SASSANO (Sassani, Sassini), Matteo detto Matteuccio (Matteucci)
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 90 (2017), 2023
Nacque a San Severo (Foggia) nel 1667 circa da Giuseppe e Livia Tomasino (o Tommasino), già vedova di Fabio di Mastrocicco.
Secondo Prota-Giurleo (1966, p. 98), Matteo fu cresciuto da estranei a causa della vita irregolare della madre. Con l’obiettivo di sottrarlo agli stenti e di ‘investire’ in un’imponderabile carriera di cantante, fu sottoposto da ignoti all’intervento di orchiectomia, prima di cederlo a chi lo avrebbe condotto a Napoli per avviarlo allo studio professionistico della musica. Un destino che accomunò, tra Sei e Settecento, decine di fanciulli di umili origini delle province pugliesi, anche se le posizioni conquistate fra i cantori evirati nelle istituzioni e nelle cappelle musicali non furono sempre equivalenti.
Il barbiere Alessandro de Liguoro, lucano ma attivo nella capitale, nel 1676 scortò il fanciullo evirato dalla Capitanata a Napoli su compenso del conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, presso il quale Matteuccio – i nomignoli sono usuali per eunuchi e canterine – intraprese gli studi sotto la guida di Giovanni Salvatore.
De Liguoro seguì Sassano nelle vesti di garante (‘pleggio’) durante la sua permanenza al conservatorio, terminata nel 1686, e, nel 1694, dopo aver preteso una importante ricompensa economica onorata da Matteuccio ormai divenuto benestante, ne sposò la madre, Livia Tommasino, riapparsa a Napoli nel 1688 (Prota-Giurleo, 1966, doc. III).
Registri contabili e note d’archivio documentano la presenza del castrato nella cappella Reale (dal 1684), nella cappella del Tesoro di San Gennaro (dal 1690), nella Congregazione e Monte de’ Musici (‘fratello’ dal 1690, governatore dal 1694) e in molte occasioni musicali della Napoli vicereale.
Per lo studio della fisiologia vocale e artistica risalente al periodo giovanile, si segnala un manoscritto musicale recentemente rinvenuto a Bruxelles nel Conservatoire royal de musique (B-Bc, ms. 26228). Si tratta di una silloge di quattro oratori autografi «A 5 voci con Istromenti» (La Ss.ma Trinità impiegata nella Concettione della Vergine; Gioseppe adorato da Fratelli; Il Tobia Sposo; S. Antonio da Padova) di Gaetano Veneziano (1665 - 1716). Gli oratori risalgono agli anni 1690-1693 e recano l’indicazione dei solisti, tra i quali compare il «sig. Matteuccio». Tali composizioni sono le prime fonti musicali superstiti collegate al cantante e consentono nuove analisi retrospettive su vocalità ed espressività del «famosissimo cantor di voce soprana» (Pecorone 1729, p. 78).
A Roma, nel 1693, Sassano cantò per la settimana santa e nel 1695 accettò l’invito di Leopoldo I d’Asburgo di recarsi a Vienna, tornando subito dopo a Napoli. Qui, tra il 1696 e il 1698 superò le preclusioni anti-teatrali riservate ai cantori della real cappella e, oltre a prodursi in musica sacra, cantate e serenate celebrative (tra queste la scarlattiana Venere, Adone et Amore rappresentata a Posillipo nel casino del Viceré il 15 luglio 1696), si dedicò a un’intensa attività teatrale.
Tra il 1696 e il 1697 il soprano calcò i più celebri palcoscenici italiani: a Venezia (teatro S. Giovanni Grisostomo) fu protagonista in due opere di Carlo Francesco Pollarolo, Amor e Dovere (Goffredo) e Tito Manlio (Manlio), oltre che in I rivali generosi di Marco Antonio Ziani; a Bologna (teatro Malvezzi) cantò nel pasticcio Il Perseo; a Piacenza (teatro Ducale) fu Epicide in La Virtù trionfante dell’inganno di Bernardo Sabadini; a Napoli (S. Bartolomeo) fu Aiace nell’opera omonima di Francesco Gasparini e Appio Claudio in La Caduta de’ Decemviri di Alessandro Scarlatti.
Nel 1698 Sassano fu Laerte Porsenna nel Muzio Scevola sempre di Scarlatti (Napoli, S. Bartolomeo), Prenesto in Il Trionfo di Camilla regina de’ Volsci di Giovanni Bononcini (Piacenza) e l’eroe eponimo nell’Ulisse sconosciuto in Itaca di Pollarolo (Reggio Emilia).
