BERLINO (ted. Berlin [pron. -ín], di origine slava; sembra che questo nome anticamente si riferisse alla sede del tribunale e luogo di punizione dei rei di Cöpenick, nel modo stesso che Hradčany rispetto a Praga significava luogo protetto da diritto d'asilo; A. T., 53-54-55)
Capitale della repubblica germanica e dello stato prussiano, forma con i suoi sobborghi e con le città vicine un centro che per numero d'abitanti è superato soltanto da New York e da Londra.
Posta tra le basse alture di Teltow (a sud) e di Barnim (a nordest) dove la valle della Sprea (che scende dai monti di Lusazia e affluisce presso Spandau nella Havel, che è a sua volta affluente dell'Elba) pur diventando più stretta si divide in due rami formando delle isole, in una regione che costituisce come un'oasi di territorio asciutto e quindi non soggetto ad inondazioni, in mezzo ad una area ricca invece di bassure paludose e di laghi, essa viene ricordata per la prima volta soltanto verso la metà del sec. XIII. Naturalmente non facile riesce il ricostruire il paesaggio originario, perché i luoghi più elevati vennero spianati (Galgenberg, Brunnenkuppe, Weinberg; su questi due ultimi vennero costruite la Himmelfahrtskirche e la Zionskirche) e quelli depressi riempiti (si veda a questo proposito lo studio di A. Lossen, Der Boden der Stadt Berlin, pubblicato a Berlino nel 1879 e l'articolo di E. Nasse, Die Urlandschafi Berlin, nelle Mitteilungen des Vereins der Studierenden der Geographie an der Universität, Berlin, H. 2, 1918); a ogni modo, se la posizione topografica rispetto alle bassure circostanti spiega la scelta dell'insediamento, lo sviluppo eccezionale che la città ha assunto in seguito e che l'ha fatta diventare il più grande centro del continente, più popolosa della stessa Parigi, anch'essa in posizione singolarmente felice, deve essere messo in rapporto con la sua situazione geografica (per questo argomento si veda H. Spethmann, Berlins Lage, nello stesso fascicolo delle Mitteilungen ricordate più sopra), che, a prima vista poco favorevole in quanto essa non è posta su un grande fiume o allo sbocco di qualche valle, fa invece di Berlino il centro e il luogo di raccordo, per mezzo di canali intermedî, del bacino dell'Elba (mare del Nord) con quello dell'Oder (mar Baltico). Anche le vicine città di Köpenick e di Spandau erano in una posizione egualmente centrale, ma la prima era su un passaggio della Sprea più largo e quindi più difficile, la seconda non era situata, per quanto riguarda il commercio, in un luogo che fosse percorso da vie importanti.
Berlino è posta a 52° 30′ di lat. N. e a 13°24' di long. E. e a 37 m. di altezza sul mare. Il suo clima è caratterizzato da inverni non eccessivamente freddi, ma piuttosto umidi, piogge distribuite abbastanza regolarmente con i massimi in estate e in autunno, con venti prevalenti di est e sudest. I principali elementi meteorologici sono i seguenti:
Temperatura (medie d'un cinquantennio): gennaio 0,7; febbraio 0,8; marzo 3,5; aprile 8,5; maggio 13,3; giugno 17,4; luglio 18,9; agosto 18,1; settembre 14,6; ottobre 9,5; novembre 3,8; dicembre 0,8; media annua 9. Escursione annua media 18,7.
Precipitazioni: I 37; II 37; III 42; IV 36; V 46; VI 63; VII 73; VIII 57; IX 41; X 46; XI 42; XII 45. Media annua 569 mm.
Pressione barometrica: media annua 762 mm.
Nel sec. XII troviamo sulla Sprea due isole; una più meridionale, più piccola, aveva la sua maggior elevazione nel luogo dove è attualmente la chiesa di San Pietro: l'isola di Kölln (Cölln); più a nord, ma subito di fronte a questa, v'era un'isola più grande (ora non più isola, da quando il ramo settentrionale della Sprea fu riempito formando la Neue Friedrichstrasse) essa pure con un'altura dominante (quella dove è ora la chiesa di San Nicola). Nomi di strade e di edifici antichi, ricordati in documenti medievali, ci attestano che alla fine del sec. XIII Berlino era già un piccolo centro fornito di mura. Molto si è discusso sul carattere del centro, e vi fu chi sostenne fosse un insediamento di pescatori, mentre altri preferirono vedervi la sede di un nucleo d'agricoltori: utile riesce, per poter dare un giudizio su queste diverse opinioni, l'esame d'una carta antica, per esempio quella composta verso il 1650 dal Memhardt. È facile vedere in essa che il piano di Berlino è composto di due parti, le quali sono separate da una linea che segue il percorso dell'attuale Königsstrasse; a nord ovest di questa troviamo dei quartieri che hanno le vie tagliate regolarmente ad angolo retto e hanno per centro il nuovo mercato, nome che indica già di per sé il fatto che si tratta d'una parte più recente; a sud ovest invece è il nucleo più antico con le case addossate l'una all'altra, le strade radiali e le facciate delle case rivolte tutte su una piazza rotonda (Molkenmarkt): ci troviamo di fronte a una forma chiusa d'insediamento (che i Tedeschi chiamano Rundling) usata specialmente da contadini. Questo ci autorizza a ritenere che mentre il nucleo originario di Berlino era costituito da un insediamento rurale, ben presto lo sviluppo fu dovuto a ragioni commerciali, al sorgere d'un mercato di transito (Neuer Markt): Kölln, con le case allungate lungo la riva della Sprea, doveva essere piuttosto un centro di pescatori; il suo posto era meno favorevole perché lo spazio disponibile non era troppo grande, Berlino invece, oltre ad avere la possibilità di allargarsi ampiamente, possedeva anche un contado più esteso e più redditizio. Le due città dovevano però difendersi di comune accordo contro i comuni nemici se al principio del sec. XIV credettero opportuno di accordarsi e di costruire delle mura che servirono a entrambe. Berlino aveva tre porte (Spandauer Tor, Oderbergscher Tor, Stralauer Tor), Kölln due sole (Teltower Tor, Cöpenicker Tor); resti di questa prima cerchia di mura si possono ancora vedere nella Weichhaus e nella Waisenstrasse. Forti crisi commerciali avvenute nei secoli XIV e XV arrestarono lo sviluppo di Berlino, che invece ricevette incremento da un altro fattore. Da Tangermünde, che pure era sull'Elba, ma in posizione troppo periferica, la capitale del Brandeburgo fu portata verso la metà del sec. XV in questo luogo che meglio poteva dominare un più ampio orizzonte politico. All'ulteriore sviluppo dello stato brandeburghese segue di pari passo lo sviluppo di Berlino che trae profitto dalle forturie dei Hohenzollern e della Prussia; ma è pur essa fattore non piccolo di queste fortune. Federico II, volendo che la sua residenza potesse dominare egualmente sia Berlino sia Kölln, la fece costruire in una posizione che fosse al centro tra le due; la Burg (posta nel luogo dove è anche attualmente il palazzo imperiale) servì bene allo scopo. Da centro commerciale Berlino diventa da questo momento piuttosto città politica con grande numero di impiegati, personale di corte, militari. Lo sviluppo fu dapprima lento: alla fine della guerra dei 30 anni Berlino e Kölln occupavano ancora soltanto le due isole: solo pochi edifici, case coloniche, giardini, stalle per l'allevamento del bestiame, fabbriche di tegole e di mattoni erano fuori delle mura della città. Non bastando più lo spazio, verso la seconda metà del sec. XVII fu costruito in una lunga striscia di terreno compresa tra l'attuale viale Unter den Linden e Spittelmarkt un nuovo quartiere chiamato Friedrichswerder: esso fu privata fondazione dei principi, costruito per le persone della corte: aveva chiesa, mercato, municipio proprî. Anche questo non essendo sufficiente, fu costruita, con eguali caratteristiche, la Dorotheenstadt tra la strada Dorotea e la Behrenstrasse. Entrambe mostrano ancora nel nome delle loro vie lo scopo della loro fondazione: dare alloggio a fornitori e al personale della corte. Esse restarono autonome fino al 1709, nel quale anno, non bastando le entrate perché potessero reggersi da sé, furono unite a Berlino e a Kölln. Nello stesso anno anche i due centri originarî vengono riuniti in uno solo e si parla ormai sempre di Berlino. La costruzione di Friedrichswerder deve forse riferirsi anche a ragioni strategiche; a differenza della Dorotheenstadt essa era compresa entro le mura della città. Invece dal secolo XVIII le nuove parti della città, esse pure ancora legate alla vita di corte e ai bisogni specialmente militari di essa, si svolgono ormai fuori delle mura. Nel 1700 furono fondate la Königs Vorstadt e la Spandauer Vorstadt e a ovest, più tardi, la Friedrichsstadt. Il fondatore di questa (Federico Guglielmo I) al principio del sec. XIX circondò l'area costruita con un muro che non aveva scopo difensivo, ma fiscale; esso fu abbattuto verso la metà del secolo stesso, ma ha lasciato, come del resto le fortificazioni precedenti, delle traccie nella rete delle strade attuali che hanno trovato nelle cinte di mura successive, non solo degli impedimenti al traffico, ma, abbattute le mura, delle difficoltà derivanti dal dover congiungere sistemi di comunicazione che un tempo erano autonomi.
Dal principio del sec. XIX, abbattute le mura, allargate le strade, estesa l'influenza della città, le cause del suo sviluppo non sono più legate solo alla vita di corte ma devono ricercarsi in un orizzonte più vasto e soprattutto nello sviluppo del commercio e dell'industria. Sia l'uno sia l'altra ebbero incremento dalle unioni fluviali fatte nel sec. XVII e XVIII con l'Oder (Friedrich Wilhelm Kanal e Finow Kanal) e con l'Elba (Plauescher Kanal, terminante a Magdeburgo) usando antichi solchi glaciali che erano separati e furono congiunti fra di loro, evitando così gran parte della spesa di scavo. La costruzione del Bromberger Kanal fece estendere l'influenza di Berlino anche verso il bacino della Vistola e la Prussia orientale. I vantaggi si accrebbero con la costruzione delle ferrovie. Del 1839 è la congiunzione con Potsdam, del 1841 quella con Anhalt e la bassa Slesia, del 1843 e 1846 rispettivamente con Stettino e con Amburgo, del 1866 con Görlitz. Nel 1867 fu aperta la Ostbahn, nel 1871 la Lehrtbahn e la Nordbahn. In questo stesso anno Berlino diventa la capitale dell'impero tedesco. La costruzione di queste linee che partivano da stazioni diverse verso direzioni diverse fece sorgere nei dintorni immediati di Berlino un gran numero di sobborghi e di quartieri separati tra di loro e aventi per centro l'isola della Sprea, che era stata il nucleo originario della città. Si potevano allora distinguere in Berlino 21 parti. Al centro, sulla sinistra della Sprea Alt-Kölln, a sud della quale Neu-Kölln; a ovest Friedrichswerder, a nord-ovest la Dorotheenstadt e il Tiergartenviertel, a sud di questi, la Friedrichstadt e a sud-est la Luisenstadt; sulla destra della Sprea e di fronte ad Alt-Kölln: Alt-Berlin, a sud-est lo Stralauer Viertel, a nord est il Königsviertel, a nord lo Spandauer Viertel, a ovest di questo la Friedrich- Wilhelm-Stadt. Attorno si trovano gli antichi sobborghi di Schöneberg (a ovest della Friedrichsstadt), Tempelhof (a sud della stessa), di Cöpenick (a sud-est della Luisenstadt), di Frankfurt (a est dello Stalauer Viertel), di Rosental (a nord dello Spandauer Viertel); a ovest di questo l'Oranienburger Vorstadt, a nord Wedding e Gesundbrunnen, a ovest Moabit. Gl'inconvenienti dello sviluppo radiale e concentrico sono stati in parte almeno diminuiti dalla costruzione avvenuta nel 1882 della Stadtbahn che portò alla riunione fra di loro dei quartieri orientali e occidentali e successivamente dalla costruzione della Ringbahn. Del 1861 è l'annessione alla città di Moabit, Wedding, Gesundbrunnen. A1iche la Sprea è venuta commercialmente ad acquistare sempre maggiore importanza e fu necessaria, per permettere che molte zone usufruissero dei vantaggi del traffico fluviale, la costruzione del Landwehrkanal, del Luisenstädtische Kanal e dello Spandauer Schiffkanal. Altre notizie sullo sviluppo topografico di B-rlino si potranno ricavare dalla Historische und topographische Karte von Berlin di E. Fidicin (1852) e dallo studio di E. Graf, Die Entwicklung des Stadtgrundrisses von Berlin (in Mitteilungen des Vereins der Studierenden der Geographie an der Universität Berlin, Heft 2, pp. 17-50).
Come altre capitali, Berlino s'è trovata nella condizione d'esser circondata da sobborghi disposti all'intorno in modo irregolare, che impedivano l'ulteriore sviluppo della città. Per Londra, ad esempio, che si era trovata in condizioni simili, l'inconveniente era stato risolto con la costituzione, avvenuta nel 1888, d'un organismo amministrativo speciale, la Contea di Londra, composta dalla città e da 28 metropolitan boroughs, costituenti una specie di comune federale. Il primo tentativo di risolvere il problema per Berlino risale già al 1875, cioè subito dopo il rapido aumento succeduto alla costituzione del Reich. Si era pensato di riunire Berlino a Charlottenburg e di formare la provincia di Berlino, che avrebbe allora avuto circa un milione di abitanti, ma il progetto non fu eseguito, come non riuscì il tentativo (1890) di risolvere il problema con l'aggregazione dei comuni limitrofi. Solo nel 1911 si fece un passo avanti con la formazione d'un consorzio (Zweckverband Gross-Berlin) che riunì, oltre alle città di Berlino, Charlottenburg, Schöneberg, Neukölln, Wilmersdorf, Lichtenberg e Spandau, anche i distretti di Teltow e di Nieder-Barnim. Esso ebbe efficacia esclusivamente per quanto riguarda i piani regolatori, la costituzione di mezzi rapidi di trasporto e altri rapporti di comune interesse, limitati però a una sfera determinata. La "Grande Berlino" è stata creata invece dalla legge 26 aprile 1920, andata in vigore il 1° ottobre 1920. In seguito ad essa Berlino forma un comune autonomo (Stadtgemeinde Berlin), separato dal Brandeburgo, ma da esso tutto avviluppato in modo da costituire una provincia della Prussia dentro a un'altra provincia della Prussia. Il legame con la provincia maggiore è dato solo dalla persona del presidente superiore (Oberpräsident) del Brandeburgo, che è nello stesso tempo presidente superiore di Berlino: la sua sfera è però limitata solo alle faccende di comune interesse. Berlino costituisce quindi un'unità separata; l'amministrazione è affidata a una magistratura di 30 membri stipendiati con a capo il borgomastro capo (Oberbürgermeister) e da una assemblea di 225 membri (Stadtverordnetenversammlung). Per evitare l'eccessiva centralizzazione la città è divisa in 20 distretti (Verwaltungsbezirke), amministrati da un borgomastro e da una commissione distrettuale (Bezirkversammlung). A sua volta ogni distretto può essere diviso in distretti minori (Ortsbezirke). Nella nuova città, che complessivamente abbraccia una superficie di 876 kmq. e ha una popolazione di oltre quattro milioni, sono comprese 94 unità precedentemente autonome (8 città, 59 Landgemeinen, 27 Gutsbezirke). La superficie è più che doppia di quella dello stato di Amburgo, la popolazione quasi quadrupla. La massima estensione NS. è di circa 30 km., SE.-NO. 45 km. I distretti sono i seguenti: I Mitte (292 mila abitanti); II Tiergarten (273); III Wedding (337); IV Prenzlauer Berg (311); V Friedrichshain (321); VI Kreuzberg (366); VII Charlottenburg (324); VIII Spandau (104); IX Wilmersdorf (158); X Zehlendorf (33); XI Schöneberg (227); XII Steglitz (146); XIII Tempelhof (59); XIV Neukölln (279); XV Treptow (80); XVI Cöpenick (65); XVII Lichtenberg (182); XVIII Weissensee; XIX Pankow (94); XX Reinickendorf (92). Indipendentemente dalla suddivisione in distretti, oltre a Berlino hanno più di 100 mila abitanti: Charlottenburg (322), Neukölln (262), Schöneberg (178), Lichtenberg (144), Wilmersdorf (139).
