Benedetto VI
Fu eletto papa alla morte di Giovanni XIII, verso la fine dell'anno 972; venne consacrato il 19 gennaio dell'anno seguente. Data l'energia con cui Ottone I sosteneva le sue prerogative nell'elezione dei papi, è probabile che la consacrazione fosse differita per attendere il consenso imperiale. Manca nel Liber pontificalis la sua biografia; dal catalogo estense dei pontefici si apprende soltanto che era diacono cardinale della chiesa di S. Teodoro, nell'ottava regione, figlio di un Ildeprando monaco (Le Liber pontificalis, p. 255).
Nonostante che i decisi interventi ottoniani in Roma avessero assicurato alla città un periodo di tranquillità, le fazioni continuavano ad esistere, organizzate intorno alle maggiori famiglie dell'aristocrazia. Al momento dell'elezione di B. dominava in Roma la famiglia dei Crescenzi che, negli anni precedenti, si era consolidata nelle posizioni di potere, tanto in città quanto nel territorio circostante, con l'aiuto di Giovanni XIII che, forse, era ad essa legato da vincoli di parentela. Non sembra invece che le fosse legato B., ma, per il timore dell'imperatore, la sua intronizzazione avvenne senza tumulti.
Gli atti del suo pontificato furono tutti nella scia della politica ecclesiastica inaugurata da Leone VIII e Giovanni XIII, attenta soprattutto alle vicende del clero tedesco ed al rifiorire della vita monastica nella linea voluta e imposta da Ottone I (morto nel maggio 973).
Tra i primissimi provvedimenti fu il rinnovo dei privilegi della Chiesa di Treviri già concessi da Giovanni XIII, e ora confermati in un sinodo tenuto il 27 gennaio 973 (I.D. Mansi, col. 45; Regesta Pontificum Romanorum, nr. 3768). Al monastero di Vézelay, "in regno Burgundiae", fu concessa la conferma di tutti i possessi e, secondo quella che diventava una caratteristica costante dei provvedimenti pontifici in favore dei monasteri, l'esenzione dall'ordinario diocesano, eccetto che per le consacrazioni ed ordinazioni, per le quali comunque l'intervento del vescovo doveva essere sollecitato dall'abate (28 novembre 973, Regesta Pontificum Romanorum, nr. 3770). Nello stesso documento veniva espressa un'altra delle preoccupazioni caratteristiche del papato ottoniano, nel tassativo divieto imposto ai vescovi di percepire compensi per le ordinazioni e le consacrazioni. Il dilagare della simonia era affrontato dal papa e dall'imperatore insieme con l'emanazione di una serie di provvedimenti. Analoghe preoccupazioni di tutela dei patrimoni delle abbazie, e di difesa dalle prevaricazioni secolari o vescovili, erano presenti nei privilegi per i monasteri di Subiaco (26 novembre 973, ibid., nr. 3769), di S. Pietro di Rodas, in Spagna (aprile 974, ibid., nr. 3777), di St-Pierre di Mont-Blandin in Belgio (19 gennaio 974, ibid., nr. 3776). Ma la sua azione fu arrestata dalla morte di Ottone I, perché le difficoltà che, trattenendo in Germania il figlio e successore Ottone II, ne facevano sembrare improbabile un intervento in Roma, ridiedero ardire alle fazioni cittadine. B. doveva essersi attirato l'ostilità dei Crescenzi, almeno del ramo che faceva capo a Crescenzio di Teodora, e che aveva i centri di forza nella Sabina, non tanto quale rappresentante della politica "imperiale", quanto, si pensa, come sostenitore, contro i Crescenzi, della famiglia nobiliare avversa che discendeva da Teofilatto (C.G. Mor, p. 361). Sembra che, profittando della crisi dell'Impero alla morte di Ottone, i Bizantini cercassero di recuperare le posizioni perdute nell'Italia meridionale e di abbattere la sovranità dei Sassoni in Roma, servendosi anche delle ostilità tra le fazioni romane, nelle quali era coinvolto il papa. Certo è che alla fine del giugno 974 (J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, pp. 210 s.; C.G. Mor, sulla base del Liber Largitorius di Farfa, data invece questi avvenimenti alla fine di quel maggio) B. venne catturato da Crescenzio di Teodora e rinchiuso in Castel S. Angelo, mentre gli veniva sostituito sul soglio papale il diacono Franco, figlio di Ferruccio, che prese il nome di Bonifacio VII.