A Madrid confortò con il canto il malessere di Carlo II e nel 1700, con la morte del re, lasciò la corte spagnola per tornare a quella di Vienna.
Gli anni che vanno dal 1696 al 1702 furono caratterizzati dallo stretto rapporto con il potente e colto viceré don Luis de la Cerda y Aragón, IX duca di Medinaceli (che assunse il nome arcadico Arconte Frisseo), il quale predilesse il castrato e lo impiegò per accrescere il proprio prestigio. Grazie ai recenti studi italo-ispanici (in partic. Domínguez, 2013) si evidenziano vieppiù le scelte diplomatiche, politiche, culturali che influenzarono la carriera di Matteuccio negli anni che lo videro occupare un posto d’onore sia nella rete di relazioni tra i poteri degli antichi Stati sia nella trasmissione di un nuovo vocabolario stilistico all’Europa musicale.
Nel 1706 Sassano tornò al S. Giovanni Grisostomo di Venezia con due opere di Pollarolo, interpretando Demetrio nel Filippo re della Grecia e il ruolo eponimo nel Flavio Bertarido re de’ Longobardi. Nel 1708 fu a Bologna come Casimiro in Il Fratricida innocente di Antonio Lotti, poi tornò a Venezia (S. Giovanni Grisostomo) nelle vesti di Siface in Sofonisba di Antonio Caldara e di Ottone in Il vincitor generoso di Lotti.
Nel 1709 Matteuccio rientrò a Napoli ricco, celebre e con il titolo di marchese. Abbandonati i drammi per musica, fino all’ultimo si cimentò in composizioni legate a episodi di committenza aristocratica – tra i quali si annoverano note serenate come La Gloria di Primavera di Scarlatti (1716) o Diana Amante di Leonardo Leo (1717) – e per il teatro della fede (liturgia, monacazioni di gentildonne, oratori, devozione).
La senescenza di Matteuccio non fece appassire la sua voce: «Questo valent’uomo, ancorché l’età sua passasse gli ottanta anni, aveva una voce sì florida e così chiara, e cantava in qualunque metodo con tanta flessibilità ed agilità, che ogni ascoltante, non vedendolo, lo credeva un giovine nel fior degli anni» (Mancini, 1774, p. 13). Per Sassano, che non raggiunse gli ottant’anni e neppure li superò, è documentata anche una nascita seriore. Per esempio, in un atto rogato nel 1694, è scritto che sarebbe nato nel 1669 e non nel 1667, giacché egli stesso «dice di essere musico Soprano, d’anni 25 in circa» (Prota-Giurleo, 1966, doc. III). Le tappe della sua vita furono compatibili con una durata di circa settant’anni, nondimeno i contorni sfumati della sua età (esistenziale e vocale), forse da lui stesso non chiariti, lo collocano in un’aura leggendaria che ben si addice a un soprano castrato di tale levatura.
Il cavaliere Matteo Sassano, «virtuoso di Sua Maestà Cattolica», «valent’uomo» della Napoli vicereale spagnola e austriaca, morì nella capitale borbonica il 15 ottobre 1737, pochi giorni prima dell’inaugurazione del Real Teatro di San Carlo. Secondo il Liber Mortuorum era «di anni 80, abitante al Rosariello di Palazzo, vergine» e fu «sepolto al Carminiello di Palazzo» (Prota-Giurleo, 1966, doc. XVI).
Da derelitto a cavaliere, Sassano – creato marchese per meriti artistici – fu il primo castrato pugliese a salire la scala sociale e professionale, brillando tra i musici della propria generazione. Nel pieno Settecento l’Europa applaudì altri virtuosi evirati suoi corregionali: l’andriese Carlo Broschi detto Farinelli, il barese Nicola Reginella, il bitontino Gaetano Majorano detto Caffarelli, il terlizzese Giuseppe Millico, il martinese Giuseppe Aprile. A quest’ultimo è accostato, in un medaglione dell’Olimpo dei musicisti o Parnaso musicale disegnato da Antonio Fedi e inciso da Luigi Scotti, il volto del ‘cav. Matteucci’ che, insieme a un ritratto attribuito a Francesco Solimena, rappresenta l’unica iconografia nota del Sassano (de Frutos, 2009).
