Bilanci di famiglia, analisi dei
Lo studio dei bilanci di famiglia ha due secoli di vita. Essi trovano, infatti, un primo impiego, nella seconda metà del 1700, nelle analisi relative alla situazione economico-sociale di particolari categorie di cittadini del filosofo ed economista italiano Antonio Genovesi (v., 1766-1767) e costituiscono la principale fonte di notizie sulla storia delle classi lavoratrici negli studi del sociologo inglese Frederik Morton Eden (v., 1797); vengono poi utilizzati come strumento di conoscenza delle condizioni di vita delle classi operaie, nei diversi paesi europei, nelle indagini avviate, coordinate e pubblicate dall'ingegnere e uomo d'affari francese Frédéric Le Play (v., 1890); diventano infine oggetto di ricerca per l'individuazione di regolarità statistiche nel comportamento di spesa delle famiglie, per classi di reddito, con lo statistico economico tedesco Ernst Engel (v., 1887).
In Italia le indagini sui bilanci di famiglia trovano un primo, diffuso impiego nel 1857 quando, per incarico dello stesso Le Play, vengono effettuate da Ubaldino Peruzzi per analizzare le condizioni economiche delle famiglie dei mezzadri toscani e quando, nei successivi anni 1878-1879, vengono introdotte dall'allora Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio (v., 1882) per rilevare le condizioni di vita delle famiglie coloniche.
Malgrado questa lunga esperienza, sia in Italia sia negli altri paesi industrialmente avanzati le indagini sui bilanci di famiglia non hanno conosciuto lo sviluppo che si è registrato nelle altre discipline economico-sociali. Tale ritardo sembra trovare una sua valida motivazione nel fatto che i bilanci di famiglia sono stati nel tempo ritenuti uno strumento valido per effettuare prevalentemente indagini di campo e, quindi, per descrivere in termini analitici aspetti circoscritti della fenomenologia economico-sociale, per di più riferita a una dimensione territoriale alquanto limitata.
È a partire dalla seconda metà degli anni sessanta che le indagini sui bilanci di famiglia assumono una crescente importanza nelle analisi e negli studi di natura economica e sociale, sia in Italia sia nei principali paesi industrializzati, tra cui in particolare quelli della Comunità Economica Europea (v. CECA, 1960). In questi anni, infatti, l'indagine viene effettuata, in tali paesi, non più episodicamente, ma con continuità temporale; viene riferita non più a qualche singola zona o comune, ma all'intero territorio nazionale; vengono rilevati elementi e caratteri atti a descrivere non più uno specifico aspetto delle condizioni di vita di questo o quel gruppo di individui, ma il comportamento economico dell'operatore 'famiglie' in uno dei fondamentali momenti del circuito del reddito, qual è quello della destinazione (impiego) del reddito disponibile in consumo o risparmio.
In Italia, infatti, vengono intervistate 3.200 famiglie ogni mese; in Belgio 2.550 famiglie, le quali effettuano la compilazione del questionario per tutti i giorni dell'anno; nella Repubblica Federale Tedesca 50.000 famiglie sono tutte tenute alla registrazione dei propri bilanci per trenta giorni mentre, per i rimanenti 335 giorni dell'anno, un numero ridotto di 15.000 famiglie effettua la compilazione dei bilanci adottando una classificazione meno analitica delle varie voci di spesa e di reddito; in Gran Bretagna sono 10.400 le famiglie rilevate per tutto l'anno; negli Stati Uniti l'indagine viene effettuata con due distinti campioni che interessano complessivamente 50.000 famiglie. In Francia, invece, l'indagine è ripetuta ogni quattro anni per un biennio e riguarda 11.000 famiglie rilevate per 10 giorni.