Lo scopo dell'ingrandimento era specialmente quello di permettere uno sviluppo regolare che tenesse conto delle esigenze igieniche (fognature, acquedotti, costruzione di giardini); si decise quindi di abbracciare un limite tale che non venisse facilmente sorpassato dalle costruzioni urbane ulteriori: nel terreno compreso si lasciò anche spazio per la parte industriale e si procurò soprattutto che nei territorî meno popolati le rapide comunicazioni spingessero alla colonizzazione interna, dando modo anche ai piccoli villaggi di accostarsi alla vita cittadina (nel 1915 sono sorti in complesso nella Grande Berlino 3994 nuovi edifici, nel 1926 4368).
La diversa densità è dovuta ai fattori seguenti. Oltre a Berlino solo Spandau e Cöpenick erano città antiche (sec. XIII); gli altri centri, alcuni dei quali (Charlottenburg e Schöneberg) erano conosciuti dai Berlinesi come soggiorni estivi, cominciarono ad accrescersi e ad acquistare importanza solo verso il 1850. In Berlino gli operai abitavano di preferenza nei quartieri orientali, sud-orientali, nord-orientali, e più scarsamente a nord e a nord-ovest, mentre a occidente e a sud-ovest abitavano specialmente gl'impiegati di basso e medio ceto; le preferenze devono riferirsi sia a migliori condizioni climatiche, sia a ragioni storiche (trasferimento della maggior parte degli edifici pubblici nelle Dorotheen- e Friedrichstadt; insediamento in questi nuovi quartieri di profughi francesi con conseguente apertura di negozî di oggetti di lusso). L'insediamento a est di operai era invece facilitato e influenzato dalle migliori comunicazioni per via acquea, che favorirono il sorgere di centri industriali, i quali si localizzarono nelle zone dove i noli erano meno costosi. Nei sobborghi e nei comuni periferici si è continuata questa tendenza. Anche nella Grande Berlino la parte orientale e settentrionale è abitata in prevalenza da operai, la parte occidentale da persone del medio ceto. In queste diverse direzioni, diversi risultano l'aspetto delle abitazioni, il tenore delle classi censite, la percentuale dei poveri, la frequenza nelle scuole medie. Basti questo esempio. Friedenau (sud-ovest) e Weissensee (nord-est) hanno quasi lo stesso numero di abitanti e sono egualmente distanti dal centro: Friedenau ha circa il 43 per cento delle abitazioni con 1 e 2 camere, 24 per cento di 3 camere, 32 per cento di 4o 5 camere; Weissensee ha invece l'83 per cento delle abitazioni con 1 o 2 camere, l'11 per cento con 3 camere e meno del 4 per cento con 4 o 5 camere. In modo simile a Weissensee si comportano Lichtenberg, Neukölln e la parte orientale della città stessa, mentre Charlottenburg e Schoneberg e la parte occidentale di Berlino hanno condizioni simili a quelle di Friedenau. E non fa differenza che per esempio Friedenau abbia 24.800 abitanti per kmq., mentre Weissensee ne conta appena 5110, perché in Friedenau tutta l'area è costruita, mentre in Weissensee solo in piccola parte. La densità media è di 4226 abitanti per kmq. per tutta la Grande Berlino, di 30.277 per kmq. (con una diminuzione rispetto agli anni precedenti) per la parte centrale.
Se prescindiamo infatti dalla zona periferica riservata all'eventuale sviluppo futuro di B., nella quale la densità è diversa a seconda della percentuale di area costruita, troviamo nella Grande Berlino una parte centrale costituita da B., Schöneberg, Steglitz, Friedenau, Wilmersdorf, Charlottenburg, Pankow, Weissensee, Lichtenberg, Neukölln; essa ha una densità di 50 abitanti per ettaro tenendo conto anche delle aree non costruite o riservate a strade o giardini, di 300 abitanti per ettaro se si tien conto solo dell'area costruita. Il centro è occupato dalla città degli affari e del commercio al minuto di merci di lusso: comprende Alt-Berlin, Alt- e Neukölln, Friedrichswerder, Dorotheen- e Friedrichstadt: la densitià è qui minore che nella zona precedente, raggiungendo appena i 60-70 abitanti per ettaro (tenendo conto solo delle aree costruite: Wohndichte). La città degli affari e il nucleo centrale della Grande Berlino sono circondati, come si è detto, da una fascia esterna; questa a sua volta si può distinguere in tre tipi diversi d'insediamento. Al primo tipo, rappresentato specialmente a nord e a sud, appartengono dei centri che fino a poco fa potevano considerarsi ad economia rurale (coltura di ortaggi, allevamento del bestiame), fino a quando cioè anche in essi venne attratta la popolazione della grande città vicina; essi hanno ora un aspetto ibrido di centro rurale con grandi fabbricati urbani. Questo tipo hanno a sud: Rudow, Buckow, Mariendorf, Lichtenrade; a nord Malchow, Blanckenburg, Buchholz, Falkenberg, Wartenberg, Nieder-Schönhausen, Lübars. Un secondo tipo, più omogeneo, è costituito dai distretti che ospitano la popolazione della capitale in quartieri regolari composti di ville spaziate (città-giardino); essi sono specialmente diffusi a ovest; ricordiamo Grunewald, Dahlem, Zehlendorf, Schlachtensee, Nikolassee, Wannsee. Il terzo tipo ospita la popolazione industriale con una densità molto forte di 200-300 abitanti per ettaro; è specialmente diffuso nelle vicinanze della Havel e della Sprea. Hanno questo carattere a nord-ovest: Reinickendorf, Wittenau, Tegel, Spandau, Staaken; a sud-est: Stralau, Ober-Schöneweide, Nieder-Schöneweide, Johannisthal, Adlershof, Cöpenick, ecc. A questi tre tipi si potrebbe aggiungere la regione a boschi, prati, giardini, laghi, riservata alle escursioni, allo sport e al riposo, come Grunewald-Forst, Klein-Glienicke, Cladow, Gatow, Pfaueninsel a ovest, Friedrichshagen, Müggelheim, Rahnsdorf a est, Heiligensee a nord.
Il movimento centripeto della popolazione, che abbandona la mattina presto le abitazioni situate nei dintorni per venir a prestare il suo lavoro e la sua attività nella parte centrale, è reso evidente dalla folla che esce verso le nove del mattino da quelle stazioni del Ring e della Vorortbahn che sono poste nelle vicinanze degli uffici e delle botteghe.
L'accrescimento numerico della popolazione segue di pari passo l'accrescimento topografico. Alla fine del sec. XVI Berlino aveva ancora solo 12 mila abitanti, nella seconda metà del XVII circa 20 mila. Si hanno poi censimenti e dati sicuri dal principio del sec. XVIII. Nel 1709 ha ancora solo 57 mila abitanti, 81 mila nel 1740, 101 mila nel 1760, 151 mila nel I790, 172 mila alla fine del secolo. Scende a 163 mila nel 1810, ma da allora comincia a crescere in modo assai rapido. 1820: 199.510; 1830: 247.500; 1840: 322.626; 1850: 418.733; 1860: 493.429; 1870: 774.498; 1880: 1.122.330; 1890: 1.578.794; 1900: 1.888.848; 1910: 2.071.248 (superficie 63.4 km.); 1920 (superficie 876 km.): 3.803.770; 1925: 4.013.588. In essa vive quindi un sedicesimo della popolazione della Germania. I protestanti sono in B. l'82,7 per cento, i cattolici l'11,1, gli ebrei il 3,8. Nella parte centrale vi sono 61 chiese evangeliche, 22 cattoliche, 28 di altri culti e 11 sinagoghe.
L'industria è di gran lunga la professione prevalente degli abitanti (51,2 per cento): con 294.300 imprese industriali e 1.711.349 (1926) persone impiegate, Berlino è uno dei centri più attivi e più operosi del mondo. Le maggiori fabbriche sono situate a nord-ovest (confluenza della Sprea e della Havel) e a sud-est (Oberspree); esse si occupano specialmente della lavorazione della lana e dei filati, prodotti chimici, lavorazione del ferro e dell'acciaio, colori, articoli di lusso, mode, macchine d'ogni genere e specialmente locomotive, mobili, apparati per illuminazione, macchine da cucire, libri. Importante è la lavorazione del vetro e l'oreficeria.
Notevole è anche il numero delle persone impiegate nel commercio e nel traffico (29,8 per cento).
Passano per Berlino le linee Stoccolma-Roma, Riga-Varsavia-Parigi, Londra-Budapest-Costantinopoli e innumerevoli altre. Le stazioni ferroviarie che servono alle comunicazioni con l'esterno sono 10: le più importanti sono la stazione di Potsdam (per Potsdam, Magdeburgo, Colonia, Francoforte sul Meno), di Anhalt (per Dresda-Praga-Vienna; Lipsia-Monaco-Stoccarda), di Görlitz (per Görlitz e Spreewald), di Stettino (per Stettino, Danzica, Rostock), Lehrter Bahnhof (per Amburgo, Brema, Hannover), stazione slesiana.
Per il traffico interno serve la ferrovia urbana (Stadtbahn), che parte dalla stazione slesiana (est), attraversa tutta la città da oriente a occidente ed è lunga 16,5 chilometri, di cui 8 su viadotto (costo 75 milioni.) I treni si succedono in media alla distanza di 3 minuti; le stazioni sono solo 13. Inoltre vi sono una ferrovia circolare (Ringbahn) e linee sotterranee (Untergrundbahn).
A Berlino fanno capo anche numerose linee aeree, sia interne (Berlino-Amburgo; Berlino-Francoforte; Berlino-Gleiwitz; Berlino-Königsberg; Berlino-Kiel; Berlino-Monaco), sia internazionali (Berlino-Danzica-Riga-Leningrado; Berlino-Stettino-Stoccolma-Helsinki; Berlino-Stettino-Copenaghen-Oslo; Berlino-Essen-Londra; Berlino-Colonia-Parigi; Berlino-Zurigo-Lione; Berlino-Vienna).
Come porto fluviale Berlino è, dopo Ruhrort-Duisburg, il secondo della Germania: nell'anteguerra vi arrivavano in media 35.500 navi (che non hanno bisogno di speciali dispositivi ma si fermano nei canali artificiali che si staccano dalla Sprea) con merci per 5 milioni di tonnellate. I generi di scambio più importanti sono: cereali, lana, farina, bestiame, petrolio, manufatti.
L'intensa vita commerciale e industriale, l'importanza politica di Berlino, la possibilità di dedicare al miglioramento della città mezzi e capitali, che non sono a disposizione di stati ad economia prevalentemente agricola, e, non ultimo fattore, l'interessamento costante e personale del capo dello stato hanno trasformato completamente la piccola capitale del Brandeburgo in una delle più grandi capitali moderne. Un piano regolatore stabilito senza badare a spese ha permesso la ricostruzione di quartieri antichi, l'apertura di grandi piazze, l'erezione di magnifici palazzi e di monumenti. Tutto quanto era stato eretto nei secoli XV e XVI è stato rifatto, ingrandito, ornato oppure ha lasciato posto ad altre costruzioni in modo che Berlino presenta l'aspetto d'una città completamente moderna; non essendovi stati impedimenti, anche le comunicazioni hanno potuto essere sviluppate a seconda dei bisogni. Il massimo sviluppo edilizio e la maggiore attività costruttiva si sono avuti specialmente sotto Guglielmo I (principe reggente dal 1858, re dal 1861, imperatore di Germania dal 1871) e Guglielmo II. Le vittorie contro l'Austria e la Francia sono in Berlino esaltate da colonne (Siegessäulen), viali, monumenti a generali, ecc.; essi costituiscono una delle caratteristiche della città, che ha in sé qualche cosa di militaresco, derivato forse dalla mancanza d'uno stile architettonico proprio e dalla grandiosità senza grazia di molte costruzioni, che sembrano piuttosto caserme che palazzi o musei.
La maggior parte delle costruzioni più notevoli è posta nelle vicinanze del castello imperiale (ora trasformato in parte in museo) che si può considerare il centro della città. Esso è posto al centro dell'isola formata dalla Sprea. Il castello è lungo 192 metri, largo 116, alto 30; la cupola aggiunta nel 1845-52 sotto Federico Guglielmo IV è alta 70 metri. Esso contiene 700 camere e moltissime sale. Gli imperatori successivi e specialmente Guglielmo II, che lo scelse come sua residenza invernale, si occuparono della decorazione interna. Le sale più notevoli sono la Rote Drap d'or-Kammer, la Rittersaal (entrambe decorate dallo Schlüter secondo lo stile barocco), la camera dell'aquila nera, la Rote Samtkammer, la galleria dei quadri (lunga 60 metri), la Sala Bianca, la Cappella. Esse formano ora, assieme con altre sale minori (Kostümsaal, Schweizersaal, Islamgalerie, Marmor- und Majolika-Saal, Porzellan- und China-Galerie) un museo (Schloss-Museum). Nel castello hanno la loro sede anche alcuni istituti scientifici come la Società imperatore Guglielmo per il progresso delle scienze, l'Istituto psicologico, l'Ufficio idrografico, la Società per la storia dell'arte. Di fronte al lato ovest del castello è il monumento a Guglielmo I. A nord il duomo (chiesa protestante), inaugurato nel 1905, la più alta (110 m.) costruzione di Berlino. Lungo 120 metri, largo 80, è sormontato da un'imponente cupola centrale del diametro di 38 metri. La chiesa è il Pantheon degli ultimi Hohenzollern; anche Bismarck è sepolto in essa. L'estremità settentrionale dell'isoletta è tutta occupata da musei. Di fianco al duomo e subito a nord del Lustgarten è il Museo Vecchio (Altes Museum), eretto negli anni 1824-28 in stile ionico; il pianterreno è occupato da una raccolta di sculture antiche, il primo piano dall'Antiquarium. Un'arcata permette il passaggio al Museo Nuovo (costruito nel 1843-55); oltre ad una ricca gipsoteca e sei notevoli pitture di Kaulbach rappresentanti i principali momenti della storia dell'umanità, esso contiene una raccolta di antichità egiziane, un gabinetto di bronzi, buon numero di disegni di pittori e autori antichi, una grande raccolta di fotografie dei capolavori di tutto il mondo. Le famose antichità di Pergamo (fregio della gigantomachia) trovano posto in un nuovo museo, situato subito a nord del Museo Nuovo. A nord-est di questo è la Galleria Nazionale (stile corinzio; 1866-1876), ricca di opere di moderni autori tedeschi. L'estremità settentrionale dell'isola è infine occupata dal Museo imperatore Federico (aperto nel 1904; stile barocco); esso contiene un'importantissima raccolta di quadri di autori italiani, fiamminghi, olandesi, sculture e gessi d'arte cristiana, un gabinetto di monete; notevole è anche il reparto delle antichità asiatiche, dell'arte islamica, dei lavori gotici italiani, delle sculture in legno tedesche. L'isola della Sprea è congiunta alle altre parti della città da una quindicina di ponti. I più importanti sono il ponte del Principe Elettore (Kurfürstenbrücke: chiamato così per la statua di lui, innalzata nel 1703, e posta alla metà del ponte) che porta in quella che era una volta l'isola di Berlino e che ora è la sede del grande commercio (costruzioni notevoli: il Municipio, 1861-69, lungo 99 metri, largo 88, costò 10 milioni di marchi; la Borsa, ingrandita nel 1885; la Stadthaus; la già ricordata chiesa di San Nicola, che è la più antica di Berlino) e il ponte del Castello (Schlossbrücke), lungo 49 metri e largo 32, costruito nel 1822-4, ornato da 8 gruppi con rappresentazioni ideali della guerra (Pallade che istruisce il giovane nell'uso delle armi, Iride che conduce all'Olimpo il caduto vittorioso, ecc.) che porta nella parte più bella della città avente per asse est-ovest il viale Unter den Linden. A sud di questo e regolarmente parallele si trovano la Behrenstrasse (nella quale è la sede di molte banche, come la Deutsche Bank e la Diskonto-Gesellschaft), la Französische Strasse, la Taubenstrasse (presso di essa è l'Urania, teatro scientifico), la Leipzigerstrasse, che è l'arteria più importante della città. Queste strade sono tagliate ad angolo retto dalla Charlottenstrasse, Friedrichstrasse (lunga chilometri 3,5: la più lunga di Berlino prima della costruzione della Müllerstrasse, lunga 3,6 e della Schönhauser Allee, lunga 3,7; la Friedrichstrasse, che è anche uria delle più belle e frequentate è nota per i suoi lussuosi negozî e per le numerose birrerie, come la Mu̇nchener Pschorr-Brauerei, la Kaiserkeller, la Patzenhofer Ausschank; la -Nilhelmstrasse (sede di ambasciate e di ministeri). Il viale Unter den Linden ("sotto i tigli"), comincia alla porta di Brandeburgo e termina presso il monumento di Federico il Grande (1851); esso è lungo circa un chilometro e largo 60 metri. Lo ornano numerosi palazzi di ministeri, di grandi case commerciali, e molti alberghi, botteghe di lusso, caffè (Bauer, Viktoria). Esso continua verso est nella piazza Francesco Giuseppe e nella piazza che fronteggia la Zeughaus, lunga e larga 90 metri. Dal 1877 questa è stata trasformata in armeria e in museo e famedio delle armate brandeburghesi e prussiane; notevoli le raccolte d'armi dei diversi eserciti europei, di uniformi, di bandiere, i 36 busti colossali di generali e statisti germanici. Di fronte al a Zeughaus è il palazzo dei principi ereditarî (Kronprinzen-Palais); fu abitato da Federico il Grande, fino a quando fu principe ereditario, e da Federico Guglielmo III per tutta la vita: dal 1919 vi ha sede il nuovo reparto della galleria nazionale, relativo agli autori modernissimi. A nord-ovest di esso, con la fronte principale verso la piazza Francesco Giuseppe, è situato il grande edificio dell'università (Friedrich-Wilhelm-Universität), costruito nel 1748-64 per residenza del principe Enrico (fratello di Federico II) e destinato all'università nel 1810, anno della fondazione di essa.