La sua fama di rosignuolo circolò con forza nelle capitali europee, confermata a Napoli dal detto «cantare come Matteuccio» (Croce, 1891, p. 211) e da una messe di cronache coeve (esempi sub indicem in Griffin, 1993; Maione, 2001; Fabris, 2002; Carbonella, 2007; Magaudda-Costantini, 2011). Adorato e conteso dall’aristocrazia, il cavalier Sassano incarnò – a Napoli, a Vienna, a Venezia, a Madrid – le mire estetiche, le esigenze cerimoniali, le politiche promozionali e teatrali dell’antico regime, nonché l’arcadica perfezione belcantistica, spirituale e mondana, al tempo di Alessandro Scarlatti. La sinergia tra i due maestri superò il trentennio: si va da una serenata composta dal palermitano nel 1686 (Olimpo in Mergellina) al suo ultimo oratorio (La Vergine Addolorata, 1717) ove il ruolo di Maria, ‘cucito’ su Sassano, invase la scena con arie ormai dilatate e un canto purissimo e virtuosistico, che sublimava un dolore altrimenti ineffabile. La fiducia riposta da Scarlatti nell’interprete Sassano ben si traduce nelle seguenti parole del 1703: «L’andamento dell’Arie, oltre d’haverlo segnato a’ suoi luoghi proprij, l’ho steso in minuta al sig. Matteuccio, come Professore prattico del mio stile, a cui ho pregato di comunicarlo a’ Signori Virtuosi attori.» (Lettera di Scarlatti al principe Ferdinando de’ Medici, cit. in Fabbri, 1960, p. 55).
Fonti e Bibl.: A. Scarlatti, Serenata Venere, Adone et Amore (Napoli 1696, Roma 1706), a cura di R. Halton, Middleton 2009; Id., Oratorio La Vergine Addolorata (Napoli 1717), ed. critica e cura G. Pitarresi, Bologna 2016; B. Pecorone (o Petrone) da Saponara, Autobiografia. Le Memorie di un cantante della Cappella Reale di Napoli (1729), a cura di D. Fabris, Irsina 2017; G. Mancini, Pensieri, e riflessioni prattiche sopra il canto figurato, Vienna 1774.
B. Croce, I teatri di Napoli, secolo XV-XVIII, Napoli 1891; A. Heriot, The castrati in opera, London 1956; M. Fabbri, Alessandro Scarlatti e il principe Ferdinando de’ Medici, Firenze 1960; U. Prota-Giurleo, Matteo Sassano detto «Matteuccio» (Documenti napoletani), in Rivista italiana di musicologia, I, (1966), n. 1, pp. 97-119; S. Durante, M. S., in The new Grove dictionary of opera, IV, s.v., 1992; T. Griffin, Musical References in the “Gazzetta di Napoli”: 1681-1725, Berkeley 1993; S. Mamy, Les grands castrats napolitains à Venise au XVIIIe siècle, Liège 1994; Fonti d’archivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI e XVIII secolo, a cura di P. Maione, Napoli 2001; D. Fabris, Music in seventeenth-century Naples. The case of Francesco Provenzale, PhD thesis, University of London 2002; G. Carbonella, Matteo Sassano, il rosignolo di Napoli, in La Capitanata, XXI (2007), pp. 235-260; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, Stantford 2007; L. de Frutos, Virtuosos of the Neapolitan opera in Madrid: Alessandro Scarlatti, Matteo Sassano, Petruccio e Filippo Schor, in Early Music, XXXVII, 2 (2009), pp. 187-199; [J. M. Domínguez,‘Comedias armónicas a la usanza de Italia’: Alessandro Scarlatti’s music and the Spanish nobility c. 1700, in Early Music, XXXVII, 2 (2009), pp. 201-216]; A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel regno di Napoli attraverso lo spoglio della “Gazzetta” (1675-1768), Roma 2011; [J.M. Domínguez, Redes y mecenazgo musical en torno a Nápoles entre 1696 y 1702, in Studi sulla musica barocca, a cura di G. Monari, Lucca 2013, pp. 145-232]; J.M. Domínguez, Roma, Nápoles, Madrid. Mecenazgo musical del Duque de Medinaceli, 1687-1710, prefazione di L. Bianconi, Kassel 2013; M. Feldman, The castrato: reflections on natures and kinds, Oakland 2015; F. Lora, Nel teatro del Principe. I drammi per musica di Giacomo Antonio Perti per la Villa medicea di Pratolino, Torino-Bologna 2016.