Col tempo, inoltre, è divenuto sempre più intenso, soprattutto nei paesi della Comunità Economica Europea, il lavoro di approfondimento dei contenuti delle voci di spesa e di reddito registrate sui libretti e sui questionari utilizzati per la rilevazione. Si tratta di un lavoro di estrema importanza e delicatezza perché, con l'accrescimento del grado di comparazione delle indagini sui bilanci di famiglia dei vari paesi, diviene possibile effettuare più valide analisi intorno al modello comportamentale delle famiglie di paesi che, quanto a tradizioni, a caratteristiche territoriali, a grado di sviluppo economico e sociale, sono fra loro significativamente differenti (v. OECD, 1981).
È in questi ultimi anni, dunque, che attraverso le indagini e le analisi sui bilanci di famiglia viene chiaramente, e correttamente, emergendo che non è più l'individuo né, tanto meno, l'astratto homo oeconomicus l'unità decisionale nella determinazione delle funzioni del consumo e del risparmio, ma il nucleo familiare nelle sue caratterizzazioni quali-quantitative e nei suoi riferimenti territoriali (v. ISTAT, 1960).
L'unità di rilevazione è la famiglia, definita come l'insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela, o da vincoli affettivi, che normalmente coabitano e provvedono al soddisfacimento dei loro bisogni mediante la messa in comune di tutto o parte del loro reddito da lavoro o patrimonio. Sono considerate facenti parte della famiglia, come membri aggregati di essa, tutte le persone che, a qualsiasi titolo, convivono abitualmente con la famiglia stessa (v. ISTAT, 1987, p. 8). Dalla rilevazione sono dunque escluse le convivenze, come le caserme, gli ospedali, i brefotrofi, gli istituti religiosi.
Il campo della rilevazione, nel passato, era costituito essenzialmente dai consumi effettuati dalle famiglie, cioè dall'ammontare dei beni e servizi acquistati o consumati per soddisfare i bisogni dei singoli componenti la famiglia. In esso rientravano anche i consumi di beni e servizi forniti dal datore di lavoro a titolo di salario nonché i fitti figurativi delle abitazioni di proprietà di uno dei membri della famiglia o godute per prestazione dei servizi. Oggi, accanto alla rilevazione più o meno particolareggiata dei beni e servizi destinati al consumo, nell'indagine sui bilanci di famiglia vengono richieste altre informazioni caratterizzanti il comportamento del nucleo familiare. In particolare, vengono rilevate: a) la composizione per sesso ed età dei componenti la famiglia; b) la condizione professionale o non professionale di ciascun membro della famiglia; c) la natura e l'origine dei mezzi di sostentamento della famiglia; d) indicazioni, con crescente accentuazione in questi ultimi anni, intorno all'ammontare del reddito e del risparmio familiare; e) informazioni sull'abitazione e sul possesso di beni durevoli di consumo.
L'indagine sui bilanci di famiglia è di natura campionaria, per l'impossibilità tecnico-statistica di estendere la rilevazione alla totalità delle famiglie esistenti entro i confini nazionali. Con un siffatto sistema di rilevazione il primo problema che si pone è di costruire un campione di famiglie da intervistare che risulti rappresentativo dell'universo delle famiglie.
In Italia la rilevazione è effettuata dall'Istituto Centrale di Statistica e dalla Banca d'Italia. Il campione adottato dall'ISTAT è a due stadi: nel primo vengono scelti i comuni, nel secondo le famiglie da intervistare (v. ISTAT, 1987; v. Banca d'Italia, 1987).
La scelta dei comuni prevede che tutti i comuni capoluogo di provincia o con una popolazione di almeno 50.000 abitanti facciano parte di ogni rilevazione (si tratta in pratica di 144 comuni); tra tutti i rimanenti comuni viene costruito un campione di 390 unità, ripartito in tre sottogruppi di 130 unità ciascuno. Il primo è costituito dai comuni in cui l'indagine viene effettuata nel primo mese di ciascun trimestre, e cioè in gennaio, aprile, luglio, ottobre; il secondo sottogruppo, dai comuni in cui l'indagine si effettua nel secondo mese (febbraio, maggio, agosto, novembre); il terzo, dai comuni in cui si effettua la rilevazione nel terzo mese (marzo, giugno, settembre e dicembre).
