CROCE, Benedetto
Nacque il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli (prov. di Aquila), ma Napoli fu ben presto la sua dimora abituale. Ivi entrò, nel 1876, in un collegio diretto da sacerdoti. Scampato dal terremoto di Casamicciola (1883) in cui perdette i genitori, fu raccolto a Roma in casa di Silvio Spaventa, suo parente, e vi rimase sino al 1886. S'iscrisse all'università, in giurisprudenza, ma più volontieri si chiudeva nelle biblioteche, e frequentava le lezioni di Antonio Labriola, di cui ammirava il brioso ingegno e la fresca cultura. Tornato a Napoli, si diede con maggior fervore a indagini erudite e per queste intraprese anche viaggi in Germania, in Spagna, in Francia, in Inghilterra. A questo periodo appartengono molte delle ricerche raccolte poi, insieme con scritti posteriori, nei volumi La rivoluzione napoletana del 1799 (Bari 1912), I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del sec. XVIII (Bari 1916), Storie e leggende napoletane (Bari 1918), Aneddoti e profili settecenteschi (Palermo, 1914), Saggi su la letteratura italiana del Seicento (Bari 1911), Curiosità storiche (Napoli 1919), La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza (Bari 1914). Ma l'erudizione accumulata con tanta foga finì col generare in lui una scontentezza che raggiunse il fastidio: egli anelava a una forma più alta, più intima, del sapere. Le due memorie, La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte (1893), e quella su La critica letteraria (1894), raccolte poi in Primi saggi (Bari 1919), segnano una ripresa delle sue tendenze filosofiche. In questo tempo lesse, insieme con molti altri libri di filosofia e di metodica della storia, la Scienza nuova del Vico. E poiché l'opera del De Sanctis gli era famigliare dal liceo, e ai problemi di estetica s'era interessato allorché all'università seguiva i corsi di etica del Labriola, non gli fu difficile ricongiungere il problema della storia a quello dell'arte, e procedere, con larghezza e profondità sempre maggiore, all'indagine dei rapporti di quei problemi con gli altri costitutivi della vita spirituale. A quest'ultimo scopo contribuirono anche gli studî fatti tra il 1895 e il 1900, e raccolti nel volume Materialismo storico ed economia marxistica (Bari 1900), i quali, occasionati dai rapporti col Labriola, riflettono un momento di fede e passione politica passato presto per la fortissima prevalenza in lui della riflessione teoretica. Di qui un minor contatto col Labriola, e l'amicizia col Gentile, cominciata nel 1896, la quale contribuì non poco nel deciderlo ad elaborare i germi, che già in lui fermentavano, d'una sistemazione concettuale a fondamento e guida della sua cultura; e anche in seguito influì costantemente, per via positiva o negativa, sullo sviluppo del suo pensiero. Documento della collaborazione dei due filosofi restano le annate della Critica (specialmente nel primo decennio, dopo il quale ragioni speculative prima, politiche poi, raffreddarono e in fine ruppero quella concordia), la quale, uscita nel 1903, fu l'organo maggiore, e veramente insigne, del rinnovamento della cultura italiana e insieme, si può dire, il diario della formazione mentale e spirituale del Croce in quegli anni fecondissimi di speculazione. Cominciò col problema dell'arte, con le Tesi fondamentali di un'estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale (1900: in Atti dell'Accademia Pontaniana, in cui il Croce ha pubblicate molte memorie importanti: questa è raccolta in un volume, pubblicato a Messina 1926, insieme coi Lineamenti di una logica del concetto puro del 1904) e con l'Estetica del 1902 (Palermo), notevolmente corretta e ampliata in posteriori edizioni, nelle quali raggiunse le sue formulazioni più originali divulgate oramai universalmente. Seguì nel 1906 il saggio sul Hegel, nel 1907 (in Atti cit. della Pontaniana) l'abbozzo Riduzione della filosofia del diritto alla filosofia dell'economia (Napoli 1907), nel 1908 la completa Filosofia della pratica, nel 1909 in forma sviluppata la Logica, nel 1910 i Problemi di estetica (a cui seguì il Breviario di estetica, e più tardi i Nuovi saggi di estetica), nel 1911 La filosofia di G. B. Vico, nel 1912 le prime memorie di Teoria e storia della storiografia (uscito nel 1917 come 4° e ultimo volume della Filosofia dello spirito): così il C. tornava al problema a cui più era legato il suo interesse mentale. Le sue opere principali sono state tradotte in molte lingue europee (recentemente anche in russo e giapponese).
Alla vita politica il C. ha partecipato con animo prevalentemente di critico intellettuale. Nominato senatore nel 1910 dal Sonnino, fece parte del ministero Giolitti per la Pubblica Istruzione dal 1920 al 1921. Anche dopo l'avvento del fascismo è rimasto fermo a un liberalismo in cui predominano i motivi proprî della sua cultura.
