BOLIVIA
(VII, p. 304; App. I, p. 287; II, I, p. 419; III, I, p. 246; IV, I, p. 302)
Popolazione. - La grande estensione della montagna aspra e della pianura acquitrinosa e insalubre lascia spazi ristretti (altopiani e fondovalle) per gli insediamenti umani e per le attività agricole e manifatturiere. Il fenomeno dell'urbanizzazione ha un'incidenza minore che negli altri paesi sudamericani; le città accolgono poco meno della metà della popolazione, di cui la maggioranza vive nelle campagne o dispersa in nuclei isolati.
La Paz (654.000 ab. nel 1976; 1.033.000 nel 1986) sorge a 3600 m d'altitudine e si sviluppa in un solco vallivo e su pendii, con dislivelli che superano i 1000 m tra il settore più basso e le parti più alte, dove risiedono gli strati più poveri della popolazione. È sede del Congresso, del Governo e delle rappresentanze diplomatiche, mentre la Corte suprema di giustizia ha sede a Sucre (63.000 ab. nel 1976; 89.000 nel 1986), la capitale legale del paese. Essa sorge a circa 2800 m di altitudine, e soltanto di recente è uscita dal suo isolamento grazie a collegamenti stradali e ferroviari, con conseguente aumento delle attività commerciali e industriali (cementifici, raffinerie di petrolio).
La città che registra il maggiore sviluppo, grazie alla scoperta di petrolio e gas naturale e alla trasformazione dei prodotti agricoli e minerari, è Santa Cruz de la Sierra, che contava 42.000 ab. nel 1950, 125.000 nel 1970, 458.000 nel 1986; è collegata con Puerto Suarez-Corumbá. Tra le altre città vanno menzionate Potosí (117.000 ab.), centro minerario (argento, stagno, rame) con miniere a oltre 4000 m d'altitudine, e Cochabamba (330.000 ab.), nota come il granaio della B. sin da epoca precolombiana, suscettibile di ulteriore sviluppo per la sua posizione sull'asse Oruro-Santa Cruz.
Condizioni economiche. - Le basi dell'economia boliviana sono l'agricoltura e l'attività mineraria. I dati disponibili mostrano una produzione agraria piuttosto stazionaria, se si escludono manioca, soia, mais e poche altre colture, con la conseguente tendenza all'aumento della dipendenza del paese dai rifornimenti alimentari esteri. La B. peraltro è tristemente nota per la produzione di coca, destinata a essere raffinata in Colombia e immessa nel circuito internazionale della droga. L'allevamento ha subito un forte potenziamento e ha integrato le carenze alimentari del paese: in un decennio bovini e volatili sono più che raddoppiati, ovini e caprini sono aumentati di circa un terzo.
L'attività mineraria, fondata nel passato sull'argento, si è molto diversificata: la B. immette sul mercato internazionale diversi prodotti pregiati (oro, zinco, stagno, rame, piombo, antimonio, tungsteno). Il petrolio alimenta varie raffinerie (Sucre, Cochabamba), oltre che l'esportazione mediante l'oleodotto Camiri-Cochabamba-Arica; la produzione di gas naturale ha raggiunto in pochi anni valori ragguardevoli (2,5 miliardi di m3 nel 1985) e offre prospettive migliori del petrolio. La produzione mineraria risulta comunque svantaggiata per l'altitudine delle miniere, e la conseguente difficoltà dei trasporti. Per le fonti energetiche, oltre a petrolio e gas naturale, la B. dispone di alcune centrali idriche (Río Beni e Río Negro) e termiche (Cochabamba) per una produzione annua di circa 1600 milioni di kWh, un ulteriore indice del basso tenore di vita della popolazione e del modesto sviluppo economico generale.
L'artigianato, con prevalente manodopera femminile, è molto diffuso e riguarda soprattutto la lavorazione di lana, cotone, legno e altre materie prime e la produzione di tessuti, vestiario e cappelli (specie quelli usati dalle donne indie, di foggia bombata e a falde larghe).
L'industria manifatturiera ha nuclei consistenti in poche località, tra le quali La Paz, dove si trovano i due terzi delle attività manifatturiere del paese (prodotti alimentari, tessili, costruzioni, sigarette, cemento e petrolio), Cochabamba (alimentari, raffinazione del petrolio, tabacco, pelli), Oruro (metallurgia) e Santa Cruz (petrolchimica). Le entrate della B., che un tempo derivavano quasi tutte dallo stagno, la cui produzione era nelle mani di alcune potenti famiglie e veniva controllata attraverso società con sedi all'estero, si inquadrano attualmente in una situazione in parte diversa: la produzione mineraria è stata differenziata, la riforma agraria ha dato esiti positivi e la maggiore stabilità politica interna lascia sperare per il futuro in un più promettente sviluppo economico e sociale.