Attualmente le famiglie intervistate in Italia sono, come abbiamo detto, 3.200 ogni mese, corrispondenti a 38.400 l'anno; esse partecipano all'indagine per un solo mese e la scelta viene effettuata mediante estrazione sistematica dall'anagrafe comunale di una prefissata percentuale.
Per quanto riguarda il nostro paese, i risultati dell'indagine campionaria, riferiti ad ambiti comunali, vengono estesi a dimensioni territoriali sempre più ampie mediante opportuni coefficienti.
A tal fine le famiglie del campione sono stratificate in relazione alla condizione socioeconomica del capofamiglia; se in condizione professionale, secondo la posizione nella professione: imprenditori e liberi professionisti, lavoratori in proprio, dirigenti e impiegati, operai e assimilati, distintamente per i settori dell'agricoltura, dell'industria e delle attività terziarie; se in condizioni non professionali, secondo la natura del mezzo principale di sostentamento: pensione o altro mezzo. Ciascuna famiglia di ciascuno strato viene analizzata, inoltre, secondo il numero dei componenti (fino a 6 e più componenti).
Il riporto all'universo dei risultati del campione ha luogo con periodicità mensile nell'ambito regionale, separatamente per i comuni capoluoghi di provincia e con popolazione superiore a 50.000 abitanti (gruppo A) e per i restanti comuni (gruppo B), utilizzando due sistemi di coefficienti di ponderazione ottenuti in due fasi successive.
Nella prima fase si determina - per ciascuna regione j-ma e, nell'ambito di questa, per ciascun gruppo di comuni - il coefficiente ci(j) per ogni strato i-mo, definito da:
,
in cui Pi(j) rappresenta, per la j-ma regione e lo strato i-mo, il numero dei componenti delle famiglie dell'universo e pi(j) il numero dei componenti delle famiglie del campione.
Le famiglie dell'universo relative allo strato i-mo, alla regione j-ma, di s componenti, Fis(j), sono ottenute moltiplicando il numero delle famiglie di s componenti del campione, fis(j), per il coefficiente ci(j). La somma del numero delle famiglie di s componenti, estesa a tutti gli strati i, rappresenta quindi una stima, F.s(j), del numero complessivo delle famiglie di s componenti della regione j-ma.
Dato il numero limitato di famiglie del campione, la distribuzione delle famiglie secondo il numero dei componenti generalmente non presenta lo stesso profilo riscontrabile nella realtà regionale. Di conseguenza, il riporto delle famiglie campione all'universo attraverso il coefficiente unico di strato ci(j) tende a fornire risultati distorti.In termini operativi ciò emerge dal fatto che per le famiglie di s componenti la stima relativa all'intera regione, F.s(j), non coincide con il numero delle famiglie di s componenti, F.s(j), che effettivamente vivono nella regione.
Di qui la necessità di un ulteriore coefficiente correttivo che, per la regione j-ma e per le famiglie di s componenti, è dato da:
Il definitivo riporto all'universo delle famiglie di s componenti, dello strato i-mo e della regione j-ma è ricavato moltiplicando il coefficiente C.s(j) per il numero delle famiglie Fis(j) ottenuto nella prima fase. Esso pertanto è dato da:
Con riferimento all'indagine eseguita in Italia nel 1985 (v. tab. I), si ha che il 62,5% delle famiglie intervistate ha il capofamiglia occupato e il 37,5% in altre condizioni (v. ISTAT, 1987). Nel primo gruppo è prevalente il numero delle famiglie con il capofamiglia occupato in attività terziarie: 35,4%, contro il 20,9% con capofamiglia occupato nell'industria e il 6,2% nell'agricoltura. Sia il reddito e la spesa familiare sia il reddito e la spesa per componente (o pro capite) delle famiglie del terziario risultano più elevati rispetto alle corrispondenti voci delle famiglie con capofamiglia occupato nelle attività agricole e industriali. Inoltre le famiglie con capofamiglia che esercita un'attività lavorativa dipendente presentano reddito e consumi più bassi di quelle con capofamiglia indipendente.
