CALABRIA (VIII, p. 241; App. II, 1, p. 477; III, 1, p. 280)
L'andamento della popolazione residente fra i tre censimenti del 1951, 1961 e 1971, pressoché stazionario, esprime l'intensità del flusso migratorio nel ventennio. Infatti la popolazione è passata da 1.974.229 individui a 2.045.047 e ancora a 1.988.051. Ma il tasso d'incremento naturale, pur sceso dal 16‰ del 1960 al 9,2 del 1973, indica che ben diverso è stato l'aumento reale. Nel decennio 1962-1971, infatti, ben 338.079 persone sono emigrate dalla Calabria. La stessa diminuzione del tasso di natalità (dal 23,6‰ nel 1960 al 17,2 nel 1973) è soprattutto da attribuirsi all'esodo delle classi d'età giovani oltre che a fattori sociali; il tasso di mortalità nell'ultimo quindicennio ha oscillato tra il 7,2 e l'8‰. La densità della popolazione per km2 è quindi diminuita (da 136 nel 1961 a 132 nel 1971).
Le provvidenze e gl'interventi statali non hanno frenato l'esodo dalle campagne; la migrazione ha avuto come meta vicina Cosenza e i litorali della regione (e assai meno Catanzaro e Reggio), ma in misura molto più cospicua l'Italia settentrionale, l'Europa, le Americhe e l'Australia; Lombardia e Piemonte sono di gran lunga in testa fra le mete dell'emigrazione calabrese; un flusso inferiore ma notevole hanno accolto Lazio e Liguria; seguono altre regioni italiane ospitanti grosse concentrazioni urbane. L'emigrazione verso l'Europa occidentale (Rep. Fed. di Germania e Svizzera in primo luogo), massiccia all'inizio degli anni Sessanta (15.701 emigrati nel 1960 e 19.070 nel 1961), è andata riducendosi nel decennio successivo (4.430 nel 1972). Del pari intenso è stato l'esodo verso il continente americano (Canada), con una media di 6.000 persone all'anno dal 1960 al 1968, e valori ìnferiori negli anni più vicini. L'Australia ha accolto una media annua di 3.000 calabresi negli anni Sessanta, ma meno di un migliaio dopo il 1970.
I problemi della C. restano gravi, siano essi d'ordine naturale, antropico o economico. Il brusco impatto della regione con la realtà inusitata dell'Italia industriale, vale a dire con la richiesta indiscriminata di mano d'opera da parte delle industrie del Nord e quindi dell'Europa, ha condotto a un'emigrazione di tipo nuovo, forte e incontrollata, che si è aggiunta (e spesso sostituita) alla più antica consuetudine dell'esodo d'oltremare. Le cause del fenomeno vanno ricercate nel reale sottosviluppo socio-economico della regione e non tanto in motivi d'ordine psicologico, questi ultimi essendo piuttosto un effetto del confronto fra una grama vita agricola di mera sussistenza e il miraggio delle città industriali lontane.
La grande emigrazione calabrese proviene dai centri minori, specie montani e pedemontani, da territori, cioè ove il dissesto idrogeologico rimane cospicuo, anche perché alimentato per quasi un secolo da assurde colture imposte solo dalla pressione demografica nell'interno, laddove la salvaguardia del bosco sarebbe stata invece opportuna. L'opera di sistemazione di vasti tratti di bacini idrografici, come pure quella di rimboschimento, è proseguita nell'ultimo quindicennio; ai vecchi laghi idroelettrici silani (Cecita, Arvo e Ampollino) si è aggiunto qualche invaso minore a scopo irriguo o misto (lago Angitola, lago Ariamacina, invaso sul Crati) e parecchie traverse fluviali, che hanno pure lo scopo di frenare l'apporto solido dei corsi d'acqua. Tuttavia gl'incendi estivi del bosco ceduo (e anche d'alto fusto), frequenti negli ultimi anni, vanificano talora il riassetto fisico montano e collinare (1.026 incendi nel 1973-74, con una distruzione di 10.384 ha di bosco su una superficie totale di 401.742 ha).
