CALABRIA
(gr. Βϱεττία; lat. Bruttium)
Regione dell'Italia meridionale corrispondente all'estremità della penisola, estesa tra il Tirreno e lo Ionio, il fiume Sinni - in seguito dal massiccio del Pollino che ne costituisce ancora il confine settentrionale - e lo stretto di Messina. La C., facente parte della Regio III Italica nella divisione augustea, ha assunto l'attuale denominazione solo nel sec. 7° d.C., quando Bisanzio trasferì il nome di C. dal Salento a questo territorio, nell'ambito della ristrutturazione politico-amministrativa conseguente alla discesa dei Longobardi nell'Italia meridionale.Fino alla metà del sec. 11° la regione rimase sotto l'influenza bizantina, alimentata anche, a partire dal sec. 7°, dall'influsso di monaci orientali in fuga dalla Siria, dalla Palestina, dall'Egitto e poi dalla Sicilia e ulteriormente stabilizzata nella seconda metà del sec. 9° da Niceforo Foca, che riorganizzò il dominio dell'impero d'Oriente nel Mezzogiorno italiano. Durante questo periodo, la C. non fu priva di rapporti con il resto della penisola e con l'Occidente europeo, per l'attestarsi, ai suoi confini settentrionali, dei Longobardi, i quali con Autari si sarebbero spinti fino a Reggio (Paolo Diacono, Hist. Lang., III, 32): impresa leggendaria che anticipa i tentativi di conquista operati da Carolingi e Sassoni, il più noto dei quali è la sfortunata spedizione di Ottone II (982). Dopo la conquista della Sicilia (896), le coste calabre furono costantemente minacciate e sottoposte a razzie e saccheggi da parte degli Arabi, che invece non vi stabilirono insediamenti, se non temporanei o effimeri (Amantea, Santa Severina, Tropea, Squillace, forse Reggio).La conquista normanna modificò totalmente l'assetto regionale con l'introduzione dell'organizzazione feudale e l'immissione di nuclei di monaci benedettini (S. Maria della Matina, 1061; S. Eufemia, 1062; Mileto, 1070), certosini (S. Stefano del Bosco, 1091) o di altri ordini religiosi (Bagnara, 1083 ca.), ai quali fu affidato sia il compito di ristrutturazione economico-agricola del territorio sia quello di assorbimento dell'elemento monastico greco, nel quadro più generale della riconversione del paese al rito romano, attuata in accordo con il papato, mediante l'affidamento delle maggiori diocesi al clero di origine normanna o latina. Aspetto complementare, ma non secondario, di questa politica furono gli interventi sui centri urbani, antiche sedi vescovili o nuovamente elevati a tale dignità (Reggio, Nicastro, Mileto, Squillace, Catanzaro). Nei decenni successivi alla proclamazione del regno (1130) e nell'età sveva, la C. conobbe un periodo di relativa stabilità e prosperità, durante il quale fiorirono le comunità monastiche latine (Cistercensi, alla Sambucina dal 1160 ca., e Florensi) e greche (S. Maria del Patir), e di cui si avvalsero anche le città; fu tenuto a freno il baronaggio, migliorata l'agricoltura, favoriti gli scambi (tuttavia limitati dalla scarsità di porti sicuri), garantita infine l'efficacia dell'amministrazione locale con l'istituzione di due giustizierati: di Valliscrata o Terra Iordana, corrispondente alla C. settentrionale, e di Calabria o Calabria ulterior. La suddivisione fu poi confermata, portando il confine amministrativo al fiume Neto (Calabria citra e Calabria ultra Neaethum).La situazione mutò in peggio con l'avvento degli Angioini, quando la regione fu dapprima coinvolta nelle lotte tra Manfredi e Carlo d'Angiò, poi percorsa e divisa dalla guerra del Vespro (la C. citeriore con Napoli e i Francesi, quella ulteriore, eccetto le contee di Catanzaro e Crotone, per i Siciliani). Iniziò così il progressivo impoverimento del territorio, a causa del