Vedi Bolivia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Bolivia, uno dei paesi più poveri dell’America Latina, ha vissuto negli ultimi anni una profonda trasformazione. Sul piano interno, l’affermazione di Juan Evo Morales nelle elezioni presidenziali del 2005 ha coinciso con l’inizio di un processo di riforma volto a combattere la povertà e le forti disuguaglianze sociali. In campo economico, il presidente si è impegnato a ridurre il peso delle imprese straniere – tramite la nazionalizzazione delle industrie di telecomunicazioni, idrocarburi ed elettricità – e a ridistribuire le ricchezze tra la popolazione indigena. Parallelamente, la lotta contro le disuguaglianze e le discriminazioni sociali è passata anche attraverso l’adozione, nel 2009, di una nuova Costituzione che dichiara la Bolivia uno ‘stato plurinazionale’ e riconosce i diritti di tutte le minoranze indigene. Il mito di Morales quale presidente indigeno che difende l’ambiente e i diritti ancestrali dei popoli autoctoni ha rischiato di essere compromesso nel 2011 dal caso ‘Tipnis’. Morales ha permesso la continuazione dei lavori per la costruzione di un’autostrada che collegasse i dipartimenti di Beni e Cochabamba, passando per il Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Sécure (da cui l’acronimo ‘Tipnis’). In seguito ad una marcia su La Paz di oltre due mesi organizzata dagli indios provenienti dalla riserva, il presidente si è finalmente deciso a promulgare la Ley Corta che garantisce la protezione del Tipnis,
Sul piano internazionale l’avvento di Morales ha comportato un evidente affrancamento del paese dall’influenza statunitense e un progressivo accostamento alle posizioni del Venezuela di Hugo Chávez. Dagli anni Ottanta il problema della coltivazione di coca e del traffico di droga aveva indotto le autorità boliviane a stringere rapporti con gli Stati Uniti per coordinare gli sforzi. Morales, un ex rappresentante dei contadini coltivatori di coca e profondo oppositore delle politiche neoliberiste sostenute da Washington, ha invertito la rotta, recedendo dall’Accordo per l’estirpazione del traffico di droga e dal Trattato di promozione del commercio andino, siglati con gli Usa. La retorica anti-imperialista del presidente ha condotto poi a un allineamento della Bolivia al cosiddetto ‘fronte bolivariano’, che comprende Venezuela, Ecuador e Cuba e che trova importanti interlocutori – in termini strategici e commerciali – in Iran, Cina e Russia.
A livello regionale, altra direttiva caratterizzante la politica estera boliviana è quella dettata dagli interessi energetici. La Bolivia, assieme al Paraguay, non ha uno sbocco sul mare ma possiede grandi giacimenti di risorse naturali. I depositi di gas e petrolio – così come quelli di zinco, stagno e argento – consentono alla Bolivia di giocare un ruolo rilevante in ambito energetico, con importanti riflessi sul posizionamento del paese nella regione. Argentina e Brasile, e in misure minore Uruguay, sono committenti decisi ad aumentare i loro investimenti in Bolivia. Nei confronti del Cile, invece, la Bolivia ha da tempo un contenzioso territoriale. A seguito della Guerra del Pacifico (1879-83), la Bolivia perse l’accesso al mare in favore del Cile, con quest’ultimo restio a rinegoziare i confini territoriali.
Lo status democratico della Bolivia non è pienamente soddisfacente, tanto da far classificare il paese come ‘parzialmente libero’ secondo l’indice di Freedom House. Tra i maggiori problemi del paese figurano la corruzione diffusa e le continue violazioni al principio di autonomia della magistratura. Il sistema giudiziario è altamente politicizzato: diversi iter procedurali hanno subito interferenze, l’equità processuale non è garantita e il meccanismo di supervisione delle garanzie costituzionali è lacunoso.
Il sistema mediale verte in condizioni migliori. Esistono otto quotidiani nazionali: tre pubblicati a La Paz, tre a Santa Cruz e due a Cochabamba; negli ultimi anni le vendite della stampa settimanale sono sensibilmente aumentate, così come l’utilizzo di internet – sebbene il numero complessivo di utenti rimanga ancora molto contenuto.
Ma è sul piano sociale che emergono le maggiori difficoltà del paese. Disparità e discriminazioni sono tali che è in corso un programma promosso dalle autorità boliviane per individuare le situazioni di lavoro forzato e riduzione in schiavitù delle popolazioni indigene della Bolivia. Morales, oltre a mettere in atto una politica di sostegno economico alle fasce più deboli del paese, ha adottato diversi provvedimenti in favore dei cocaleros, i coltivatori di coca messi in crisi dalle politiche restrittive delle passate amministrazioni.
Il settore sanitario è ancora arretrato. Mortalità infantile e delle donne in maternità sono due seri problemi a cui il governo sta cercando di porre rimedio con iniziative mirate ed elargendo contributi ad hoc. Tuttavia, i costi delle cure, la scarsità di medici e di strutture, nonché la morfologia stessa del territorio, limitano fortemente l’accesso ai servizi sanitari da parte della popolazione rurale.