D'altra parte, all'abbandono delle terre interne peggiori, ha corrisposto una discreta valorizzazione agricola delle maggiori pianure litoranee e anche di molte brevi cimose costiere ad acclività dolce. Ma nelle piane sono presenti le grosse aziende capitalistiche, le uniche della regione che siano ben meccanizzate, e quindi con ridotta mano d'opera. La percentuale degli occupati nel settore agricolo è scesa dal 45,9 del 1961 al 32,6 del 1971; per l'industria c'è stato un aumento (da 32,2 a 36,3), e una lievitazione cospicua nel settore terziario (da 21,9 a 31,1). La coltura spazialmente dominante è ancora l'olivo; tradizionali, oltre alla vite e all'arancio, gli agrumi minori quali cedro e bergamotto. Lungo le aste fluviali e nelle piane costiere irrigate l'orticoltura e le colture erbacee e industriali hanno conosciuto un certo sviluppo. Il bestiame bovino è di poco aumentato (138.000 nel 1963 e 146.000 nel 1973), ma le razze da carne hanno soppiantato i tipi da lavoro. Quasi raddoppiati i suini, dimezzati i caprini e gli equini, stazionari gli ovini. La normativa agricola CEE non è favorevole alla C., ove la frammentazione fondiaria è acuta e l'associazionismo cooperativo assente. Le uniche concrete possibilità di occupazione risiedono perciò in un'ipotetica espansione dell'industria e del turismo.
Le statistiche ufficiali indicano una discreta percentuale di addetti al ramo secondario, ma si tratta per lo più di piccolo artigianato. Solo il settore chimico e il metalmeccanico hanno avuto un reale sviluppo (Vibo Valentia, Crotone, Lamezia); in crisi le industrie tessili del golfo di Policastro (Praia a Mare, Tortora, ecc.). Purtroppo i progetti di sviluppo industriale, come quello del quinto centro siderurgico, potrebbero cozzare contro ogni equilibrata visione della realtà calabrese. Occorre un piano organico d'industrializzazione, ben armonizzato con gli altri settori, che preveda (e crei) industrie a forte occupazione, produttive in termini reali e non inquinanti.
Una delle antiche remore allo sviluppo della C. era la viabilità asfittica, della bassissima velocità commerciale. Essa può dirsi oggi superata in parte. L'autostrada del Sole, completa, percorre l'intera regione; a quest'asse di penetrazione si affiancano la statale 18 (tirrenica) dal tracciato nuovo e veloce, la migliorata statale 106 (ionica), e diversi rinnovati itinerari trasversali, come la strada Cosenza-Paola e la Catanzaro-Sant'Eufemia Lamezia, che uniscono le due città capoluogo all'autostrada. La stessa ferrovia tirrenica è ora a doppio binario per l'intero tracciato. Le strade della C. non hanno più la semplice funzione di transito per la Sicilia; è vero che la costruzione del ponte sullo stretto di Messina beneficherebbe molto l'isola e anche la nostra regione, garantendo traffici veloci e continui; comunque, l'autostrada e le litoranee hanno contribuito potentemente alla valorizzazione dei litorali calabresi. La "scoperta" delle grandi spiagge calabre, specie tirreniche, è recente; nuove "marine", non più solo prodotte per gemmazione dai centri omonimi sublitoranei arroccati sulle colline, ma ormai autonome, sorgono e s'ampliano. Il mare calabrese, non inquinato, richiama folle di villeggianti da Napoli, Roma e dal Nord. I litorali sono disseminati di case per villeggiatura e, spesso, di alberghi. La speculazione edilizia ha operato in molti luoghi senza regola e freno. Nel complesso, tuttavia, il fenomeno è un altro indice del nuovo popolamento litoraneo. Le attività turistiche richiamano però un'aliquota limitata di addetti.
Il settore terziario si amplia più sotto pressioni clientelari che per nuove offerte di lavoro produttivo. Il piccolo commercio tende anch'esso a espandersi, tipico sintomo di sottosviluppo economico. L'analfabetismo è sceso dal 21,4% del 1961 al 15,2 del 1971, percentuale ancora alta.
Bibl.: J. Meyriat e altri, La Calabria, Milano 1961; L. Gambi, Calabria, Torino 1965; F. Compagna, La Calabria in evoluzione, in La Geografia nelle Scuole, XII (1967), pp. 1-17; T. D'Aponte, Calabria: forze di lavoro e occupazione, Salerno 1974. Si rimanda inoltre al vol. XIV della Collana di Bibliografie Geografiche delle Regioni italiane, Calabria (a cura di L. Cardi), Napoli 1970.