disboscamento richiesto dalle necessità militari e per la crisi dell'agricoltura dovuta alla fuga delle popolazioni; mali cui si aggiunsero poi l'inasprirsi del feudalesimo (trasformato da personale in successorio) e il concentrarsi della proprietà terriera nelle mani di poche famiglie, con il conseguente affermarsi di un baronaggio riottoso e insofferente del potere centrale, cui d'altra parte corrispose l'avido e oppressivo fiscalismo regio. Fu un periodo di profonda decadenza e abbandono, che conobbe un'inversione di tendenza intorno alla metà del sec. 15° sotto Alfonso I e Ferrante (difesa delle libertà cittadine; sviluppo delle attività commerciali e artigianali, in particolare della produzione della seta, grazie alla libertà di traffici concessa agli ebrei; ripopolamento di terre abbandonate, favorendo l'immigrazione albanese), con effetti però solo relativamente soddisfacenti nelle campagne oppresse dalla miseria, dove violente rivolte contadine furono represse nel sangue.Gli effetti della dominazione bizantina sulla spiritualità e sulla cultura calabrese furono profondi e durevoli anche oltre i limiti storici dell'amministrazione di Costantinopoli in Italia; ma poco e frammentario è quanto resta, riferibile a tale periodo (secc. 6°-11°), del patrimonio artistico regionale, che fu alimentato nel sec. 7° con l'importazione da parte di monaci basiliani di oggetti di arte siro-palestinese e copta (medaglioni, crocette devozionali, codici miniati); tra questi il codex purpureus Rossanensis (Rossano Calabro, Mus. Diocesano), evangeliario affine a esemplari antiocheni forse proveniente da Cesarea di Palestina (de' Maffei, 1980), variamente datato tra la metà del sec. 5° e la fine del 6° (Codex Purpureus, 1987). I caratteri orientali di queste opere furono ripresi dalla produzione locale, in alcuni casi non esente anche da influssi islamici, e in altri, forse per influenza dell'area longobardobeneventana, da significative adesioni a modelli occidentali, che si intensificarono nei secc. 10° e 11° e soprattutto dalla seconda metà di quest'ultimo; pertanto, se la pittura si mantenne su una linea di derivazione bizantina almeno fino al sec. 13°, la scultura, finora poco studiata (San Demetrio Corone, Mileto), testimonia la presenza di influssi diversi e in campo architettonico si registrano chiari innesti di matrice settentrionale. Comunque sia, il perdurare della tradizione bizantina, cui si è fatto cenno, insieme con il ricorrere di soluzioni arcaizzanti, rende spesso problematica la datazione di molte opere, per le quali si arriva a fluttuazioni anche di più di un secolo.Generalmente attribuito al sec. 9° è il battistero di Santa Severina (con ambulacro su otto colonne e, originariamente, quattro bracci in forma di croce), forse antica cattedrale della città, nel quale i caratteri bizantini si fondono a permanenze tardoantiche; discussa è invece la datazione delle chiese a croce greca inscritta con cupole: per la Cattolica di Stilo la recente individuazione di uno strato di pitture più antico di quelle finora note, e attribuito alla fine del sec. 10°-inizi 11° (Di Dario Guida, 1978), indurrebbe ad anticipare l'epoca di costruzione accolta dalla maggior parte degli studiosi.Impiegato durante un ampio arco di secoli e in tutto il territorio regionale, dove prevale su ogni altro modello di tradizione bizantina, è un tipo di piccole chiese rettangolari a navata unica con abside talvolta affiancata da absidiole (estradossate o ricavate nello spessore del muro), di cui la Panaghia di Rossano (sec. 11°) rappresenta l'esempio più nobile; il tipo talora si complica per la presenza di una cupola, come in S. Filomena di Santa Severina, con