BARI
(gr. Βἁϱιον; lat. Barium)
Città della Puglia, capoluogo di regione. Situata lungo la costa adriatica è sede di un importante porto mercantile, già conosciuto nel Medioevo.La città vecchia sorge su un promontorio triangolare a N, tra le insenature dei porti vecchio e nuovo. Qui si è sviluppata la città preromana, romana e medievale, mentre la moderna ha occupato l'area pianeggiante a S - al di fuori della zona antica e della cinta muraria, in parte medievale - per volere di Gioacchino Murat, a iniziare dal 1813. Dell'insediamento preromano e romano esistono poche tracce, non documentate a sufficienza. Recenti scavi nell'area occupata dal convento di S. Scolastica hanno rimesso in luce un tratto di muratura a blocchi tufacei della fine del sec. 4° a.C. da riferirsi a una cinta muraria che doveva circondare la penisoletta estendendosi verso S e venne mantenuta anche in età medievale. Dall'area di S. Scolastica proviene inoltre parte di un pavimento in opus signinum databile tra l'età repubblicana e i primi anni dell'Impero; ancora un brano di pavimento a mosaico d'età severiana è stato rinvenuto al di sotto del pavimento del succorpo della cattedrale (Morizio, 1988). A età severiana va inoltre ascritta la fronte di un sarcofago asiatico di tipo Sidamara, murato all'ingresso di destra della cripta di S. Nicola, riutilizzata come lastra tombale per l'abate Elia (m. nel 1105).Tre strade convergevano su B. in età imperiale: la via Traiana, la c.d. via Litoranea, che seguiva la costa da Siponto a Brindisi, e una terza, di identificazione molto incerta, probabilmente una scorciatoia, che univa B. con Taranto forse attraverso Ceglie (lat. Caeliae). Il tracciato viario della città non è recuperabile a causa del continuo innalzarsi del livello dell'abitato durante i secoli.Le prime fonti sono di età bizantina: gli Annales Barenses (Corsi, 1986) con notizie sulle vicende politiche della città (605-1043), sulla fondazione nel 978 del monastero di S. Benedetto e sulla difficoltosa successione al seggio arcivescovile nel 1035; la cronaca di Lupo Protospata (Corsi, 1986; Cioffari, 1986), che giunge fino al 1102; l'opera del c.d. Anonimo Barese (Corsi, 1986; Cioffari, 1986), della metà del sec. 12°, con notizie circa gli interventi edilizi del catapano bizantino Basilio Mesardonite nel 1011.Altre notizie si desumono da fonti non baresi come il Chronicon Venetum di Giovanni Diacono; la Chronica monasterii Casinensis di Leone Marsicano e Pietro Diacono; il Chronicon Volturnense del monaco Giovanni; la cronaca di Erchemperto; la Storia di Roberto il Guiscardo, opera di Guglielmo Appulo, e infine la Vita S. Vitalis (Corsi, 1986), dei primi decenni dell'11° secolo. Da segnalare ancora la Chronaca del monaco franco Bernardo (Avril, Gaborit, 1967) risalente all'870. Ma la raccolta di documenti più importante è quella relativa al Codice Diplomatico Barese, con i volumi specifici riguardanti i vari periodi, divisi secondo i fondi (della cattedrale e di S. Nicola) in cui si trovano raccolti. Questa imponente serie di documenti abbraccia, oltre che il periodo bizantino, quello normanno, svevo e angioino. Alla fine del sec. 11° risalgono le fonti narrative che riguardano la traslazione delle reliquie di S. Nicola da Mira a B.: l'opera, del 1088, di Niceforo, clericus di B., e l'altra, contemporanea alla precedente, di Giovanni, arcidiacono della cattedrale (Cioffari, 1986). Ancora da ricordare, sullo stesso argomento, la fonte dell'Anonimo Russo conosciuta come la leggenda di Kiev e quella dell'Anonimo o Compilatore Franco, nota come la leggenda gerosolimitana. Altri testi dei secc. 