Archeologia. - Non poche frequentazioni paleolitiche in C. sono attestate a Tortora, con facies achelleana, a S. Nicola Arcella, musteriana, a Praia a Mare, epigravettiana e musteriana, a Papasidero, epigravettiana e romanelliana: stazioni all'aperto le prime due, grotte le restanti nelle quali sono state anche recuperate inumazioni di rannicchiati. Accanto alle industrie litiche, è documentato il graffito naturalistico (su pietra: bovidi; su osso: figure di animali) a Papasidero, e la decorazione lineare di ocra su ciottoli a Praia a Mare. Frequentazioni neolitiche più consistenti sono documentate a Cassano Ionio, in grotta, con stratigrafia fino al subappenninico: la facies del Bronzo antico è quella di Parco dei Monaci-Cotronei a Corigliano Calabro, loc. Favella della Corte, in capanna; a Domanico, con rinvenimento sporadico di una mazza; a Canolo, loc. Prestarona, con facies stentinelliana. Da Morano Calabro e Roggiano Gravina si hanno attestazioni della prima età dei metalli: in grotta e da una sepoltura di inumato; la stratigrafia di Praia a Mare copre anche questo periodo. Eponimo di una facies del Bronzo antico è il ripostiglio di asce e pugnali da Cotronei. Diversa localizzazione hanno i ritrovamenti dell'età del ferro: a Tropea si ha una necropoli di incinerati in urne biconiche di tipo protovillanoviano, con bronzi di corredo. A questa in parte si accostano le due incinerazioni, in olla, da Roccella Ionica, loc. Sant'Onofrio, dove però paiono più frequenti le inumazioni in fosse delimitate da ciottoli. D'ispirazione latamente villanoviana è la capeduncola da Rosanno, loc. Nolio. Più documeritata è la cultura del ferro nella C. settentrionale: le principali zone sono Francavilla Marittima, Amendolara, Torano; rinvenimenti sporadici sono segnalati da Bisignano; Corigliano Calabro, loc. Serra Castello; da Strongoli, loc. Murge. Le inumazioni avvengono in fosse, delimitate da ciottoli o lastre: talvolta sono riunite in tumuli. I corredi sono prevalentemente in bronzo: fibule (a foglia, a due o quattro spirali, "siciliane", con applicazioni d'osso); ornamenti (dischi, catenelle, helikes, bottoncini); recipienti (bacili); scarse armi (una spada ad antenne da Torano); unico un braccialetto in argento (Amendolara). In impasto sono recipienti: askoi, ciotole, olle, e qualche statuetta. Oggetti d'importazione sono scarabei egizi, perle di vetro, una coppa sbalzata in bronzo "fenicia", recipienti ceramici protocorinzi. Tale cultura si estende dal 9° a tutto l'8° secolo e termina con le prime fondazioni greche. In parte sopravvivono ancora nel 7° secolo, anche per la più recente colonizzazione, i centri indigeni scoperti nella C. meridionale: Gerace, loc. Stefanelli, e Grotteria, loc. Santo Stefano. Si tratta di inumazioni in grotticelle scavate nella roccia; il corredo è composto generalmente da recipienti d'impasto, cui sono miste importazioni greche. Delle fondazioni dell'8° secolo sono state scavate a Sibari fino ai più antichi livelli; di Crotone è stata recuperata documentazione dell'8°-7° secolo, ma da strati sconvolti più recenti. Saggi in profondità, effettuati nei pressi del tempio di Caulonia (comune di Monasterace), inducono a datare intorno alla metà del 7° secolo le più antiche abitazioni del luogo, confermandone la fondazione da parte di Crotone. Le mura di cinta della città sembrano