alto tamburo ornato di colonnine; questa chiesa presenta inoltre un succorpo o cripta estesa all'intera pianta.Con l'avvento dei Normanni giunse in C., forse già nell'abbazia di S. Eufemia (Schwarz, 1942-1944; Bottari, 1948), un modello di edificio chiesastico con caratteri franco-cluniacensi, che nella Trinità di Mileto appaiono fusi a una cupola e all'impianto basilicale proprio della tradizione campano-cassinese (Occhiato, 1977), dando luogo a una soluzione adottata anche nella cattedrale della stessa Mileto e in quella di Gerace, quest' ultima con disposizione del capocroce e con arcate cieche sulle fiancate affini a esempi protoromanici.Rinnovati contatti con l'architettura comnena di Costantinopoli (nicchie e archeggiature sulle absidi), con la Campania (archi intrecciati, tarsie pavimentali e murarie) e soprattutto con la Sicilia sembrano emergere da alcune costruzioni riferibili alla fine del sec. 11° o al 12°, come il S. Giovanni Vecchio di Stilo (presso Bivongi) e il Patirion di Rossano; in aggiunta a tali caratteri, le maestose rovine della c.d. Roccelletta del vescovo di Squillace riproducono nel perimetro absidale l'andamento benedettino cluniacense presente a Mileto e nelle chiese normanne siciliane.Influenze orientali mediate da Palermo si rilevano anche nella produzione di codici miniati (Roma, BAV, Vat. gr. 1646; Parigi, BN, gr. 550), nella decorazione pavimentale (S. Maria del Patir) e nella pittura muraria (affreschi nei sottarchi in S. Adriano di San Demetrio Corone, fine sec. 12°). Quanto rimane della pittura dei secc. 12° e 13° sviluppa la medesima linea di adesione al formulario bizantino, conseguendo forse il risultato più originale nella Madonna del Pilerio del duomo di Cosenza (settimo decennio del sec. 13°), che innesta sul modello costantinopolitano motivi di derivazione toscana.In epoca tardosveva e sotto la dominazione angioina, si intensificarono i rapporti con le esperienze artistiche dell'Occidente, per l'azione dei Cistercensi (abbazia di S. Maria della Matina, sala capitolare, forse della metà del sec. 13°) e con l'arrivo in C. di opere o di artisti di cultura rayonnante e toscana (monumento di Isabella d'Aragona nel duomo di Cosenza; tomba attribuita a Pietro di Oderisio a Mileto; tavole di Simone Martini e Bernardo Daddi nel Mus. Civ. di S. Maria della Consolazione ad Altomonte). I contatti si moltiplicarono intorno o a partire dalla metà del sec. 14°, per le commissioni di una grande feudalità, collegata alla corte di Napoli (monumento di Ademaro Romano in S. Maria d'Episcopio a Scalea; S. Maria della Consolazione e sepolcro Sangineto in Altomonte; sepolcri Sanseverino nel Mus. Diocesano di arte sacra a Mileto e Ruffo nel S. Francesco di Gerace), che videro impegnati artisti e maestranze di cultura francese o tosco-napoletana, ma anche artisti legati alle forme tradizionali della plastica campano-meridionale, i quali forse, come il Maestro di Mileto, avrebbero riportato in seguito le loro esperienze nella capitale del regno (Negri Arnoldi, 1983).A questo processo di occidentalizzazione contribuirono gli Ordini mendicanti, i cui primi insediamenti si attestano sul percorso longitudinale mediano rappresentato dall'antica via Popilia e lungo le vie costiere tirrenica e ionica. Per la tipologia delle loro chiese i frati dapprima riproposero, con la chiesa-fienile, il modello a navata unica, che aveva un precedente locale nelle chiese florensi (abbaziale di San Giovanni in Fiore, fine sec. 12°); in seguito - con la più capillare diffusione che contraddistinse gli Osservanti e gli altri Ordini riformati nel sec. 15° - adottarono un tipo di edificio con cappelle lungo il fianco opposto a quello del