Bibl.: Beiträge zur Geographie Berlins, Mitteilungen des Vereins der Studierenden der Geographie an der Universität Berlin, Berlino 1918; Behre, Das Klima von Berlin, Berlino 1908; Die Stadt Berlin, Festschrift zum 7. Deutschen Geographentag, 1899; Statistisches Jahrbuch der Stadt Berlin; Vogel, Gross-Berlin, in Petermanns Mitteilungen, 1921; Penck, Die Lage der deutschen Gross-städte, in Städtebauliche Vorträge, V, 1912; Baedeker, Berlin und Umgebung, Lipsia 1921; Woerl, Illustrierter Führer durch Gross-Berlin, Lipsia 1923; Ring, Die deutsche Kaiserstadt, Lipsia 1882-1884.
Storia.
La città di Berlino è sorta da due comuni che in origine, e fino all'epoca moderna, erano separati; il più antico dei due, Kölln, sull'isola formata dai due bracci della Sprea, è ricordato per la prima volta in un documento del 1230, mentre le origini di Berlino, situata di fronte, sulla riva destra della Sprea, risalgono al 1237. Ma fin da principio questa era la più importante delle due città. L'etimologia del nome Berlino è ancora incerta. Mentre sulle origini di Kölln non sappiamo niente di preciso, Berlino invece è fondazione dei margravi Giovanni I ed Ottone III della casa degli Ascani (v., e v. brandeburgo: Marca di). A questo scopo essi rimisero il terreno scelto per la nuova città nelle mani di un "locator" che doveva provvedere alla costruzione degli edifici cittadini, e che perciò fu investito della bassa giurisdizione e dei relativi diritti fiscali. Non è accertato se lo sculdascio (Schultheiss) Marsilius, nominato nel 1247, fosse quel "locator". La città ebbe come confini la Sprea da un lato, e dall'altro un tratto di muro che correva lungo l'attuale Neue Friedrichstrasse. Le chiese principali furono quella di San Nicolò e quella di S. Maria; più tardi quella del convento francescano. A Kölln, la chiesa principale fu quella di S. Pietro, a cui poi si aggiunse il convento dei Domenicani, situato nei pressi dell'odierno castello. Le due città prosperarono nel sec. XIV; approfittando della decadenza del potere territoriale nella marca di Brandeburgo, i cittadini ebbero l'abilità di arrogarsi sempre più estesi diritti di sovranità, e specialmente l'alta giurisdizione. Economicamente lo sviluppo si fondò sulla posizione felice Berlino-Kölln, città poste lungo una strada assai battuta dal commercio. Le due città si associarono presto all'Ansa e con essa ebbero nei riguardi esterni un'amministrazione comune, laddove ebbero amministrazione distinta nei rapporti interni.
Questo ognor crescente sviluppo fu interrotto dall'intervento dei Hohenzollern. L'atteggiamento di Federico I, principe elettore di Brandeburgo, contrario alla nobiltà della Marca, coincideva con gl'interessi delle due città, che gli resero omaggio senza alcuna resistenza nel 1415. Ma presto riconobbero che la loro indipendenza era minacciata da questo rinvigorirsi dell'autorità principesca, perciò strinsero un'alleanza con le città di Brandeburgo e di Francoforte sull'Oder. Federico II seppe sventare questo pericolo col fare nuove concessioni: nel 1442 diede alle due città una nuova costituzione, secondo la quale il consiglio di Berlino si componeva di due borgomastri e di dieci consiglieri, quello di Kölln di un borgomastro e di cinque consiglieri. Tutti dovevano essere eletti dai membri delle quattro arti e non potevano esercitare il loro ufficio prima d'averne avuto la conferma dal principe elettore. Poco dopo fu iniziata la costruzione di un castello principesco al nord di Kölln; la città scese al livello di città di provincia, perdette il suo carattere commerciale e si dové limitare alle risorse dei suoi immediati dintorni.
Ma se allora la città fu privata di molti suoi privilegi e decadde dalla sua posizione primaria, ebbe poi un compenso quando i principi elettori vi stabilirono la loro residenza. Già nel 1469 Federico II progettò d'innalzare la cappella del castello alla dignità di chiesa collegiata, ciò che proverebbe la sua intenzione di fissarvi dimora. Ma effettivamente il castello di Kölln sulla Sprea divenne residenza dei principi elettori soltanto nel 1476. Il tribunale dell'elettore, che poi si trasformò in Corte d'appello, vi si riuniva tre volte all'anno. L'adozione del diritto romano mise fine allo scabinato, che fu sostituito da un collegio di giudici di professione, versati nel diritto ed eletti dal sovrano. La Riforma religiosa fu accolta dalla popolazione soltanto dopo la conversione di Gioacchino II (1539). Tre anni prima egli aveva trasformato la chiesa del convento domenicano di Kölln in chiesa collegiata, ed aveva disposto che i domenicani di Kölln si trasferissero a Brandeburgo, né passò molto che tutti i conventi furono soppressi. Sotto lo stesso principe fu anche iniziata la ricostruzione del castello in stile del Rinascimento. Il Consiglio segreto, istituito nel 1605 da Gioacchino Federico, ebbe la sua sede a Kölln; con ciò non solo il più alto organo giudiziario, ma anche il maggiore ufficio amministrativo rimanevano stabili nella città residenziale. Durante la reggenza di Gioacchino Sigismondo nel ducato di Prussia, e anche dopo l'unione del ducato con la Marca, sembrò per qualche tempo che la residenza dovesse essere trasferita a Königsberg. Il passaggio dell'Elettore alla fede calvinista provocò nel 1615 dei tumulti nella popolazione luterana di Berlino-Kölln contro i consiglieri e i preti calvinisti; ma la calma poté essere presto ristabilita. La città ebbe molto a soffrire durante la guerra dei Trent'anni, specialmente per la politica incerta dell'Elettore, che prima si alleò con Gustavo Adolfo di Svezia (1631), e poi si schierò dalla parte dell'imperatore. Nel 1640 una parte dei sobborghi fu incendiata, nel respingere un attacco svedese.
Il Grande Elettore Federico Guglielmo (1640-1688), che iniziò la ricostruzione dello stato di Brandeburgo-Prussia, trasformò in fortezza le due città sorelle. Le estese opere di fortificazione oltrepassavano di molto, tanto ad est quanto ad ovest, il limite delle due città precedenti. Sotto il regno del Grande Elettore gli interessi esclusivamente militari furono quelli prevalenti nell'amministrazione cittadina; essi non riuscirono tuttavia a inceppare lo sviluppo della città, che fino dal 1660 cominciò ad oltrepassare i limiti della cinta fortificata.
Verso il 1670 Federico Guglielmo permise che rientrassero nella città gli ebrei, che ne erano stati espulsi circa un secolo prima; e nel 1685 la città diede asilo ai protestanti francesi emigrati dopo l'abolizione dell'editto di Nantes. Nel 1699, circa un quinto della intiera popolazione (15.000 abitanti) era composto di immigrati francesi.
Sotto il primo re, Federico I, ebbe grande incremento l'attività edilizia, alla quale Berlino deve un numero rilevante dei suoi monumenti più caratteristici. Il castello fu ampliato secondo i progetti di Andrea Schlüter e fu iniziata la costruzione dell'arsenale. Questo re, che tanto amò il fasto, favorì anche le istituzioni scientifiche ed artistiche: nel 1696 fondò l'Accademia di belle arti, nel 1701, per consiglio del Leibniz, l'Accademia delle scienze. Il regno di Federico I lasciò tracce profonde anche nell'amministrazione della città: nel 1710 fu abolita l'amministrazione separata dei sei comuni, allora costituenti la città, che furono riuniti in una sola unità amministrativa. Federico Guglielmo I portò a termine le nuove costruzioni del castello e dell'arsenale e circondò la città nuova di una cinta daziaria in muratura. L'assolutismo di Federico il Grande abolì gli ultimi avanzi dell'autonomia amministrativa cittadina e trasformò, nel 1747, le cariche municipali in uffici di nomina regia e retribuiti dalle casse dello stato. Nella guerra dei Sette anni la città fu occupata due volte dal nemico, ma si riebbe presto. Anche gli inizî dell'industria berlinese risalgono al tempo di Federico II: il commerciante Gotzkowski introdusse l'industria delle seterie e fondò una manifattura di porcellane, che in seguito divenne governativa. Negli ultimi anni del sec. XVIII si destò a Berlino anche la vita artistica e letteraria che prima vi aveva avuto scarsa importanza. Il primo cenacolo letterario si adunava attorno al libraio Nicolai. Federico Guglielmo III e sua moglie, la regina Luisa, videro di buon occhio il movimento e lo favorirono; né esso fu senza importanza per la scuola romantica. Tieck, Novalis, i fratelli Schlegel, e più tardi E.T.A. Hoffmann vissero a Berlino.
Ma questi principî di vita intellettuale furono troncati dal crollo dello stato prussiano nel 1806. Il 27 ottobre Napoleone entrò vittorioso in Berlino; solo nell'autunno 1808 le truppe d'occupazione francesi abbandonarono la capitale in adempimento della pace di Tilsit. Durante il successivo periodo di raccoglimento nazionale, in attesa della riscossa, le riforme radicali del barone von Stein lasciarono traccia profonda anche a Berlino. Alla città fu ridata l'autonomia amministrativa che entrò in vigore il 1° aprile 1809. Per essa il magistrato, la cui nomina veniva poi confermata dal re, era eletto dai delegati comunali, a loro volta eletti dalla popolazione. L'autorità suprema dei tribunali e della polizia rimase nelle mani del governo. Su questa base si è poi sviluppata la posizione giuridica di Berlino rispetto al governo prussiano. La vita intellettuale di Berlino ebbe grande impulso dalla fondazione della università, nel 1810, resa famosa, durante il sec. XIX, da grandi maestri come i fratelli Humboldt, i fratelli Grimm, il Savigny, lo Schleiermacher, il Mommsen, il Virchow, il Helmholtz ecc., i quali tutti, nella vita intellettuale della città, ebbero assai più influenza degli artisti veri e proprî. Eccezione fatta per il poeta Enrico von Kleist e per il pittore Adolfo Menzel, soltanto artisti di second'ordine esplicarono a Berlino la loro attività.
I moti berlinesi del marzo 1848 appartengono alla storia della Prussia; ma appunto allora si vide che Berlino era divenuta anche la capitale spirituale dello stato. Il gigantesco svilupparsi di Berlino nel sec. XIX si spiega con il progredire della tecnica e della grande industria. Nel 1838 fu inaugurata la prima ferrovia da Berlino a Potsdam; poco prima erano sorte le prime fabbriche dell'industria pesante, come la fabbrica di macchine Borsig (1837); nel 1847 fu fondata la società per le industrie elettriche W. Siemens. I lavori di canalizzazione, ultimati, tornarono a profitto dello sviluppo industriale. Già il Grande Elettore aveva costruito il canale fra la Sprea e l'Oder (Millrosekanal); nel 1848 fu costruito il Landwehrkanal, che diede alla città una seconda via acquea; nel 1894 poi si rese navigabile il braccio morto della Sprea all'ovest dell'antica Kölln. Dopo il 1883 la città cominciò a costituire un proprio distretto amministrativo e fu ouindi separata dalla provincia di Brandeburgo; da quel tempo città e provincia non hanno in comune se non pochissimi uffici di vigilanza, sotto la direzione dell'Oberpräsident (v. sopra).
Bibl.: Le fonti sono state pubblicate da E. Fidicin, Historisch-diplomatische Beiträge zur Geschichte der Stadt Berlin, voll. 5, Berlino 1837-42 (il vol. V contiene la storia della città). Inoltre v. F. Voigt, Urkundenbuch zur berlinischen Chronik, Berlino 1869. Fra i periodici: Schriften des Vereins für die Geschichte der Stadt Berlin, dal 1865; Mitteilungen des Vereins für die Geschichte Berlins, dal 1884. Per la bibliografia meno recente v. P. Clauswitz, Kritische Übersicht über die Literatur zur Geschichte Berlins, in Schriften des Vereins cit., XXXI 1896); J. Ch. Müller e G. G. Küster, Altes und neues Berlin, voll. 3, Berlino 1737-56; Ch. F. Nicolai, Beschreibung der königlichen Residenzstädte Berlin und Potsdam, Berlino 1769; W. Mila, Berlin oder Geschichte des Ursprungs dieser Hauptstadt, Berlino e Stettino 1829; A. Streckfuss, Berlin im 19. Jahrhundert, voll. 4, Berlino s. a.; O. Schwebel, Geschichte der Stadt Berlin, voll. 2, Berlino 1888; Fr. Holtze, Geschichte der Stadt Berlin, in Tübinger Studien für schwäbische und deutsche Rechtsgeschichte, I (1906).
Monumenti e sviluppo artistico.
La storia della città e della sua arte comincia solo col sec. XIII, tra il periodo romanico e il gotico. Ciascuno dei due quartieri originarî della città, Berlino e Kölln, aveva il suo mercato e la sua parrocchia: Berlino la chiesa di S. Nicola, Kölln quella di S. Pietro, che nel 1846 dovette cedere il posto a un nuovo edificio. S. Nicola conservò invece la sua impronta medievale. Alla parte più antica, massiccia e cupa, a blocchi pesanti di granito, che ricorda le costruzioni del nord della Germania, furono più tardi (circa 1470) aggiunte tre navate in mattoni con ampie vòlte, mentre il coro poligonale con cappelle a raggiere appartiene ad un periodo precedente (circa 1380). Appunto nel 1380 Berlino fu colpita da un grave incendio, e anche della vecchia chiesa di S. Maria non rimase che il lato occidentale (la navata e il coro sono della fine del sec. XIV; il campanile fu innalzato nel 1788 dal Langhans, l'architetto del Brandenburger Tor). Oltre alle tre parrocchiali, Berlino aveva altre chiese, conventuali e di ospedali. I francescani, stabilitisi a Berlino verso il 1250, edificarono, poco dopo, la loro chiesa dalle linee semplici, il cui interno tranquillo, basilicale, ha conservato le pure forme dello stile gotico primitivo nord-germanico, mentre la facciata, ornata di torrette col porticato antistante, è dovuta a un restauro del periodo romantico (1842). Gli annessi fabbricati del convento, che ospitano dal 1574 la famosa scuola Zum Grauen Kloster, con le loro vòlte amplissime sono, in parte, della fine del secolo XV. Anche i domenicani avevano, vicino al castello, un convento e una chiesa, ma non ne resta più nessun avanzo.