esser state erette nella prima metà del 6° secolo e distrutte dopo circa un secolo. Con la distruzione del centro da parte di Dionisio di Siracusa (389 a. C.) si ricollega il termine di frequentazione delle abitazioni scavate, che riprendono in seguito dalla fine del 4° alla metà del 2° secolo. Fra i ritrovamenti: uno schiniere decorato a sbalzo con gorgoneion, della fine del 6° secolo, e un mosaico pavimentale, tardo-ellenistico, raffigurante un mostro marino. Di Hipponion (Vibo Valentia) è nota la necropoli a fosse di inumati, orientate est-ovest, mentre ortogonali sono quelle più recenti del 5°-4° secolo. I corredi sono composti da ceramiche corinzie e d'imitazione ionica. Sono stati ripresi gli scavi della stipe del Còfino, che ha restituito antefisse sileniche e pinakes; sporadico un frammento di arula con rilievo di Pòtnia theròn. Ugualmente ricchi i corredi della necropoli a incinerazione in olle di Metauros (Gioia Tauro), con caratteri misti greci e indigeni. Sporadici i rinvenimenti arcaici da Medma (Rosarno), così come il bronzetto di kouros noto con questa provenienza. Come nelle colonie, anche nella metropoli Locri i rinvenimenti del periodo più antico sono scarsi, anche se è iniziata la sistematizzazione dei materiali recuperati in tempi diversi. Dei centri dei quali s'ignora il nome antico si distingue Francavilla Marittima, dove si ha un deposito votivo dedicato ad Athena: abbondanti i bronzi (statuette, iscrizione dell'olimpionico Kleombrotos); le ceramiche (protocorinzie, corinzie, greco-orientali); la coroplastica. Sporadiche le testimonianze da Corigliano Calabro, loc. San Mauro (terrecotte architettoniche, ceramiche corinzie); da Cassano Ionio (statuetta femminile seduta); da Castrovillari, loc. Ietticelle (antefissa). Importanti per lo studio delle vie di comunicazione i ritrovamenti di Carolei (stipe votiva con ceramica corinzia), di Sambiase (tesoretto monetale), di Roseto Capo Spulico, loc. Pezza della Lita (tesoretto monetale). Come a Caulonia, nei centri elencati si hanno dati anche per il periodo successivo: così a Sibari (Thurii) e a Crotone, dove è stato conosciuto un settore di abitato e recuperato un gran numero di tombe, per lo più del 4° secolo. Da una delle tombe più recenti di Hipponion proviene una lamina d'oro con iscrizione orfica, conservante complete prescrizioni all'iniziata. A Medma (Rosarno) è stata scavata una villa rustica databile tra 4° e 3° secolo; nell'area sacra di Francavilla Marittima al culto è associato Pan. L'organizzazione sociale ed economica di Locri, tra il 4° e il 3° secolo, è ben conosciuta dall'archivio, su tavolette di bronzo, del tempio di Zeus, da riconoscersi forse in quello di loc. Marafioti. L'aspetto urbano coevo è noto in loc. Centocamere, dove si avevano edifici per i devoti del culto di Afrodite, come indica un graffito. Dal mare di Villa San Giovanni (Porticello di Santa Trada) sono state recuperate statue in bronzo databili ancora nel 5° secolo; più recenti quelle dal mare di Riace (Porto Forticchio). Delle fondazioni greche si ricorda infine Reggio dove, oltre a nuovi tratti di mura urbane fra i quali uno in mattoni crudi, è stata recuperata una porzione della necropoli, con tombe a camera coperte a volta con mattoni, e tracce dell'abitato (cisterne). Incertissima è l'identificazione con Terina di quanto recentemente