Comunicazioni. - La B., dopo che Chile e Perù le tolsero lo sbocco sul mare (Arica e Tacna), è rimasta uno stato interno e scarsamente vitale. Le difficoltà delle comunicazioni, proprie dei paesi andini, sono aggravate dalla continentalità e dalla grande altitudine dei centri maggiori del paese, non sufficientemente compensate dalla navigabilità dei tratti boliviani dei sistemi fluviali, a causa della lontananza degli scali fluviali dal mare e dagli altopiani. Per rompere l'isolamento, negli anni Settanta la B. ha ottenuto dal Brasile condizioni di porto franco sull'Atlantico a Belém, terminale del traffico sul Rio delle Amazzoni, e a Santos, terminale ferroviario della linea per il Mato Grosso; sui fiumi Madeira (Porto Velho) e Paraguay (Corumbá); dall'Argentina a Rosario sul Paraná e infine dal Chile ad Arica. La linea ferroviaria dal Paraguay al Pacifico ha aperto gli altopiani boliviani e peruviani al mare: a essa si aggiungono quelle con l'Argentina e la strada panamericana (2800 km). Il traffico aereo ha svolto un ruolo decisivo per i collegamenti interni e a lungo raggio e per l'incremento del flusso turistico (150.000 presenze all'anno) richiamato dalle attrattive del lago Titicaca, dai resti archeologici (Tiahuanaco) e dai picchi andini.
Bibl.: J. V. Murra, Formazioni economiche e politiche nel mondo andino, trad. it., Torino 1980; G. Corna Pellegrini, L'America Latina, ivi 1987.
Storia. - Undici presidenti, di cui solo due eletti, e numerosi colpi di stato danno il quadro sintetico della B. dopo il 1974. La democrazia formale è sempre stata fragile e i partiti, benché numerosissimi, hanno avuto scarsa rappresentatività. I principali attori sino al 1982 furono i militari e il sindacato. Le Forze Armate, nel cui seno ogni alto ufficiale alimenta l'ambizione di diventare presidente, hanno spesso avuto un ruolo egemone, in assenza di un forte ceto borghese. In queste fasi è stata la COB (Central Obrera Boliviana) − che raccoglie operai, contadini, studenti e impiegati − l'unica organizzazione con capacità di resistenza.
Con il 50% degli occupati che lavoravano ancora in agricoltura, un forte nucleo minerario, uno stato divenuto imprenditore nel 1952, la B. conobbe, alla fine degli anni Settanta, una grave crisi legata al declino del finanziamento estero e alla caduta dei prezzi dello stagno. Il prodotto nazionale registrò tassi di crescita negativi mentre l'inflazione, a livelli accettabili fino al 1981, passò al 2177% nel 1984 e all'11.291% (20.000% secondo stime non ufficiali) nel 1985. Solo dal 1986 tale tendenza si è invertita sino a riportare il tasso annuo a due cifre. Parallelamente acquistò sempre maggior peso il commercio illegale di coca, di cui il paese fornisce il 50% del consumo mondiale. Da più di un decennio si sono nutriti forti sospetti di connivenza a tutti i livelli dell'apparato statale e militare nel suo traffico.
Caratterizzata da un clima di repressione e dall'illegalità di partiti e sindacati, la presidenza di H. Bánzer Suárez venne scossa, a partire dal 1977, dalla mobilitazione del movimento operaio. Costretto a consentire il ritorno dei dirigenti politici e sindacali, Bánzer indisse elezioni per il giugno 1978. I numerosi brogli a danno dell'UDP (Unión Democrática y Popular), guidata dal leader populista H. Siles Zuazo, e dell'ala del MNR (Movimiento Nacionalista Revolucionario) che faceva capo a V. Paz Estenssoro, resero indispensabile l'annullamento della consultazione. Il 21 luglio il generale J. Pereda Asbún, che non era riuscito a vincere legalmente, diventò presidente in seguito a un golpe. A novembre un altro colpo di stato lo sostituì col generale D. Padilla. Dopo una marcia per la democrazia e uno sciopero generale, nuove elezioni si tennero nel luglio 1979 e videro la vittoria di Siles Zuazo. Complesse trattative parlamentari portarono alla massima carica il presidente del Senato W. Guevara Arze, in attesa di altre consultazioni. A novembre salì al potere il colonnello A. Natusch Busch, che ebbe l'appoggio di alcuni partiti ma scatenò una feroce repressione. La resistenza popolare limitò l'esperimento a soli 15 giorni. I militari tornarono in caserma ma condizionarono le scelte del presidente ad interim L. Gueilers Tejada. Le misure di austerità adottate scatenarono un'intensa agitazione sociale conclusasi con alcune modifiche delle stesse. Nel luglio 1980 le elezioni videro l'avanzata delle sinistre.
Per impedire lo sbocco costituzionale, un golpe portò alla presidenza il generale L. García Meza. I primi mesi furono di repressione violenta, con arresti e omicidi (da parte di gruppi paramilitari) di politici e sindacalisti. Il debito estero crebbe a dismisura. Nel settembre 1981 García venne sostituito dal generale C. Torrelio Villa, che liberò il mercato valutario dando inizio all'iperinflazione. Nel luglio fu rimpiazzato dal generale G. Vildoso Calderón. Nel settembre 1982 uno sciopero generale per il ritorno alla democrazia convinse i militari a rispettare i risultati elettorali del 1980.