Mentre il reddito familiare cresce al crescere del numero dei componenti la famiglia, quello per componente, invece, decresce. Ciò si spiega tenendo presente che nelle famiglie più numerose risulta più elevato il numero dei componenti che partecipano a un'attività lavorativa, partecipazione, però, che si registra, mediamente, a condizioni di reddito via via più basse.Il profilo del reddito familiare è fortemente differenziato territorialmente: a un reddito per componente di 718.000 lire mensili della famiglia che vive nell'Italia settentrionale, corrisponde nell'Italia centrale un reddito per componente di 632.000 mensili e di 479.000 nell'Italia meridionale.
La crescita del reddito e della spesa è fortemente correlata al crescere del grado di istruzione del capofamiglia: il reddito per componente della famiglia con capofamiglia senza alcun titolo di studio è, infatti, pari a 499.000 lire mensili; quello della famiglia con il capofamiglia in possesso di laurea di 909.000 lire.
Anche l'età del capofamiglia influenza il reddito e la spesa pro capite delle famiglie. Quando il capofamiglia ha un'età inferiore ai 30 anni, il reddito pro capite risulta più elevato di quello che si registra nelle famiglie con capofamiglia di età fra i 31 e i 65 anni e di poco inferiore al reddito pro capite delle famiglie con capofamiglia che ha un'età superiore ai 65 anni. Tale andamento trova una spiegazione nel fatto che, quando il capofamiglia è giovane, il numero dei componenti la famiglia è ridotto; questo numero tende a crescere al crescere dell'età del capofamiglia, per ridursi quando essa supera i 50 anni.
L'estensione a tutto il territorio nazionale della rilevazione dei bilanci di famiglia, effettuata con continuità temporale sia dall'ISTAT sia dalla Banca d'Italia, attraverso un campione di famiglie rappresentativo dell'universo, ha permesso e permette di ottenere risultati e informazioni statistiche in parte già oggi in fase di ampia utilizzazione e in parte suscettibili di ulteriori, promettenti sviluppi.
I. I risultati dell'indagine sui bilanci di famiglia trovano una prima utilizzazione in sede di valutazione dei consumi privati nella contabilità nazionale. In questa sede, infatti, i consumi privati vengono valutati attraverso il metodo delle disponibilità, che, nel suo significato più ampio, permette di valutare i consumi dal lato dell'offerta, in quanto ottenuti aggiungendo alla produzione nazionale di beni e servizi l'eccedenza delle importazioni sulle esportazioni e la variazione dell'ammontare delle scorte tra l'inizio e la fine del periodo per il quale si costruiscono i conti, e sottraendo dal risultato ottenuto il valore dei beni e servizi destinati ad altri usi.
I bilanci di famiglia, invece, forniscono una valutazione dei consumi che rappresenta la domanda diretta di beni e servizi da parte delle famiglie.
Il confronto tra le due fonti, ovviamente dopo averle rese comparabili per tener conto della diversità dei criteri adottati nella rilevazione di alcune voci, rappresenta un notevole arricchimento conoscitivo per la determinazione di uno dei fondamentali aggregati del sistema dei conti economici nazionali, i consumi privati, che rappresentano mediamente poco più dei tre quinti del reddito nazionale lordo.
II. Poiché i bilanci di famiglia rilevano i consumi per voci analitiche di spesa, attraverso la loro indagine diviene possibile porre le singole voci di consumo alimentare in relazione ai caratteri: livello di reddito, numero di componenti, condizione socioeconomica, territorio, prezzo. Queste analisi trovano valide applicazioni nella definizione dei 'modelli nutrizionali' adottati nell'ambito delle varie classi di famiglie.
III. Più in generale, attraverso i bilanci di famiglia è possibile valutare l'elasticità delle singole voci di spesa, ossia la sensibilità dei consumi alla variazione del reddito nei diversi gruppi di famiglie.