scavato a Sant'Eufemia. Appartenenti alla sfera economica e culturale delle città italiote sono i ritrovamenti di Cirò, dove è stato restaurato il basamento del tempio di Apollo Aleo; del passo di Croce Ferrata, posto di guardia su una via transistmica locrese; della necropoli di Corigliano Calabro, loc. Mandria del Forno, con ceramica campana a figure rosse. Non ancora accertata è l'identificazione con Laos del centro nell'attuale Marcellina di Santa Maria del Cedro, dove c'è una cinta muraria a doppia cortina ed edifici a secco frequentati tra 4° e 3° secolo: la cultura è sicuramente lucano-brezia, come indicano i ricchi ritrovamenti della necropoli a cassoni (armatura in bronzo, gioielli, ceramiche). Pertinenti a villaggi, per lo più brezi, i rinvenimenti circostanti di Cetraro, loc. Foresta, e Praia a Mare, loc. Dorcara; e quelli di Torano (capitello dorico con iscrizione greca); di Corigliano Calabro, loc. Serra Castello; di Spezzano Albanese, loc. Torre del Mordillo; di Paludi, loc. Castiglione, impianti su più antiche frequentazioni protostoriche. Un importante centro brezio è infine Tiriolo, dove si è scavato un settore di abitato costituito da strutture di ciottoli e tegole su ricorsi, con abbondante suppellettile a vernice nera. Importanti ritrovamenti monetali sono stati effettuati a Vibo Valentia (867 argenti brezi) e a Roseto Capo Spulico, loc. Pallaccone (5 campano-tarentine, 17 romano-campane, 1 argento di Napoli, 1 bronzo di Argo). I centri di epoca romana noti più estesamente sono Vibo Valentia (complesso termale con mosaici policromi; statue, fra le quali busto di Agrippa; iscrizioni); Borgia (teatro, anfiteatro, terme, necropoli); Sibari (Copia). La frequentazione occupa tutto il territorio, con diverse forme note in maniera diseguale. Pagi o ville rustiche risultano a Roggiano Gravina, loc. Larderia; Castrovillari, loc. Camerelle; Frascineto; Firmo; Malvito, loc. Santo Stefano; Mottafollone; San Marco Argentano, loc. Casello; Sellia, loc. Uria; Rosarno, loc. Calderazzo. Gl'impianti sono generalmente del 1° secolo a. C. e proseguono fino al 3° secolo d. Cristo. Necropoli di inumati in cappuccine sono note a Diamante, loc. Cirella (2°-3° secolo d. C.); Luzzi, loc. San Vito (1°-2° secolo d. C.); Gioia Tauro, presso una villa rustica; Palmi. Di altre località, i rinvenimenti, anche se sporadici e mal sistematizzati, fanno supporre l'importanza: Amendolara, con impianti idrici; Tortora, loc. Palestro, con un cippo iscritto; Strongoli, con statua equestre in bronzo; Mileto, con mosaico pavimentale. Simile è la situazione per i ritrovamenti di quest'epoca da Reggio Calabria. Isolata sembra la villa di Casignana, loc. Palazzi, con ricchi mosaici pavimentali policromi. Per Tauriana e Locri è da segnalare la raccolta dell'evidenza epigrafica. Dal mare di Villa San Giovanni, Cetraro e Diamante provengono relitti di navi (anfore, ancore). Del periodo tardo-antico sono noti il complesso con terme di Curinga, loc. Acconia; le fornaci di Crotone, loc. Capo Colonna; sporadici i crogiuoli per oro da Scalea, loc. Fischìa. Su una fase di 5° secolo d. C. è la basilica paleo-cristiana di Botricello. Vedi tav. f. t.