Delle chiese ospitaliere s'è conservata molto bene la piccola cappella dell'ospedale dei poveri di S. Spirito ("Zum Heiligen Geist"), caratteristica per l'ornamentazione in mattoni all'esterno, largamente diffusa nella Marca brandeburghese. Fuori le porte della città esistevano altre chiese, ma purtroppo furono nel secolo scorso sacrificate alle crescenti necessità edilizie della città, come del resto tutti gli edifici pubblici e le case della Berlino medievale; della civiltà borghese e perfino dei palazzi municipali delle due città non è rimasto che un povero avanzo: la loggia del palazzo berlinese ricostruito (1871) con alterazioni nel parco Badelsberg a Potsdam. Solo nel castello rimangono avanzi di architettura medievale. I conti di Hohenzollern, investiti nel 1415 della marca di Brandeburgo e della dignità di elettori, tennero la corte dapprima nella vecchia rocca imperiale di Tangermünde sull'Elba; ma già Federico II nel 1443 poneva la prima pietra di un castello che divenne nel 1451 sua abituale residenza a Berlino, proprio sulla riva della Sprea dal lato settentrionale della città. Questo fu il nucleo dell'odierno castello; e per quanto poco ne sia rimasto, esso segna l'inizio d'un nuovo sviluppo artistico della città; la quale, così nell'edilizia sacra come nella profana, cominciò a perdere il suo carattere borghese e ad assumere l'aspetto d'una capitale, cui dovevano dare un'impronta unica i principi che vi risiedettero. Sono indizio di codesto mutamento le due più notevoli opere d'arte di quest'epoca di transizione: la Danza macabra della seconda metà del sec. XV, nell'atrio del campanile di S. Maria, affresco pieno di carattere e di spirito popolari; il monumento funerario in bronzo dell'elettore Giovanni nel Duomo, ordinato alla famosa bottega di Peter Vischer in Norimberga, finito nel 1532. Nel Rinascimento germanico i principi cercarono di stringere relazioni con i centri artistici di altre regioni, forse per non rimanere addietro agli altri. La Sassonia, alleata anche politica del Brandeburgo dopo la separazione da Roma, ebbe per prima rapporti d'arte con Berlino. Luca Cranach fornì quadri d'altare a Berlino, dove altri ne furono dipinti indubbiamente sotto il suo influsso. Sepolcri di funzionarî di corte, soprattutto quello del consigliere Giovanni Kotteritzsch nella chiesa di S. Nicola, rivelano forme e moti sassoni. Kaspar Theiss, che fino dal 1538 trasformò la rocca di Zollern sulla Sprea in un castello di stile Rinascimento, proveniva probabilmente dalla Sassonia. Nel sec. XVI poi cominciò l'influsso e l'immigrazioue di architetti e pittori italiani: e primo fra i costruttori italiani che lavorarono nella Marca si trova ricordato un certo Chiamarella di Candino.
A quei decennî di movimento culturale sotto i primi elettori seguì un ristagno e poco dopo una stasi assoluta, dovuti soprattutto alla guerra dei Trent'anni. Specialmente poi quando i principi, nel 1614, aderirono alle dottrine di Calvino, il cui pietismo iconoclastico avversava l'arte, l'attività artistica cessò quasi del tutto.
La situazione mutò appena assunse il potere Federico Guglielmo, il Grande Elettore, il quale diresse con pari successo la politica del suo stato e il rinnovamento edilizio della capitale con radicali trasformazioni della città. La cerchia medievale fu sostituita da fortificazioni con bastioni e torri secondo le esigenze dell'arte militare, opera dell'architetto Memhardt. Nella nuova cinta furono compresi, con i vecchi, due nuovi quartieri: il Friedrichswerder e la Dorotheenstadt, dotandoli di spaziose arterie stradali tra cui l'Unter den Linden (1647). Inoltre, il principe cercò di procurarsi valenti artisti stranieri e specialmente olandesi, poiché da giovane aveva vissuto in Olanda. Fra gli scultori ricordiamo F. Dusart, B. Eggers, J. van der Ley. Il bel monumento funerario del conte von Sparr (1663) nella Marienkirche, è probabilmente opera di Quellinus il Vecchio. Willem van Honthorst fu il pittore di corte fra il 1630 e il 1664. Una manifattura di ceramiche simile a quella di Delft veniva installata a Potsdam. Il gusto olandese nell'architettura fu introdotto da I. G. Memhard, da M. Matthias (Schmidt), e da J. A. Nering, che nell'ultimo quarto del sec. XVII determinò l'aspetto di Berlino. Ricordiamo inoltre gl'Italiani Filippo da Chiese e Giovanni Simonetti. Ben poche tracce esistono oggi delle loro opere; tuttavia una ventina di disegni fatti intorno al 1690 dallo Stridbeck (Biblioteca nazionale di Berlino) dànno un'idea dell'aspetto della città in quell'epoca.
Era solo l'inizio e il preludio. Nel 1688 al Grande Elettore successe il figlio Federico I, che nel 1701 cinse la corona reale di Prussia: e sotto di lui Berlino divenne una capitale d'importanza europea. Amante del fasto e del grandioso, egli si valse di una schiera di valenti architetti fra cui uno dei maggiori che la Germania abbia mai avuto: Andreas Schlüter, il cui capolavoro fu il castello reale di Berlino. Kaspar Theiss aveva costruito nel 1538 un modesto castello di stile Rinascimento. Verso la fine di quel secolo Rocco Guerini di Lynar, architetto di corte, lo aveva ampliato (Haus der Herzogin), poi, al tempo del Grande Elettore, il Nering aveva costruita un'ala di congiunzione. Il nuovo principe ordinò un rimaneggiamento radicale di tutta la costruzione; e lo attuò lo Schlüter - ch'era venuto a Berlino nel 1694 - largamente rispettando quanto poté degli edifici esistenti, ma creando una delle più imponenti e maestose costruzioni dell'arte barocca. Un enorme quadrilatero con due vaste corti all'interno erge i suoi quattro piani; le facciate, l'una severa e raccolta di proporzioni, con i due portali a colonne, l'altra più animata verso il "Lustgarten", come pure la disposizione originale dei cortili, di cui quello interno è circondato da loggiato doppio, rivelano tutta] a genialità dello Schlüter, che si valse soprattutto delle forme dell'arte barocca romana, divenuta allora internazionale. La fantasia dell'architetto trovò soluzioni nuove anche nel costruire e decorare lo scalone, le sale, le camere. Ma, essendo crollata una torre a causa delle cattive fondamenta, nel 1706 lo Schlüter dovette lasciare la direzione dei lavori a uno dei suoi più accaniti avversarî e rivali, Eosander von Göthe, che ultimò l'edificio aggiungendovi l'ala occidentale col sovraccarico, ma imponente ingresso principale.
Oltre al castello, altri edifici e costruzioni diedero nuovi aspetti alla capitale del giovane regno. Il Nering costruì fra il 1692 e il 1695 la "Lange Brücke" (il Ponte Lungo), su cui lo Schlüter fra il 1697 e 1703 pose la magnifica statua equestre del Grande Elettore. Il Nering stesso progettò anche l'Arsenale (Zeughaus) al quale, morto lui (1795), Jean de Bodt diede forma definitiva, ancora oggi imponente sul principio dell'Unter den Linden; e lo Schlüter vi si eternò come scultore, giacché sono sue le maschere di guerrieri morenti, al sommo delle finestre. Lo Schlüter dapprima era stato chiamato a Berlino come scultore e, oltre alle molteplici decorazioni plastiche delle volte del castello, egli progettò anche sarcofagi, tombe e pergami per le chiese; delle sue altre opere architettoniche in Berlino alcune sono scomparse: tra le altre, rimane il piccolo, grazioso padiglione (Gartenhaus) costruito per il ministro von Kammecke, oggi sede della Loggia Royal York de l'Amitié. Eosander von Göthe infine è da ritenersi architetto del piccolo palazzo che, più tardi spesse volte ingrandito, non ha che la parte centrale dovuta ai suoi disegni: il castello di Monbijou, costruito nel 1706 per il gentiluomo di corte conte Wartenberg, (oggi Museo dei Hohenzollern).
Se Federico I cercò di porre Berlino tra le più importanti città artistiche anche in altri modi e specialmente con la fondazione di un'accademia d'arte, il suo successore Federico Guglielmo I fu tutto utilitario e pratico. Pure, gli architetti seguitarono ad operare per il fatto che il re voleva dare aspetto appropriato e decoroso alle sue residenze di Berlino e Potsdam. Berlino, come Potsdam col suo quartiere olandese, s'ingrandì ad occidente dal Viereckplatz (Piazza quadrata) attraverso l'Achteckplatz (Piazza ottagonale) fino al Rondeel (dal 1815 Pariser- Leipziger- Belle Alliance-Platz). La Wilhelmstrasse fu la strada della nobiltà, che teneva le alte cariche dello stato. Il tipo della casa aristocratica di città, ideato a Parigi, fu, con modificazioni, largamente adottato a Berlino: esempî, il palazzo del conte Schwerin, oggi residenza del presidente del Reich; il palazzo del generale von Schulenburg, poi Radziwill e dal 1875 abitazione ufficiale del cancelliere del Reich; il palazzo del principe Albrecht; il tribunale costruito da Philipp Gerlach (1734) che progettò anche il palazzo del principe ereditario (di fronte allo Zeughaus), più tardi radicalmente rimaneggiato dallo Strack.
Quel principe ereditario, che assunse il regno nel 1740, era Federico il Grande. Molto, con la Prussia, gli deve Berlino. Prediligeva Potsdam e il parco di Sanssouci, ove eresse una nuova residenza d'incomparabile splendore. Suo consigliere artistico fu Giorgio Venceslao von Knobelsdorff, che restaurò e arredò il castello di Rheinsberg per il principe ereditario, costruì l'"Opernhaus" (teatro dell'opera) in Berlino, e progettò il castello di Sanssouci. Il giovane re aveva pensato di costruire all'inizio dell'Unter den Linden un "Foro dell'arte"; e se questo riuscì meno grandioso e meno imponente del suo concetto, invece il teatro dell'Opera, anch'esso dei primi anni del suo regno, ebbe grandi e nobili proporzioni nelle forme del barocco classico, purtroppo gravemente alterate da ampliamenti recentissimi. Sull'altro lato della piazza fu costruito nel 1748 da Boumann il Vecchio un vasto palazzo per il fratello del re, il principe Enrico (poi, dal 1809, università) e, di fronte, la biblioteca, eretta nel 1775 dall'Unger, oggi appartenente all'università (l'attuale Biblioteca di stato fu costruita da E. von Ihne tra il 1903 e il 1914). Infine in un angolo del Foro ed a miglior risalto della piazza fu edificata la chiesa di S. Edvige (Hedwigskirche, 1747), dei cattolici, voluta imitazione del Pantheon. Accanto a questa piazza, cui si era così dato un importante aspetto, un'altra, quella del Gendarmenmarkt (Mercato dei gendarmi) fu arricchita di nuove importanti costruzioni: alle due semplici chiese già esistenti, Carl von Gontard nel 1780-85 aggiunse due edifici terminanti con una torre, adorni di colonne e simmetricamente disposti, a somiglianza delle due chiese in piazza del Popolo a Roma. Il Gontard, architetto di vivace fantasia, ebbe gran parte nel decorare la città: approfittò, per esempio, della demolizione delle mura di cinta per ornarne le porte con ricchi colonnati. E intanto una schiera di architetti (i due Boumann, il Gontard, l'Unger, il Büring, per citare i più importanti) moltiplicavano la loro attività nella capitale, il cui benessere andava crescendo per le guerre fortunate. Basti ricordare la casa del "Münzjude" (Ebreo della moneta), Efraim Veitel, che arieggia il palazzo Massimo delle Colonne di Roma, per comprendere quali erano il gusto e i criterî seguiti nell'abbellire la città. Federico il Grande inoltre, riprendendo i propositi del nonno, rivolse il suo favore all'Accademia delle arti. Non solo ne fece costruire la sede da Boumann il Vecchio (al posto dove. oggi è l'attuale Biblioteca nazionale) nello stile del barocco olandese, ma favorì lo sviluppo di tutte le belle arti. Vero è che la celebre collezione reale di quadri del Watteau, del Lancrets, del Pater, chiusa nella reggia, poco poté influire sui pittori tedeschi, ma l'attività di Antoine Pesne, che fu sino alla morte pittore di corte, contribuì favorevolmente allo sviluppo della pittura. In seguito Anton Graff, stimolato dall'intensa vita spirituale di Berlino, dipinse i suoi ritratti espressivi, e accanto a lui lavorò Christian Bernard Rode, direttore dell'Accademia e autore di alcuni affreschi e quadri per chiese, castelli e case private. Fra gl'incisori vanno ricordati, oltre ai due Rosenberg, specialmente Daniele Chodowiecki, le cui pitture con rappresentazioni di vita contemporanea, acutamente osservata e sobriamente resa, e le illustrazioni piene di fantasie, di scritti e poesie dell'epoca, rivelano il senso realistico dello spirito berlinese.
Anche per la scultura il re mostrò sempre vivo interesse; raccolse molte opere antiche acquistando con la collezione Polignac anche il Fanciullo orante, oggi nell'Altes Museum; commise poi alcuni lavori al francese Pigalle ed ai fratelli Adam. Scultore di corte fu Jean A. Tassaert, fiammingo di nascita, che decorò edifici, giardini e piazze; e prima di lui e con lui lavorarono pure molti altri abili scultori, come il Bettkober e l'Ebenhecht, Michel ed i fratelli Raenz, Glume, con carattere e indirizzo schiettamente nazionali. A tutti va innanzi Gottfried Schadow. Egli fu a Berlino ciò che il Canova a Roma: il vero maestro del neoclassicismo, pur ancora con qualche rapporto con lo stile rococò. La serie delle statue delle principessine nel castello, la tomba del giovane conte von der Mark nella chiesa di Dorotheenstadt, la quadriga sulla Porta di Brandeburgo sono le sue opere più note che rivelano le sue tendenze decisamente personali. Con lui s'inizia una vera scuola berlinese di scultura. Primo fu Christian Rauch, le cui idee artistiche informano tutto il primo decennio del secolo XIX. Oltre a numerosi busti e monumenti, il Rauch modellò la statua funeraria giacente della regina Luisa nel mausoleo del parco di Charlottenburg, e il grande monumento equestre di Federico il Grande - il suo capolavoro - collocato all'inizio dell'Unter den Linden, su un piedistallo attorniato dalle figure di uomini illustri della Prussia. Degli altri notevoli scultori accanto al Rauch ricorderemo Friedrich Tieck, fratello del poeta, e Ludwig Vichmann, mentre tutti quelli nati fra il 1800 e il 1814 (Kalide, Emil Wolff, Kirs, Drake, Gramzow, Blaeser e Albert Wolff) furono discepoli del Rauch, e risposero degnamente alle svariate esigenze dei tempi nuovi con ritratti, monumenti e decorazioni di edifici pubblici e di ponti.
