto, però, che di tutta la città di Bari è stato più recentemente costruito (in massima parte fra il 1923 e il 1927) è il rione orientale della città, che si estende fra il corso Cavour e il mare: esso è anzi divenuto il rione più elegante. In conclusione, in poco più d'un secolo l'area della città è diventata dieci volte maggiore e, principalmente secondo la forma del reticolato delle vie, essa si presenta oggi nettamente distinta in tre parti diverse: la prima, corrispondente alla città vecchia, ha figura pressoché triangolare, è caratterizzata da un complesso di vie quasi tutte strette ed irregolari, e si può dire ancora intimamente legata alla vita marinara, che pulsa nel vicino porto; la seconda, corrispondente alla città nuova, ha figura trapezoidale, è tipicamente caratterizzata da una scacchiera di vie larghe e regolari, che si tagliano ad angolo retto, raccoglie quasi tutti gli uffici pubblici e i teatri, ed è l'anima della vita commerciale e amministrativa della città; la terza, corrispondente più che altro alla zona industriale, ne forma il sobborgo ed ha dovuto seguire nel tracciato delle vie il preesistente reticolato, in complesso a raggiera, delle strade di campagna, e specialmente quello fissato dalle strade di collegamento fra Bari da un lato e la semicircolare collana dei comuni viciniori dall'altro.
Il prodigioso sviluppo edilizio di Bari è, in ogni modo, una delle conseguenze del suo straordinario sviluppo demografico, derivante a sua volta dall'intensissimo progresso economico che la città ha avuto nell'ultimo secolo. Come località marittima che sorge proprio nel punto di mezzo della sola sezione discretamente portuosa che abbia tutta la regione pugliese, e allo sbocco di un territorio molto fertile, la cosiddetta conca di Bari, Bari si è avvantaggiata dell'impulso economico che alla nazione è stato impresso subito dopo la sua costituzione a unità, e fra tutte le principali città della Puglia è venuta a trovarsi nelle migliori condizioni per divenirne il centro e per meglio rappresentare la regione intera nella funzione di collegamento che essa ha in ogni tempo esercitata fra il resto dell'Italia e i paesi dell'Oriente. La conca di Bari è stata una delle prime zone della Puglia a compiere la grande trasformazione agraria, che, con la sostituzione delle colture arboree dell'ulivo, della vite e degli alberi da frutta al bosco, al pascolo e ai seminativi, ha, si può dire, creato negli ultimi 50 anni una ricchezza fondiaria incalcolabile e ha dato la spinta a tutta l'attività economica pugliese. Così nella conca di Bari la popolazione è venuta intensamente crescendo fino all'enorme cifra di 500 abitanti per kmq.; così Bari, che al principio del sec. XIX contava appena 18 mila abitanti e non ne raccoglieva che 34 mila nel 1861, raggiungeva i 60 mila ab. nel 1881, i 78 mila nel 1901, i 115 mila nel 1921, e supera oggi, in base alle notizie fornite dall'ufficio anagrafe del comune, i 140 mila abitanti (1927).
Al grande sviluppo demografico che distingue la città di Bari nell'ultimo secolo si contrappone la scarsa oscillazione che la popolazione della città, chiusa nell'antica cerchia di mura, ha avuto nei secoli precedenti. Pur attraverso le lacune e le imprecisioni delle varie numerazioni dei fuochi dal sec. XV al sec. XVIII, è possibile rilevare che in così lungo periodo di tempo la popolazione di Bari, se non ha mai superato i 20 mila ab., non è quasi mai discesa al di sotto dei 10 mila. Anche per Bari è peraltro manifesto un graduale aumento di popolazione nel secolo XVI (12.800 nel 1545 e 16.150 nel 1595), un arresto nella prima metà del sec. XVII (circa 16.150 anche nel 1648) e una diminuzione dopo l'orribile peste del 1656 (12.900 nel 1669).
Lo straordinario incremento della popolazione che ha imposto, oltre a un enorme aumento di area nella superficie edificata, negli ultimi venti anni anche un sopraelevamento nelle costruzioni, è stato determinato non solo dall'alta eccedenza delle nascite sulle morti, ma dall'affluire verso il centro di elementi provenienti dalla provincia e, per quanto in molto minor numero, anche da altre parti della nazione. È stata codesta, peraltro, una conseguenza della particolare fisionomia economica che la città ha assunto, diventando sempre più esclusivamente un nucleo di attività commerciale e industriale. La trasformazione agraria suddetta, specializzando le colture della vite e dell'ulivo, ha favorito il sorgere di alcune industrie che a queste colture sono legate (e di tali industrie Bari è diventata il centro), ha richiesto, nell'interno del regno e all'estero, mercati di consumo per tali prodotti agricoli - e Bari ha provveduto, col suo porto, ad esportarli -; ha imposto, per le esigenze della fittissima popolazione che ha alimentato, l'importazione di prodotti svariati, e Bari nel cuore della Puglia se ne è fornita per sé e per gran parte della regione. Così Bari è oggi la più importante località pugliese per l'industria dell'olio al solfuro, che è la principale industria di Puglia e che colloca la regione a uno dei primi posti nell'Europa e nel mondo. È uno dei principali centri italiani dell'industria molitoria; ha manifatture di lana e di cotone, lavora ottimi tappeti orientali con maestranza armena; eccelle nell'industria poligrafica, in quelle del legno, dei fiammiferi, delle carte da giuoco, del cemento, in quelle delle conserve alimentari, della cioccolata, del ghiaccio e della birra, e ha un' importante manifattura di tabacchi. E oltre a tutto questo, Bari ha sfruttato nel più alto grado la produttività agricola delle campagne del suo territorio comunale (7384 ha.), trasformandole in orti e giardini ricchissimi.