Bibl.: I richiami bibliografici sono disposti sotto il nome delle località, nell'ordine con il quale appaiono nel testo, senza distinzione di argomento. Tortora: G. Foti, in Klearchos, 9 (1967), p. 189; id., in Atti Taranto, 7 (1967), pp. 231-32; id., in Klearchos, 10 (1968), p. 120; G. Foti, Il Museo Naz. di R. Calabria (1972), p. 57 tav. I; C. Turano, in Historica, 2 (1973), pp. 80-4; P. G. Guzzo, in Rivista Filologia Istr. Class., 103 (1975), pp. 376-77. S. Nicola Arcella: G. Foti, in Klearchos, 10 (1968), p. 120. Praia a Mare: G. Foti, in Klearchos, 6 (1964), p. 112; 7 (1965), p. 142; 8 (1966), p. 230; 9 (1967), p. 189; id., in Atti Taranto, 7 (1967), pp. 232-33; id., in Klearchos, 10 (1968), p. 120; F. Lacava, P. G. Guzzo, in Not. Scavi (1972), pp. 535-48. Papasidero: A. De Franciscis, in Atti Taranto, i (1961), pp. 211-12; G. Foti, in Klearchos, 3 (1961), pp. 137-38; P. Graziosi, ibid., 4 (1962), pp. 12-20; id., in Riv. Sc. Preistoriche, 17 (1962), pp. 139-45; G. 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Scavi (1972), pp. 561-643; G. Foti, Il Museo Naz. di Reggio C. (1972), pp. 63, 76, tavv. XXII, 46. Vibo Valentia: G. Foti, in Klearchos, 7 (1965), pp. 139-40; id., in Atti Taranto, 5 (1965), p. 223; V. Panuccio, in Athenaeum, 45 (1967), pp. 158-59; M. Cristofani, in Boll. Arte (1967), pp. 174-76; G. Foti, in Klearchos, 11 (1969), pp. 140-41; 12 (1970), pp. 159-62; 13 (1971), pp. 137-39; 14 (1972), pp. 134-36; G. Foti, G. Pugliese Carratelli, in Par. Pass., 29 (1974), pp. 91-126; E. Perotti, in Par. Pass., 29 (1974), pp. 127-34. Gioia Tauro: A. De Franciscis, in Atti Mem. Soc. M. Grecia, n. s., 3 (1960), pp. 21-67; id., in Atti Taranto, i (1961), p. 218. Locri: A. D. Trendall, in Arch. Reports (1960-1961), p. 37; G. Foti, in Klearchos, 6 (1964), pp. 21-6, 106-07; M. G. Fedele, in Epigraphica, 26 (1964), pp. 68-78; G. Foti, in Atti Taranto, 4 (1964), pp. 148-58; id., in Klearchos, 7 (1965), p. 139; H. Herrmann, in Arch. Anz. (1966), p. 337; G. Foti, in Klearchos, 10 (1968), pp. 109-13, 116; 11 (1969), p. 140; 12 (1970), pp. 158-59; M. Barra, in Atti Taranto, 10 (1970), pp. 517-20; C. Sabbione, in Klearchos, 12 (1970), pp. 109-56; G. Foti, ibid., 13 (1971), p. 135; A. De Franciscis, Ricerche sulla topografia e i monumenti di L. Epizefiri, 1971; G. Foti, in Klearchos, 14 (1972), pp. 131-32; A. De Franciscis, Stato e società in L. Epizefiri (L'archivio dell'Olympieion locrese), 1972; D. Musti, in Par. pass., 29 (1974), pp. 5-21; F. Costabile, Municipium Locrensium (1976). Castrovillari: B. Cappelli, in Arch. St. Calabria Lucania, 29 (1960), pp. 59-72; A. De Franciscis, in Rend. Acc. Napoli, 36 (1961), pp. 83-94; E. Tiné Bertocchi, in Klearchos, 5 (1963), pp. 135-52; G. Foti, ibid., 5 (1963), p. 154. Carolei: inedito. Sambiase: G. Foti, in Klearchos, 3 (1961), p. 137; A. D. Trendall, in Arch. Reports, 1960-61, p. 37; E. Pozzi Paolini, in Par. Pass., 29 (1974), pp. 41-2. Roseto Capo Spulico: loc. Pezza della Lita: inedito. Loc. Pallaccone: E. Pozzi Paolini, in Par. Pass., 29 (1974), pp. 55-7 (dato da Montegiordano). Circolazione monetale ed elenco dei ritrovamenti: E. Pozzi Paolini, in Par. Pass., 29 (1974), pp. 40-69. Villa S. Giovanni: G. Foti, in Klearchos, 8 (1966), p. 225; 9 (1967), p. 187; 10 (1968), p. 116; 11 (1969), pp. 138-40; 12 (1970), pp. 157-58; id., in Atti Taranto, 10 (1970), pp. 503-07. Riace: G. Foti, in Klearchos, 14 (1972), pp. 133-34; id., Il Museo Naz. di Reggio C. (1972), p. 78, tav. 57. Reggio C.: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), pp. 