chiostro (S. Bernardino da Siena di Amantea, 1436; S. Bernardino di Morano, 1452; S. Bernardino di Rossano; Annunziata di Tropea), che in alcuni casi palesa ormai qualificazioni di dettaglio durazzesco-catalane. Gli stessi caratteri (in genere limitati a elementi decorativi o secondari come portali, finestre, rosoni, corti e chiostri) si riscontrano anche nelle chiese non conventuali e nelle fabbriche civili e attestano l'adeguamento al gusto tardogotico e prerinascimentale affermatosi nella capitale, da parte di una committenza ecclesiastica e nobiliare (ma a Cosenza anche borghese), che in campo artistico ha a Napoli e Messina (ed eccezionalmente a Venezia) i suoi centri di riferimento, ma che in architettura sembra talvolta guardare direttamente a modelli catalani e valenciani (Di Dario Guida, 1978).Tra i centri minori della regione, quello di Altomonte, ricordato nel sec. 11° con il nome di Brahalla, assunse la denominazione attuale in epoca angioina. Nella parte più alta del paese sorge la chiesa di S. Maria della Consolazione, del sec. 14°, ristrutturata nel 17° e in seguito restaurata. Nell'annesso convento domenicano (sec. 15°) è ospitato il Mus. Civ. di S. Maria della Consolazione, che custodisce il ricco patrimonio artistico e artigianale della chiesa, con opere di Simone Martini, Bernardo Daddi, Paolo di Ciacio, paliotti di alabastro del sec. 14° e un altarolo ligneo dell'inizio del 15° secolo. Nei pressi della chiesa si trovano il castello e la torre dei Pallotta, risalenti al 14° secolo. A Caulonia, nell'abside della chiesa di S. Zaccaria si trova una Déesis con iscrizione del committente in greco. A Corigliano, il castello è stato rimaneggiato in epoca aragonese (lapide del 1490); la chiesa del Carmine (1493) presenta un portale archiacuto con elementi classicistici. Gerace, fortezza bizantina e normanna, conserva dell'antico castello ruderi imponenti per la posizione a strapiombo. Il duomo (fine sec. 11°-inizi 12°) fu rimaneggiato nel sec. 15° (absidi) e poi ancora più volte, soprattutto a seguito del terremoto del 1783, e successivamente restaurato. Nello stesso centro si trovano le chiesette a navata unica, di origine bizantina, di S. Giovannello (restaurata) e della Nunziatella (ridotta in ruderi), e la chiesa di S. Francesco, a navata unica con coro e altro ambiente quadrato retrostante, che conserva il monumento di Nicola Ruffo, un portale archiacuto sul fianco meridionale e sul lato opposto residue arcate del chiostro.La città moderna di Mileto è stata ricostruita a qualche chilometro di distanza dall'antica capitale normanna, dei cui monumenti rimangono scarsi ruderi. Il Mus. Diocesano di arte sacra, presso il palazzo Arcivescovile, conserva elementi di plastica architettonica medievale, sculture e frammenti di monumenti sepolcrali trecenteschi.L'importanza religiosa di Paola, che deriva dall'aver dato i natali al santo fondatore dell'Ordine dei Minimi, è testimoniata da numerose costruzioni tardoquattrocentesche: oltre al santuario di S. Francesco, a due navate disuguali e chiostro con archi acuti, la chiesa della SS. Annunziata, che lo riecheggia, e quella di S. Caterina, del 1493, con portale goticistico opera di un maestro locale.Rossano fu città tra le più importanti della C. nel periodo bizantino e sede vescovile greca sino al 1363. Alla cultura bizantina vanno riferite la chiesa della Panaghia, con affreschi della fine del sec. 13°, le chiesette di S. Maria del Pilerio, dell'Ospedale, di S. Nicola al Vallone e la chiesa di S. Marco, a croce inscritta su quattro pilastri, con corpo anteriore forse più tardo. La cattedrale, ampiamente rinnovata in epoca moderna, conserva come unica testimonianza della