Indicati con C il consumo e con Y il reddito, l'elasticità eCY dei consumi rispetto al reddito è data dalla
La conoscenza dell'elasticità dei consumi rispetto al reddito è di grande aiuto nelle analisi economiche, perché permette di individuare e discriminare i beni e i servizi necessari (consumi a bassa elasticità) da quelli voluttuari (consumi ad alta elasticità).
Ciò emerge chiaramente dai dati riportati nella tab. II (v. ISTAT, 1987). Nel 1985 i consumi delle famiglie con un reddito mensile al di sotto di un milione sono stati rappresentati per oltre il 40% dalla spesa alimentare e per meno del 60% dalle spese non alimentari. I consumi delle famiglie con un reddito superiore a 4 milioni sono invece stati rappresentati per poco meno del 17% dalla spesa alimentare e per poco più dell'83% dalle spese non alimentari. Nell'ambito di queste spese, poi, sono risultate fortemente elastiche rispetto al reddito le spese di mobili e servizi per la casa, di trasporti e comunicazioni, di istruzione, cultura e divertimenti e del complesso dei servizi raggruppati nella voce 'altre spese' (v. ISTAT, 1986, p. 49).
Conviene rilevare che si tratta di capitoli di spesa che comprendono una notevole varietà di voci. Per esempio, il capitolo trasporti e comunicazioni comprende le spese per il trasporto privato, ossia l'acquisto di beni durevoli come le automobili o le motociclette, nonché le spese di esercizio dei mezzi di trasporto. Comprende inoltre le spese per il trasporto pubblico e, per quanto riguarda le comunicazioni, le spese per telefono, posta e telegrafi.
Ancora un altro esempio: la parte più rilevante del capitolo 'altre spese' è costituita dalle spese per alberghi e pubblici esercizi e per pasti e consumazioni fuori casa che, conformemente alle istruzioni del SEC (Sistema europeo dei conti economici integrati), non sono classificate tra le spese alimentari ma tra quelle per i servizi (v. Eurostat, 1981).
Per il complesso delle famiglie italiane l'elasticità rispetto al reddito dei vari capitoli di spesa, riferiti all'anno 1983, è riportata nella tab. III, dalla quale risulta che: a) l'elasticità cresce passando dai generi di prima necessità (alimentari, bevande e tabacco) a quelli voluttuari (trasporti e comunicazioni; mobili e articoli per la casa) e l'elasticità dei generi di prima necessità risulta più bassa nelle aree economicamente sviluppate e più elevata in quelle meno sviluppate (v. ISTAT, 1984). Ciò in armonia con la legge di Engel, il quale, attraverso l'analisi dei bilanci di famiglia, constatò la tendenza alla diminuzione della percentuale della spesa per l'alimentazione sulla spesa complessiva di una famiglia in relazione all'aumento del reddito.
IV. Le indagini sui bilanci di famiglia sono di grande aiuto anche negli studi e nelle analisi previsionali, perché permettono di formulare - in armonia con le varie ipotesi di mutamento della distribuzione delle famiglie per classi di reddito, per classi di componenti e per condizione socioeconomica del capofamiglia - una previsione intorno ai mutamenti della struttura dei consumi.
Tale approccio esprime un arricchimento, sia metodologico sia operativo, rispetto al procedimento che in pratica si è portati ad adottare, basato sul semplice rapporto del consumo per abitante.
V. Attraverso i bilanci di famiglia diviene possibile delineare il profilo dei consumi della famiglia media o della famiglia 'tipo' appartenente a particolari categorie sociali, profilo che trova ampia utilizzazione nella determinazione del sistema di ponderazione dell'indice generale dei prezzi al minuto o dell'indice del costo della vita.
VI. Fino a un recente passato le analisi del modello di consumo adottato dalle famiglie venivano effettuate utilizzando come variabile di riferimento la spesa totale delle famiglie, per la difficoltà di rilevarne il reddito. Ciò nella presunzione che tra spesa totale per consumo e reddito delle singole famiglie esistesse una stretta correlazione.