A Bari convergono numerose linee ferroviarie: alla litoranea adriatica s'innestano la Taranto-Bari, la Putignano-Casamassima-Bari, la Martina Franca-Conversano-Bari, e, a scartamento ridotto, la Matera-Bari e la tramvia Barletta-Bari. Il considerevole numero di queste vie, l'importanza delle località abitate che esse congiungono e le varie strade marittime che nel porto di Bari fanno capo, rendono molto intenso il commercio della città, e provvedono ad assicurare a tale commercio una floridezza sempre crescente. Ed è in ogni modo cotesta del traffico l'attività economica più comune della gente barese, quella che ha più remote tradizioni, quella che ha sempre fatto di Bari un porto di grande movimento per i rapporti economici con i paesi balcanici e con quelli in genere bagnati dal Mediterraneo orientale. Deriva dalla coscienza di questa tradizione marinara la tenacia con cui Bari ha voluto la creazione di un gran porto, che soddisfacesse le moderne esigenze della navigazione e i bisogni di un centro in progresso demografico rapidissimo, e fosse in grado di corrispondere al risveglio economico che si preannunzia nei paesi dell'Oriente. Presentemente, infatti, il porto di Bari, aperto fra la penisola della città vecchia e il promontorio di S. Cataldo ove sorge il faro, è limitato da due moli che, convergendo l'uno verso l'altro, mantengono aperta una bocca, di 350 m., rivolta a ponente, mentre il resto dell'insenatura, formante rada, è aperto verso tramontana per una larghezza di 1200 m. La costruzione di questo porto fu iniziata appena nel 1872, onde esso è chiamato porto nuovo, mentre è distinta col nome di porto vecchio l'insenatura di SE. della città vecchia, in gran parte interrita e utilizzata oggi solo come riparo delle piccole barche da pesca. I fondali del porto nuovo sono però scarsi, inferiori dappertutto a 9 metri, e per la maggior parte dell'area inferiori a 6 m. Entrano nel porto i flutti di maestro e di tramontana, che molte volte ne agitano fortemente le acque e recano molestia alle navi. La corrente litoranea adriatica è causa di un leggero ma costante interrimento della rada, specie nella parte occidentale. Le banchine, tutte di deficiente larghezza, si sviluppano per più lungo tratto sul molo foraneo, alla cui radice arriva un tronco di ferrovia legato con la stazione centrale. Per la mancanza di magazzini di deposito, per il limitato movimento che sulle banchine è possibile compiere, per gl'insufficienti fondali, il porto di Bari non è, nelle condizioni odierne, in grado di dar ricetto ai grossi piroscafi e non può consentire un movimento di merci superiore alle 450-500 mila tonn. annue, movimento che il porto aveva raggiunto già nel 1912-13. Dalla constatazione di queste gravissime deficienze è derivato il progetto del "gran porto di Bari", che è ormai in costruzione, e per cui si sono previste delle opere che mirano a soddisfare i bisogni della città in un immediato periodo di notevole sviluppo commerciale e delle opere che mirano a soddisfare le esigenze del porto in un'ulteriore fase di progresso fortemente maggiore. Il primo gruppo di lavori, è stato già iniziato da tre anni e riguarda:1. la costruzione di un nuovo molo foraneo, lanciato a oriente dell'attuale; 2. la costruzione di una scogliera di difesa, staccantesi in direzione N. dal molo attuale; 3. la costruzione di una banchina, anch'essa sporgente dall'attuale molo foraneo, ma ad E. della scogliera suddetta. Il secondo gruppo di lavori riguarda: 1. il prolungamento del nuovo molo; 2. la costruzione di un antemurale, che difenderà tanto il nuovo quanto il vecchio bacino portuale; 3. la costruzione di una scogliera alla punta di S. Cataldo, che completerà la difesa del gran porto.
Nel 1926, il movimento della navigazione nel porto di Bari fu fatto da 1959 bastimenti (di cui 1042 piroscafi) e per un totale di 371.297 tonnellate di merce (306.840 tonn. di merce sbarcata e 64.457 di merce imbarcata). Il numero dei viaggiatori sbarcati fu di 6271 e quello dei viaggiatori imbarcati fu di 4294. Nel 1927 il movimento è stato ancora più considerevole (446 mila tonn.; 11.872 passeggeri). L'anno di più intenso movimento commerciale nel porto di Bari fu il 1912, in cui furono sbarcate ed imbarcate merci per un totale di 459 mila tonn. (peraltro, il numero complessivo dei passeggeri fu di 8753). In ogni modo, Bari mantiene, per traffico merci, il primo posto fra i porti pugliesi fin dal 1905; prima del 1905 il primato le era conteso dal porto di Brindisi, che lo riebbe - in condizioni eccezionali - negli anni della guerra, durante i quali quest'ultimo porto fu largamente utilizzato per i bisogni della marina militare. Il movimento generale delle merci fu, nel 1926, compiuto per tre quarti coi porti esteri e per un quarto coi porti nazionali; tennero fra i porti esteri i primi posti per le merci sbarcate la Iugoslavia, la Germania, la Gran Bretagna e la Russia, e per le merci imbarcate gli Stati Uniti e l'Albania. Il porto di Bari è congiunto da linee regolari di navigazione con gli altri porti dell'Adriatico, del Mediterraneo orientale e occidentale e del Mar Nero.
Oltre che come centro di commercio e d'industrie, Bari di giorno in giorno si afferma come centro di cultura. Sede di ogni ordine di scuole medie, dotata da un cinquantennio di un istituto universitario - la vecchia e rinomata Scuola superiore di commercio - Bari accoglie dal 1924 l'Università adriatica B. Mussolini, con le due facoltà di medicina e giurisprudenza e con le scuole di farmacia e di ostetricia. Con questo la città ha riconosciuto ll compito che le viene assegnato dalla sua posizione geografica, quello cioè di trasmettere, al di là dell'Adriatico, i segni della civiltà e del pensiero dell'Italia. Anche nella diffusione della cultura e dell'educazione popolare Bari ha fatto negli ultimi decennî considerevoli progressi: in 20 anni il numero degli analfabeti è disceso dal 53% (1901) al 39% (1921); istituzioni speciali sono sorte per provvedere all'educazione professionale.
Dal punto di vista climatico, Bari registra una temperatura media annua di 15°,7, con gli estremi in gennaio (8°) e in luglio (24°,1). Vi dominano generalmente i venti di NO.; nell'inverno sono più frequenti quelli di O. La piovosità media annua è di 566 mm.; il mese più piovoso è ottobre, il meno piovoso è luglio. La massima piovosità registrata in 8 ore è quella del 4-5 novembre 1926 (160 mm.), che cagionò l'allagamento della parte occidentale della città. Analoghe alluvioni hanno funestato Bari nel settembre 1915 e nel febbraio 1905, e si ha notizia di allagamenti avvenuti nell'agosto 1833, nel settembre 1827 e, ancora prima, nel febbraio 1683 e nell'ottobre 1567.