415-16; G. Foti, in Klearchos, 7 (1965), p. 139; id., in Atti Taranto, 5 (1965), p. 224; id., in Klearchos, 8 (1966), p. 225; 9 (1967), p. 187; E. Tropea Barbaro, in Klearchos, 9 (1967), pp. 7-130; G. Foti, ibid., 10 (1968), p. 116; M. Cristofani, in Not. scavi (1968), pp. 221-42; F. Mosino, in Klearchos, 11 (1969), pp. 131-33; G. Foti, ibid., 11 (1969), p. 137; 12 (1970), p. 157; 14 (1972), p. 131; id., Il Museo Naz. di R. C. (1972), p. 73, tav. 29. S. Eufemia: inedito. Cirò: G. Foti, in Klearchos, 5 (1963), p. 154; id., in Atti Taranto, 4 (1964), pp. 145-46; id., in Klearchos, 11 (1969), p. 142. Passo Croce Ferrata: S. Settis, in Klearchos, 14 (1972), pp. 50-3. S. Maria del Cedro: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), pp. 419-20; G. Foti, in Klearchos, 5 (1963), p. 156; 6 (1964), p. 107; 14 (1972), p. 140; id., Il Museo Naz. di Reggio C. (1972), p. 64, tav. XXVI; P. G. Guzzo, Le scoperte arch. nell'attuale prov. di Cosenza (1974), p. 20. Cetraro: inedito. Spezzano Albanese: A. De Franciscis, in Atti Taranto, 1 (1961), p. 214; G. Foti, in Klearchos, 8 (1966), p. 229; O. C. Colburn, in Expedition, 9 (1966), 3, pp. 30-8; G. Foti, in Klearchos, 9 (1967), p. 191. Paludi: alternanza di frequentazione: J. De La Genière, in Mel. Ec. Fran. Rome, 82 (1970), pp. 621-36. Tiriolo: G. Foti, in Klearchos, 6 (1964), p. 107; 14 (1972), p. 138. Borgia: G. Foti, in Klearchos, 6 (1964), p. 107; 7 (1965), pp. 140-41; 8 (1966), pp. 226-27; 9 (1967), p. 188; 10 (1968), p. 117; 11 (1969), p. 141; 12 (1970), p. 162; E. A. Arslan, in Atti Ce.S.D.I.R., 2 (1969-70), pp. 17-72; P. Baldacci, in Atti Ce.S.D.I.R., 2 (1969-70), pp. 117-25; G. Foti, in Klearchos, 13 (1971), p. 13%; E. A. Arslan, in Atti 2° Congr. Naz. Arch. Cristiana 1969 (1971), pp. 109-11; G. Foti, in Klearchos, 14 (1972), p. 137. Frascineto: Fasti Arch., 18-19 (1963-64), p. 527 n. 7454. Firmo: G. Foti, in Klearchos, 5 (1963), p. 154. Malvito: P. Zancani Montuoro, in Atti Mem. Soc. M. Grecia, n. s., 9-10 (1968-69), p. 15 nota 25 (anche per Mottafollone). S. Marco Argentano: inedito. Sellia Marina: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), pp. 426-27. Diamante: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), pp. 426-27. Diamante: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), pp. 421-26. Luzzi: P. G. Guzzo, Le scoperte arch. nell'attuale provincia di Cosenza (1974), p. 25; id., in Not. Scavi (1974), pp. 433-68. Palmi: A. De Franciscis, in Not. Scavi (1960), p. 418; S. Settis, in Rendic. Acc. Lincei (1964), pp. 117-44; G. Foti, in Klearchos, 11 (1969), p. 140; 13 (1971), p. 133. Mileto: S. Settis, in Riv. Fil. Istr. Class., 99 [1971], p. 375. Casignana: G. Foti, in Klearchos, 5 (1963), p. 153; 6 (1964), p. 106; 7 (1965), p. 139; id., in Atti Taranto, 5 (1965), pp. 225-26; id., in Klearchos, 8 (1966), p. 225. Curinga: E. A. Arslan, in Klearchos, 8 (1966), pp. 23-47; G. Foti, ibid., 9 (1967), p. 188; 10 (1968), p. 117; 11 (1969), p. 141. Scalea: P. G. Guzzo, Le scoperte arch. nell'attuale provincia di Cosenza (1974), p. 27, id., in Mel. Ec. Franc. Rome, 87 (1975), pp. 69-79. Botricello: G. Foti, in Klearchos, 9 (1967), p. 189; 10 (1968), p. 117; 11 (1969), p. 141; 13 (1971), p. 139; E. A. Arslan, in Atti 2° Congr. Naz. Arch. Cristiana 1969 (1971), pp. 111-18; G. Foti, in Klearchos, 14 (1972), p. 138.