17° e 18° contengono le fonti ora ricordate e l'elenco degli arcivescovi baresi (Cioffari, 1986). È infine da menzionare la Historia Translationis del prete Gregorio, ormai concordemente riconosciuta dalla critica come falsa (Musca, 1978), e ancora le Consuetudini Baresi, nate prima del periodo normanno, approvate e concesse da Ruggero II nel 1132, e la Historia inventionis Sabini episcopi (Cioffari, 1986). Per il periodo svevo e angioino, oltre alle pergamene raccolte nel Codice Diplomatico Barese, si conservano ancora molti documenti dell'epoca di Federico II e della cancelleria angioina.Le fonti iconografiche sono di epoca tarda. L'impianto topografico della città risulta da un'incisione (Pacichelli, 1703); precedente è un'incisione con la pianta parziale della città conservata all'Arch. di Stato di Napoli (fasc. Carmelitani Scalzi).B. nei primi secoli dell'era cristiana non deve aver avuto una particolare importanza politica e commerciale, dal momento che non risulta citata in documenti e fonti ufficiali. Si conosce però l'esistenza, nel 465, del vescovo Concordio: la città era dunque sede vescovile e doveva pertanto avere un episcopio, rintracciato nel 1975 sotto l'area della cattedrale medievale. Alla metà del sec. 7° B. venne forse saccheggiata a seguito dell'intervento di Costante II (641-668) contro i Longobardi in Italia meridionale. Dalla fine del sec. 8° agli inizi del 9° la città fu in mano longobarda e fece parte del gastaldato di Canosa. Presumibilmente a tale periodo potrebbe risalire l'impianto planimetrico dell'edificio detto portico dei Pellegrini, di fronte alla chiesa di S. Nicola. In esso si è voluto vedere un ricordo della laubia ove in età longobarda si amministrava la giustizia (Cagiano de Azevedo, 1971). Tra i secc. 8° e 9° B. si ampliò verso S-O, seguendo la costa in corrispondenza del porto; venne costruita una nuova cinta muraria e una strada di accesso (Musca, 1981). Tra l'847 e l'871 la città cadde in mano saracena. Dalle fonti si sa che venne costruita una moschea la cui ubicazione rimane incerta. Nell'852 si ha una testimonianza dell'esistenza delle mura; all'864-866 risale il passaggio per B. del monaco Bernardo, il quale, nella sua Chronaca, riferisce sulla presenza, a mezzogiorno, di due lunghi muri a protezione della città, che a settentrione, verso il mare, ne era invece sfornita.Tra i secc. 10° e 11° B., divenuta capitale del tema di Longobardia, acquistò una fisionomia ben precisa che si può recuperare dai documenti pervenuti (Musca, 1976; 1981). L'abitato era contraddistinto da case di modeste dimensioni, addossate tra loro, provviste di un solaio e di una corte con pozzo. Fuori dell'abitato, vicino alle mura, era il monastero di S. Benedetto, fondato nel 978: tra i più importanti della città, data la sua ubicazione, esso svolgeva il fondamentale ruolo di collegamento tra il centro urbano e la campagna circostante.Nel 1011 Basilio Mesardonite, come viene attestato da un'epigrafe, costruì nella zona a E del promontorio la cittadella fortificata dove trovarono posto la residenza del catapano, gli uffici, forse una caserma e alcune chiese e cappelle, tra cui quelle di S. Eustrazio, di S. Basilio, della Santa Sofia, di S. Demetrio.Nella città normanna (1071), sul luogo dove era la cittadella bizantina, nel 1087 iniziò la costruzione della basilica di S. Nicola, destinata a custodire le reliquie trafugate del santo. Nel 1089 papa Urbano II consacrò contemporaneamente Elia arcivescovo di B. e l'altare di S. Nicola nella cripta della chiesa in costruzione.Importante è il ruolo che il porto svolse alla fine del secolo: da qui