Negli ultimi anni, Bari ha visto imprimere un vigoroso impulso a tutti i servizî pubblici. L'attività della sua popolazione è oggi coordinata e promossa dalle iniziative dello stato, che hanno fatto di Bari la sede della Corte d'appello di Puglia e la città universitaria dell'Adriatico, e da quelle degli enti pubblici locali, intenti a dare alla città un perfetto assetto amminisrativo. Tutto ciò non può non rendere più sollecito il movimento di rapido progresso che la città segue ormai da cinquant'anni.
Bibl.: G. Petroni, Della storia di Bari, voll. 2, Napoli 1857-58; A. Perotti, Bari ignota, Trani 1908; F. Carabellese, Bari, Bergamo 1909; F. Colavecchio, Guida di Bari, Bari 1910; C. Colamonico, La pioggia a Bari, Bari 1915; id., Un cinquantennio di osservazioni pluviometriche a Bari, Roma 1918; S. La Sorsa, La vita di Bari durante il secolo XIX, voll. 2, Bari 1913-15.
Monumenti. - Preziosi materiali e testimonianze assai cospicue delle antiche età come dei successivi tempi classici la capitale pugliese raccoglie nel Museo provinciale. Ma solo intorno al 1000 cominciarono a manifestarsi in Bari i segni di un vero e proprio risveglio artistico, che, continuato sotto le varie dominazioni succedutesi, diede mirabili frutti.
Appartengono al periodo romanico i monumenti più importanti della città, principalmente famosa per la Basilica palatina di S. Nicola, che è il prototipo delle grandi chiese a tribune in Terra di Bari. Ne fu iniziata la costruzione nel 1087 per custodire le reliquie di S. Nicola; nel 1089 papa Urbano II consacrò la cripta; l'intera fabbrica fu compiuta nel 1108.
Tra due mozze torri quadrate che le sporgono ai fianchi (quella di destra apparteneva certamente al palazzo del Catapano) s'innalza maestosa e severa la facciata a linea basilicale con frontone molto acuminato. Lungo gli spioventi ricorre una decorazione di archetti a scalea; e sotto l'occhio, che si apre al sommo del timpano, sono due ordini di bifore. Archi di scarico girano sopra le porte, animando con sobrio effetto i piani della vasta muraglia. Le porte minori hanno stipiti marmorei con girali; e il portale centrale, con protiro su colonne sorrette da buoi, adornano notevolissime sculture d'influsso classico e bizantino. Arconi a tutto sesto su pilastri quadrati, già in parte richiusi nel sec. XIV, davano solenne movimento alle masse dei fianchi; in alto, su ogni lato, corrono svelte le gallerie di cinque esafore, or ora riaperte, i cui capitelli a stampella formano con la loro fantasiosa decorazione e con le teste umane e belluine in marmo una preziosissima collezione di sculture romaniche. Archeggiature gemine entro archi a tutto sesto su lesene avvolgono il corpo inferiore del transetto, che ha alle testate due piani di bifore e occhio nel timpano triangolare. Due campanili, crollati, fiancheggiavano la fronte posteriore, rettilinea, dove semidistrutto rimane il finestrone absidale con cornice riccamente scolpita e colonne su elefanti. Notevole sul fianco nord il portale dei leoni. Di analoga struttura è una delle porte sul fianco opposto.
Nell'interno, il matroneo apre grandiose trifore lungo la navata maggiore, ampia e solenne. Preziose transenne marmoree stanno intorno alle scale della cripta. Intorno all'altare, sulla tomba del Santo, rimane l'antico pavimento a musaico; e ad intarsî marmorei policromi, di stile cosmatesco, è anche il piano al centro del presbiterio, ove sono conservati al loro posto primitivo due pregevolissimi monumenti: il ciborio e il trono episcopale. Nell'architrave anteriore del ciborio, eretto fra il 1105 e il 1123 dall'abate Eustachio, brilla incassato uno smalto, forse d' arte limosina, su lastra di rame, col re Ruggero e S. Nicola che gli regge sul capo la corona. Originale per composizione e vigoroso per fattura, il trono marmoreo di Elia (fine sec. XI), sostenuto sul davanti da tre figurette. Nell'abside centrale, la tomba della regina Bona è notevole opera architettonica del sec. XVI. Il presbiterio e la nave maggiore sono coperti da un soffitto in legno intagliato e dorato con pitture di Carlo di Rosa da Bitonto (sec. XVII) raffiguranti fatti della vita di S. Nicola. Adiacente alla sagrestia è un ricco tesoro; e nell'abside destra, rimosso l'altare e la tavola con La Madonna col Bambino in trono fra quattro Santi e Cristo fra S. Nicola e S. Francesco nella lunetta, di B. Vivarini (1476), sono apparse vestigia di pitture murali di stile trecentesco.
La cattedrale fu fondata nel sec. XI dall'arcivescovo Bisanzio; ma avendo subito gravi danni per la distruzione di Bari operata da Guglielmo il Malo (1156) risorse nuovamente fra la metà del sec. XII e la fine del sec. XIII a imitazione, in gran parte, della vicina basilica di S. Nicola. La nera facciata, tutta adorna di notevoli sculture, è ancora assai suggestiva nei suoi caratteri ducenteschi, nonostante le mutilazioni e le inconsulte alterazioni del periodo barocco. In confronto della basilica di S. Nicola, la cattedrale barese ha organismo più sviluppato e aspetto di grande eleganza: sullo spazio centrale del presbiterio s'innalza ardita la cupola su pennacchi sferici, adorna all'esterno di un magnifico tamburo ottagonale. Come la cupola, ha spiccato carattere orientale il campanile quadrato, che sovrasta la testata sinistra della crociera. Nel'600 cadde una torre simile posta all'estremità opposta della fronte posteriore, dove il finestrone absidale, per grandioso partito architettonico, per ricche ornamentazioni, per le potenti figure può dirsi il capolavoro dell'arte pugliese del principio del Duecento. A ridosso del fianco nord si eleva l'antico battistero detto la Trulla, a pianta circolare, forse in origine coperto da cupola sferica. All'interno è ora scoperta, sotto l'arco trionfale, la balaustrata, che, per il carattere stilistico e la disposizione degli elementi erratici che la compongono, si rivela opera dei secoli XI-XII e doveva far parte della primitiva costruzione dell'arcivescovo Bisanzio. Nella cattedrale si ammirano anche tre importanti dipinti: Cristo appare a S. Rocco fra gli appestati, del Tintoretto, La Madonna in trono fra Santi, di Paris Bordone, e La Madonna in gloria e Santi, di Paolo Veronese. Negli archivi si conserva il noto rotulo in pergamena dell'Exultet, scritto da un calligrafo benedettino e miniato da artista bizantineggiante prima del 1028.