La Bolivia vede la presenza di varie etnie: le popolazioni indigene (soprattutto Quechua e Aymarà) costituiscono oltre il 50% degli abitanti, i Mestizo (razza mista) rappresentano il 30%, i Boliviani di origine europea sono il 12% e i rimanenti abitanti appartengono ad altre etnie. La religione più diffusa è il cristianesimo cattolico.
Nell’ultimo decennio il paese ha registrato una crescita costante della popolazione che, accompagnata a una forte migrazione interna verso le città, ha dato luogo a un intenso fenomeno di urbanizzazione, tanto che metà della popolazione si concentra tra Santa Cruz, La Paz (capitale amministrativa del paese), El Alto e Cochabamba. Nonostante ciò il 34% dei boliviani vive ancora in zone rurali, spesso di difficile accesso, date la carenza di infrastrutture e le caratteristiche montane di buona parte del territorio (l’altopiano andino ha un’altitudine media tra 3.500 e i 4.000 metri s.l.m.).
In campo economico, la nazionalizzazione delle industrie di telecomunicazioni, idrocarburi ed elettricità avviata da Morales comporta una profonda trasformazione dell’economia boliviana.
Alcuni dei provvedimenti più recenti riguardano il settore dell’elettricità: nel maggio 2010, sono state espropriate 4 società elettriche che da sole coprono più della metà del mercato elettrico boliviano. I piani energetici delineati da Morales e dal vice presidente Álvaro García Linera prevedono la costruzione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica per raggiungere, nel 2022, la capacità di 6,3 Gw.
Maggiore portata economico-strategica ha la nazionalizzazione delle compagnie del gas e del petrolio (nonostante quest’ultime presentino valori d’estrazioni molto bassi). Nel 2006, anno in cui Morales ha avviato questa nuova politica, le industrie straniere del settore energetico in Bolivia erano ben ventisei. Oggi lo stato detiene almeno il 51% delle azioni di tutte le industrie energetiche e persegue l’obiettivo di diventare il principale hub energetico regionale. La Bolivia è il sesto paese del continente sudamericano per produzione di gas naturale e tra gli ultimi per consumo nazionale. Ciò le consente di destinare all’esportazione circa l’80% della produzione totale: dopo Trinidad e Tobago, la Bolivia è il secondo paese del Sudamerica per esportazione di gas. Maggiori acquirenti di questa risorsa sono l’Argentina e, soprattutto, il Brasile, che dipende dalla Bolivia per il 48% del proprio consumo di gas.
Al di là delle partecipazioni ad alcune missioni internazionali guidate dalle Nazioni Unite, l’impegno militare boliviano è teso a rendere più sicuro il territorio nazionale. In particolare, obiettivo primario dell’amministrazione Morales è contrastare il narcotraffico e ridurre il commercio di contrabbando. Con tale intento il presidente ha sensibilmente aumentato gli investimenti per la difesa, che tuttavia rimangono contenuti dato che la spesa si attesta all’1,6% del pil nazionale.
Incrinati i rapporti con gli Usa, la Bolivia ha intensificato la cooperazione militare con il Venezuela, che rappresenta il maggiore fornitore di armi del paese. La partnership consta del supporto tecnico venezuelano alle forze armate boliviane e di una strategia d’azione comune per contrastare la criminalità organizzata. Il servizio militare prevede che, qualora il numero annuale di volontari non sia sufficiente a coprire tutti i posti necessari, entri in vigore la leva obbligatoria. La legge, inoltre, sancisce che possano arruolarsi anche minorenni, nella forma volontaria del servizio premilitare.
La Bolivia ha intenzione di realizzare, entro il 2022, tre grandi progetti idroelettrici – dal notevole impatto ambientale – per la produzione di energia, denominati Cachuela Esperanza, Rio Grande e La Bela, per un costo previsionale di circa 10,3 miliardi di dollari.
Il programma di industrializzazione del settore degli idrocarburi prevede un impianto di fertilizzazione in Chapare, nel centro della Bolivia, per 500.000 tonnellate metriche annue, sino al 2015, dal costo di 700 milioni di dollari. Tra il 2013 e il 2018 un investimento di 1,2 miliardi di dollari sarà destinato alla creazione di un impianto petrolchimico per la produzione di etilene e polietilene, rispettivamente di 400.000 e 250.000 tonnellate metriche annue.
Entro il 2015 sarà operativo un impianto di liquefazione di gas naturali dal costo di 675 milioni di dollari, che permetterà la produzione di 15.000 barili al giorno.
Per il trasporto degli idrocarburi sono stati progettati e in parte già costruiti quattro canali principali, appaltati all’Industria statale di trasporto (Ypfb) per un costo di 287 milioni di dollari. Il progetto riguarda la fase 2 del Gasdotto Carrasco-Cochabamba (Gcc), la fase 3 del Gasdotto Altiplano (Gaa) da Senkata, vicino La Paz, a Rio Grande, l’espansione della linea Villamontes-Tarija (Gvt) e il gasdotto Juana Azurduy, che collegherà Argentina e Bolivia.