L'ascesa al potere di Siles Zuazo nell'ottobre coincise con l'acuirsi della crisi economica: stretto nella morsa del debito estero, dell'evasione fiscale, della corruzione e inefficienza dell'amministrazione pubblica, di calamità naturali che devastarono le campagne approfondendo la penuria di beni e accelerando il tasso d'inflazione, osteggiato dal sistema finanziario internazionale, il governo non ebbe spazi di manovra, tanto più che le agitazioni sociali crebbero d'intensità.
Il movimento popolare, consapevole che il ritorno alla democrazia era stato ottenuto grazie alla sua azione, non intendeva pagare i prezzi di una crisi sino a quel momento associata alla gestione militare. Le difficoltà congiunturali resero però impossibile una politica d'investimenti nel settore pubblico. Di fronte all'assenza di mutamenti significativi e ai piani per risanare l'economia, le manifestazioni di protesta si susseguirono, condizionando il governo e culminando nello sciopero generale di 18 giorni del dicembre 1984. Di fronte agli attacchi provenienti da più fronti, Siles accettò la richiesta formulata da esponenti della COB di accorciare il suo mandato di un anno.
Le elezioni del giugno 1985 segnarono la sconfitta della sinistra (1/4 dei voti rispetto al 1980). Bánzer ottenne il maggiore numero di preferenze, seguito da vicino da Paz, che venne scelto dal Parlamento come presidente. L'accordo fra i due fu formalizzato nell'ottobre attraverso il Patto per la Democrazia, che servì anche a definire la distribuzione del potere. Nel maggio 1986 una nuova legge elettorale sottrasse spazio ai partiti minori. Sul piano economico, pochi giorni dopo la sua elezione, il leader della rivoluzione del 1952 varò una serie di misure di stampo liberistico, raccomandate dal Fondo Monetario Internazionale, che riducevano drasticamente il ruolo dello stato nell'economia e reintroducevano ferree leggi di mercato. La manovra diede risultati significativi ma con costi sociali gravissimi. La COB reagì con una serie di scioperi che vennero sconfitti ricorrendo allo stato d'assedio e alla deportazione di sindacalisti.
Nella seconda metà degli anni Ottanta si è verificato un tentativo di canalizzare la vita politica nel sistema istituzionale, eliminando quei poteri reali e in qualche modo alternativi che da decenni caratterizzavano la realtà boliviana. Ciò è stato possibile a causa dell'indebolimento della COB che, dopo aver rappresentato il principale punto di forza nella lotta contro le dittature, ha giocato un ruolo di primissimo piano nella disgregazione del regime di Siles.
In realtà, il primato storico del sindacato sul partito ha fornito al primo una grande capacità di ostruzione, alimentando illusioni di pansindacalismo che non si sono tradotte in vocazioni propositive. La vittoria del fronte conservatore è stata lo specchio della crisi della sinistra e del sindacato, le cui difficoltà dipendono anche dal declino del settore minerario (suo tradizionale punto di forza) e dal ridursi delle attività produttive a favore dell'economia della coca. Al di là della constatazione che i partiti non sembrano ancora presentare segni di rinnovamento, ancorati come sono al caudillismo dei singoli personaggi, il problema della droga costituisce il nodo principale di una possibile evoluzione politica. I suggerimenti statunitensi di distruggere le piantagioni appaiono infatti irrealistici in un paese in cui 200.000 contadini dipendono da esse, ricavandone un reddito superiore a quello medio.
Il fenomeno della droga (3 miliardi di dollari annui contro i 4 del PIL) ha attratto la progressiva attenzione del governo. Nel 1986 fu varato un piano per sradicare la coltivazione di 50.000 ettari di coca, piano che fallì anche per lo scarso appoggio finanziario degli Stati Uniti ai programmi di sviluppo alternativo delle aree interessate. Tutto ciò mentre la situazione sociale della B. registrava sintomi di forte deterioramento nel quinquennio 1985-89 a causa della politica neoliberista che ha causato una diminuzione del 37% dei salari reali, mentre la disoccupazione è salita al 20% e la sottoccupazione al 60%.
Le elezioni presidenziali del maggio 1989 hanno visto appaiati, intorno al 23-25% dei voti, tre personaggi: Bánzer (ADN), G. Sánchez de Lozada (MNR) e J. Paz Zamora (MIR). Non avendo nessuno dei candidati ottenuto la maggioranza assoluta, il Parlamento ha scelto, ad agosto, Paz Zamora, che aveva riportato il minor numero di suffragi. Fondatore nel 1971 del guevarista MIR (Movimiento de Izquierda Revolucionária), feroce oppositore di Bánzer sino al 1985, Zamora aveva conosciuto la clandestinità e il carcere negli anni Settanta. Il suo movimento ha operato una profonda revisione dottrinaria spostandosi su posizioni socialdemocratiche ed entrando nell'Internazionale Socialista. L'ascesa di Zamora alla presidenza è il risultato di un accordo con Bánzer che ha portato a un governo di coalizione e alla spartizione paritaria dei ministeri fra ADN e MIR. Si ritiene che il governo del paese sia rimasto di fatto nelle mani di Bánzer al quale fanno capo i ministri più importanti. La presenza di Bánzer (compromesso con il traffico di droga) e dei suoi uomini sembra indebolire la lotta alla coca, che con l'aiuto degli USA ha portato alla distruzione nel 1990 di 6500-8000 ha. Si calcola che siano 100.000 gli ha a coca, ben più remunerativi di ogni altra coltura: la distruzione determina la resistenza dei contadini poveri e delle forze politiche antiamericane del paese.