La piccola chiesa di S. Gregorio, per taluni costruzione del sec. XIII, per altri della fine del sec. XI o del principio del sec. XII, ha una graziosissima facciata a linea basilicale spartita da lesene, con tre portali ad archi lunati, e finestrine chiuse da transenne e incorniciate da un ornato a globi come nel finestrone absidale. Questo motivo è assai caratteristico dei monumenti romanici di Bari; e oltre che nella cattedrale, appare nella porta della facciata della chiesa di S. Marco (sec. XII). Coevi di quelli di Conversano, di Brindisi e di Benevento (secoli XI-XII), gli avanzi del chiostro di S. Benedetto constano d'una campata con volta a crociera e di quattro arcatelle a ferro di cavallo su colonnette con capitelli a stampella a fogliami, a sfingi e leoni alati (due capitelli sono al Museo provinciale).
Di altre chiese romaniche rimangono ruderi e ricordi più o meno notevoli in varî punti della parte vecchia della città, dove, tra i rifacimenti delle epoche posteriori, sono anche disseminati molti elementi di architettura ducentesca.
Vicino alla cattedrale e in prossimità del mare sorge il grandioso castello, il più vasto e il più adorno tra i castelli della costa pugliese. Ricostruito da Federico II nella prima metà del sec. XIII su avanzi più antichi, dei tempi normanni, ha pianta trapezoidale; ma delle quattro torri angolari quadrate, a bugne, due sole sormontano oggi le cortine. Per le esplosioni del 1524 e del 1696 gravi danni subì il fortilizio, che nel sec. XVI fu interamente restaurato per ordine della regina Bona Sforza, e venne circondato su tre lati da imponenti bastioni per resistere al fuoco delle artiglierie.
Scarse sono in Bari le testimonianze dello stile gotico, che è rappresentato soprattutto dal nobile complesso monumentale della chiesa di S. Francesco e dell'annesso chiostro, mentre la rozza facciata della chiesa è del sec. XVIII. Al Rinascimento appartengono, qua e là, prospetti a bugne di case e palazzi con portali riquadrati nell'arco alla catalana o adorni da tabernacoli classici, di cui l'esemplare migliore è nel palazzo di via Gironda.
Più abbondante, ma in genere assai mediocre è l'architettura dei secoli XVII e XVIII, la quale tuttavia, in ampî prospetti, in balconi e balaustre su robuste mensole, in ariose logge ed eleganti arcate, in graziosi cortili, validamente contribuisce a quella espressione caratteristica e a quel senso di pittoresco diffuso nella città vecchia, tutta percorsa dal complicatissimo dedalo di vie umide e tortuose. Da questa è nettamente divisa la parte moderna della città, senza interesse artistico, a vie larghe e rettilinee incrociantisi ad angolo retto. Bari nuova, massime in questi ultimi anni, ha ricevuto grandissimo impulso: tra l'altro è di recente costruzione il Lungomare, fronteggiato da alti, sontuosi palazzi e reso gaio da aiuole fiorite.
Nell'università, oltre la biblioteca consorziale, ha sede il Museo provinciale che contiene oggetti dell'età del bronzo e dell'età del ferro, vasi apuli e greci, armi antiche, fittili, un ricco medagliere, marmi di epoca romana e del Medioevo, pregevolissimi frammenti architettonici della cattedrale - tra cui sono da notare i capitelli dell'antico ciborio (uno di essi è firmato, come il cupolino, da Anserano da Trani e un altro da Alfano da Termoli) e il gruppo marmoreo dell'aquila su cariatide umana che decorava la fronte dell'ambone romanico distrutto, un busto in marmo, acefalo, da Castel del Monte, interessanti plutei, pure in marmo, dei secoli XI e XII ed altri varî cimelî antichi. Sempre nel museo è esposta una numerosa serie di calchi in gesso dai principali monumenti pugliesi (in prevalenza del periodo medievale). Numerose pitture, tra le quali un trittico e l'Annunciazione, firmati, di B. Vivarini, opere della stessa scuola, il S. Pietro martire, firmato da Giovanni Bellini e quattro Scene familiari di G. Bonito, insieme con altri dipinti provenienti da chiese cittadine e da varie località della provincia, sono raccolte nella nuova pinacoteca ordinata in alcuni locali del palazzo del governo. (V. Tavv. XVII a XX).
Bibl.: H. W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresda 1860; P. Fantasia, Il Duomo di Bari, in Annuario del R. Istituto tecnico di Bari, Bari 1890; A. Avena, Monumenti dell'Italia meridionale, Roma 1902; A. Venturi, Storia dell'arte ital., II e III, Milano 1902 e 1903; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904; A. Vinaccia, I monumenti mediev. di Terra di Bari, Bari 1915; M. Salmi, il Duomo di Bari e la sua antica suppellettile, in Rass. d'arte, 1918, pp. 122-140; P. Guidi, Il restauro del transetto del Duomo di Bari, in Rass. d'arte, 1919, pp. 142-48; A. Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Lipsia 1920; P. Toesca, Storia dell'arte it., I: Il Medioevo, Torino 1927.