partì Boemondo per la crociata in Terra Santa. Dall'esame di alcuni documenti si può seguire inoltre lo sviluppo edilizio della città, individuare l'ubicazione del mercato, localizzare alcune chiese e l'hospitale peregrinorum, situato nella corte di S. Nicola.Fino alla metà del sec. 12° la città normanna si ampliò verso S-E; si ha testimonianza dell'esistenza della ruga Francigena, la via pubblica che passava davanti alla chiesa di S. Pelagia. Nel 1156 B., filobizantina, venne presa e rasa al suolo da Guglielmo il Malo; anche il castello, che si era attestato fuori della città in posizione isolata, venne distrutto, ma dai Bizantini.In seguito B. conobbe una netta ripresa grazie anche alla presenza di diversi monasteri (S. Benedetto, SS. Trinità, S. Scolastica); con il vescovo Rainaldo (1171-1188) ebbero inizio i lavori di ricostruzione della cattedrale. L'espansione urbana non si arrestò: aumentarono i quarteri (vicinia), che prendevano solitamente il nome dall'edificio religioso più vicino. Oltre alla porta vetus e alla porta Castelli è attestata l'esistenza, nel sec. 13°, di una porta S. Lucia. Alla metà dello stesso secolo l'asse viario si spostò verso la ruga Francigena.Sotto la dominazione angioina la città estese ancora la sua area ma sembra fosse meno popolata. Si sa dell'esistenza di un mercato tra la cattedrale e il castello. Il quartiere ebraico, nei pressi della cattedrale, prima in zona periferica, si trovò in età angioina al centro di una zona in espansione. La via principale, detta Judeca, nel sec. 14° si chiamò ruga Nova o Neophitorum dal momento che gli abitanti ebrei, dopo il 1300, si convertirono in massa. La colonia ebraica, presente in città già nei primi secoli dell'era cristiana, ha lasciato alcune testimonianze di un certo rilievo: una piccola catacomba, databile tra il sec. 6° e il 7°, in contrada S. Lorenzo, sulla via per Carbonara, nell'immediata periferia della città moderna, e alcune epigrafi funerarie del sec. 9° provenienti da un cimitero subdiale ubicato nei pressi della ricordata catacomba (Colafemmina, 1988).Nei dintorni della città, per le particolarità geomorfologiche del suolo, vennero scavati alcuni ipogei e chiese variamente articolati, tutti da ascrivere, pur nella mancanza di precisi dati archeologici e documentari, tra il sec. 10° e l'11°: l'ipogeo di S. Candida, della Masseria Tresca, della Masseria di Torre Bella, la chiesa di S. Maria della Grotta.Alcuni saggi archeologici hanno riportato alla luce, sotto la cattedrale, resti di strutture murarie pertinenti a un edificio ecclesiastico risalente al sec. 5°, riconosciuto come la sede dell'episcopio d'età paleocristiana, e resti di un pavimento musivo con un'iscrizione databile al sec. 6°, collegabile con i coevi manufatti dislocati lungo le coste adriatiche e del Mediterraneo orientale (Bertelli, 1981). Altre zone interessate da indagini archeologiche hanno rivelato la presenza di strutture architettoniche altomedievali e d'età bizantina, come piazza S. Pietro, palazzo Lamberti (chiesa del sec. 10° con resti di affreschi), piazza di S. Maria del Buon Consiglio, il cortile dell'abate Elia, e hanno restituito numerosi elementi ceramici e monete bizantine.A età altomedievale va ricondotto il nucleo più antico del convento di S. Benedetto, individuato recentemente a m. 2 sotto il piano di calpestio della cripta della chiesa attuale (sec. 18°), costituito da resti di un edificio a tre navate con pavimentazione a mosaico. La cripta, ritenuta finora la parte più antica (Blattmann, 1981), è risultata essere stata eseguita in un secondo momento rispetto alla chiesa medievale (demolita nel 1745), forse proprio per accogliere le reliquie di s. Nicola appena giunte da Mira, come si ricava da alcune fonti (Milella, 1987). All'edificio ritrovato vanno collegate le due ali superstiti di un piccolo chiostro, rinvenuto nel cortile dell'edificio attiguo alla chiesa, a ca. m. 3 di profondità rispetto all'attuale piano viario.Alla prima metà del sec. 11° sono ascrivibili le strutture della chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo - ritrovata nell'area del convento di S. Scolastica, con cupola centrale che si riallaccia, per la tipologia, a edifici a più cupole in asse (Ambrosi, Cardamone, Fornaro, 1980) - e forse la chiesa rinvenuta sotto l'ala nord del castello. I due edifici hanno conservato in parte i pavimenti originari formati da lastrine calcaree e cubetti disposti secondo motivi geometrici.Al 1087 risale la fondazione della basilica di S. Nicola a opera di Elia, abate di S. Benedetto, sul luogo della cittadella catapanale, rasa al suolo per la circostanza. L'edificio è a tre navate, triabsidato internamente, ma delimitato esternamente da un muro rettilineo; ha un transetto leggermente sporgente e matronei; la cripta è del tipo a oratorio; la facciata è affiancata da due torri quadrangolari, di cui quella di destra sicuramente preesistente. I fianchi sono invece caratterizzati da gallerie esafore, la cui costruzione fu realizzata nella seconda metà del sec. 12° insieme ad altri lavori architettonici - torre a sinistra della facciata, prospetto orientale, ballatoio in controfacciata - e scultorei (Belli D'Elia, Calò Mariani, Todisco, 1990).A una prima ipotesi circa l'origine icnografica dell'edificio, visto come il risultato di trasformazioni apportate al modello originario (Krautheimer, 1934), se ne è contrapposta una seconda (Schettini, 1967) che vuole vedere in esso, per le evidenti irregolarità dell'impianto, il riadattamento di una costruzione civile d'età bizantina. Recentemente (Belli D'Elia, 1980b; 1985; 1987; Belli D'Elia, Calò Mariani, Todisco, 1990) si è giunti a stabilire che S. Nicola è frutto al contrario di un progetto unitario, realizzato, assieme alla cripta, nell'arco di un secolo. Il modello cui si dovette rifare l'abate Elia è stato individuato in edifici d'età romanica - come la cattedrale di Notre-Dame di Jumièges, l'abbazia di Bernay, Saint-Etienne di Caen - per gli spessi muri che li avvolgono esternamente. La cripta, del tipo a oratorio, divisa in nove campate da colonnine, si rifà invece a un tipo di origine campana (Salerno), adottato anche a Otranto. Del pavimento originario della cripta sopravvive nella zona absidale un vasto brano costituito da piccoli elementi marmorei colorati, disposti a formare disegni geometrici. La zona absidale della chiesa conserva invece un pavimento, sempre in marmi colorati, con un'iscrizione pseudocufica che corre lungo il bordo, eseguito però nella seconda metà del sec. 12° quando fu messa in opera la cattedra dell'abate Elia.Agli inizi del sec. 11°, come risulta da alcuni documenti, vanno ricondotte: la chiesa di S. Gregorio situata sul lato nord della piazza prospiciente S. Nicola; la chiesa di S. Maria della Purificazione - detta anche La Vallisa o chiesa dei Ravellesi per la presenza di una loro colonia - completamente snaturata da restauri eseguiti nel 1962 (Apollonj Ghetti, 1972); la facciata della piccola chiesa di S. Marco dei Veneziani, il cui rosone, eseguito verso la fine del '200, fu forse opera di Pietro Facitolo, contemporaneo di Anseramo da Trani. Nel territorio circostante va ricordata la chiesa di Ognissanti di Cuti, già esistente nel 1060.Nel 1034 