Bibl.: AA.VV., Narcotrafico y política, Madrid 1982; F. Calderón, La política en las calles, La Paz 1982; R. J. Alexander, Bolivia: past, present and future of its politics, New York 1982; H. S. Klein, Bolivia: the evolution of a multi-ethnic society, ivi 1982; Modern-day Bolivia: legacy of the revolution and prospects for the future, a cura di J. R. Ladman, Tempe (Arizona) 1982; Bolivia hoy, a cura di R. Zavaleta, Città di Messico 1983; S. Rivera, Oprimidos pero no vencidos, Hisbol 1984; J. Dunkerley, Rebellion in the veins: a political struggle in Bolivia 1952-1982, Londra 1984; Crisis, democracia y conflicto social, a cura di R. Laserna, Cochabamba 1985; Bolivia: la fuerza histórica del campesinado, a cura di F. Calderón e J. Dandler, La Paz 1986; J. M. Malloy, E. Gamara, Revolution and reaction: Bolivia 1964-1985, New York 1988.
Letteratura. - Due linee fondamentali definiscono la letteratura boliviana degli ultimi venticinque anni: da una parte la continuazione dei moduli di realismo che hanno permeato tutta la produzione di questo secolo e, dall'altra, il rinnovamento formale. La letteratura realista (con le sue etichette di "indigenista" e minera), pur cambiata sostanzialmente nella forma e nell'uso del linguaggio, continua a dominare la scena culturale di un paese in cui la comunicazione letteraria, fortemente legata al contesto, è ancora uno strumento di denuncia.
La guerra del Chaco (1932-35), il MNR con la conseguente nazionalizzazione delle miniere (1952) e la riforma agraria (1955), insieme con il movimento di guerriglia del Che Guevara, costituiscono ancora oggi punti di riferimento del discorso letterario boliviano. A queste tematiche si è aggiunto negli ultimi anni, sulla scia di tendenze continentali, il tema della città. Alle strutture tradizionali della narrativa si sostituiscono registri più variati e tecnicamente più elaborati.
Fra le opere più importanti del rinnovamento del romanzo ricordiamo Cerco de penumbras (1958) di O. Cerruto (1912-1981) e Los deshabitados (1959) di M. Quiroga Santa Cruz (1931-1980). In Cerruto il quotidiano è visto attraverso il filtro dell'onirico, dell'incubo e della malattia mentale. L'immaginario di Quiroga Santa Cruz investe invece il percorso di una coscienza lucida e atea, che si scontra con le convenzioni della religione e della società. Il suo linguaggio sobrio e preciso è il segno più evidente del processo di rinnovamento del discorso narrativo boliviano.
Per quanto riguarda la corrente indigenista − sempre su una linea di realismo critico − in cui le tematiche dominanti sono il "prima" e il "dopo" della riforma agraria, emerge la figura del romanziere e saggista J. Lara. Scrittore bilingue, profondo conoscitore della cultura contadina della valle di Cochabamba, affida alle sue opere non solamente la condanna dello sfruttamento dell'indio da parte del bianco, ma anche quella del cholo (il "meticcio"), che ha aderito alla cultura del primo. Nella sua trilogia, iniziata nel 1959 con Yawarninchij, nuestra sangre e completata da Sinchicay (1962) e Llalliypacha, tiempo de renacer (1965), Lara elabora una critica della situazione del contadino quechua che, malgrado le aspettative create dalla riforma agraria, continua a vivere in condizioni disperate. Anteriormente Lara si era affermato con Repete. Diario de un hombre que fué a la guerra del Chaco (1937), Zurumi (1943), Yanacuna (1952) e Suymapura (1971).
Per la cosiddetta narrativa minera segnaliamo N. Taboada Terán, autore di El precio del estaño (1960), e R. Poppe, che nel romanzo La Khola (1978) sceglie come ambiente le viscere infernali della miniera. La novità del romanzo di Poppe non consiste però nello spostamento dall'esterno all'interno della miniera, bensì nell'indagine su questo mondo sotterraneo, regolato da leggi del tutto particolari, con analisi di derivazione anche psicanalitica.
Gli avvenimenti legati alla guerriglia del Che sono invece l'oggetto del romanzo Los Fundadores del Alba (1969) di R. Prada Oropesa (n. 1937), in cui il messaggio cristiano s'intreccia con quello rivoluzionario; mentre il romanzo più importante sulla rivoluzione dell'MNR è Los muertos están cada día más indóciles (1972) di F. Medina Ferrada. A. Von Vacano unisce alle tematiche della guerriglia, Los réprobos (1971), l'analisi delle storie personali dell'individuo in rapporto al tessuto urbano di La Paz in Sombra de exilio (1971), El apocalipsis de Antón (1972) e Morder el silencio (1980).