Storia. - L'età antica. - La città, di origine probabilmente illirica, era nel territorio dei Peucezî, che abitavano la zona centrale della Puglia attuale. La forma più comune del suo nome è Barium, in greco Βάριον; tuttavia nelle monete si ha il genitivo plurale dell'etnico Βαρίνων, e in latercoli militari del sec. II d. C. l'ablativo Baris (che, secondo alcuni, presuppone un nom. plur. Bariae). Abbiamo ricordo della città, o meglio del suo porto, che doveva avere già in quel tempo una certa importanza, sul principio del sec. II a. C. (Liv., XL, 18); di tale importanza fanno altresì testimonianza le monete, tutte di bronzo, uscite dalla sua zecca (R. Garrucci, Le Monete dell'Italia antica, p. 116). Anche Strabone (V, 283) nomina la città, la quale peraltro nell'antichità non giunse mai a superare, e nemmeno ad eguagliare Brindisi, punto terminale della via Appia, e, per la sua maggiore vicinanza all'altra sponda dell'Adriatico, centro preferito per le comunicazioni con le regioni dell'Oriente.
Nell'Impero fu municipio (Tac., Ann., XVI, 9), ascritto alla tribù Claudia: suoi magistrati supremi erano i quattuorviri. Orazio (Sat., I, 5,97) la ricorda, celebrandola per il suo mare pescoso, quando narra il suo viaggio a Brindisi: Bari era infatti un notevole centro stradale, ché con la via litoranea si congiungevano a Bari sia la Traiana che veniva da Benevento, sia l'altra strada che, attraversando l'interno della Puglia, scendeva allo Ionio, a Taranto (Tab. Peut.; Itin. Ant.).
Bibl.: Corpus Inscr. Lat., IX, p. 30 seg.; E. De Ruggiero, Diz. epigr., I, s. v.; Ch. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 19.
L'età medievale e moderna. - Diffusosi il cristianesimo, anche Bari ebbe le sue chiese e i suoi vescovi; così si ha notizia di un vescovo Gervasio, che nel 347 partecipò al concilio di Sardica, e di un Concordio, che si sottoscrisse nel Concilio romano del 465. Caduto l'Impero, passò sotto i varî dominatori d'Italia, senza avere, per allora, una particolare fisonomia; fu così prima dei Goti, poi ripresa dai Bizantini, infine dai Longobardi al tempo di Autari. Per la sua posizione geografica ebbe a patire le conseguenze delle guerre fra Longobardi e Bizantini, e nel 669 fu saccheggiata dall'imperatore Costante II. Fu ripresa da Romoaldo, duca di Benevento, che poco dopo, mancando di flotta per difenderla, dovette lasciarla di nuovo in mano ai Greci. Durante la lotta iconoclastica fu, insieme con le altre città meridionali, in rivolta contro l'imperatore Leone Isaurico, e si elesse un propiio capo, il duca Teodoro, poi un Angelberto ed altri di cui s'ignorano i nomi. Già in questo tempo Bari comincia ad avere il primato fra le città della Puglia, e ad oscurare centri un tempo ben più importanti, come Taranto e Brindisi. Al principio del sec. IX la città, sotto il duca Pandone, benché nominalmente sempre dei Bizantini, si metteva sotto la protezione del duca Radelchi di Benevento. Essendo costui in guerra con Siconolfo, principe di Salerno, chiese l'aiuto dei Saraceni di Calabria e li fece riunire presso Bari. Ma una notte i barbari, vedendo la città indifesa, v'entrarono, e dopo averla saccheggiata, se ne impadronirono (840). Per oltre trent'anni subì la loro tirannia, fin quando ne fu liberata dall'imperatore Ludovico II (870). Alla morte dell'imperatore (875) Bari si dette spontaneamente ai Greci, che la fecero capitale del thema di Longobardia (Apulia e Lucania); poi ai principi di Benevento, onde ebbe a subire travagli d'ogni sorta per la guerra fra Greci e Longobardi.
Caduta nel 968 in mano di Ottone I, rimase sotto gl'imperatori sassoni fino alla sconfitta di Ottone II a Stilo (982), dopo di che tornò ai Greci, i quali ne fecero la residenza del catapano, nuovo ufficio, superiore a quello di stratego, onde speravano di rafforzare il loro dominio in Puglia. I Saraceni non cessavano di compiere colpi di mano sulle città pugliesi: nel 1002 sotto il caid Safi vennero dalla Sicilia, e strinsero Bari di forte assedio. La città si difese eroicamente per sei mesi, e spinta dalla fame era per arrendersi, quando arrivò in suo soccorso la flotta veneziana, condotta dal doge Pietro Orseolo II, che la salvò da sicura distruzione. A perpetua memoria della liberazione, i Baresi costruirono la chiesa di S. Marco, e innalzarono vicino al mare un gran leone di pietra.
Il governo dei catapani, duro e fiscale, spinse i Baresi a ribellarsi sotto la guida di Melo che chiese e, naturalmente, subito trovò appoggio nei principati longobardi e nell'imperatore Enrico II, nel 1009. Il Cesare greco mandò rinforzi al catapano, ma Melo, dopo lo scacco della prima insurrezione, alleatosi con gli avventurieri normanni (1016), sconfisse i Greci in vari scontri. Giunto un nuovo catapano con nuove truppe, Melo fu sconfitto presso Canne, e fuggì in Germania, dove morì.
In quegli anni la infelice città fu funestata da nuove guerre fra i duchi di Benevento, i Greci e i Saraceni; ne approfittò Argiro, figlio di Melo, che fuggito dalla prigionia di Costantinopoli e aiutato dai Normanni rientrò in Bari, e fu acclamato duca nella chiesa di S. Apollinare. I Bizantini inviarono nuove truppe, e la guerra si riaccese più fiera di prima. Argiro venuto in discordia con i Normanni si riappaciò con Costantinopoli, e fu riconosciuto duca di Bari. Intanto Roberto il Guiscardo, assoggettate altre terre, assediò la città. Dopo quattro anni Roberto, avuti rinforzi dalla Sicilia, la prese per fame, e vi mandò come luogotenente il duca Argirizzo. Così nel 1071 finiva la dominazione greca.
Morto il Guiscardo, nel 1085, gli succedeva nella signoria di Bari il primogenito Boemondo, ma due anni dopo gliela toglieva il fratello Ruggero. Fu in questo tempo che tre navi baresi, partite alla volta di Antiochia cariche di grano e di altre merci, si recarono a Mira, dove giaceva il venerato corpo di S. Nicola; lo rapirono e lo portarono a Bari. La sacra reliquia fu affidata all'abate del monastero di S. Benedetto, Elia, e fu custodita in una cella sotterranea. Ma poiché l'arcivescovo pretendeva che fosse conservata nel Duomo, avvennero tumulti fra il clero e la popolazione, specialmente i marinai, i quali volevano che si costruisse un nuovo tempio per conservare il sacro corpo. Dopo due mesi di lotte cruente, con le larghe offerte dei cittadini, l'abate Elia fece iniziare la nuova basilica, che ebbe ricche donazioni da Ruggero e dai principi successori.