furono iniziati i lavori di costruzione della cattedrale, dedicata a s. Sabino e alla Vergine Maria, a opera del vescovo Bisanzio, distrutta in parte da Guglielmo il Malo (1156): si articolava in tre navate, era divisa da colonnati e possedeva una cripta. Dell'originario corredo scultoreo sopravvivono oggi i cinque portali, i cui motivi decorativi presentano strette affinità con l'opera dello scultore Accetto che forse poteva avere a B. una bottega (Wackernagel, 1911; Belli D'Elia, Calò Mariani, Todisco, 1990). Con il vescovo Rainaldo (1171-1188) questa venne ricostruita sul modello di S. Nicola, riutilizzando in parte le strutture del sec. 11°, che dovevano riflettere planimetricamente edifici campani (cattedrale di Amalfi) o altri pugliesi dell'inizio del sec. 11° (cattedrale di Bovino, S. Basilio di Troia; Alle sorgenti del Romanico, 1975; Belli D'Elia, 1980b). Alla fine del sec. 12° venne iniziata la cupola, peraltro mai portata a termine nella basilica di S. Nicola.Accanto alla cattedrale sorge un edificio a pianta circolare, la Trulla, molto manomesso sia esternamente sia internamente. Probabilmente è da identificare con il battistero medievale, forse sorto su quello paleocristiano, data la presenza, sotto la cattedrale, dell'antico episcopio.Il castello presenta due principali fasi costruttive che inglobano, a loro volta, un nucleo preesistente forse di età normanna. La prima risale a età sveva, quando l'edificio fu restaurato da Federico II, assumendo così un impianto quadrangolare, rafforzato agli angoli da torrioni. A Carlo I d'Angiò va ascritta la seconda fase. I lavori, iniziati nel 1276 sotto la direzione di Pierre d'Angicourt e di Jean de Toul, riguardarono soprattutto il lato nord, verso il mare, andato completamente in rovina, in cui fu sistemato l'appartamento regio nonché una terrazza con tettoia sorretta da pilastri (Calò Mariani, Fano, Pepe, 1990). L'aspetto attuale, con il possente muro di cinta e poderosi baluardi angolari, risale all'epoca di Isabella d'Aragona (m. nel 1524).All'attività dei Frati Minori Conventuali, presenti a B. già dal 1220, viene riferita, su fonti documentarie, la costruzione del monastero di S. Francesco della Scarpa, impiantatosi sulla preesistente cappella di S. Caterina. I lavori (1306-1321) riguardarono la costruzione della chiesa, a navata unica con abside coperta da volta a crociera nervata, e di alcuni locali. Tra la fine del '300 e gli inizi del secolo seguente il complesso fu ingrandito con l'aggiunta di altri ambienti (oratorio, refettorio, cucina, celle per i frati).Sia nella basilica di S. Nicola sia nella cattedrale sono stati riutilizzati elementi architettonici risalenti al sec. 6°, di cui alcuni di chiara importazione bizantina (Bertelli, 1987); nei matronei di S. Nicola sono poi raccolti altri frammenti scultorei (lastre, epistili, capitelli) ascrivibili stilisticamente sia all'area occidentale sia alla bizantina, risalenti ai secc. 10°-11° (Salvatore, 1980; Milella Lovecchio, 1981). Sono state inglobate nella facciata della chiesa di S. Agostino (detta anche di S. Anna) altre lastre scolpite, provenienti dalla precedente chiesa dedicata a s. Pelagia, di cui alcune risalenti al sec. 10° (Farioli Campanati, 1982); tra queste se ne segnalano una con un'aquila ad ali spiegate, altre con pavoni affrontati, animali alati e scimmie giocoliere, in cui si ravvisano i caratteri dello scultore Accetto (Belli D'Elia, Calò Mariani, Todisco, 1990). Ancora al sec. 11° va ascritta una lastra, forse di un recinto presbiteriale, con grifo e leone alati nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo. Durante