È solo da qualche anno che con le indagini sui bilanci di famiglia si approfondisce anche la rilevazione del reddito delle famiglie, come risulta dai dati riportati nelle precedenti tabb. I e II. La disponibilità di tale informazione permette di completare le indagini intorno al delicato tema della distribuzione del reddito, giacché diviene possibile studiare, accanto alla distribuzione del reddito tra i fattori produttivi (distribuzione funzionale), da più anni oggetto di approfondimento e di dibattito grazie ai dati forniti dalla contabilità nazionale, anche la distribuzione personale del reddito. Se la prima è di notevole interesse economico perché fornisce elementi di valutazione circa il costo o, meglio, la remunerazione dei fattori lavoro e capitale che hanno partecipato al processo produttivo delle imprese, la seconda presenta una non minore importanza, anche dal punto di vista sociale, perché offre elementi quantitativi sul numero delle famiglie distribuite per classi di reddito e per condizione socioeconomica del capofamiglia. Distribuzione, questa, che da un lato permette di misurare il grado di sperequazione e, quindi, l'intensità delle disuguaglianze sociali esistenti in un dato paese, e dall'altro, consequenzialmente, offre indicazioni per definire puntuali linee di intervento volte a modificare tali stati di ineguaglianza di reddito.
Dalle rilevazioni eseguite in Italia emerge che nel centro-nord le famiglie con redditi bassi sono, relativamente, meno numerose rispetto al mezzogiorno (v. tab. IV) e, quindi, che le ineguaglianze nella distribuzione del reddito prodotto sono meno accentuate nelle regioni del centro-nord che nel mezzogiorno. Nel 1985, infatti, le famiglie con reddito annuale non superiore a 15 milioni rappresentano il 28,8% del totale, con un reddito pari al 12,6% del reddito complessivo, nelle regioni del centro-nord; costituiscono, invece, il 44,8% del totale, con un reddito corrispondente al 24,2% del complesso, nelle regioni meridionali. Inoltre, le famiglie con un reddito non superiore ai 20 milioni annui sono meno della metà (45,2%) nel centro-nord; salgono ai due terzi circa (64,6%) nel mezzogiorno. (Per misurare il fenomeno della disuguaglianza della distribuzione personale del reddito sono stati elaborati numerosi indici, dei quali i più noti sono l'indice di Gini e quello di Theil: v. Carbonaro, 1986, p. 34).
VII. Gli studi e le misurazioni del grado di concentrazione del reddito hanno reso possibile in questi ultimi anni la diffusione e lo sviluppo delle ricerche intorno alle condizioni di vita delle famiglie appartenenti alle prime classi di reddito (v. Povertà).
In tali studi appare fondamentale il momento della determinazione della 'linea di povertà', che viene oggi effettuata in relazione a famiglie standard, a loro volta definite in termini di caratteri prefissati, come il numero dei componenti e l'età dei figli.Si tratta di una determinazione in cui risultano prevalenti gli elementi di scelta soggettiva. Però, una volta introdotta a livello politico-decisionale, la linea di povertà assume una notevole importanza, perché permette di individuare la famiglie che, con riferimento a un determinato tempo, la società, tramite le sue istanze rappresentative, ritiene povere, e di parametrare in quale direzione muoversi e quale sforzo sostenere in termini di risorse per attenuare o eliminare gli stati di necessità individuati.
VIII. Le indagini sui bilanci di famiglia effettuate in Italia rilevano il reddito spendibile dalle famiglie (v. ISTAT, 1983, p. 8), proveniente sia dalla partecipazione al processo produttivo sia dal processo di redistribuzione. Tale reddito risulta composto da salari e stipendi, da redditi da impresa, da redditi da capitale, da trasferimenti correnti. Sono compresi, oltre ai flussi monetari, anche i benefici in natura e i fitti figurativi delle abitazioni occupate dagli stessi proprietari. Non sono computati, nei redditi da capitale, i guadagni provenienti dalla rivalutazione delle attività reali e finanziarie.