fase bizantina l'affresco della Madonna acheropita e resti di una ristrutturazione di età angioina nelle absidi (metà sec. 14°) e in un altro portale; un portale laterale è del 1455. Nell'annesso Mus. Diocesano è conservato il codex purpureus Rossanensis. La chiesa di S. Bernardino è riferibile al settimo decennio del 15° secolo. Isolata, a qualche chilometro di distanza dal centro urbano, è la chiesa di S. Maria del Patir o Patirion, del sec. 12°, con absidi decorate da tarsie policrome e archeggiature e pavimento in opus sectile con figure di animali.Santa Severina ha origine greco-romana e fu poi importante centro bizantino e normanno. Nella chiesa dell'Addolorata sono inglobate tracce di una chiesa a pilastri indicata da Orsi (1929) come vecchia cattedrale, forse la seconda; quella attuale, risalente alla fine del sec. 13° ma totalmente rimaneggiata, è prossima al c.d. battistero. Altre chiese di origine bizantina esistevano nel quartiere Grecia, distrutto e abbandonato dopo il terremoto del 1783. La chiesa di S. Filomena, del sec. 13°, presenta due portali affiancati sul lato settentrionale; al di sotto della navata si trova la cripta o chiesa inferiore (S. Maria di Pozzolio). Il castello, di impianto bizantino e normanno, fu ristrutturato nel 16° secolo.A Scalea, la chiesa di S. Nicola in Plateis, pur rimaneggiata, conserva una cripta 'a sala' su colonne del sec. 12° e il monumento di Ademaro Romano (1342 ca.). Nella chiesa dello Spedale si trovano affreschi databili tra il 9° e la fine del 12° secolo.A Stilo, oltre alla Cattolica, con resti di successivi strati di affreschi datati tra la fine del sec. 10° e il 14°, è da ricordare il duomo, con portale archiacuto. Nei dintorni, isolata, sorge la chiesa di S. Giovanni Vecchio, a navata unica, con presbiterio a cupola e vani laterali.Il duomo di Tropea, risalente al sec. 12°, presenta influssi siculo-normanni nella decorazione dei fianchi e delle absidi e un portico di facciata, dei secc. 13°-14°, con archi acuti. La costruzione, ristrutturata nel sec. 16°, è stata pesantemente restaurata nel 1928. La chiesa dell'Annunziata, nella stessa città, risale alla seconda metà del sec. 15°; la cappella di S. Demetrio, nella chiesa di S. Francesco, conserva un portale archiacuto. Il palazzo Vescovile presenta resti medievali.Vibo Valentia fu colonia greca e romana e poi fortezza bizantina, per essere in seguito ricostruita da Federico II con il nome di Monteleone. Il castello normanno-svevo è stato ristrutturato nel periodo angioino e presenta uno sperone triangolare. La chiesa del Rosario ha una cappella gotica angioina con i monumenti De Sirica-Crispo e De Arenis. Nei pressi della città si trova la chiesa di S. Ruba, di origine medievale, trasformata nel sec. 18° e recentemente restaurata.
Bibl.: E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, 3 voll., Paris 1903 (19682); J. Gay, L'Italie méridionale et l'Empire Byzantin depuis l'avènement de Basile I jusqu'à la prise de Bari par les Normands (867-1071) (BEFAR, 90), 2 voll., Paris 1904 (rist. New York [1960]); F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, 2 voll., Paris 1907 (rist. New York [1960]); P. Orsi, Le chiese basiliane della Calabria, Firenze 1929; S. Bottari, Chiese basiliane della Sicilia e della Calabria, Bollettino storico messinese 1, 1936-1938, pp. 1-51; H.M. Schwarz, Die Baukunst Kalabriens und Siziliens im Zeitalter der Normannen, I: Die lateinischen Kirchengründungen des 11. Jahrhunderts und der Dom in Cefalù, RömJKg 6, 1942-1944, pp. 1-112; S. Bottari, L'architettura della Contea. Studi sulla prima architettura del periodo normanno nell'Italia meridionale e in Sicilia, Siculorum Gymnasium 1, 