L'epoca moderna nell'architettura berlinese si iniziò con un'opera davvero eminente, cioè col Brandenburger Tor, con cui Carl Gotthard Langhans (1788-1791) sostituì una vecchia porta a chiusura dell'Unter den Linden, visibile già dal castello e quasi scenario dell'attiguo quadrato, oggi Pariser Platz (Piazza di Parigi). Un maestoso colonnato, con cinque passaggi, sostiene un alto attico coronato dalla quadriga dello Schadow; mentre costruzioni laterali più basse fiancheggiano la parte centrale conferendole maggiore imponenza. Chi volesse tentare di definire il carattere di uno stile prussiano potrebbe farlo dinanzi a questa architettura regolare, diritta, severa, solida e precisa. A uguale altezza l'architettura di quell'epoca giunse solo un'altra volta, con Carlo Federico Schinkel, i cui capolavori poterono sorgere solo dopo le guerre di indipendenza (1814-15). Negli anni di oppressione e di disordine della egemonia napoleonica, l'attività artistica a Berlino era continuata, ma le difficoltà dei tempi ne impedivano lo sviluppo. Un Johann Heinrich Gentz, il cui capolavoro è il castello di Weimar, costruì in Berlino la Zecca Vecchia, il palazzo delle Principesse (1810), il mausoleo nel parco del castello di Charlottenburg, il tutto nelle proporzioni finemente equilibrate d'un nobile stile ellenistico. Ben più notevole fu Friedrich Gilly, la cui vita fu troppo breve. Il suo progetto d'un monumento a Federico il Grande, a simiglianza di un antico tempio su enormi gradinate, indüsse il giovane Schinkel a dedicarsi all'architettura.
La prima opera dello Schinkel a Berlino fu la "Neue Wache" (1816-18), eretta a guisa di un castrum romano, per usare la sua stessa espressione, ma in realtà improntata a quel carattere di semplicità e praticità proprio dello stile prussiano, con un avancorpo a colonne e frontone in stile greco derivato dalle forme classicheggianti del Brandenburger Tor. Segue il "Schauspielhaus" (teatro), cominciato nel 1819, al posto di quello vecchio del Langhans, anch'esso con un colonnato posto davanti a un edificio centrale a ripiani, di limpida struttura, degno dei due campanili del Gontard, che lo fiancheggiano nel Gendarmenmarkt. Il suo capolavoro fu però il Museo antico, nel giardino di fronte al castello, costruito fra il 1824-1828. Un lungo colonnato ionico occupa tutto un lato, una scala scoperta conduce al portico ornato di affreschi eseguiti su cartoni dello Schinkel, mentre all'interno splendide sale sono disposte in due piani intorno all'ampia aula centrale coperta d'una cupola con lucernario che conferisce all'ambiente un senso di armonia compiuta ed equilibrata che ricorda l'interno del Pantheon. Ma l'attività dello Schinkel, che era anche pittore, s'esplicò nei più svariati modi; castelli e palazzi, ville e casini per la famiglia reale e per la nobiltà, costituirono, insieme con l'edilizia sacra, specialmente a Potsdam e dintorni, il campo vastissimo del suo lavoro (parecchie migliaia di suoi disegni e progetti anche per costruzioni di molte altre città prussiane si conservano nel museo Schinkel di Berlino). Non sorprende perciò che da lui sia originata una regolare scuola di architettura, specialmente dopo che negli ultimi anni (1832-35) egli diresse l'Accademia di architettura da lui stesso costruita. Una schiera di giovani e abili architetti continuò lo stile, da lui elevato a tanta altezza, che è stato detto "tardo neoclassicismo berlinese". Il Persius e il Hesse lavorarono specialmente a Potsdam; il giovane Langhans progettò nel 1834 il palazzo Guglielmo I sull'Unter den Linden; nel 1834-43 lo Stüler costruì il Museo nuovo attiguo a quello vecchio dello Schinkel e nel 1845-46 la cappella del castello, costruzione a cupola eretta a complemento del portico di Eosander; il Hitzig cominciò nel 1859 la costruzione della nuova Borsa sulle rive della Sprea e il Waesemann nel 1861 il Palazzo di città; lo Strack trasformò nel 1856-58 il vecchio palazzo del principe ereditario in un nuovo imponente edificio e cominciò nel 1867 la costruzione della Galleria nazionale in forma di tempio corinzio circondato da colonnati dorici. Il progetto di questa costruzione, come del resto di tanti altri edifici sorti in quell'epoca, risale a re Federico Guglielmo IV, il romantico coronato che, amante dell'arte, tanto contribuì al suo rifiorire. Specialmente Potsdam deve il suo aspetto attuale all'interessamento sempre vivo e attivo di Federico Guglielmo IV. Questi aveva chiamato a Berlino anche Peter Cornelius, soprattutto perché decorasse con affreschi un sepolcreto dei re a guisa dei camposanti italiani. Ma degli affreschi furono eseguiti soltanto i cartoni e disegni, di forme idealistiche, con soggetti allegorici, che si conservano oggi nella Galleria nazionale. La pittura berlinese, ligia alle sue tendenze, prese poi altre vie. La fedele rappresentazione della vita quotidiana, già chiaramente palese nel Chodowiecki, era più rispondente al senso realistico berlinese. Uomini come Johann Erdmann Hummel e Eduard Gaertner ritrassero accuratamente vedute di edifici e vie piene di traffico; Theodor Hosemann e Eduard Meyerheim scene umoristiche della vita popolare; Franz Krüger i fasti della corte e soggetti tolti dalla vita dell'esercito. Karl Steffeck e Karl Blechen con le loro tendenze già impressionistiche annunciavano il più grande pittore berlinese, Adolf Menzel. Del Menzel sono, degli anni successivi al 1850, le famose scene tratte dalla storia di Federico II, per fedeltà di particolari molto distinte dalla comune pittura storica; e, più ricche di colorito, molte pitture di piccolo formato, conservate insieme con migliaia di disegni nella Galleria nazionale.
Nuove vie segnò alla scultura del tempo Reinhold Begas. Egli, abbandonando lo stile, divenuto ormai consunto e logoro, del tardo neoclassicismo, si rivolse a forme fortemente realistiche. Ma le sue tendenze condussero ben presto ad uno stile sovraccarico e declamatorio, caratteristico di quel periodo che segnò non solo per Berlino, ma in genere per l'attività artistica contemporanea, un progresso piuttosto superficiale ed esteriore anziché uno svolgersi coerente della buona tradizione della prima metà del secolo. La colonna della Vittoria dello Strack (1866) era stata ancora concepita nelle sobrie e armoniose forme della scuola; la serie invece delle statue di marmo nell'attiguo Viale della Vittoria (Siegesallee, 1898-1901), prodotto caratteristico dell'influenza esercitata dal Begas, è da considerarsi artisticamente mancata. Così il vicino Parlamento (Reichstag), costruito nel 1884-94 da Paul Wallot, dimostra nel campo dell'architettura profana, così come il Duomo attiguo ai giardinì reali costruito da Julius Raschdorff nel 1894-1905 in quello dell'architettura sacra, che Berlino si rinnovava, è vero, con mirabile slancio, ma con non maggior gusto delle altre capitali d'Europa.
Se negli anni dell'ascesa economica fino alla guerra molte cose vecchie dovettero scomparire insieme con non pochi edifici architettonicamente notevoli, tuttavia in Berlino, prima che in altre città mondiali, prevalse il concetto che non si dovesse distruggere ciecamente ciò che è rimasto del passato e che il cosiddetto stile storico non poteva dare nuovi fruttuosi impulsi all'architettura. L'intenso ritmo della vita berlinese non portò fortunatamente alla costruzione dei grattacieli, giacché nulla impediva l'illimitato sviluppo della città in estensione, ma piuttosto alla formazione di un nuovo stile schiettamente moderno per il quale solo in Olanda si può trovare un equivalente. La prima manifestazione delle nuove tendenze si ebbe verso il 1900 con architetti come Alfred Messel (che nel 1897-1904 costruì i magazzini Wertheim con innovazioni e criterî appropriati allo scopo) e come il suo discepolo Ludwig Hoffmann, che edificò il nuovo Palazzo di città nel 1902-11 e dirige dal 1911 la costruzione del Museo germanico su progetto del Messel. Da allora il concetto della costruzione semplice, sobria e adattata ai suoi scopi è andato sempre più affermandosi. Oskar Kaufmann e Alfred Grenander, Bruno Paul e Peter Behrens, Hans Poelzig, Erich Mendelssohn ed i fratelli Taut cercano di creare forme sempre meglio conformi al nuovo gusto architettonico in ville e colonie, uffici e costruzioni per grandi ditte, teatri e cinematografi, stabilimenti e stazioni ferroviarie, cosicché Berlino va diventando uno dei più importanti centri ove si possa studiare il nascere dell'architettura modernissima degli ultimi trent'anni.
Anche la pittura e la scultura tedesche dell'ultima generazione hanno avuto il maggiore sviluppo a Berlino, sebbene fortunatamente non si sia verificata per l'arte germanica quella centralizzazione piuttosto unilaterale, propria, ad esempio, dell'arte franmese, che si è tutta concentrata a Parigi.
La pittura moderna è dominata dall'impressionismo e dall'espressionismo. Personalità rappresentative dell'uno e dell'altro movimento sono berlinesi o residenti a Berlino. Dei tre più eminenti maestri dell'impressionismo tedesco, Max Liebermann è berlinese, mentre Louis Corinth (morto nel 1925), forte temperamento d'artista, era oriundo dalla Prussia orientale; e l'originale Max Slevogt proviene dalla Baviera. Tutti e tre, da decennî, si stabilirono a Berlino e il Liebermann è dal 1920 presidente dell'Accademia. Nel 1899 il Liebermann insieme con Walter Leistikow (morto nel 1908) fondò il secessionismo berlinese ed aperse quindi un largo campo di sviluppo alle tendenze artistiche dell'impressionismo.
In contrasto stridente con questa tendenza di origine francese e ormai da tempo patrimonio comune di tutta Europa, si trova il movimento specificamente nordico dell'espressionismo, iniziato dall'olandese Van Gogh e dal norvegese Munch. Vi aderì in Germania l'associazione artistica della Brücke ("ponte"), i cui membri, come il Heckel, Otto Müller, il Pechstein, Nolde, Schmidt-Rottluff, vivono oggi per la maggior parte a Berlino. Dalla lotta fra i due gruppi la vita artistica berlinese ha tratto nuova freschezza e slancio, ciò che soprattutto ha contribuito ad un maggior chiarimento d'idee e all'affermazione di giovani artisti.
Allo stesso modo, nel campo della scultura, nuove tendenze e sviluppi si notano dopo l'avvento del Begas. La reazione contro il naturalismo realistico provenne dapprima da un uomo che cercò di risolvere, lontano dalla patria, a Firenze, i suoi problemi estetici con l'opera e con gli scritti: Adolf Hildebrand. Tuttavia alcuni suoi valenti discepoli operavano a Berlino dando nuovo impulso alla plastica, e fra essi soprattutto il Tuaillon e il Gaul. In seguito tutta una schiera di notevoli scultori continuò a Berlino la tradizione: il Lederer, il Metzner, il Kraus e il Klimsch, il Kolbe ed altri. Ultimamente poi anche i problemi stilistici dell'espressionismo hanno influito notevolmente sugli scultori Ernesto Barlach, Edwin Scharff e Rodolfo Belling.
La maggiore e miglior parte delle opere di questi e di molti altri artisti si trova nella Galleria nazionale. Il primo museo accessibile al pubblico in Berlino fu quello costruito dallo Schinkel e aperto nel 1830, oggi detto il Vecchio museo. In esso vennero raccolte le migliori opere che prima si conservavano nei castelli reali. Presto però si rese necessario un ampliamento, cui si provvide con l'edificio del Nuovo museo eretto nel 1843-55 dallo Stüler. Oggi nei due musei, collegati fra loro, si trova la maggior parte dei tesori archeologici dello stato prussiano: le antichità egiziane di cui sono specialmente notevoli quelle provenienti da Tell el-Amarnah, le sculture greche e romane, vasi e oggetti delle arti minori antiche (nel così detto Antiquarium). Inoltre nel piano superiore del Nuovo museo fu installato il gabinetto delle incisioni. Il più grande capolavoro della plastica ellenica, i rilievi dell'altare di Pergamo con scene di gigantomachia, è stato assegnato ad un nuovo museo, il Museo germanico, costruito su progetto del Messel. Qui si è pensato anche di collocare gli oggetti di altri scavi tedeschi fra cui una porta del mercato di Mileto, e, nell'ala settentrionale dell'edificio, le sculture ed i quadri dal Medioevo germanico fino all'epoca barocca. Tutto ciò per alleggerire il vicino Kaí ser-Friedrich Museum costruito nel 1895 dall'Ihne, con evidente vantaggio delle sue importanti raccolte di opere d'arte, specialmente italiane e olandesi. Un gruppo staccato, anche amministrativamente, di musei, è connesso con la Galleria nazionale: nel fabbricato principale di essa, costruito dallo Strack e aperto nel 1875, si trovano le opere d'arte dell'epoca tra il 1780 e il 1880; la sua sezione nuova nell'ex Palazzo del principe ereditario contiene l'arte moderna; segue la collezione dei ritratti dei più eminenti ingegni della Germania intellettuale, ed infine nel museo Schinkel è raccolta l'arte berlinese intorno al 1800.
Dal 1919 la ricca raccolta di oggetti delle arti industriali è stata trasportata nel castello, mentre gli oggetti preistorici, tra cui quelli degli scavi dello Schliemann a Troia, e l'arte asiatica iurono collocati nel vecchio museo delle arti industriali. Le raccolte etnografiche sono state riordinate nel vicino museo etnografico. In edifici proprî hanno sede i musei di storia naturale, di talattologia e quello etnologico della Germania. Nell'arsenale vecchio (Zeughaus) è una grande collezione di uniformi e armi (v. sopra), nel castello di Monbijou quella di monumenti e ricordi storici dei Hohenzollern; ed infine anche la provincia del Brandeburgo ha le sue notevoli raccolte ordinate nel caratteristico museo della Marca, costruito dal Hoffmann. In tutti questi musei si organizzano esposizioni temporanee, numerose soprattutto quelle di arte moderna nella Galleria nazionale e nel palazzo già del principe ereditario. Le mostre degli artisti viventi vengono organizzate più volte all'anno dall'Accademia di belle arti nel Pariser Platz, come pure allo stesso scopo servono il grande palazzo delle esposizioni nella stazione Lehrter, e la casa dell'esposizione (Ausstellungshaus) del secessionismo al Tiergarten. I vasti saloni per esposizioni della città di Berlino al Funkturm (Torre Radio) offrono spazio per le più svariate manifestazioni di carattere internazionale. (V. tavole CLXXIX a CLXXXIV).
Bibl.: R. Borrmann, Die Bau- und Kunstdenkmäler von Berlin, Berlino 1893; Berlin und seine Bauten, edito dall'Architekten-Verein, Berlino 1896; H. Müller-Bohn, Die Denkmäler Berlins, Berlino 1905; Bogdan-Krieger, Berlin und seine Bauten, Berlino 1920; H. Schmitz, Berliner Baumeister vom Ausgang des 18. Jhdts., 2ª ed., Berlino 1925; M. Osborn, Berlin, 2ª ed., Lipsia 1926 (con larga bibl.); Baedeker, Berlin und Umgebung, 2ª ed., Lipsia 1927.
Teatro.
Berlino entra relativamente tardi nella storia del teatro tedesco. Le scarse notizie su rappresentazioni drammatiche a Berlino basterebbero bensì a indicare la linea di sviluppo dal teatro religioso medievale a quello moderno, ma molte altre città ci offrono una più ricca vicenda. La guerra dei Trent'anni segnò anche per questo centro una pausa di morte. Nella seconda metà del Seicento il primo Comödiant che ottenga licenza di recitare nella residenza e nella provincia è Sebastiano da Scio, comico che aveva acquistato fama a Vienna con i lazzi e le pantomime italiane. Anche Johannes Welten con la sua celebre Bande vi porta un repertorio prevalentemente inglese, olandese, francese. Il principe Federico Carlo proteggeva intorno al 1700 il teatro, ma solo quello francese. L'austero Federico Guglielmo I, tedesco nell'anima, ostacolò il teatro con la rigidità della sua censura e della sua parsimonia. Federico il Grande assumendo il trono trovava una capitale di circa 90.000 abitanti, desiderosa anche di vita teatrale, ma egli predilesse in modo assoluto arte ed artisti di Francia e d'Italia, ignorando o disprezzando il nuovo crepuscolo della drammatica tedesca. Egli fece costruire dal Knobelsdorff un pomposo teatro d'opera, capace di circa 4000 persone, mandando specialisti a studiare quel che si faceva in Italia, e chiamandovi poi di preferenza musici, librettisti, artisti italiani (ad es. il Bottanelli e altri). In un'ala del Castello di Berlino fece posto ad una scena di prosa, tenendovi sino al 1778 (con brevi parentesi durante la guerra dei Sette anni) una compagnia stabile francese. Anche Potsdam ebbe un Intermezzo-Theater e nel 1768 vi venne istituito anche un teatro destinato al pubblico borghese. Nel 1775 si inaugurò (con un'opera di Corneille) il Nuovo Reale Teatro di Commedia.