Il teatro boliviano non ha avuto lo sviluppo che lasciavano sperare le generazioni della fine del 19° secolo. Negli anni Cinquanta si può notare un tentativo di rinnovamento della vecchia tradizione con le opere di autori come E. Vaca Guzmán, V. H. Villegas, F. Medina Ferrari e G. Francovich. Ma è a partire dal 1967 che il teatro nazionale esce dagli schemi tradizionali. Tra i drammaturgi di maggior rilievo ricordiamo S. Suárez Figueroa (1923-1968), autore de La peste negra (1967); G. Suárez (n. 1928), R. Crespo, famoso per la sua trilogia La plaza de maíz (1969), La promesa verde (1972) e Alfarero de marzo (1973).
Il panorama della lirica boliviana è piuttosto povero. Tra i poeti più rappresentativi ricordiamo O. Cerruto: tra le sue raccolte, particolarmente significative Estrella segregada (1973) e Cántico traspasado (1976). J. Sáenz (n. 1921) è poeta raffinato che contribuisce a rinnovare la poesia boliviana, ancora legata a residui di modernismo nonostante l'apporto innovativo dello stesso Cerruto. Sáenz riesce a realizzare luminose costruzioni poetiche soprattutto in Recorrer esta distancia (1973) e Bruckner, las tinieblas (1978). Tra i poeti delle ultime generazioni ricordiamo P. Shimose (n. 1940), autore, fra l'altro, di Poemas para un pueblo (1968), Quiero escribir pero me sale espuma (1972) e Reflexiones Maquiavélicas (1980).
Bibl.: G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985; J. Sanginés, Tendencias actuales de la literatura boliviana, Minneapolis-Valencia 1985.
Arte. - Dopo gli splendori del vicereame del Perù, del quale la B. faceva parte, la pittura boliviana si è andata chiudendo nell'allegoria letteraria, solo in alcuni casi alleviata dalla paesaggistica. Anche la felice stagione della scultura lignea policroma barocca del periodo coloniale a poco a poco è degenerata fino allo stereotipo in gesso. Già nel 190 sec. l'Italia subentra alla Spagna come modello di riferimento nel campo della scultura: nel 1918 intraprendono un viaggio di studio a Roma U. Rodríguez (1883-1941) e A. Guardia (1896-1977), fondatore nel 1926 dell'Academia de Bellas Artes a La Paz e poi di quella di Cochabamba. Entrambi non si allontanano dalla loro formazione accademica.
Paese povero, poco popolato, instabile politicamente, stretto in mezzo al Sudamerica, senza sbocchi sul mare, anche artisticamente la B. è segnata dalla precarietà, dall'isolamento e da una produzione ridotta. Neanche la ricchezza prodotta dallo sfruttamento dello stagno e della gomma propizia cambiamenti nei due primi decenni del secolo. A interrompere questa situazione è C. Guzmán de Rojas (1900-1950), con un'arte nazionalista il cui soggetto ossessivo è l'indio − stragrande maggioranza della popolazione − presentato in modo sia stilizzato che accademico: Guzmán de Rojas ha culturalmente il merito di richiamare l'attenzione sulla realtà boliviana, cercando di riagganciarsi, negli ultimi anni di vita, anche con la tradizione ispano-india.
La guerra del Chaco (1932-35) contro il Paraguay è stata per l'arte un evento determinante: alcuni artisti, chiamati come soldati al fronte, commossi dal dolore disegnano e dipingono la guerra, lasciando il formalismo accademico per un espressionismo più adatto all'immediatezza dell'esecuzione, alla crudeltà del soggetto e ai sentimenti che suscita in loro e che vogliono comunicare. Oltre Guzmán de Rojas, sono da menzionare G. Coimbra (1908-1976), A. Reque Meruvia (1906-1967), che si firma Kémer, J. de la Reza (1901-1961), G. Ibáñez (m. 1979).
La pittura di tendenza sociale, che si accentra sui temi nazionali nei quali l'indio ha un ruolo primario (l'Indigenismo), ha i suoi epicentri a La Paz e a Chuquisaca. M. Alandia Panteja (1914-1975), e W. Solón Romero (n. 1925) sono i capiscuola del muralismo sociale boliviano, che segue quello messicano. Nel nazionalismo muralista militano anche L. Vaca (n. 1930), J. Imaná (n. 1930) e suo fratello Gil (n. 1933): tutti e tre fecero parte del gruppo Anteo, fondato da Solón Romero.
Nel 1952 il Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR) arrivò al potere, con il presidente Paz Estenssoro, e gli artisti del figurativismo nazionalista vi aderirono. Da quell'anno comincia una politica di appoggio all'arte: si creano a La Paz il Premio Anual Pedro Domingo Murillo e il Salón Nacional; ufficialmente si acquistano opere e si organizzano mostre.