1948, pp. 1-33; G. Martelli, Chiese monastiche calabresi del secolo XV, Palladio, n.s., 6, 1956, pp. 41-53; id., Chiese monumentali di Calabria, Calabria Nobilissima 10, 1956, 31-32, pp. 33-40; B. Cappelli, Le chiese dell'alto Medioevo, Almanacco calabrese, 1958, pp. 77-86; Calabria, Milano 1962; B. Cappelli, Il monachesimo basiliano ai confini calabro-lucani. Studi e ricerche (Deputazione di storia patria per la Calabria. Collana storica, 3), Napoli 1963; E. Pontieri, La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles (Deputazione di storia patria per la Calabria. Collana storica, 4), Napoli 1963; id., Tra i Normanni nell'Italia meridionale, Napoli 1964; B. Cappelli, L'architettura dell'età normanna, Almanacco calabrese, 1965, pp. 29-46; A. Venditti, Architettura bizantina nell'Italia meridionale. Campania-Calabria-Lucania, Napoli 1967; V. von Falkenhausen, Untersuchungen über die byzantinische Herrschaft in Süditalien vom 9. bis ins 11. Jahrhundert (Schriften zur Geistesgeschichte des östlichen Europa, 1), Wiesbaden 1967; C.A. Willemsen, D. Odenthal, Calabria. Destino di una terra di transito, Bari 1967; B. Cappelli, Incontri con l'architettura gotica in Calabria, Almanacco calabrese, 1969, pp. 17-31; G. Valente, Dizionario dei luoghi della Calabria, 2 voll., Chiaravalle Centrale [1973]; C. Bozzoni, Calabria normanna. Ricerche sull'architettura dei secoli undicesimo e dodicesimo, Roma 1974; F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, I-III, Roma 1974-1977; E. Barillaro, Dizionario bibliografico e toponomastico della Calabria, 3 voll., Cosenza 1976; A. Guillou, Aspetti della civiltà bizantina in Italia. Società e cultura, Bari 1976; G. Occhiato, La SS. Trinità di Mileto e l'architettura normanna meridionale, Catanzaro 1977; L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Emile Bertaux, 4 voll., Roma 1978; M.P. Di Dario Guida, Cultura artistica della Calabria medioevale. Contributi e primi orientamenti, Cava de' Tirreni 1978; F. de' Maffei, Il Codice purpureo di Rossano Calabro: la sua problematica e alcuni risultati di ricerca, in Testimonianze cristiane antiche e altomedievali nella Sibaritide, "Atti del Convegno nazionale, Corigliano-Rossano 1978" (Vetera Christianorum. Scavi e ricerche, 3), Bari 1980, pp. 121-264; G. Occhiato, L'antica cattedrale normanna di Reggio Calabria, Archivio storico per la Calabria e la Lucania 47, 1980, pp. 49-69; M. Rotili, Cultura artistica bizantina in Calabria e in Basilicata, Cava de' Tirreni 1980; I beni culturali e le chiese di Calabria, "Atti del Convegno ecclesiale regionale, Reggio Calabria-Gerace 1980", Reggio Calabria 1981; G. Occhiato, Rapporti culturali e rispondenze architettoniche tra Calabria e Francia in età romanica: l'abbaziale normanna di Sant' Eufemia, MEFR 93, 1981, pp. 565-588; I Bizantini in Italia (Antica Madre, 5), Milano 1982; Itinerari per la Calabria, a cura di M.P. Di Dario Guida, Roma 1983; F. Negri Arnoldi, Scultura trecentesca in Calabria: apporti esterni e attività locale, BArte, s. VI, 68, 1983, 21, pp. 1-48; Beni culturali della Calabria, "Atti del VII Congresso storico calabrese, Reggio Calabria 1985", Roma 1985; M. Falla Castelfranchi, Per la storia della pittura bizantina in Calabria, Rivista storica calabrese, n.s., 6, 1985, pp. 389-413; D. Minuto, S. Venoso, Chiesette medievali calabresi a navata unica. Studio iconografico e strutturale, Cosenza 1985; Codex Purpureus Rossanensis: Museo dell'Arcivescovado. Rossano Calabro. Commentarium, a cura di G. Cavallo, J. Gribomont, W.C. Loerke (Codices selecti phototypice impressi, 81), Roma-Graz 1987; C. Garzya Romano, La Basilicata, la Calabria (Italia romanica, 9), Milano 1988.C. Bozzoni