Federico Guglielmo II dal 1786 fu il vero e proprio iniziatore di un teatro reale con carattere nazionale. Scelse a guidarlo il Dobbelin, un energico e capace direttore che primo portò a Berlino i capolavori di Lessing, Goethe, Schiller. L'epoca d'oro del teatro reale è però quella seguente, regnante Federico Guglielmo III, quando cioè fu direttore l'Iffland (1796-1814). Questi, che giungeva in Prussia già celebre come attore e come autore, seppe raccogliere intorno a sé ottimi elementi, seppe favorire il teatro nazionale anche negli anni dell'avvilimento e della decadenza politica, dopo le vittorie napoleoniche. È vero che l'Iffland nella sua angusta tendenza verso un'arte verista e borghese ignorò il grande Kleist e troppo sostenne l'opera fortunatissima del Kotzebue e la propria mediocre produzione; ma d'altra parte seppe risanare il gusto del pubblico riconducendolo all'arte nazionale. Seppe anche senza gelosia riconoscere la gloria del grande attore Devrient chiamandolo a Berlino, così che nel complesso fu grandemente benemerito.
Dal 1818 al 1828 la direzione, anzi la intendenza, una specie di dittatura generale per tutti i teatri di corte, venne assunta dal conte von Brühl, il quale veniva dalla scuola di Weimar. Intanto eran tramontati i periodi di splendore in altri centri, come Mannheim, Amburgo e Weimar, e gli fu più facile dare a Berlino il primato. È in questo periodo che Spontini diviene direttore dell'Opera di Berlino e che vi si svolgono lotte notevoli intorno all'opera italiana.
All'epoca seguente, poco interessante letterariamente, corrispondono decenni poco notevoli anche per le scene. Con l'intendente Theodor von Küstner le porte dei teatri di corte si aprono finalmente ai "moderni", come Laube, Gutzkow, Freytag: a lui risale anche l'introduzione. di una regolare percentuale per l'autore drammatico.
Poco pregevole artisticamente è l'epoca del direttorato del Botha von Hülsen, perché coincide con la popolarità del Brachvogel, della Birch-Pfeiffer e di altre mediocrità. Il Hülsen fu il fondatore del Bühnenverein, una associazione fra i dirigenti di teatro che ebbe dapprima soli fini artistici.
Il conte von Hochberg è l'intendente di Guglielmo II, del tempo cioè in cui trionfava sui teatri di corte il teatro degli epigoni, come il Wildenbruch, mentre ne restavano esclusi i nuovi poeti di fama europea che già appassionavano la gioventù. Sotto la sua direzione peraltro vennero a Berlino notevoli interpreti, come Rosa Poppe, Max Grube ecc. Nel complesso si può dire che nella seconda metà dell'ottocento i teatri di corte della capitale prussiana cessano dal prevalere artisticamente e anzi, per necessarî riguardi politici, vengono a trovarsi alla retroguardia, mentre d'altra parte divengono sempre più numerose le imprese teatrali private.
La storia della Berlino teatrale moderna comincia con la fondazione del Lessing Theater (1888) che ben presto si meritò il nome di "teatro dei vivi" e di cui fu primo capo Oskar Blumenthal. Nel 1889 - per effetto anche della recente visita del Théätre Libre di Antoine, sorto poco prima a Parigi - maturò a Berlino un'impresa analoga a quella francese. Fu fondato il Teatro Libero, la Freie Bühne. Ebbe primi apostoli un gruppo di giovani allora quasi tutti ignoti, più tardi variamente giunti alla fama: Theodor Wolff (allora critico drammatico, oggi direttore del Berliner Tageblatt), Maximilian Harden (ex attore e già passato al giornalismo politico e polemico con la sua rivista Zukunft), Paul Schlenther (critico teatrale, più tardi direttore del Burgtheater di Vienna), Julius e Heinrich Hart (critici e lirici di avanguardia), S. Fischer (libraio venuto dalla Svezia, ora capo di una grande casa editrice), Otto Brahm, tecnicamente il meglio preparato, che assunse poi l'effettiva direzione della società. Si cominciò con Spettri di Ibsen, interpretati da Agnes Sorma e Emmerich Robert. Il vero inizio rivoluzionario avvenne tuttavia con la tumultuosa prima rappresentazione di Vor Sonnenaufgang, prima opera teatrale di un giovane ignoto, di Gerhart Hauptmann. Così l'89 è considerato l'anno di nascita del naturalismo tedesco, l'anno di rinascita del suo teatro drammatico. Non lunga vita - un paio di anni - ebbe la Freie Bühne; e anche meno durò un'impresa analoga e pur avversaria (la Deutsche Bühne dei naturalisti di Baviera come Alberti, Conradi ecc.). Nel 1890 nacque pure la Freie Volksbühne, con carattere decisamente socialista e operaio, e a questa tenne dietro per nuovo scisma artistico la Neue Freie Volksbühne, voluta da Bruno Wille, Wilhelm Bölsche, Hartleben ecc. La via era ormai libera, l'atmosfera mutata. Passato presto Otto Brahm, geniale direttore, al Lessing Theater, ne fece il centro più notevole non solo per la diffusione dei nordici e dei russi, ma anche per l'affermazione di Hauptmann e di Sudermann, acclamato allora come ardito novatore. Al Lessing Theater toccò pure di ospitare illustri artisti stranieri, p. es. la Duse nella sua prima rivelazione a Berlino. Otto Brahm venne formando un ottimo insieme di attori affiatati, di stile verista nella recitazione, fra cui si possono ricordare Else Lehmann, Rudolf Ritter, Oskar Sauer, Alfred Bassermann ecc. Da allora Berlino è divenuta e riesce a mantenersi tuttora, se non come Parigi unico centro drammatico teatrale del paese, quello che segna e precorre per molta parte le direttive artistiche nazionali.
L'interesse, sul finire del secolo, si andò spostando piuttosto verso i problemi dell'allestimento scenico. Novatore e dittatore in questo campo fu per vent'anni il geniale régisseur Max Reinhardt, il quale, analogamente allo sviluppo della letteratura in quegli anni, creò il quadro scenico neoromantico, restituendo la preponderanza alla fantasia e all'illusione. A lui si debbono vari tenativi ed esperimenti, che vanno dal teatro per le grandi masse (Das Grosse Schauspielhaus) al teatro intimista in piccolo ambiente aristocratico (Kammerspiele e Komödie).
Con queste stesse tendenze, pur variando le forme di attuazione, procede tuttora la vita teatrale. Nel dopoguerra l'espressionismo ha combattuto sulla scena le sue più vive battaglie. Si ricordi p. es. il successo di Wandlung di Ernst Toller nella messa in scena del piccolo teatro sperimentale Die Tribüne. Al venerando teatro di corte (ora Schauspielhaus statale) toccò pure di rinascere a nuova vita per opera d'un geniale régisseur espressionista, Leopold Jessner. Anche più recente e bizzarra è l'audacia novatrice di Erwin Piscator, staccatosi dalla Volksbühne per il proprio estremismo artistico e politico; il quale, valendosi del cinematografo e di altri elementi, tende alla realizzazione d'un teatro ultramoderno con aperte finalità politico-rivoluzionarie.
Berlino ha oggi almeno 25 grandi teatri, fra opera e prosa, in cui si alternano i tentativi artistici e le imprese speculative.
Bibl.: L. Geiger, Berlin 1688-1840, Geschichte des geistigen Lebens, Berlino 1892-95; S. Jacobssohn, Das Theater der Reichshauptstadt, Monaco 1904; H. Stümke, Die Berliner Theater, Berlino 1907, e le opere citate da R. Arnold in Bibliographie der deutschen Bühne seit 1830, 2ª ed., Lipsia 1909.
Musica.
Malgrado la sua importanza come capitale della Prussia, per molto tempo Berlino non ebbe una preminenza sulle altre città tedesche in fatto di musica. Ivi nel sec. XVIII si formò, è vero, una scuola locale che acquistò una sua fisionomia nella composizione dell'Ode e del Lied (v. B. Engelke, Neues zur Gesch. der Berliner Liederschule, in Riemann-Fesischrift, Lipsia 1909, p. 456); ma la tradizione più viva a Berlino fu sempre quella del teatro d'opera. La iniziò poco prima del 1690 Sofia Carlotta, moglie di Federico III, facendo rappresentare melodrammi italiani (l'Ariosti vi fu compositore di corte dal 1697 al 1703) e balletti francesi; ben presto l'amore per il teatro di musica passò dalla corte al popolo.
Oggi Berlino possiede i seguenti principali teatri d'opera: lo Staatsopernhaus, largamente sovvenzionato dallo stato, il primo teatro d'opera della Germania; l'Oper am Königsplatz, più grande del precedente, col quale ha pure legami di scambio di scenarî, ecc.; il Deutsches Opernhaus e la Grosse Volksoper, oltre ad altri cinque teatri minori. Grandi sono le tradizioni del teatro statale dell'opera, per due secoli sottoposto al patronato degli elettori e re di Prussia. Tra i direttori che lo portarono a maggiore altezza vamio annoverati gl'italiani Spontini e Nicolai. Fra gli elementi che concorrono alla prosperità del grande teatro berlinese va messo, subito dopo i cospicui sussidî dello stato e del municipio della città, la cooperazione del Berliner Operverein, vasta associazione che con un ingegnoso sistema può assicurare all'impresa la vendita fissa di un numero costante di posti e, al tempo stesso, una notevole riduzione sul costo dei biglietti ai suoi 6500 soci.
Tuttavia anche nel campo della musica non teatrale Berlino ha una storia molto antica. Pur tralasciando infatti le cappelle di corte degli elettori di Brandeburgo, incontriamo tra le primissime l'orchestra che Federico II affidò alla direzione di Carlo Enrico Graun. Su per giù negli stessi anni (metà del sec. XVIII) veniva fondata una società per esecuzioni di musica (Musikausübende Gesellschaft), cui poco dopo seguiva un'altra consimile istituzione per concerti orchestrali settimanali. Ai primi dell'Ottocento in seno allo Orchester-Verein Berliner Musikfreunde si formò un quartetto ad arco che poté vantare fra i suoi membri Joachim e Mendelssohn. L'orchestra attuale conta 130 componenti, ma altre parecchie ve ne sono, nella città, di considerevole importanza, tra le quali primeggiano la Hoforchester, la Philharmonische Orch. e la Sinfonie Orchester. Né vanno dimenticate le istituzioni che coltivano la musica di speciali forme o periodi.
Moltissime società per concerti di musica da camera e da chiesa completano il quadro dell'attività musicale berlinese. La tradizione corale protestante si è continuata nell'Akademie für Kirchenmusik (fondata nel 1822) che poi si è scissa da una parte nel coro della cattedrale (luterano) e dall'altra in quello di S. Edvige (cattolico). Ma l'istituzione corale più famosa è l'accademia di canto (Singakademie), fondata nel 1790 sotto il titolo di Verein zur Pflege des höheren Chorgesangs, da K. Fr. Chr. Fasch, cui succedette K. Fr. Zelter; nei 32 anni della sua direzione la Singakademie, diede delle esecuzioni memorande. Attualmente ne è direttore il dottor Georg Schumann.
Tra le numerosissime (oltre 70) istituzioni didattiche musicali di Berlino occupa il primo posto la Scuola superiore di musica (Hochschule für Musik), fondata nel 1869. Dallo Joachim che ne fu il primo direttore a Franz Schrecker, che le presiede ora, essa è salita in sempre maggior fama, specialmente per la scuola di direzione d'orchestra, che costituisce una delle dieci specializzazioni offerte agli studenti. Per le biblioteche musicali v. la pagina seguente.
Bibl.: C. Sachs, Musikgesch. der Stadt Berlin bis zum Jahre 1800, Berlino 1909; A. Weissmann, Berlin als Musikstadt, Berlino 1911; A. Lualdi, Viaggio musicale in Europa, Milano 1927, pp. 277-304.
Vita culturale.
L'importanza di Berlino nella storia della vita culturale germanica incomincia con Federico il Grande, quando la città divenne il maggior centro della "Aufklärung" per opera di Nicolai, di Mendelssohn e soprattutto, sebbene solo temporaneamente, di Lessing. Più tardi, alla fine del secolo, il romanticismo l'ebbe, dopo Jena, a sua sede con i fratelli Schlegel, Tieck e Schleiermacher; e durante le guerre napoleoniche, per le vicende stesse della storia del tempo, s'accrebbe ancora maggiormente la sua posizione di preminenza: Fichte vi tenne le Reden an die deutsche Nation, Kleist vi compose le sue tragedie, nel 1809 Wilhelm von Humboldt vi fondava la Friedrich Wilhelm-Universität.
Nel corso del secolo il primato si andò spostando a vantaggio ora dell'una ora dell'altra città; ma fatalmente la formazione dell'unità dell'impero doveva restituirlo alla capitale; e dal naturalismo all'espressionismo, con varia e alternata vicenda, tale situazione s'è venuta a poco a poco consolidando.
