capitalismo
Il sistema economico dominante dalla rivoluzione industriale a oggi
Per capitalismo si intende il sistema economico fondato sull'impiego del capitale ‒ costituito da denaro e beni materiali ‒ allo scopo di sviluppare l'attività diretta alla produzione di beni e di fornire un profitto a chi tale capitale ha impiegato. I possessori del capitale sono chiamati capitalisti. Lo sviluppo capitalistico avviene quando nelle loro imprese i capitalisti, dopo aver acquistato macchine e materie prime, pagato le retribuzioni agli operai e agli impiegati, venduto le merci prodotte, realizzato un guadagno personale, ottengono un profitto. Tale surplus va ad allargare e migliorare il ciclo produttivo. Scopo costante del capitalista è battere la concorrenza
Il capitalismo orientato alla produzione nell'industria viene chiamato capitalismo industriale. Per indicare il capitalismo prima dell'impiego su larga scala nelle fabbriche di macchine azionate da vapore e da elettricità, quando il processo lavorativo era organizzato da capitalisti-mercanti in piccole e medie imprese, si è impiegato il termine capitalismo commerciale.
Un'altra forma emersa a partire dalla seconda metà dell'Ottocento è il capitalismo finanziario, allorché speciali banche di affari hanno incominciato a impiegare i risparmi dei loro clienti per finanziare imprese industriali e acquistare e vendere a fini di profitto ‒ sotto forma di azioni ‒ quote di proprietà di industrie. In molti casi tali banche sono diventate proprietarie esse stesse delle industrie o ne hanno assunto il controllo. Infine si parla di capitalismo di Stato per indicare la condizione di un sistema produttivo pesantemente regolato dal potere statale, in cui quest'ultimo in molti casi limita la libera iniziativa e costituisce un settore economico a proprietà pubblica. Il termine capitalismo è diventato corrente nel 19° secolo.
Le origini del capitalismo vanno ricondotte al tardo Medioevo, allorché nell'Europa centro-occidentale si assistette all'intensificazione degli scambi, al risveglio delle città, a una più forte circolazione della moneta, alla ripresa dei consumi, all'emergere di un ceto di ricchi banchieri e mercanti. Grande importanza ebbero le scoperte geografiche del 15° e 16° secolo, che accrebbero enormemente gli scambi e fecero affluire in Europa oro, argento, nuove materie prime. Fu questa la fase del capitalismo commerciale. Gradualmente emersero le figure del banchiere e del mercante-imprenditore, che impiegava i suoi capitali per comprare la materia prima, affidarne la lavorazione a domicilio a molteplici piccole imprese, raccogliere le merci prodotte e immetterle sul mercato.
Una spinta significativa allo sviluppo capitalistico venne dato nei paesi protestanti dopo il 16° secolo dal calvinismo (v. Calvino e il calvinismo), che ai suoi seguaci prescriveva come un dovere etico di lavorare molto, consumare poco, risparmiare il più possibile e reinvestire i capitali. Tra il 17° e il 18° secolo nell'Europa occidentale emersero grandi manifatture, con decine e centinaia di salariati, dove le macchine operavano ancora grazie all'impiego in primo luogo dell'energia umana.
Perché nascesse in Inghilterra il capitalismo moderno negli ultimi decenni del Settecento fu necessario attendere la rivoluzione industriale, le cui principali componenti furono la libera iniziativa dei capitalisti, l'avvento delle macchine a vapore, la concentrazione in grandi fabbriche di un numero crescente di operai ‒ molti dei quali venuti dalle campagne ‒ che vendevano la loro forza lavoro in cambio di un salario. La rivoluzione industriale si basava inoltre sulla produzione in serie, sull'espansione del mercato su scala internazionale, sull'applicazione di tecniche produttive avanzate nell'agricoltura, sull'adozione nelle imprese di moderni criteri di contabilità. Le industrie dall'Inghilterra si estesero in Europa e nel mondo. All'inizio del Novecento gli Stati Uniti erano diventati la maggiore potenza industriale.
