Bolivia
In B., Paese indipendente dal 1825, le prime proiezioni ebbero luogo nel 1897 a La Paz, ma solo nel 1915 furono create le prime sale stabili. Una limitata produzione documentaristica si ebbe a partire dal 1904 e il principale regista di questo periodo, attivo dal 1912, fu Luis G. Castillo. Nel 1925 fu realizzato il primo lungometraggio a soggetto, Corazón aymará di Pedro Sambarino, cui seguirono La profecía del lago (1925) di José María Velasco Maidana (mai proiettato), La gloria de la raza (1926) di Castillo e dell'archeologo Arturo Posnansky, e Wara Wara (1930) di Maidana, il film più importante del muto: tutti basati su tematiche legate agli Indios. Nel 1933 si effettuò il primo tentativo di sincronizzazione in sala con Hacia la gloria di Mario Camacho e José Jiménez, ma si può parlare di primo film sonoro solo con il mediometraggio documentario La guerra del Chaco (1936) di Luis Bazoberry. Tuttavia, dati gli alti costi del nuovo sistema, per oltre venti anni dall'avvento del sonoro il documentario rimase in realtà l'unico genere praticato. Nel 1947 Augusto Roca e Jorge Ruiz (affiancati dallo statunitense Kenneth B. Wasson) fondarono la prima casa di produzione, la Bolivia Films. I due, negli anni seguenti, furono inoltre autori di importanti opere documentarie (Virgen india, 1948; Donde nació un imperio, 1949, primo film boliviano a colori; Bolivia busca la verdad, 1950; gli ultimi due con Alberto Perrín Pando).Le riforme varate dal nuovo governo del Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR), al potere dopo la rivolta popolare del 1952, interessarono anche l'industria cinematografica: nel 1953 venne creato l'Instituto Cinematográfico Boliviano (ICB), che in quindici anni finanziò oltre 150 opere. Ruiz poté così girare, tra gli altri, i cortometraggi documentari Vuelve Sebastiana (1953), insieme a Roca, e Los que nunca fueron (1954, su soggetto dello scrittore Oscar Soria, in seguito il principale sceneggiatore del paese), e il mediometraggio La vertiente (1958, primo film a soggetto dal 1933), testimonianze di una perfetta unione tra impegno politico e qualità estetica. Nel 1958 iniziò l'attività di documentarista Jorge Sanjinés, principale figura del cinema boliviano, che nel 1960 fondò con Soria e il produttore Ricardo Randa il gruppo Kollasuyo, impegnato nella lotta per la libertà di espressione. Nel 1964 un colpo di Stato portò al potere una giunta militare, che proseguì inizialmente la politica del MNR in campo cinematografico e nominò Sanjinés presidente dell'ICB. Ma quando nel 1966 il regista realizzò con i fondi dell'istituto un film rivoluzionario, Ukamau (È così), primo lungometraggio a soggetto boliviano, venne destituito dalla sua carica; nel 1968 l'ICB fu chiuso. Nel 1967 il gruppo Kollasuyo si trasformò nella casa di produzione indipendente Ukamau Limitado (cui si unì dal 1968 il direttore della fotografia e poi regista Antonio Eguino); essa finanziò i due più importanti film della storia del cinema boliviano, entrambi di Sanjinés, cui presero parte a vario titolo tutti i membri del gruppo, Yawar Mallku (1969; Sangue di condor) e El coraje del pueblo (1971), quest'ultimo girato nel clima di entusiasmo dovuto all'ascesa al potere nel 1970 dei militari di sinistra. Ma il colpo di Stato di destra del 1971 spinse all'esilio alcuni cineasti, tra i quali Sanjinés, che continuò a girare film in Perù e poi in Ecuador. Altri scelsero di restare in patria: Eguino realizzò Pueblo chico (1974) e Chuquiago (1977), Ruiz El clamor del silencio (1979). Nel frattempo esordiva una nuova generazione di registi, sia in B. (Jorge Guerra Villalba, Paolo Agazzi) sia all'estero (Alfonso Gumúcio Dagrón, José e Hugo Cuellar Urizar), mentre nel 1976 veniva fondata la Cinemateca Boliviana, che avrebbe svolto nei decenni successivi un importante ruolo di divulgazione e organizzazione.Le elezioni del 1978 segnarono l'avvio di un processo di rinnovamento democratico, culminato con il ritorno al governo civile nel 1982: rientrarono in patria molti autori del mondo del cinema (tra cui Sanjinés e i fratelli Cuellar Urigar), e si cominciò faticosamente a gettare le basi per nuove produzioni. Tra i pochi film che giunsero a compimento si ricordano Amargo mar (1984) di Eguino, Las banderas del amanecer (1984) e La nación clandestina (1989) di Sanjinés, Los hermanos Cartagena (1985) di Agazzi. A questo già critico quadro si aggiunse anche l'espandersi del mezzo televisivo, fenomeno che contribuì alla chiusura di molte sale.
Nel 1991, infine, il varo di una legge sul cinema ha permesso di sancire finanziamenti statali, l'introduzione delle materie audiovisive nelle scuole, la salvaguardia del patrimonio specifico nazionale, l'ordinamento e la regolazione del mercato cinematografico. Nel 1992 è entrato in funzione il Consejo Nacional del Cine (CONACINE), organismo a carattere misto, statale e privato, che finanzia la produzione attraverso il Fondo de Fomento Cinematográfico (FFC). I frutti del nuovo orientamento si sono visti nel giro di pochi anni. Molti autori affermati sono tornati a dirigere: Sanjinés ha realizzato Para recibir el canto de los pájaros (1995), e Agazzi El día que murío el silencio (1998). Nuovi registi hanno potuto debuttare: Marcos Loayza con Cuestión de fe (1995), Mela Márquez con Sayariy (1995), Hugo Ara con La oscuridad radiante (1996), Mauricio Calderón con El triángulo del lago (2000). Gli anni Novanta hanno segnato anche l'espandersi delle nuove tecnologie, e in particolare l'uso del video ha favorito la formazione di gruppi spontanei, divenuti veri e propri punti di riferimento: il Wallparrimachi, il Lu-Pan-Gua, e altri che fanno capo ad autori come Alfredo Ovando, Raquel Romero, Néstor Agramont.
A. Gumúcio Dagrón, Historia del cine en Bolivia, La Paz 1982.
J.H. Sánchez, Neo-realism in contemporary Bolivian cinema, Ann Arbor (MI) 1983.
C. Mesa, La aventura del cine boliviano (1952-1985), La Paz 1985.
P. Susz Kohl, Filmo-videografía boliviana básica (1904-1990), La Paz 1991.
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