Nel sinodo tenuto a Melfi dal papa Urbano II si riconciliarono i due fratelli Boemondo e Ruggero, e Boemondo tornò duca di Bari.
Dopo il 1089, proclamato S. Nicola patrono della città, Bari diventò meta di numerosi pellegrinaggi. Ormai non era più una città secondaria, ma acquistava fama presso le genti italiche, e presso quelle della penisola balcanica, le quali avevano un grande culto per il santo di Mira.
Il 1° ottobre 1098 in Bari, Urbano II tenne un grande concilio, al quale parteciparono 198 vescovi tra greci e latini, e fu discusso il problema della processione dello Spirito Santo contro i Bizantini che sostenevano procedesse dal solo Padre.
Durante le Crociate, Bari fu uno dei porti d'imbarco. Migliaia di pugliesi partirono con Boemondo e col cugino Tancredi, e si coprirono di gloria combattendo in Asia per la liberazione del Santo Sepolcro. Morto Boemondo, vi furono lotte fra Grimoaldo di Bari e il re Ruggero II per il possesso della città, finché l'imperatore Lotario, incitato dal papa, la conquistò (1136). Partito Lotario, la lotta si riaccese, e dopo aspre vicende essa, per volontà di plebe, si dette in mano all'imperatore di Costantinopoli Manuele Comneno. Ma assediata e vinta nel 1156 da Guglielmo il Malo, fu distrutta dalle fondamenta, e furono risparmiate solo alcune chiese.
Per tanto disastro i cittadini si ridussero nelle vicine ville, ma dopo dieci anni tornarono a riedificare le mura e, consacrata, da un legato di Celestino III la chiesa superiore della basilica, la città cominciò a riaversi delle sofferenze patite. Bari passò poi, con tutta l'Italia meridionale, sotto gli Svevi, e Federico II, intuendone l'importanza strategica, restaurò il castello e ordinò un nuovo porto. Volle che qui si celebrasse una delle sette grandi fiere, che si tenevano nel Regno, e la dotò di vari privilegi. Agli Svevi, dopo la disfatta di Manfredi a Benevento, successero gli Angioini.
Sotto il dominio angioino, la città entrò in un periodo di decadenza, non avendo i nuovi padroni altra cura che di spremere quanto più danaro era possibile. Nella lotta fra la regina Giovanna e Luigi d'Ungheria, Bari seguì la regina, onde nel 1349 fu assediata da Ungheresi e da Tedeschi, e dovette arrendersi. Cessata la guerra, Giovanna la donò a Roberto d'Angiò principe di Taranto, e nel 1364 al fratello Filippo. Alla sua morte passò a Iacopo del Balzo, e dopo la ribellione di costui, a Ottone, quarto marito di Giovanna. Nella lotta fra Durazzeschi e Angioini parteggiò per Luigi I e II, ma ebbe a patire ogni sorta di travagli da parte di Ramondello Orsino, di parte durazzesca. Ladislao prima e Giovanna dopo, le accordarono immunità e concessioni; ma nel 1430 la regina la dette in feudo a Iacopo Caldora, e alla di lui morte nominò il figlio Antonio duca di Bari. La città in seguito passò sotto il dominio degli Aragonesi, però nel 1464 fu donata a Maria Sforza e successivamente a Gian Galeazzo. Morto costui, il ducato passò alla vedova Isabella, che insieme con varie nobili famiglie milanesi vi prese stanza.
Ella fortificò le mura e il castello, rialzò le condizioni economiche e sociali della città, diffuse l'istruzione, e parve tornassero i tempi di Federico II. Morta nel 1524, le succedette la figlia Bona, regina di Polonia, alla quale i Baresi avevano dato 18 mila ducati di dote; rimasta vedova, si ritirò a Bari, dove con grande magnificenza ordinò la sua corte e dette un soffio di nuova vita alla città. Alla sua morte sorsero questioni fra la corte di Polonia e quella di Napoli circa la successione, ma per l'arbitrato dell'imperatore Ferdinando I d'Austria, rimase agli Spagnuoli.
Con la nuova dominazione incominciò per Bari un periodo di grave decadenza; fu travagliata da lotte fra le famiglie nobili e tra esse e i primarî per il reggimento della città; si ebbero carestie, minacce di Turchi e di Barbareschi, prepotenze di presidî ingordi, insulti e violenze di soldati. Cessò ogni commercio, e s'inaridì ogni risorsa economica, mentre aumentavano le tasse e i balzelli. Di qui frequenti rivolte, la più grave delle quali fu quella del 1647, capitanata dal marinaio Paolo Ribecco, durante la quale furono saccheggiati i conventi e le case dei più ricchi cittadini. Nel 1656 una fiera pestilenza desolò la popolazione, che scemò di 12.460 abitanti. Ciò nonostante le gravezze aumentarono, e si arrivò a tale eccesso che nessuno voleva accettare le cariche pubbliche per non essere responsabile di esazioni fiscali esose ed impossibili.
Cessato il governo odioso degli Spagnoli si ebbe quello austriaco, che non valse a migliorare le sorti del paese; ma sopravvenuto il dominio borbonico di Don Carlos, Bari parve risorgere a novella vita sia per i nuovi ordinamenti introdotti, sia per le provvidenze accordate alla città. Ferdinando IV istituì il Collegio reale e accolse la domanda dei Baresi di poter fabbricare un sobborgo fuori delle vetuste mura; ma i moti rivoluzionarî della fine del secolo impedirono di attuare tale proposito. Il 1° febbraio del 1799 sulla pubblica piazza fu eretto l'albero della libertà, e fu costituito, come altrove, il comitato della municipalità. Le orde sanfediste dei paesi vicini assalirono la città, e l'assediarono per varî giorni; non potendo prenderla, si vendicarono col devastare le campagne circostanti. Venuti i Francesi col generale Broussier ristabilirono la calma, ma spogliarono il tesoro di S. Nicola che era ricchissimo, e imposero una contribuzione di 30 mila ducati. Partiti costoro, tornarono i sanfedisti, con i Russi, i Borbonici e i Turchi che finirono di funestarla.