Ma già per tutto il sec. XIX l'università ne aveva fatto un centro di studî di grande potenza d'attrazione. Giunta alla fondazione attraverso gravi difficoltà dovute ai tempi e agli uomini, ebbe tra i primi docenti Fichte, Schleiermacher, il filologo Wolf, lo storico Niebuhr, il giurista Savigny, creando così una tradizione che fu in seguito continuata dal Hegel, dal vecchio Schelling, dal vecchio W. Schlegel, da Karl Ritter, dal Ranke, dal Lachmann, dal Bopp. Uomini di scienza, con un nome di risonanza mondiale, la illustrarono anche in seguito, nell'età di Bismarck, come il Mommsen, il Müllenhoff, il Kiepert, il Droysen, il Wattenbach, il Helmholtz, il Kirchhof, il Koch, lo Zeller, il Treitschke. Da questa tradizione, particolarmeute gloriosa negli studî filosofici e storici, e da un ampliato sviluppo dell'insegnamento delle scienze esatte, tale da adeguarsi ai rapidissimi progressi che queste scienze hanno compiuto e stanno compiendo, è nata, con l'evidente ambizione di diventare la grande università non solo prussiana ma germanica, l'università attuale. Con un bilancio che, calcolato in lire italiane, ammonta a circa 40 milioni, con più di 10.000 studenti, più di 150 professori ordinarî e circa 400 altri docenti, appoggiata da oltre un centinaio di istituti sussidiarî, laboratorî, gabinetti, seminarî, da una biblioteca speciale di circa 800.000 fra volumi e dissertazioni, da uno speciale istituto per le lingue orientali con una quarantina di insegnanti, provvede all'educazione negli studî umanistici e scientifici; mentre la Technische Hochschule, con quattro facoltà e speciali sezioni per ingegneria civile, architettura, ingegneria industriale, ingegneria navale, elettrotecnica, chimica, ingegneria mineraria, e con una settantina di istituti e una biblioteca di oltre 200.000 volumi, dà sviluppo agli studî di scienze applicate. Una Landwirtschaftliche Schule, fondata nel 1806; una Tierärztliche Hochschule, fondata nel 1790; e una Handelshochschule con più di 2000 studenti completano il quadro dell'attività accademica. Scuole superiori libere: Hochschule für Politik, Hochschule für nationale Politik, con intendimenti nazionalistici; Hochschule für die Wissenschaft des Judentums; Berliner Verwaltungsakademie (per gli studî di perfezionamento degli impiegati ecc.). Istituti di informazione e propaganda: Akademisches Auskunftsamt Deutsches Institut für Ausländer, nell'università; Zentralinstitut für Erziehung und Unterricht; Bureau für Wissenschaft und Teknich, ecc.). Numerose e fiorenti università popolari agevolano il diffondersi della cultura in più vaste sfere; mentre istituti speciali (Collegium Hungaricum, di fondazione ungherese, Russisches Institut, fondato dagli emigrati, Amerika Institut, per i rapporti con l'America, ecc.) coltivano le relazioni culturali con i paesi stranieri. Istituti statali di ricerca scientifica (Reichsgesundheitsamt; Physikalisch-technische Reichsanstalt, per le ricerche nel campo della fisica e degli strumenti di precisione; Chemisch-technische Reichsanstal.; Telegraphyschtechnisches Reichsamt, Biologische Reichsanstalt für Land-und Forstwirtschaft) dànno incremento agli studî in singoli campi che più interessano le dirette attività dello stato. Particolare sviluppo hanno gl'istituti di medicina, e vasta rinomanza hanno acquistato, fra gli altri, la Kaiser Wilhelm-Akademie, ora assorbita dal Reichsgesundheitsamt, la Sozialhygienische Akademie, il Koch-Institut per le malattie infettive, il Werner-Siemens-Institut für Röntgenforschung, l'Institut fu̇r angewandte Psycologie, ecc.; ma altri fiorenti istituti, ora statali ora autonomi, esistono per ogni ramo di scienza: per la statistica (Statistiches Reichsamt, Institut für Konjunkturforschung), per il diritto (Institut für ausländisches Recht presso il Reichsverband der deutschen Industrie, Rechtsinstitut für Weltverkehr, ecc.), per la storia (direzione dei Monumenta Germaniae historica, fondati nel 1819 dal barone von Stein e diretti allora dal Pertz, assunti poi dall'Accademia delle scienze, e ora dalla direzione della Historische Zeitschrift, fondata dal Sybel nel 1859; direzione dell'Archäo logisches Institut fondato nel 1829 col titolo di "Instituto di corrispondenza archeologica a Roma" ecc.); per la filologia (Gesellschaft für das Studium der neuren Sprachen, fondata nel 1857, pubblica un Archiv.; Deutsche Dante-Gesellschaft, fondata nel 1914, pubblica il Dante-Jahrbuch, ecc.); per la geografia (Gesellschaft für Erdkunde, fondata nel 1828, pubblica la Zeitschrift f. E.), per la storia della musica (Musikgeschichtliche Kommission, pubblica i Denkmäler deutscher Tonkunst); per la storia del teatro (Gesellschaft fu̇r Theatergeschichte, fondata nel 1902, pubblica Schriften d. G. f. T.) ecc. Fra gl'istituti organizzati dal Verband deutscher wissenschaftlicher Körperschaften, alcuni hanno a Berlino la loro sede; ma particolare rilievo merita la Kaiser Wilhelm-Gesellschaft zur Forderung der Wissenschft, che, fondata nel 1911, organizza e finanzia una ventina di istituti, anche in altre città della Germania, soprattutto nel campo delle scienze sperimentali; ad essa si è aggiunta nel dopoguerra la Notgemeinschaft der deutschen Wissenschaft, che con l'assistenza di uno Stifterverband, costituito di rappresentanti dell'industria e della finanza, raccoglie e distribuisce a istituti e a scienziati sovvenzioni per la ricerca scientifica.
A numerose importanti iniziative presiede infine la più antica e autorevole istituzione culturale della città, la Preussische Akademie der Wissenschaften. Fondata nel 1700 da Federico I, su piano di Leibnitz che ne fu il primo presidente, fu aperta nel 1711, con la denominazione di Societas Regia Scientiarum; Federico il Grande la riformò su piani del Maupertuis, allargandone le basi e chiamandovi a farne parte uomini eminenti di Francia e di Germania: egli stesso non disdegnò di assistere alle sedute e di partecipare alla sua attività: vi impose come lingua ufficiale il francese. Fu riorganizzata sulle basi attuali nel 1812, con due classi: scienze fisiche e matematiche e scienze storiche e morali. Pubblica Abhandlungen (fino al 1830 Mémoires) e Sitzungsberichte; ha promosso monumentali edizioni di Federico il Grande, di Kant, di W.v. Humboldt, di W. Dilthey e di un importante commento di Aristotele; partecipa alla direzione della grande edizione critica di Lutero; e provvede fra le altre a queste raccolte: il Corpus inscriptionum etruscarum, il Corpus inscriptonum latinarum (dal 1863), le Inscriptiones graecae (dal 1828), la Prosopographia imperii romani saec. I-III, il Corpus medicorum graecorum, i Griechische christliche Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte, ecc. (v. A. Harnackk, Geschichte der preussischen Akademie der Wissenschaften, Berlino 1910).
Gli archivî del Reich sono a Potsdam (v.); a Berlino si trovano soltanto l'archivio della provincia di Brandeburgo (Geheimes Staatsarchiv) e quelli della Kurmark e della Neumark (Ständische Archiv): il Deutsches Kulturarchiv (dal 1900) è una raccolta di indicazioni bibliografiche e di stampe riguardanti i problemi culturali.
Grande sviluppo hanno le biblioteche. Biblioteche specializzate esistono presso tutti i varî istituti, presso le società scientifiche, presso i singoli ministeri (degna di particolare rilievo è quella del ministero della Guerra con oltre 120.000 volumi, completata dalla Deutsche Heeresbücherei con più di 300.000 volumi e 100.000 carte). La Stadtbibliothek, arricchita da importanti lasciti di biblioteche private, dirige e amministra, oltre a quella della sede centrale, venti biblioteche rionali, con un complesso di mezzo milione di volumi. E fra le maggiori d'Europa è ora la Preussisch e Staatsbibliothek, fondata nel 1659, riordinata e ampliata da Federico il Grande, con la costruzione di un apposito palazzo, sviluppata con carattere nazionale dopo la costituzione dell'impero. Ha un bilancio annuo di circa 9 milioni di lire italiane; possiede oltre 2 milioni di volumi, circa 60.000 manoscritti e 350.000 autografi. È completata da un Gesamtkatalog der preussischen wissenschaftlichen Bibliotheken, nel quale è registrato tutto il materiale librario posseduto dalle 10 biblioteche universitarie della Prussia: i nuovi acquisti sono annualmente pubblicati nel Verzeichnis der von der preussischen Staatsbibliothek und den preussischen Universitätsbibliotheken erworbenen neueren Druckschriften (v. C. Weber, Der Gesamtkatalog der pr. wiss. Bibliotheken, Berlino 1921).
Tra le biblioteche musicali la Königliche Hausbibliothek ha nel suo immenso patrimonio i segueriti cimelî tra i più preziosi: un tropario della prima metà del sec. XI, un volume di Lieder del sec. XV, una intavolatura d'organo del sec. XVI, autografi di Bach (il Clavicembalo ben temperato e la Passione secondo Matteo), Gluck, Haydn (alcune sinfonie), Mozart (Il flauto magico, Sinfonia in do - Jupiter -, Concerto per pianoforte in do min.), Beethoven (Fidelio, Ottava e Nona sinfonia, Schizzi e i Quaderni di conversazione), Weber (Freischütz), Nicolai (Le vispe comari di Windsor); oltre a stampe di O. Petrucci (dal 1502 al 1516) ecc. (cfr. Cäcilia, XXIII; e Monatshefte f. Musikg., 1879).
La biblioteca della Konigl. Hochschule für Musik contiene una vasta letteratura intorno al Lied e al corale, e conserva anche rare opere a stampa dei sec. XVII e XVIII (p. es. La vita umana del Marazzoli, Roma 1658).
Il Joachimthal'sches Gymnasium possiede alcuni mss. originali di Palestrina, Bach, Caldara, Händel, Leo, Vinci, Conti, Galuppi, Hasse, ecc. (v. Eitner, Kat. d. Musik-Samm. d. Hoch-Gymn., Berlino 1884).
Bibl.: Per la vita intellettuale: L. Geiger, Berlin 1688-1840, Geschichte des geistigen Lebens der preussichen Hauptstadt, voll. 2, Berlino 1893-95; A. von Harnack, Geschichte der kgl. preussischen Akademie der Wissenschaften, voll. 3, Berlino 1910; M. Lenz, Geschichte der Universität Berlin, voll. 4, Halle 1910; P. Goldschmidt, Berlin in Geschichte und Gegenwart, Berlino 1910.
Trattati e congressi di Berlino.
Trattato del 2 luglio 1850. - Mise fine alla prima fase del conflitto fra la Confederazione germanica e la Danimarca per i ducati di Schleswig, di Holstein e di Lauenburg, dei quali i due ultimi erano inclusi nella Confederazione germanica. La popolazione era tedesca nel Holstein, nel Lauenburg e nello Schleswig meridionale; danese nello Schleswig settentrionale. Dopo la rivoluzione del 1848 il partito liberale danese voleva unire lo Schleswig al regno, rinunziando al Holstein e al Lauenburg; i Tedeschi volevano invece che anche lo Schleswig entrasse nella Confederazione. I ducati insorsero (marzo 1848), favoriti da volontarî affluiti dalla Germania; le truppe danesi accorsero per soffocare la rivolta, ma furono alla loro volta respinte da quelle prussiane che agivano in nome della Confederazione. Per l'intervento di varie potenze (Francia, Inghilterra, Svezia e Russia) il 26 agosto fu firmato a Malmö un primo armistizio, poi, dopo la ripresa delle ostilità (26 marzo 1849), un secondo armistizio, a Berlino il 10 luglio. Le potenze neutrali intervennero di nuovo e in una conferenza, riunita a Londra, decisero di mantenere l'integrità della monarchia danese come necessaria all'equilibrio europeo. La Prussia firmò il trattato di Berlino del 2 luglio 1850 per cui si impegnò ad abbandonare gl'insorti e a ritirare le sue truppe dai ducati, che furono rioccupati dall'esercito danese.
Congresso e trattato del 1878. - Questo, che fu il più importante e anche il più mondanamente brillante dei convegni diplomatici della seconda metà del secolo, fu convocato per la revisione del trattato di Santo Stefano (v.) del 3 marzo 1878, che la Russia aveva imposto alla Turchia dopo la guerra del 1877-78.
Prima ancora che fosse firmato il trattato di Santo Stefano, il quale liquidava quasi completamente la Turchia europea e portava l'influenza russa fino alle soglie dell'Adriatico, si era manifestato un vivissimo malcontento in Inghilterra e in Austria-Ungheria. Quest'ultima, temendo una flagrante violazione della convenzione segreta austro-russa del 15 gennaio 1877, secondo cui la Monarchia s'era impegnata a rimanere neutrale, contro il diritto di occupare e di annettersi la Bosnia-Erzegovina e a condizione che i mutamenti da introdurre nei Balcani fossero preventivamente concordati fra le due potenze, fin dagli ultimi giorni di gennaio faceva dichiarare a Pietroburgo che non avrebbe riconosciuto la validità di nessun trattato russo-turco, il quale modificasse lo stato di cose creato dal trattato di Parigi (1856) e il protocollo di Londra (1871), senza la partecipazione di tutte le potenze firmatarie di tali atti; a Berlino faceva dire che vedeva solo due vie d'uscita, la guerra con la Russia o una conferenza da tenersi preferibilmente a Vienna, oppure a Berlino. Bismarck era poco favorevole alla riunione di una conferenza a Berlino, perché prevedeva che lo avrebbe esposto molto, mentre la Germania non era direttamente interessata nei Balcani. Tuttavia quando Gorčakov disse che avrebbe accettato la conferenza a Berlino, ma non a Vienna o a Londra, il cancelliere tedesco, il quale voleva ad ogni costo mantenere la pace e l'isolamento diplomatico della Francia, iniziò una larga opera di conciliazione e dichiarò al Reichstag (19 febbraio) che la Germania avrebbe fatto la parte, non dell'arbitro, ma dell'"onesto sensale, che combina veramente gli affari". Il governo inglese accettò (8 marzo) la scelta di Berlino, a condizione che tutte le clausole del trattato di Santo Stefano fossero esaminate; la Russia non acconsentì a questa esigenza e una rottura sembrava inevitabile: l'Inghilterra cominciò a mobilitare. Bismarck intervenne di nuovo, proponendo che la flotta britannica, entrata nel Mar di Marmara, fosse richiamata nel golfo di Saros, e le truppe russe anche congruamente allontanate da Costantinopoli. Mentre fra Londra e Pietroburgo si stabiliva, con gran fatica, un accordo su queste basi, anche la situazione generale si rasserenava. Sempre con l'assistenza del cancelliere tedesco, tre separati accordi confidenziali si stabilivano fra Austria-Ungheria e Russia, fra Inghilterra e Russia, fra Austria-Ungheria e Inghilterra. Solo questi preliminari accordi confidenziali resero possibile la convocazione del congresso, il quale in gran parte si limitò a prenderne atto e a tradurli in articoli del trattato.
Sicuro di aver eliminato tutte le difficoltà principali, Bismarck si decise a fare gl'inviti ufficiali. I varî governi accettarono: quello francese, nella sua risposta, rinnovò la riserva, già formulata nelle trattative verbali, che non si discutessero questioni estranee alla pace russo-turca, specie quelle dell'Egitto, della Siria e dei Luoghi Santi (prima aveva accennato anche a Tunisi).
Il 4 giugno, cinque giorni dopo la conclusione dell'accordo preliminare con la Russia, a cui consentiva di lasciare Batum, Ardahan e Kars, l'Inghilterra concludeva con la Sublime Porta una convenzione, mediante la quale s'impegnava a unirsi a essa per difendere i territorî in questione, qualora la Russia li conservasse, o altri territorî della Turchia asiatica di cui la Russia volesse impadronirsi. Per facilitare l'adempimento di quest'obbligo il sultano autorizzava l'Inghilterra a occupare e ad amministrare l'isola di Cipro. Un annesso stabiliva che, qualora la Russia restituisse alla Turchia Kars e le altre conquiste fatte in Armenia, la convenzione decadrebbe e l'Inghilterra sgombrerebbe Cipro.
Il congresso di Berlino cominciò i suoi lavori il 13 giugno sotto la presidenza di Bismarck, che aveva come colleghi nella delegazione tedesca Bernardo Ernesto di Bülow, segretario di stato per gli affari esteri, e il principe di Hohenlohe-Schillingfürst, ambasciatore a Parigi. Le altre rappresentanze erano così costituite: Russia: principe Gorčakov, cancelliere, esasperato di aver dovuto abbandonare molte delle sue primitive pretese; conte Pietro Šuvalov, ambasciatore a Loudra, uomo prudente e conciliante, a cui si doveva in gran parte se si era evitata una guerra anglo-russa; Paolo d'Ubril, ambasciatore a Berlino; Inghilterra: lord Beaconsfield (Beniamino Disraeli), primo ministro; lord Salisbury, successo a lord Derby l'8 marzo; lord Odo Russell, ambasciatore a Berlino; Austria-Ungheria: conte Giulio Andrássy, ministro degli affari esteri; conte Luigi Károlyi, ambasciatore a Berlino; barone Enrico di Haymerle, ambasciatore presso il governo italiano; Italia: conte Luigi Corti, ministro degli Affari esteri nel gabinetto Cairoli, costituitosi soltanto il 24 marzo 1878; conte de Launay, ambasciatore a Berlino; Francia: Guglielmo Waddington, ministro degli affari esteri; conte di Saint-Vallier, ambasciatore a Berlino; Felice Desprez, direttore degli affari politici al Ministero degli affari esteri; Turchia: Carathéodory pascià, ministro dei Lavori pubblici; Meḥemet‛Alī pascià, mushīr (maresciallo) dell'esercito; Sadullāh bey, ambasciatore a Berlino.