L'arte astratta arriva tardi. Nel 1953 si organizza una collettiva a La Paz con la partecipazione di otto pittori, nella quale il riferimento più ricorrente è il cubismo. Da qui s'innesca un processo di riduzione e stilizzazione dell'immagine che conduce all'astratto. È forte la collisione dell'idea universale dell'arte con quella figurativa di tradizione locale. Bisogna precisare che in B. l'Indigenismo è stato un passo obbligato per quasi tutti gli artisti contemporanei e che oggi, a distanza, le differenze tra la tendenza astratta e quella figurativa appaiono attenuate, poiché non è il tema l'unico depositario dei contenuti dell'opera, ma anche le elaborazioni astratte esprimono lo spirito vernacolare con grande efficacia.
L'astratto ha la sua roccaforte a La Paz. Tra i protagonisti ci sono A. Pacheco (1910-1983) e M. L. Pacheco (1919-1982), che raggiunge fama continentale. Nell'opera di quest'ultima la critica scorge l'aria tersa e la luce chiara e limpida delle Ande: pittura a base di piani traslucidi e con l'incorporazione di tessiture di sabbia, di tela corrugata, di legni di balsa. Anche O. Pantoja (n. 1925) si situa nella linea lirica di cattura dell'incorporeo andino. Altri astrattisti sono A. La Placa (n. 1929), A. Da Silva (n. 1937), G. Rodríguez (n. 1932) e la neomaterica I. Córdova (n. 1927). Risultato dialettico dell'attrito tra figurativismo sociale e astrazione è un figurativismo schematico che tratta però temi sociali, del quale Z. Linares (1928-1961) è uno dei rappresentanti, così come M. Chiri Barrientos (n. 1930) ed E. Arnal (n. 1932).
Nel campo della scultura la personalità più nota a livello internazionale è M. Núñez del Prado (n. 1910), che dall'iniziale Indigenismo giunge a stilizzazioni antropomorfe, ma anche zoomorfe, basate su volumi curvilinei che si riagganciano esteriormente al mondo di H. Arp, ma che in realtà vogliono catturare la sinuosità delle montagne andine: materiali boliviani servono per la sua opera, dal granito di Comache al basalto, all'onice, all'alabastro rosato, al legno di guayacán. Nel 1952 la Núñez del Prado ha rappresentato la B. alla Biennale di Venezia.
Ricerche di essenzializzazione della forma sono anche condotte da E. Luján (1910-1976) e da R. Terrazas (1924-1989). Vedi tav. f. t.
Bibl.: F. Diez de Medina, El velero matinal, La Paz 1935; R. Villarrel Claure, Arte contemporáneo, Buenos Aires 1952; H. Vásquez Machicado, J. de Mesa, T. Gisbert, Manual de historia de Bolivia, La Paz 1958; J. de Mesa, T. Gisbert, Pintura contemporánea, 1952-1962, ivi 1962; O. Tapia Claure, Los estudios de arte en Bolivia (Intento de bibliografía crítica), ivi 1966; Enciclopedia del arte en América, 5 voll., Buenos Aires 1968.
Architettura. - Lo studio dell'architettura boliviana si suddivide in tre grandi periodi: preispanico, coloniale e repubblicano. La creazione dell'Audiencia di Charcas (1551) segnò il futuro stato boliviano. Dal punto di vista giuridico l'Audiencia di Charcas aveva fatto parte del viceregno peruviano fino al 1776, anno in cui venne incorporata nel viceregno del Río de la Plata, fino al 1811; pertanto i limiti attuali fra Perú e B. sono puramente politici, ed è per questa ragione che l'architettura peruviana delle sponde del lago Titicaca e l'architettura boliviana presentano molti punti in comune.
A partire dal periodo coloniale l'architettura boliviana entrò in contatto con l'Occidente evolvendosi parallelamente all'architettura europea. Lo stile rinascimentale, il cui sviluppo giunge al 1630, è il primo a diffondersi. Durante il primo secolo, considerato un periodo di formazione, il Rinascimento è caratterizzato dal pluralismo degli stili che motiva le opere appartenenti al 16° sec. e la mancanza di unità organica che si rileva negli edifici di quel momento. Le opere realizzate fra il 1570 e il 1630 sono prevalentemente manieriste. I primi esempi di architettura barocca, nel viceregno peruviano, appaiono verso il 1630. Da quel momento questo stile si sviluppa in base ai modelli importati dall'Europa, concretamente spagnoli, senza particolari innovazioni, fino alla fine del 17° secolo.
A partire dal 1660 nell'ambito del Barocco nasce una nuova tecnica, i cui limiti cronologici e geografici si possono localizzare fra il 1680 e il 1790 in un'area, relativamente ristretta, che va da Arequipa fino a Potosí, percorrendo le coste del lago Titicaca e comprendendo tutto quel territorio che gli Indios chiamavano Collasuyo. Questa nuova tendenza architettonica viene definita ''stile meticcio'', poiché, su una base di elementi strutturali europei e servendosi di un lessico ornamentale occidentale, sviluppa una decorazione i cui temi iconografici sono caratterizzati da vari motivi, quali flora e fauna tropicali, motivi classici di derivazione manierista, simboli precolombiani ed elementi cristiani pre-rinascimentali. L'architettura meticcia non solo fa appello alla favolistica classica nella decorazione, ma rende anche di nuovo attuali i motivi grotteschi europei. A differenza del Barocco europeo, lo stile meticcio conferma la sua fedeltà, nell'architettura religiosa, alla pianta a croce latina, tralasciando gli impianti curvilinei e sviluppando un sistema con atrio e cappelle esterne.