Nel 1806, fuggito il Borbone in Sicilia, i Baresi resero omaggio al nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte, e da Gioacchino Murat, succeduto nel 1808, ebbero la sede della provincia che fu tolta a Trani perche fedele al Borbone.
Nel 1813 il Murat volle visitare la Puglia, e a Bari, il 25 aprile, mise la prima pietra del borgo. Da questa epoca cominciò una nuova era per la città; si costruirono strade ampie e larghe, sorsero grandi edifici, migliorarono l'igiene e l'istruzione, si costruirono il porto, il teatro Piccinni, la chiesa di S. Ferdinando; si istituirono scuole e aziende bancarie.
Nel 1860 anche Bari innalzava la bandiera italiana, e con unanime plebiscito votava l'annessione al regno d'Italia.
Da allora ad oggi ha fatto progressi grandissimi; la popolazione si è più che triplicata.
Durante l'ultima guerra Bari, una delle città più volte provate dal nemico, ha saputo dimostrare spirito di sacrifizio e serena forza di resistenza. Cessata la guerra la città si è ripresa rapidamente e negli ultimi anni il ritmo del suo sviluppo si è anche accelerato. Centro d'italianità in cospetto al Levante, è stata arricchita di istituzioni economiche, civili e intellettuali, abbellita di giardini, migliorata nell'igiene.
Bibl.: N. Putignani, Memoria sul principale patronato di S. Nicolò sopra Bari e Provincia, Napoli 1788; G. Petroni, Della storia di Bari, Napoli 1857; A. Beatillo, Storia di Bari, Bari 1886; S. La Sorsa, La vita di Bari nel sec. XIX, voll. 2, Bari 1913-15.
La Terra di Bari.
La Terra di Bari costituisce la parte mediana della Puglia, ed è situata tra la Capitanata a N. e la Terra d'Otranto a S. La denominazione di Terra di Bari s'incontra fin dal sec. IX, ma con designazione regionale appare solo nel sec. XII. Essa, infatti, fu compresa fra i nove giustizierati dell'Italia meridionale da Federico II, e d'allora in poi Terra di Bari fu sinonimo di provincia di Bari, così come la Capitanata fu la provincia di Foggia e la Terra d'Otranto fu la provincia di Lecce. Pare, tuttavia, che i confini di Terra di Bari siano stati nettamente fissati solo al tempo di Carlo II d'Angiò. Successivamente, negli ordinamenti amministrativi essa ha mantenuto per circa sette secoli press'a poco la stessa estensione. Perciò, nei limiti della Terra di Bari è bene comprendere anche i territorî comunali di Fasano e Cisternino, che la divisione amministrativa del 1927 assegna alla provincia di Brindisi. Così l'area della Terra di Bari viene ad essere calcolata in 5305 kmq. Peraltro la provincia di Bari, nei limiti che ad essa furono fissati nel 1927, si estende per 5156,29 kmq. e abbraccia 47 comuni.
Il paese si presenta fisicamente come un rialto terrazzato, che nella parte collinosa prende il nome di Murge (v.). Nella Terra di Bari, le Murge (che culminano nella Torre Disperata, 686 m.) si allungano da NO. a SE. e discendono verso la Basilicata con un gradino alto intorno ai 400 m. sul livello del mare e verso l'Adriatico con due gradini principali che sono distanti fra loro nella parte settentrionale, mentre s'avvicinano e sono prossimi al mare nella parte meridionale. Tra l'una e l'altra parte si apre la cosiddetta conca di Bari. Le Murge cono costituite di calcare fratturato, che è il terreno nel quale più largamente ricorrono i fenomeni carsici. Innumerevoli sono le doline (le più grandi sono dette, nella Terra di Bari, puli), le grotte, le caverne, e abissi più o meno profondi (detti localmente grave e capivento); nell'ultimo tratto, dirette come sono verso il litorale adriatico, le loro acque si mescolano a una certa distanza dal mare con le stesse acque marine e diventano salmastre. Il solo corso d'acqua che interessi la Terra di Bari è l'Ofanto, che però è fiume di confine; in tutto il resto il paese è solcato da avvallamenti (o lame), nei quali l'acqua passa solo nei periodi di forti piogge, e al massimo per qualche giorno.
Sotto l'aspetto climatico, la Terra di Bari appartiene alla sottozona meridionale adriatica: la temperatura media annua è compresa per quasi tutta la regione fra i 14° e i 16°, con gli estremi in gennaio (generalmente fra 6° e 8°) e in luglio (generalmente fra 23° e 25°); la media piovosità annua, che s'aggira fra i 500 e gli 800 mm., è più bassa nel fianco settentrionale e lungo l'Adriatico, è più alta nelle Murge meridionali; come negli altri paesi dell'Italia meridionale, la massima piovosità si ha nell'autunno e nell'inverno, mentre l'estate è secca; le precipitazioni nevose, meno che nelle alte Murge, sono scarsissime.
La Terra di Bari conta 953 mila abitanti (censimento del 1921); è la parte della Puglia con più fitta popolazione: la densità, infatti, è di 180 ab. per kmq., peraltro molto diversamente distribuita (vi sono zone quasi disabitate nell'interno, sulle Murge, e altissime densità sulla fascia costiera, fin oltre 400 ab. per kmq.). La popolazione ha avuto nell'ultimo secolo un forte incremento: inferiore, nel complesso, a 300 mila abitanti nel 1800, era di 554 mila nel 1861 e salì a 828 mila nel 1901. Dal 1901 in poi l'aumento appare meno notevole a causa del fortissimo contingente che fino al 1914 e nel 1920 la Terra di Bari ha fornito all'emigrazione transoceanica. Oggi l'emigrazione per l'estero è, come è noto, contenuta in termini assai modesti (5838 nel 1926). La Terra di Bari ha dato, specie nel primo decennio del sec. XX, un considerevole contributo anche all'emigrazione temporanea interna: e, pur ridotto d'intensità, a causa della larga diffusione delle macchine agricole, il fenomeno si svolge tuttora con qualche importanza.