Poiché lo scopo dell'indagine è di pervenire alla valutazione del reddito percepito dalle famiglie, le quali possono poi decidere la parte da destinare al consumo finale e la parte da risparmiare, il reddito attualmente rilevato attraverso i bilanci di famiglia risulta al netto delle imposte dirette e dei contributi sociali gravanti su ciascuna forma di reddito e trasferiti dalle famiglie o dalle imprese alla pubblica amministrazione. Ai fini delle analisi riguardanti lo studio del rapporto tra imposizione fiscale e parafiscale e distribuzione personale del reddito, si dovrebbero allargare i quesiti delle indagini sui bilanci di famiglia sino a comprendere domande atte a rilevare anche le imposte dirette e i contributi sociali.
Se, accanto a questo tipo di informazione, i bilanci di famiglia fornissero notizie quantitative disaggregate sui trasferimenti e sui servizi che, prodotti dalla pubblica amministrazione, sono ricevuti e utilizzati dalle singole famiglie, potrebbe essere fatto un significativo passo in avanti nell'analisi e nella conoscenza dell'effettivo ruolo che l'operatore pubblico svolge nel processo di redistribuzione del reddito tra le famiglie classificate secondo i diversi caratteri: infatti, per le famiglie raggruppate in ciascuna classe di reddito, diverrebbe possibile costruire un apposito conto, i cui benefici sarebbero costituiti dai servizi e dai trasferimenti ricevuti dalla pubblica amministrazione e i costi dal complesso delle imposte fiscali e parafiscali pagate alla pubblica amministrazione.
IX. È da presumere che l'indagine sulle famiglie debba sempre più costituire una fonte statistica con utilizzazioni plurime, giacché appare molto verosimile che nel prossimo futuro le dovrà essere richiesto di fornire valutazioni anche intorno all'attività produttiva che si verrà a registrare nell'ambito della famiglia. È, questa, un'esigenza connessa con le trasformazioni che si stanno realizzando nel nostro apparato produttivo. Oggi è divenuto prevalente il settore delle attività terziarie, che in termini occupazionali rappresenta il 58,7% del totale e in termini di reddito prodotto il 61% e che appare, inoltre, in fase di accentuata espansione.
Un sistema economico sempre più terziarizzato significa un maggiore decentramento dell'apparato produttivo e un numero crescente di attività che possono essere svolte nell'ambito domestico. In questa prospettiva la rilevazione del reddito, nella fase della sua formazione, non potrà più essere effettuata, sulla falsariga dell'attuale sistema organizzativo statistico, avendo come unità di riferimento l'impresa, perché, così operando, è elevata la probabilità che una quota del reddito prodotto sfugga alla rilevazione diretta.L'accentuazione del processo di terziarizzazione dell'economia sembra, dunque, richiedere non solo un maggior ricorso all'indagine sui bilanci di famiglia, ma anche, se non soprattutto, un ampliamento delle notizie rilevate, perché in questo processo di trasformazione tende ad assumere una notevole importanza il ruolo della famiglia come unità produttiva, accanto a quello individuato dagli attuali schemi di contabilità nazionale, che definiscono la famiglia come l'operatore che ha la sola funzione di decidere l'impiego nei consumi o nel risparmio di un reddito che oggi si ritiene, convenzionalmente, prodotto soltanto nell'ambito delle imprese. (V. anche Consumi; Reddito; Risparmio).
Banca d'Italia, Bollettino statistico, nn. 1-2, Roma 1987.
Carbonaro, G., La distribuzione del reddito e della ricchezza: problemi di misura, dinamica delle disuguaglianze, effetti delle politiche sociali, in Atti della XXX riunione della Società Italiana di Statistica, vol. I, Bari 1986, pp. 29-52.
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Eden, F. M., The state of the poor, 3 voll., London 1797.
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ISTAT (Istituto Centrale di Statistica), L'elasticità dei consumi nel 1983 in base all'indagine sui bilanci della famiglia, in "Bollettino mensile di statistica", 1984, n. 23 (suppl.).
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