Ma se Ottone II non poteva intervenire direttamente, i suoi rappresentanti in Italia si misero in azione per cercare di salvare il papa e di restaurare l'obbedienza all'imperatore in Roma. Il conte Siccone, probabilmente conte palatino di Pandolfo Capodiferro nel Ducato spoletino e "missus" imperiale, si diresse su Roma per liberare B., ma Bonifacio VII fu pronto ad eliminare ogni possibilità di restaurazione facendo strangolare il prigioniero, nel luglio 974, da un prete a nome Stefano. Il pontificato era durato, secondo la testimonianza concorde di tutti i cataloghi, un anno e sei mesi. La sommossa romana non ebbe comunque alcun esito. Nonostante l'assassinio di B., il "missus" riuscì a prendere il sopravvento e ad instaurare un nuovo papa, che fu Benedetto VII. Bonifacio fuggì a Bisanzio, e ciò può avvalorare l'ipotesi di un'influenza bizantina sull'agitazione. Crescenzio di Teodora sembra che non patisse conseguenze: visse ancora in Roma una decina d'anni, prendendo però in ultimo il saio monastico. Data la brevità del pontificato e la quasi assoluta mancanza di notizie su di esso - è solo testimoniato l'orrore che in tutta Europa si provò per l'assassinio del papa (v. per es. Acta Concilii Remensis, in M.G.H., Scriptores, III, a cura di G.H. Pertz, 1839, p. 672) - è impossibile ricostruire la fisionomia di Benedetto VI. I suoi atti non presentano caratteristiche che lo distinguano da quelli degli altri "papi d'impero", tanto che ancora è dubbio se alcune bolle debbano essere attribuite a lui o al suo successore. Ma meritano di essere ricordati, a testimonianza del prestigio che il papato andava assumendo, soprattutto per il clero tedesco, i due privilegi falsi, relativi alla lotta per la giurisdizione ecclesiastica sugli Ungari, che fu intrapresa durante il pontificato di B. dal vescovo Piligrim di Passau contro l'arcivescovo Federico di Salisburgo. Piligrim che, per svincolarsi dalla soggezione a Salisburgo, rivendicava alla sua diocesi l'eredità nei diritti di un'immaginaria arcidiocesi di Lorsch, fabbricò carte che gli conferivano, a nome di B., il pallio, e dividevano il distretto giurisdizionale ungaro tra Salisburgo e Passau-Lorsch. Con lo stesso sistema l'arcivescovo Federico rivendicò per la propria arcidiocesi il vicariato apostolico sul Norico e in tutta la Pannonia (Regesta Pontificum Romanorum, nr. 3767). Entrambi i prelati cercarono dunque sostegno alle proprie aspirazioni nell'autorità papale, riconoscendone indirettamente il primato.
Si ignora dove B. venisse sepolto. Un frammento di iscrizione scoperto presso il camposanto germanico vicino a S. Pietro fu riferito alla sua tomba. Da essa si può trarre testimonianza di un'origine aristocratica della persona cui era riferita, ma niente permette di affermare con assoluta certezza che questa fosse proprio Benedetto VI.
fonti e bibliografia
I.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XIX, Venetiis 1774, col. 45.
Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, pp. 477-79; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, pp. LXX, 255-57.
H.K. Mann, The Lives of the Popes in the Early Middle Ages, IV, London 1910, pp. 305-14.
F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medio Evo, V, Roma 1940, pp. 244-51.
C.G. Mor, L'età feudale, I, Milano 1952, pp. 360 s.
H. Zimmermann, Partiti ed elezione papale a Roma all'epoca dell'imperatore Ottone il Grande, "Römische Historische Mitteilungen", 8-9, 1964-66, pp. 81-4.
Id., Papstabsetzungen des Mittelalters, Graz-Wien-Köln 1968, pp. 99 ss.
Id., Das dunkle Jahrhundert, ivi 1971, pp. 202 ss.
Papsturkunden 896-1046, a cura di H. Zimmermann, I, 896-996, Wien 1984, pp. 433-60.
F. Baix, Benoît VI, in D.H.G.E., VIII, coll. 38-43.
Dizionario storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, I, Milano 1996, s.v., p. 157.