La filosofia del C. può denominarsi un "idealismo storico", in quanto enuclea dall'unità dello spirito (ch'è per lui il principio d'ogni realtà) le forme ideali per la comprensione del mondo storico, e in questo risolve senza residuo la totalità della vita spirituale come svolgimento perenne, attraverso quelle forme, dello spirito in sé stesso. La prima forma è quella dell'arte o intuizione, in cui si esprime il sentimento (donde il carattere lirico fondamentale d'ogni opera d'arte); su essa s'innesta la riflessione critica, concettuale, come attività del pensiero logico, che trasforma l'intuizione in giudizio conoscitivo del reale storicamente determinato. Queste due forme sono gradi della stessa attività teoretica; oltre di questa è l'attività pratica, le cui due forme s'ingradano, similmente a quelle teoretiche, in una prima, economica (in cui lo spirito è volontà utilitaria dell'individuale), e in una seconda, etica (la volontà come legge o fine universale). Di queste distinzioni, benché il C. v'insista non poco, egli ha via via smorzata notevolmente la schematicità con una dialettica che gli permette di ritrovare la pienezza della vita spirituale in ognuna di esse: le quali, infatti, vanno vedute in concreto nella ricchezza di significato che acquistano per la chiarificazione e organizzazione dei concetti di valore che stanno a fondamento della cultura contemporanea. Qui il pensiero crociano, al quale contribuisce potentemente la freschezza e nitidezza della trattazione, lontana da ogni pedanteria e spesso anche letterariamente perfetta, si è mostrato del tutto spregiudicato. Esso ha distrutto molti vieti abiti mentali, e soprattutto le superficialità della cultura positivistica. Ma i suoi fondamenti o presupposti speculativi son da ricercare nella filosofia idealistica e spiritualistica che mosse da Kant nel secolo scorso. La nota più originale è data qui dallo storicismo: lo spirito si realizza attuandosi nel contrasto (ch'è insieme un'armonia) delle sue varie forme, in una circolarità che non gli permette di posare in nessuna di esse, perché lo spirito è creatività sempre nuova, in cui la vita e il pensiero si condizionano reciprocamente.
Il punto più criticato di questa dottrina è quello riguardante il problema dell'unità dello spirito, la quale in questo continuo distinguersi corre pericolo di spezzarsi e intellettualizzarsi in forme schematiche, con le quali riesce difficile poi ricostituire il senso dell'atto spirituale che nella sua pienezza concreta deve superare quelle distinzioní. Questo difetto è anche quello più rimproverato al C. nelle sue opere di critica letteraria e di storia, nelle quali la vasta e sicura erudizione è stata messa, sì, a servizio di un senso della vita spirituale affinatosi con l'esercizio della speculazione filosofica; ma quel senso viene, anche, spesso sopraffatto da preoccupazioni teoretiche e, in definitiva, astratte. L'influsso di queste opere, specialmente di critica letteraria, è stato grande in Italia, e anche fuori. Uscite per la maggior parte su La Critica, sono state raccolte via via in volumi: La letteratura della muova Italia (voll. 4); le note sulla letteratura europea del sec. XIX col titolo Poesia e non poesia; La poesia di Dante, Goethe, Ariosto, Shakespeare e Corneille, Storia dell'età barocca in Italia; e per la storia politica, Storia del Regno di Napoli, Uomini e cose della vecchia Italia, Storia d'Italia dal 1871 al 1915. Si aggiunga la Storia della storiografia italiana nel sec. XIX. Della sua infaticabile attività di studioso sono poi documento i lavori biografici e bibliografici intorno al Vico e al De Sanctis, e le edizioni di questi e di molti altri scrittori, classici della filosofia, letterati, pubblicisti di varia importanza, che ha curate o promosse. Per penetrare nell'indole propria della sua cultura e personalità giovano le Conversazioni critiche, il vol. Cultura e vita morale, e soprattutto il Contributo alla critica di me stesso; le Lettere di G. Sorel a lui (pubbl. su La Critica) interessano pure non poco per questo lato; si possono aggiungere i Frammenti di etica e gli Elementi di politica (ora raccolti in un unico vol. Etica e politica), gli Aspetti morali della vita politica, e le Pagine sulla guerra.
Bibl.: G. Prezzolini, B. C., Napoli 1909; E. Chiocchetti, La filosofia di B. C., Milano 1924, e B. C., Napoli 1924; H. Wildon Carr, The philosophy of B. C.: the problem of Art and History, Londra 1917; G. Castellano, Introduzione allo studio delle opere di B. C., 3ª ed., Bari 1920; F. Flora, Croce, Milano 1927; R. Piccoli, B. C., New York e Londra 1923; F. Pardo, La fil. teoretica di B. C., Napoli 1927; G. Fano, La filosofia di B. C., in Giornale critico della filosofia italiana, IX (1928) e X (1929); U. Spirito, A. e L. Volpicelli, B. C., Roma 1929; A. M. Fraenkel, Die Philos. B. C. und das Problem der Naturenkenntnis, Tubinga 1929; G. Calogero e D. Petrini, Studi crociani, Rieti 1930.