Lo sviluppo capitalistico aveva uno dei suoi presupposti essenziali nell'applicazione alla produzione dei ritrovati della scienza e della tecnologia. Nella seconda metà del 19° secolo ebbe luogo quella che venne chiamata la seconda rivoluzione industriale, che ricevette il suo grande impulso dall'utilizzazione dell'energia elettrica, dalle scoperte della chimica, dal connubio del capitalismo industriale con quello finanziario. Inoltre, interi settori della produzione industriale caddero sotto il controllo dei cartelli e dei trust: imprese giganti che miravano a eliminare la concorrenza e a imporre i propri prezzi. Sorsero così veri e propri monopoli, che diedero il volto al capitalismo monopolistico. Le grandi imprese finanziarie e industriali lanciate alla conquista dei mercati venivano appoggiate nella loro espansione internazionale dai rispettivi Stati, che ricorrevano anche alla guerra (imperialismo).
Lo sviluppo del capitalismo è stato accompagnato da profonde lacerazioni. La prima rivoluzione industriale gettò nella miseria interi strati sociali, a partire dagli artigiani, rovinati dal nuovo sistema produttivo. Le fabbriche impiegavano uomini, donne e persino bambini che ricevevano salari da fame. Il sistema produsse la lotta di classe tra gli operai e i capitalisti, interessati gli uni ad accrescere i salari e gli altri a tenerli quanto più bassi possibile. Crisi ricorrenti provocavano disoccupazione e disperazione nelle masse.
Per proteggere i lavoratori vennero organizzati i sindacati. E contro il capitalismo sorsero e si rafforzarono nell'Ottocento i partiti socialisti (socialismo), i quali giudicavano la proprietà privata dei mezzi di produzione come la fonte prima dei mali sociali e quindi da eliminare, sostituendola, mediante una rivoluzione politica e sociale, con un sistema fondato sulla proprietà collettiva e su imprese cooperative o statali. Nella loro maggioranza i partiti socialisti andarono convertendosi gradualmente a politiche di riforma del capitalismo, mentre i partiti comunisti (comunismo), sorti dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917 in Russia, restarono fedeli al progetto rivoluzionario. Prima nell'Unione Sovietica e poi, dopo il 1945, in altri paesi i comunisti conquistarono il potere e posero fine al capitalismo, costituendo un sistema basato sulla proprietà statale. Ma questo sistema nell'Unione Sovietica e nell'Europa orientale è crollato tra il 1989 e il 1991, mentre la Cina ha trasformato la sua economia in senso largamente capitalistico.
Nel Novecento, per fronteggiare le crisi periodiche del sistema capitalistico ‒ la maggiore e più catastrofica delle quali era stata la crisi economica 1929 ‒ lo Stato era intervenuto al fine sia di regolare le grandi imprese private sia di costituire un vasto settore di proprietà pubblica. Questo aveva contribuito alla diffusione del benessere tra sempre più vaste masse popolari grazie alle istituzioni dello "Stato del benessere" (Welfare State), con un crescente aggravio per le finanze pubbliche.
Il capitalismo industriale si era fondato per quasi due secoli sulle grandi fabbriche. A partire dagli ultimi due decenni del Novecento l'avvento dell'automazione, l'applicazione su ampia scala dell'informatica alle tecniche produttive, il bisogno delle imprese di rispondere con rapidità alle esigenze di un mercato sempre più ampio hanno ridotto il peso delle grandi fabbriche e della classe operaia e rilanciato l'iniziativa dei privati a scapito dell'intervento dello Stato. Si è così aperta una nuova fase all'insegna del progressivo smantellamento del settore pubblico con un'ondata di privatizzazioni delle imprese statali: il neoliberismo. Il neoliberismo ha ricevuto un fortissimo impulso dal crollo del sistema comunista. Il mercato divenuto globale ha quindi dato inizio alla fase della globalizzazione, ovvero alla crescente diffusione nel mondo del sistema capitalistico occidentale con il suo centro negli Stati Uniti.