Una delle principali caratteristiche demografiche della Puglia è l'accentramento della popolazione in un numero relativamente piccolo di agglomerati urbani; nella Terra di Bari questa caratteristica assume un interesse speciale per il fatto che, pur essendo scarsissimo il numero dei comuni, la regione è nettamente divisa in due zone: la settentrionale, che ha le più alte cifre di popolazione accentrata di tutta la Puglia (fin 98%), e la meridionale (la cosiddetta Murgia dei trulli), che ha le più alte cifre di popolazione sparsa di tutta la Puglia (30,40 e fin 50% e più). Quindi i comuni della Terra di Bari hanno cifre molto alte di popolazione: ve ne sono 33 con più di 10 mila ab. e sono ben 8 quelli che contano più di 30 mila ab. Nei comuni della provincia sono oggi istituiti 9 licei-ginnasî, 4 ginnasî isolati, 2 istituti tecnici, 1 istituto magistrale, 17 scuole complementari. Molto diffuso è anche l'insegnamento elementare, e la cifra media dell'analfabetismo, che era del 79% nel 1872, è diventata del 50% nel 1921.
La Terra di Bari è paese prevalentemente agricolo: considerata nella sua lunghezza da NO. a SE., essa si presenta distinta, nei riguardi delle colture, in tre strisce, di cui l'interna, murgiana, è formata in grandissima prevalenza da terreni a seminativi, a pascoli e a boschi; la litoranea è formata in grandissima prevalenza da uliveti, con cui si alternano a nord i vigneti e nel centro i mandorleti; la mediana è costituita in gran parte da mandorleti e da vigneti; le colture irrigue caratterizzano le immediate vicinanze dei centri abitati e la striscia confinante col mare. In complesso, il seminativo è esteso per il 30% del territorio, l'uliveto per il 23%, il mandorleto per il 10%, il vigneto per l'8%, il pascolo e il bosco per il 20%. La provincia di Bari è la prima in Italia per produzione di mandorle e di carrube, e una delle prime per produzione di fave e di pomodori. L'allevamento del bestiame è fatto soprattutto nelle zone collinose delle Murge, nelle varie masserie, che ne costituiscono per vastissime aree i soli insediamenti umani. Nel 1918 furono censiti 21.177 capi di bestiame bovino, 316.976 capi di bestiame ovino, e poi 6938 maiali e 57.835 equini. Nel 1911 la pesca occupava nella Terra di Bari 1155 persone; oltreché sulle coste pugliesi, essa è praticata sulla costa opposta dell'Albania e perfino sulle coste della Grecia; è fatta specialmente con le tradizionali paranze; la pesca del litorale barese è costituita soprattutto da merluzzi, triglie, sardine, spigole, dentici, orate, calamari, seppie.
Il maggior numero delle industrie della Terra di Bari risulta intimamente legato all'attività agricola della regione. Le principali, quindi, riguardano: a) l'estrazione dell'olio dalle ulive, la produzione dell'olio al solfuro e la fabbricazione dei saponi; b) la vinificazione, i prodotti della distillazione e il cremore di tartaro; c) la produzione di conserve di pomodoro e di frutta candite e marmellate. Ma vengono prendendo anche un certo sviluppo: l'industria tessile a piccoli opifici, specie con manifattura di lana e cotone, e a Bari la lavorazione di ottimi tappeti orientali e poi alcune industrie meccaniche e metallurgiche. Legata all'industria armentizia è la produzione locale di formaggi, di ricotta, di scamorze e di provole. Ed è dipendente dalla grande diffusione dei terreni calcarei e tufacei l'importanza dell'industria estrattiva dei materiali da costruzione.
Il commercio della Terra di Bari con l'estero è stato fatto, nel triennio 1924-26, per una media annua di 245 milioni di lire per le importazioni e di 280 milioni di lire per l'esportazioni; le prime seguono nella massima parte (95%) la via di mare, le seconde seguono la via di mare per i tre quarti.
La distribuzione dei centri abitati dipende nella Terra di Bari soprattutto dalla forma dell'altipiano delle Murge. Nelle Murge settentrionali, infatti, per la presenza di un alto gradino prevalentemente allungato da NO. a SE., i centri si allineano in tre serie: una ad ovest di esso verso la Basilicata (Minervino, Spinazzola, Gravina, Altamura, Santeramo in Colle, Gioia del Colle), una sul fianco est al limite della zona di colline (Canosa, Andria, Corato, Ruvo, Terlizzi, Palo del Colle, Acquaviva), la terza sul mare (Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta, Giovinazzo). Nelle Murge meridionali, meno alte e con un ripido gradino costiero, i centri abitati sono distribuiti quasi alla stessa distanza l'uno dall'altro, e si succedono in due serie, l'una sull'orlo dell'altipino (Conversano, Castellana, Putignano, Noci, Alberobello, Locorotondo), l'altra sulla fascia costiera (Mola, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano). Fra le Murge settentrionali e le meridionali, e dalla parte dell'Adriatico, l'affollamento dei centri è notevolmente più intenso: è la zona della già ricordata conca di Bari, che abbraccia 20 dei 57 comuni di tutta la Terra di Bari (più importanti, oltre Bari, sono: Bitonto, Modugno, Grumo Appula, Adelfia, Triggiano).
Bibl.: A. Jatta, Appunti sulla geologia e paletnologia della provincia di Bari, Trani 1887; La Terra di Bari, voll. 3, Trani 1900, contenente interessanti monografie, e specialmente nel vol. III; C. Maranelli, La Murgia dei trulli, Firenze 1908; C. Colamonico, Le acque sotterranee in Puglia, Roma 1913; id., La distribuzione della popol. in Puglia secondo la natura geologica del suolo, Roma 1916; id., id. id. secondo la distanza dal mare, Roma 1918; id., Il pulicchio di Toritto e la genesi dei puli nel Barese, Roma 1920; id., La distribuzione delle colture nel Barese, Roma 1925; id., La geografia della Puglia, 2ª ed., Bari 1926; F. Sacco, La Puglia, Roma 1911; C. Bertacchi, Puglia, Torino 1926; E. Pantanelli, Uno sguardo alla cerealicoltura della prov. di Bari, Bari 1927; Camera di Comm. e Ind. di Bari, Movimento del commercio e della navigazione della provincia di Bari nel 1926, Bari 1927.