Aggiornata, su proposta francese, la questione delle pretese greche, appoggiate dall'Inghilterra, si passò alla discussione circa la Bulgaria che durò dal 22 al 26 giugno; la Russia dovette cedere in gran parte dinnanzi allo sforzo combinato dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria. La questione della Bosnia-Erzegovina fu sollevata il 28 dall'Andrássy, il quale rappresentò l'urgenza di ristabilirvi l'ordine; Salisbury propose che la Monarchia fosse incaricata d'occuparla; Corti, imbarazzato, chiese ad Andrássy se fosse in grado di fornire qualche spiegazione ulteriore, dal punto di vista dell'interesse generale dell'Europa; il ministro austro-ungarico rispose ch'egli nutriva la speranza, anzi la convinzione che il punto di vista europeo, a cui s'era ispirato il gabinetto di Vienna, non sarebbe stato apprezzato dal governo italiano meno che dagli altri d'Europa; Gorčakov aderì; i Turchi protestarono, ma furono bruscamente ridotti al silenzio da Bismarck. Fu riconosciuta l'indipendenza della Serbia e del Montenegro; le modificazioni territoriali andarono a beneficio dell'Austria-Ungheria, la quale, malgrado le rimostranze italiane, ottenne anche il comune di Spizza. I delegati greci fecero cattiva impressione per le loro pretese esagerate (Albania, Epiro, Creta e Tessaglia): furono appoggiati specialmente dalla Francia e dall'Italia e non ottennero che una promessa di rettifica di frontiera. L'indipendenza della Romania fu anche riconosciuta senza difficoltà: invece la questione della retrocessione della Bessarabia, combattuta da Andrássy e da lord Beaconsfield, diede luogo a vivaci dibattiti, a cui furono ammessi anche i delegati rumeni (1° luglio). Il congresso si occupò poi della questione del Danubio, dell'indennità di guerra imposta dalla Russia alla Turchia, della protezione dei cristiani nell'impero ottomano. Il 6 luglio fu risolta, secondo l'accordo preliminare anglorusso, la questione delle cessioni territoriali in Asia Minore; l'8, l'Inghilterra, oramai sicura del fatto suo, pubblicò la convenzione con la Turchia del 4 giugno, ma si rifiutò di portarla dinanzi al congresso, in cui aveva prodotto viva emozione. Prima della fine dei lavori, che ebbe luogo il 13 luglio con la firma del trattato, Gorčakov cercò di ottenere qualche garanzia circa "i principî ed i modi con cui il congresso intendeva assicurare l'esecuzione delle sue decisioni": ma, dopo una discussione animata di tre giorni, non si concluse nulla.
Il trattato di Berlino costituì la Bulgaria in principato autonomo e tributario, sotto l'alta sovranità del sultano, con un governo cristiano e una milizia nazionale (art. 1°). Il territorio del principato era limitato a nord dal Danubio, dalla frontiera serba fin presso Silistria; la frontiera andava poi al Mar Nero, lasciando Silistria e Mangalia alla Romania; dal mar Nero, a sud, seguiva la catena del Gran Balcano, ma scendeva poi verso sud, lungo la linea di displuvio dei bacini della Maritza e dell'Isker, comprendendo il distretto di Sofia e l'alta valle della Struma; raggiungeva di nuovo la frontiera serba, comprendendo Kustendil (art. 2). Il principe di Bulgaria doveva essere liberamente eletto dal popolo e confermato dal sultano col consenso delle potenze (art. 3). Finché non fosse stabilito il nuovo regime (artt. 4 e 5), l'amministrazione provvisoria veniva assunta, per un periodo non superiore a nove mesi, da un commissario imperiale russo, assistito dai consoli delle altre potenze (artt. 6 e 7). Tutte le truppe turche dovevano essere ritirate dalla Bulgaria (art. 11).
Al sud della catena dei Balcani si costituiva una provincia, denominata "Rumelia orientale", che restava sotto l'autorità politica e militare diretta del sultano, con un'autonomia amministrativa e un governatore generale cristiano (art. 13). Essa comprendeva, sul Mar Nero, tutto il golfo di Burgas e nell'interno il bacino della Maritza fin presso al confluente di questo fiume con la Tungia, in modo da escludere Adrianopoli (art. 14). Il governatore generale doveva essere nominato per cinque anni dal sultano col consenso delle potenze (art. 17). Il nuovo ordinamento della Rumelia orientale doveva essere attuato da una commissione europea (art. 18). La Russia poteva, per non più di nove mesi, tenere in Bulgaria e in Rumelia orientale truppe fino a 50.000 uomini, conservando le comunicazioni anche attraverso la Romania (articolo 22).
La Turchia si impegnava ad applicare a Creta il regolamento organico del 1868 e ad introdurre analoghe riforme negli altri suoi territori europei (art. 23).
La Bosnia e l'Erzegovina dovevano essere occupate e amministrate dall'Austria Ungheria, la quale si riservava anche il diritto di tenere guarnigioni e di avere strade militari e commerciali nel Sangiaccato di Novi-Bazar (fin oltre Mitrovitza), di cui la Turchia conservava l'amministrazione (art. 25).
Si riconosceva l'indipendenza del Montenegro (art. 26), il cui territorio veniva considerevolmente aumentato da tutte le parti, avendo come frontiera da nord-ovest a sud-est il fiume Tara e raggiungendo a Plavnitza il lago di Scutari (art. 28). Antivari ed il suo litorale venivano annessi al Montenegro, ma Spizza veniva incorporata alla Dalmazia; il Montenegro non poteva aver navi da guerra e l'Austria-Ungheria era incaricata di esercitare la polizia marittima e sanitaria sulle sue acque territoriali (art. 29).
Le potenze riconoscevano l'indipendenza del principato di Serbia (art. 34), il cui territorio verso sud comprendeva, oltre al distretto di Nisch, quasi tutto il bacino della Morava (art. 36); esse riconoscevano inoltre l'indipendenza della Romania (art. 48), la quale retrocedeva la parte di Bessarabia ricevuta col trattato di Parigi del 1856 (art. 45) e otteneva invece le isole del Delta del Danubio, il Sangiaccato di Tulcea e la Dobrugia fino a una linea che comprendeva Mangalia ed escludeva Silistria (art. 47). Tanto per la Bulgaria (art. 5) quanto per la Serbia (art. 35) e per la Romania (art. 44) veniva stabilito che la diversità di credenza religiosa o di confessione non poteva essere, per nessun cittadino, motivo d'esclusione o d'incapacità per ciò che riguarda i diritti civili e politici, l'ammissione agli uffici pubblici, l'esercizio delle professioni o delle industrie: per la Romania si aggiungeva che i cittadini di tutte le potenze estere dovevano essere trattati sul piede di perfetta eguaglianza, senza distinzione di religione.
Tutte le fortezze sul Danubio, dalle Porte di ferro alla foce, dovevano essere demolite per aumentare le garanzie della libera navigazione (art. 52): la commissione europea del Danubio, di cui la Romania entrava a far parte, era mantenuta e doveva esercitare le sue funzioni fino a Galatz con completa indipendenza dalle autorità territoriali (art. 53).
La Turchia cedeva alla Russia, in Asia, i territori di Ardahan, Kars e Batum (art. 58), di cui lo zar dichiarava di voler fare un porto franco, essenzialmente commerciale (art. 59). La valle d'Alashkert e la città di Bāyazīd erano restituite alla Turchia, la quale cedeva alla Persia il territorio di Khotur (art. 60).
La Sublime Porta s'impegnava a introdurre riforme a favore degli Armeni e a garantire la sicurezza di questi contro i Circassi e i Curdi (art. 62). Essa esprimeva la volontà di mantenere il principio della libertà religiosa nella sua più larga estensione; gli ecclesiastici, i pellegrini ed i monaci di tutte le nazionalità, che viaggiassero nella Turchia d'Europa o d'Asia, dovevano godere gli stessi diritti, vantaggi e privilegi; il diritto di protezione ufficiale era riconosciuto agli agenti diplomatici e consolari delle potenze in Turchia tanto a favore delle persone quanto degli stabilimenti religiosi, di beneficenza ecc.; era fatta riserva dei diritti acquisiti della Francia, e precisato che nulla poteva esser fatto contro lo statu quo nei Luoghi Santi; i monaci del Monte Athos erano mantenuti nei loro possessi e vantaggi con eguaglianza assoluta di diritti e privilegi, quale che fosse il loro paese d'origine (art. 62).
La Francia aveva chiesto che il congresso non si occupasse di questioni estranee alla pace russo-turca, fra cui aveva citato quelle dell'Egitto e di Tunisi. Formalmente il suo desiderio era stato rispettato; ma, dietro le quinte, le cose erano andate altrimenti. Non è dubbio che, fino da allora, Bismarck non solo fece intendere all'Inghilterra che l'avrebbe lasciata libera di accaparrarsi l'Egitto, ma la spinse ad agire cercando di vincere le riluttanze del gabinetto di Londra, il quale si preoccupava dei gravi sacrifici finanziarî necessarî e del prevedibile risentimento della Francia. Quanto a Tunisi, il Waddington ha affermato di aver avuto libertà d'azione dall'Inghilterra, mediante una stipulazione segreta, durante il congresso e per quanto, da fonte francese, si sia spesso negato che Bismarck avesse dato incoraggiamenti nello stesso senso, è probabile che il cancelliere abbia almeno fatto capire che non avrebbe sollevato obbiezioni. Certo è che il 18 luglio 1878, pochi giorni dopo la chiusura del congresso, il conte de Launay telegrafava a Roma di vigilare a Parigi per "eventuali combinazioni, che si riferivano alla Tunisia". D'altra parte, durante il congresso, il Bülow aveva detto al Corti: "Perché non prendete Tunisi?"
L'esito del congresso di Berlino produsse umiliazione e malcontento in Italia e provocò nel dicembre la caduta del gabirietto Cairoli, da cui il Corti si era già ritirato. Esso, però, più che all'opera dei rappresentanti dell'Italia durante il congresso medesimo, fu dovuto alla politica incerta e contraddittoria dei due precedenti ministeri di sinistra, presieduti dal Depretis, all'indisciplina e alla mancanza d'orientamento dell'opinione pubblica, la quale, all'infuori di ogni obbiettivo esame della situazione, si era illusa di poter ottenere allora dall'Austria-Ungheria la cessione del Trentino e forse anche di altre regioni italiane. Lo stesso Crispi aveva respinto, come insufficiente, la proposta di Bismarck che l'Italia prendesse l'Albania, in compenso degli acquisti territoriali delle altre potenze.
Bibl.: A. Debidour, Histoire diplomatique de l'Europe du congrès de Vienne au congrès de Berlin, Parigi 1890; Die grosse Politik der europäischen Kabinette, II: Der Berliner Kongress, Berlino 1927; R. Bonghi, Il Congresso di Berlino e la crisi d'Oriente, Milano 1878; Fr. Crispi, Politica estera, Milano 1912; E. C. Corti delle Catene, Il conte Corti al Congresso di Berlino, nella Nuova Antologia, 16 aprile 1925; M. Rosi, Il Congresso di Berlino e Benedetto Cairoli, in Bollettino dell'Ufficio storico del Corpo di stato maggiore, 1 maggio 1927.
Conferenza del 1884-85. - Fu provocata dall'attività coloniale delle potenze europee in Africa, e specialmente nel bacino del Congo, durante il periodo che seguì il congresso di Berlino del 1878. La politica inglese era guardata con preoccupazione, su questo terreno, dalla Germania e dalla Francia, che elevarono vivaci proteste quando il 26 febbraio 1884 il gabinetto di Londra concluse col Portogallo un trattato, poi lasciato cadere, secondo cui riconosceva le pretese di quest'ultimo sui territorî situati a nord della colonia d'Angola, mentre si stabiliva un diritto collettivo anglo-portoghese di polizia e di controllo sul corso inferiore del Congo. Bismarck propose allora la riunione di una conferenza internazionale e ne preparò il programma insieme con la Francia, di cui favoriva i grandiosi progetti di espansione coloniale, sperando così non solo di metterne a tacere le rivendicazioni sull'Alsazia-Lorena, ma anche di farsene un'alleata.
La conferenza si riunì a Berlino il 15 novembre 1884; vi parteciparono la Germania, l'Austria-Ungheria, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, la Russia, gli Stati Uniti, la Turchia, la Spagna, il Belgio, la Danimarca, i Paesi Bassi, il Portogallo, la Svezia e la Norvegia; fu presieduta da Bismarck. Prima che essa si riunisse (8 novembre) la Germania aveva riconosciuto "l'Associazione internazionale del Congo", costituitasi a Bruxelles nel 1882 per la colonizzazione dei territorï sulla riva sinistra del fiume; durante i lavori la riconobbero l'Inghilterra (16 dicembre), l'Italia (19), l'Austria-Ungheria (24), i Paesi Bassi (27), la Spagna (7 gennaio 1885), la Francia e la Russia (5 febbraio), il Portogallo (14 febbraio).
Le discussioni durarono oltre tre mesi e condussero all'approvazione delle sei seguenti dichiarazioni consacrate dall'atto finale del 26 febbraio 1885:
a) Libertà di commercio nel bacino del Congo e nei paesi attinenti. - Siccome il bacino naturale del Congo, che si sviluppa molto, all'interno, fino a raggiungere una larghezza di 21 gradi di latitudine, ha soltanto uno sbocco sulla costa atlantica di appena due gradi, l'Inghilterra chiese che la libertà di commercio fosse estesa anche alle regioni attinenti. Per la costa dell'Oceano indiano non vi furono difficoltà; si comprese nel bacino "convenzionale" del Congo un tratto di ben 23 gradi dalla Somalia (a sud di Obbia) fino alle foci dello Zambese. Per la costa occidentale s'incontrarono resistenze da parte della Francia che non voleva sottomettersi ad una servitù per la sua colonia del Congo: si finì per comprendere nel bacino convenzionale un tratto di cinque gradi fra Sette Camma al nord e la foce del Loge al sud.
b) Tratta degli schiavi. - I territorî costituenti il bacino convenzionale del Congo non possono servire di mercato o di via di transito per la tratta.
c) Neutralità del bacino del Congo. - La proposta primitiva era di dichiarare la neutralità obbligatoria di tutto il bacino convenzionale, in caso d'una guerra, in cui fosse implicata una potenza sovrana o protettrice di un territorio, compreso nel bacino. Ma la Francia si oppose e si stabilì quindi soltanto che le potenze firmatarie rispetterebbero la neutralità di quelle parti del bacino, per cui la potenza sovrana o protettrice si dichiarasse neutrale e adempisse ai doveri della neutralità. L'Italia e gli Stati Uniti avevano inoltre proposto che per le controversie, sorte nel bacino, fosse obbligatorio l'arbitrato, ma gli altri stati non consentirono; si dichiarò soltanto che, prima di ricorrere alle armi, le potenze interessate dovessero invocare la mediazione di una o più altre potenze amiche, e che l'arbitrato fosse facoltativo.
d) Navigazione del Congo. - Fu applicato il principio della libertà di navigazione, anche in tempo di guerra, con esenzione da ogni tassa, all'infuori di quelle necessarie per i lavori a incremento della navigazione. Fu istituita una commissione internazionale per assicurare l'esecuzione delle disposizioni circa la libera navigazione del Congo.
e) Navigazione del Niger. - Fu proclamata la libertà di navigazione. La Germania avrebbe voluto costituire per il Niger una commissione internazionale, simile a quella per il Congo, ma l'Inghilterra si oppose; è stabilito quindi che l'Inghilterra e la Francia si impegnino, ciascuna per il tratto di territorio che la riguarda, a prendere i provvedimenti necessarî per assicurare la libertà di navigazione.
f) Condizioni da adempiere perché le nuove occupazioni sulle coste del continente africano siano considerate effettive. - Vi furono vivaci discussioni fra le potenze che avevano già larghi possessi in Africa, e quelle che ne erano prive, fra cui in primo luogo l'Italia e gli Stati Uniti; ma le prime prevalsero. Si escluse ogni obbligo per le occupazioni avvenute in passato e per quelle, anche future, nell'interno; si stabilì soltanto che la potenza che in avvenire prendesse possesso di un territorio sulle coste o vi assumesse un protettorato, dovesse fare una notificazione alle altre potenze firmatarie, per dar loro modo di formulare gli eventuali reclami. Le pootenze occupanti (non però in caso di protettorato) hanno l'obbligo di costituire un'autorità sufficiente per far rispettare i diritti acquisiti nonché la libertà di commercio e di transito, nelle condizioni in cui sia stata eventualmente pattuita.
Bibl.: E. L. Catellani, Le colonie e la conferenza di Berlino, Torino 1885; A. Debidour, Histoire diplomatique de l'Europe depuis le Congrès de Berlin, I e II, 2ª ed., Parigi 1918; E. Bourgeois, Manuel historique de politique étrangère, Parigi 1927, IV.