Questa tipologia, che appare inizialmente in Messico, s'instaura in seguito anche nel viceregno del Perú, e riflette lo speciale sentimento religioso tipico delle culture precolombiane. In essa si propugnava il culto all'aria aperta, per cui si creavano spazi aperti in grado di riunire un gran numero di persone e si manteneva il culto dei morti. Le cappelle aperte dell'Alto Perú si differenziano da quelle messicane in quanto caratterizzate dalla presenza di una cappella in più, generalmente centrale, la cappella del Miserere, dove si vegliavano i morti. L'espressione più interessante di questa architettura è il santuario di Copacabana che sorge sulle rive del lago Titicaca.
A partire dal 1675 i Gesuiti si stabilirono a est del fiume Beni, nelle pianure di Moxos, e fondarono la missione di Nostra Signora di Loreto sulle rive del fiume Mamoré. Nel 1691 iniziarono la conquista di Chiquitos e fondarono il paese di San Javier. Quando, nel 1767, furono espulsi dall'America, avevano fondato 15 missioni a Moxos e 10 a Chiquitos. Lo splendore di La Paz, la grande città della regione del Collao, risale al 18° sec., epoca in cui vengono edificati i suoi principali monumenti civili e religiosi, fra i quali la chiesa di San Francesco, iniziata intorno al 1750 e terminata vent'anni dopo, che è l'edificio più rappresentativo dello ''stile meticcio'' in questa regione.
Intorno alla metà del 17° sec. ha inizio nella Villa Imperial de Potosí, situata a 4000 m di altezza, lo stile barocco che giungerà al massimo del suo splendore nel 18° secolo. Alla chiesa della Compagnia, oggi scomparsa, vennero aggiunte un'importante facciata e una torre monumentale, ambedue realizzate dall'indio Sebastián de la Cruz. Di tutti i templi della zona di Potosí, quello che meglio rappresenta il momento culminante dello stile meticcio e del barocco di Potosí è la chiesa di San Lorenzo, la cui facciata risale agli anni fra il 1728 e il 1744. La casa della Moneda, costruita fra il 1759 e il 1773, è l'edificio con la superficie coperta più estesa. La chiesa cattedrale di Potosí, edificata fra il 1819 e il 1836, chiude il ciclo del Barocco in B. ed è l'ultima delle grandi cattedrali americane.
Agli inizi del 19° sec. scoppiò la guerra d'indipendenza. Tutte le opere iniziate in questo periodo vennero proseguite e altre nuove se ne iniziarono, di modo che l'architettura non risentì di alcun cambiamento, almeno fino al 1835. Si costruiva in stile neoclassico con molti elementi barocchi. La figura più rappresentativa di questo periodo è il francescano M. Sanahuja, autore del progetto della chiesa cattedrale della città di La Paz, al quale partecipa anche F. Beltres. Altro architetto di spicco è J. Núñez del Prado, nativo del luogo.
Lo stile neoclassico del primo quarantennio del 19° sec. segue i trattati di architettura, e soprattutto quello del Vignola, mentre lo stile coloniale persiste nell'architettura civile. Nelle facciate esterne di questi edifici si fa uso di balconi con balaustre di legno o di ferro. Intorno alla metà del 19° sec. scompare ogni traccia dello stile meticcio nelle facciate degli edifici. Durante la Repubblica si adopera un'architettura d'imitazione europea; si può pertanto parlare di un'architettura eclettica, che deve gran parte della sua diffusione al ritorno dei Gesuiti che adoperano nelle loro costruzioni lo stile neogotico. I principali rappresentanti di questa tendenza architettonica sono: il gesuita spagnolo E. Morales, autore del Collegio di San Callisto, a La Paz (1882), e A. Camponovo, che lavora a La Paz e a Sucre.
Nei primi decenni del 20° sec. si rileva la presenza dell'art nouveau soprattutto nelle facciate degli edifici. Gli autori più rappresentativi di questo stile sono B. Loza e A. Quino. Dopo la caduta del governo liberale, nel 1920, si delinea una nuova tendenza architettonica che, basandosi sull'utilizzazione di elementi precolombiani e coloniali, cerca di creare un proprio stile. La figura più rilevante di questa tendenza neocoloniale è l'architetto E. Villanueva che, nella sua ricerca di uno stile nazionale, finisce per aderire al funzionalismo. La sua opera più importante è l'edificio centrale dell'università di San Andrés a La Paz (1948).
Le tendenze moderne si diffondono a poco a poco nelle principali città della B.; nel loro ambito spicca il progetto dell'università di Oruro (1971), degli architetti G. Madeiros e F. Anaya. Lo stesso studio ha realizzato varie ville e altri edifici residenziali. Un altro rappresentante di questa tendenza è A. Torres, autore del Club Alemán a La Paz e dell'edificio dei giacimenti petroliferi a Santa Cruz de la Sierra. Durante il decennio 1970-80 si evidenzia in B. lo stile moderno internazionale con il progetto dell'Hotel Sheraton di La Paz.