i lavori di costruzione dei due principali edifici ecclesiastici della città venne eseguito il relativo apparato decorativo scultoreo, databile, per la maggior parte, ai secc. 11°-12°: cinque portali in S. Nicola - tra cui si segnala quello detto dei Leoni con scene di combattimento tra cavalieri e con capitelli con la raffigurazione del mietitore e del vignaiolo - recentemente restaurati, e quelli della cattedrale; numerosi capitelli a stampella con animali addossati; altri con fogliami e animali come nella cripta di S. Nicola. Nei motivi decorativi si ritrovano elementi desunti sia dalla tradizione classica sia da altre fonti iconografiche, come avori e stoffe, provenienti dall'Oriente e che in Puglia trovarono l'ambiente adatto per essere recepiti e rielaborati. Innegabili tangenze sono state viste con la scultura tolosana (si veda la lastra con angelo docente nel Mus. di S. Nicola), spiegabili forse con la presenza di artisti stranieri di passaggio in Puglia (Belli D'Elia, 1980b, pp. 217-219).Al sec. 12° risale ancora il ciborio di S. Nicola, in cui era inserita una formella in smalto (ora nel Tesoro della basilica) con l'incoronazione di Ruggero II a opera del santo, eseguita con una tecnica mista a champlevé e a cloisonné intorno al 1135. Il ciborio, con baldacchino a doppia piramide ottagonale su colonnine, è sostenuto da quattro colonne di breccia, di riutilizzo, su cui sono capitelli con figure di angeli ad ali spiegate; sull'architrave corre un'iscrizione devozionale. L'ambone della cattedrale risulta invece ricomposto con frammenti databili ai secc. 11° e 13° (Calò Mariani, Fano, Pepe, 1990).A un maestro operante verso la metà del sec. 12°, che dovette lavorare per molto tempo fuori di Puglia, forse in Emilia, vanno ricondotti alcuni rilievi in S. Nicola (teste leonine e umane nell'esaforato sud, portale centrale in cui vengono inglobati anche elementi tardoantichi) e la cattedra dell'abate Elia, la cui datazione è stata spostata dalla fine del sec. 11° - inizi 12° alla seconda metà di questo per motivi stilistici: si tratterebbe quindi di un manufatto di intenti commemorativi e simbolici (Belli D'Elia, Calò Mariani, Todisco, 1990). Al Maestro di Elia fu poi affidata la decorazione plastica della facciata della chiesa di S. Gregorio e del finestrone absidale della cattedrale. A età sveva va invece ricondotta la decorazione del portale di accesso all'androne del castello, dei capitelli all'interno e di quelli verso il cortile centrale, in tre dei quali compaiono le firme degli esecutori: Mele da Stigliano, Ismahel e Minerrus de Canusia (Calò Mariani, Fano, Pepe, 1990). Allo stesso periodo vanno riferite le mensole in facciata e le arpie nel finestrone absidale nella cattedrale; la recinzione presbiteriale, opera di Pellegrino da Salerno attivo nella prima metà del sec. 13°; alcuni pannelli figurati (ora al Mus. di S. Nicola) in cui è evidente l'ascendenza islamica; le protomi animali del rosone, eseguite dopo il terremoto del 1267 e collegate a maestranze pugliesi di ritorno dalla Francia. Ad Alfano da Termoli (v.) va ascritto (1233) il ciborio, ricomposto nella moderna ricostruzione con i frammenti superstiti originari. Pertinenti ancora all'arredo della cattedrale si ricordano alcuni frammenti erratici conservati presso il Mus. Diocesano, identificati con quanto rimane di uno dei cibori che l'arcivescovo Romualdo commissionò per l'edificio. Lungo la cornice del cupolino si legge il nome dell'autore, lo scultore Anseramo da Trani (v.).In città non si conservano che pochi brani affrescati: quelli ultimamente ritrovati nella chiesetta anonima di