Bibl.: F. Bullrich, Nuevos caminos de la arquitectura latinoamericana, Barcellona 1969; R. Gutiérrez, Arquitectura y urbanismo en Iberoamérica, Madrid 1983; J. de Mesa, T. Gisbert, Arquitectura andina. Historia y análisis, La Paz 1985; J. Bernaldes Ballesteros, Historia del arte hispanoamericano. Siglos XVI a XVIII, vol. 2, Madrid 1987; D. Bayón, Historia del arte hispanoamericano. Siglos XIX y XX, vol. 3, ivi 1988; L. Castedo, Historia del arte ibero americano, precolombino. El arte colonial, vol. 1, ivi 1988.
Cinema. - In epoca pioneristica si sviluppa in B. una modesta attività documentaria dovuta soprattutto a L. Castillo, primo cineasta boliviano. Verso la metà degli anni Venti cominciano ad apparire i primi lungometraggi di fiction: La profecía del lago (1923) di J. M. Maidana, Corazon aimara (1925) dell'italiano P. Sambarino, La gloria de la raza (1926) di L. Castillo e A. Posnansky, che trattano in modi diversi temi legati alla vita e alla storia degli Indios. Il film più celebrato dell'epoca del muto è Wara-Wara (1929), di V. Maidana, che ha per soggetto una leggenda sugli Incas.
Il primo lungometraggio sonoro, La guerra del Chaco, esce nel 1936 a opera di L. Bazoberry. Tuttavia è il documentarismo che, fin dai primordi, costituisce il settore più frequentato dalla cinematografia boliviana e l'unico capace d'imporsi con una certa continuità quando, dopo l'avvento del sonoro, la produzione di fiction si arresta quasi totalmente per una ventina d'anni.
Con la rivoluzione del 1952 nasce un documentarismo militante direttamente sovvenzionato dell'Istituto Boliviano di Cinema (IBC), un organismo governativo creato nel 1953. A. Roca e J. Ruiz rappresentano le personalità più rilevanti in questo campo; a loro si devono, oltre a un numero sterminato di cortometraggi, alcune tra le più importanti opere documentarie di tutto il cinema nazionale: Vuelve Sebastiana (1953), su una comunità indios in estinzione, e La Vertiente (1958), firmata dal solo Ruiz, che narra la storia di un paese in lotta per procurarsi l'acqua potabile.
Intorno al 1960 inizia a lavorare anche J. Sanjinés, che dopo il colpo di stato del gen. R. Barrientos assume la direzione dell'IBC e realizza, nel 1965, Ukamau, un film contro corrente sui rapporti tra Indios e meticci che porta alla chiusura dell'IBC. Insieme a O. Soria, sceneggiatore, e R. Rada, direttore di produzione, Sanjinés fonda il Grupo Ukamau che teorizza e pratica un cinema rivoluzionario, antiregime. Al gruppo si unisce A. Eguino, direttore della fotografia, per realizzare Yawar malku ("Sangue di condor"), ispirato alle vicende reali di un sindacalista contadino. Si tratta di un film dichiaratamente militante che alla sua uscita, nel 1969, provoca addirittura una manifestazione popolare. A causa del colpo di stato del 1971 il lungometraggio successivo, El coraje del pueblo, verrà concluso da Sanjinés in esilio. Soria ed Eguino sceglieranno al contrario di non abbandonare il paese continuando il loro discorso progressista, ma entro i limiti imposti dal regime.
Con il colpo di stato del 1980 e l'avvio del processo democratico, mentre si aprono nuove prospettive a livello culturale, dal punto di vista produttivo-industriale non viene attuata alcuna ristrutturazione e la sorte del cinema rimane incerta e difficile, non adeguatamente protetta dallo stato, sempre più insidiata dalla liberalizzazione della televisione. Tuttavia nel 1984, dopo un decennio in cui non si è superata la media di un film all'anno, e nonostante la perdurante grave crisi economica, si producono cinque lungometraggi. Tra questi possiamo ricordare Las banderas del Amanecer di Sanjinés e B. Palacies, un documentario sulle lotte popolari nei primi anni Ottanta; Amargo mar, terzo film di Eguino, che sviluppa un soggetto storico raccontando in modo originale la cosiddetta 'Guerra del Pacifico', combattuta contro il Chile; Tinku - El encuentro di J. Miranda, storia di un bambino boliviano adottato da una coppia di turisti americani, che da grande torna al suo paese di origine per riscoprirne le tradizioni; Los hermanos Cartagena di P. Agazzi, in cui si ricostruiscono gli ultimi trenta anni di storia nazionale attraverso le vicende private di due fratelli.
Bibl.: Bibl.: G. Hennebelle, A. Gumicio-Dagron, Les Cinémas de l'Amerique Latine, Parigi 1981; America latina: lo schermo conteso, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Venezia 1981