palazzo Lamberti, presumibilmente da ascrivere al sec. 10°; altri, più estesi, visibili nell'oratorio di S. Martino, riconducibili alla sfera d'influenza bizantina e databili alla seconda metà del sec. 13° (Bertelli, 1984). Ai secc. 13° e 14° sono ascrivibili resti pittorici nell'abside di sinistra e nella cripta della cattedrale eseguiti in concomitanza con i lavori posteriori al terremoto del 1267. Da segnalare altri brani affrescati nell'abside destra di S. Nicola in cui si rintracciano modi dell'arte gotica mediati da Napoli e dall'area umbro-marchigiana (Calò Mariani, Fano, Pepe, 1990).Tra i manoscritti conservati nell'Arch. della Cattedrale, entro la prima metà del sec. 11° va attribuito l'Exultet 1, in beneventana del 'tipo di B.', in cui si notano chiare componenti stilistiche bizantino-provinciali (visi dei santi), ma anche colori e motivi ripresi dalla tradizione beneventana (testine sporgenti dalle iniziali, mostri simili tra loro) e altri tipici dell'area pugliese. Contemporaneo è il Benedizionale da ricondurre, come il precedente, a uno scriptorium operante a B., identificato in via ipotetica con quello del monastero di S. Benedetto (Cavallo, 1973), ipotesi però non comprovata sufficientemente (Falkenhausen, 1986). Leggermente più tardo è l'Exultet 2, opera di un miniatore più rozzo rispetto all'autore del precedente; da ricordare ancora è una pergamena con atto di Morgincap datata al 1028. Dell'età sveva si sono conservati alcuni esemplari scritti in tarda beneventana con ornamentazioni molto ridotte (Arch. della Cattedrale, Exultet 3; Arch. di S. Nicola, 15, già A 13). Per il periodo angioino i manoscritti pervenuti sono di tipo giuridico: si segnalano testi di diritto civile e canonico, di medicina, di patristica (Magistrale, 1990).Al primo decennio del sec. 14° è da ascrivere la prima stesura dell'icona con S. Nicola, oggi nella cripta della basilica, forse con i ritratti dei sovrani serbi Uros II e Simonida, mentre la seconda redazione, con gli stessi personaggi ma a figura intera, e la riza sono da riferire entro la prima metà dello stesso secolo. Notevoli complessi medievali sussistono nei principali musei e raccolte della città: la Pinacoteca Prov., con frammenti scolpiti dei secc. 11°-13°, fra i quali, proveniente da Castel del Monte, il c.d. frammento Molajoli, e alcune icone provenienti da cittadine vicine dei secc. 13°-14°; il Mus. di S. Nicola, già nei matronei della basilica, ora smembrato (1988), in cui sono raccolti numerosi frammenti scultorei rinvenuti durante i restauri eseguiti nel 1932 e 1954-1957. Nel 1986 è stato aperto al pubblico il Tesoro di S. Nicola; tra i numerosi oggetti conservati si segnalano il già ricordato smalto con l'incoronazione di Ruggero II, la corona dello stesso re, un reliquiario della Vera Croce e una coppia di candelieri in cristallo di rocca di età angioina, un ostensorio, un reliquiario a forma di cattedrale la cui presenza è attestata già in un inventario del 1362, antifonari e breviari miniati. Nell'Arch. di S. Nicola si custodiscono diversi diplomi dei secc. 11°-14°, bolle e pergamene private e alcuni codici miniati (sec. 13°) provenienti da botteghe parigine. Vanno ricordati ancora il Mus. Diocesano, ubicato presso l'episcopio, con frammenti scultorei d'età medievale, tra cui quelli del ciborio di Anseramo da Trani; l'Arch. della Cattedrale e la Gipsoteca del castello, con frammenti scultorei provenienti dalla chiesa ritrovata sotto il castello, databili al sec. 11°, e calchi dei principali rilievi architettonici delle chiese romaniche pugliesi.
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